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Terza serie (2001) VI, fascicolo 1-2 - Brixia Sacra

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S T U D I<br />

Chiese, a conferma, insieme ai diritti sulle acque, del contenuto reale di quella<br />

donazione. A questi possedimenti si deve aggiungere la rilevanza patrimoniale<br />

dei beni immobiliari della Chiesa bresciana in città e nell’area suburbana,<br />

come pure le indicazioni presenti nelle dotazioni o nelle permute avvenute<br />

durante l’XI secolo in occasione della fondazione dei monasteri vescovili di<br />

Sant’Eufemia o di San Pietro in Monte di Serle, dove la mensa episcopale<br />

appare ben radicata sia nelle valli alpine che in pianura.<br />

Le vicissitudini subite dall’archivio della curia vescovile tuttavia compromisero<br />

in maniera irreparabile, fin dalla tarda età medievale, l’integrità di tale<br />

complesso documentario che subì distruzioni e depauperamenti avvertiti come<br />

tali già in passato. Sono le stesse carte vescovili a darcene conto: si pensi al trasferimento<br />

dell’archivio a Bergamo da parte del vescovo Guala 10 , subito dopo<br />

la battaglia di Cortenuova (1237); alla presa degli uomini di Ezzelino da<br />

Romano di S. Pietro in Monte Orsino di Serle (1258), che provocò distruzioni<br />

e la perdita di alcune carte, a cominciare dalle più antiche concessioni episcopali<br />

fatte al cenobio 11 ; all’invasione della corte di Roccafranca da parte della<br />

famiglia Bocca, durante la dominazione bresciana di Mastino della Scala<br />

(1332), e al trafugamento dei titoli di proprietà vescovile su quella località 12 ;<br />

all’attribuzione dei titoli di marchese, duca e conte al vescovo di Brescia, dei<br />

quali si era già persa ogni memoria della loro origine a metà del XV secolo 13, ,<br />

oppure all’assedio posto da Enrico <strong>VI</strong>I nel 1311 alla città che causò, tra le varie<br />

rovine umane e materiali, anche l’incendio dell’archivio vescovile 14 , e così via<br />

fino all’incameramento dei beni ecclesiastici avvenuto nel 1797 15 . Questa situazione<br />

di “precarietà documentaria” trova conferma anche nell’inventario archivistico<br />

trecentesco che viene pubblicato di seguito, dove alla segnalazione di un<br />

modesto numero di carte relative alla prima metà del Duecento, e di una sola<br />

del XII secolo, si contrappone la parte più consistente di registri e documenti<br />

redatti tra il XIII e il XIV secolo 16 .<br />

Attualmente la parte più antica e preziosa dell’Archivio vescovile di Brescia<br />

è costituita dal fondo della Mensa, un tempo denominato «archivum ragionatariae<br />

episcopalis», nel quale sono raccolte le carte riguardanti il patrimonio<br />

destinato al sostentamento del vescovo e della curia. Si tratta di una <strong>serie</strong> di<br />

buste e di registri, numerati progressivamente da 1 a 141, il cui ordinamento<br />

fu avviato nella seconda metà del Settecento dall’archivista don Calimero Cristoni<br />

e proseguito nel secolo successivo da don Antonio Lodrini 17 . La documentazione<br />

raccolta inizia alla metà del XIII secolo e giunge ai primi anni dell’Ottocento,<br />

salvo alcune copie di documenti del XII secolo e pochi frammen-<br />

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