Lettera di Amerigo Vespucci delle isole nuovamente frovate in ...

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- Trovammo in questa costa che le corrente del mare erano di tanta forza che non ci lasciavano navigare, e tutte correvano dallo scilocco a1 maestrale. Di modo che, visto tanti inconve- nienti per nostra navicazione, fatto nostro consiglio, accordammo tornare la navicazione alla parte del maestrale. E tanto navicammo a1 lungo della terra che fummo a tenere in un bellissimo porto, el quale era causato da una grande isola che stava all’entrata, e drento si faceva una grandissima insenata. E navicando per entrare in esso, prolungandor la isola, avemmo vista di molta gente, e, allegratici, indirizzammo nostre navi per surgere dove vedavamo la gente, che potavamo stare piii al mare circa di quattro leghe. E navicando in questo modo, avemmo vista d‘una can06 che veniva con alto mare, nella quale veniva molta gente; e accordammo di averla alIa mano, e facemmo la volta con nostre navi sopra essa, con or- dine che noi non la perdessimo. E navicando alla volta sua con ftesco tempo, vedemmo che stavamo fermi coy remi alzati, credo per maraviglia delle nostre navi; e com’e’ vidono che noi ci anda- vamo apressando loro, messono e remi nell’acqua e comincio- rono a navicare alla volta di terra. E come in nostra compagnia vare insulam valeremus. Qui labor omnis inanis extitit, cum siquidem ill0 in latere maris fluxurn, qui a serocco ad magistralem abibat, sic violentum compeierimus, ut idem mare se navigabile non praeberet. Quibus cognitis inconvenientibus, consilio facto, convenimus ut navi- gium nostnun per mare ad magistralem reflecteremus. Tumque secundum terram ipsam intantun navigavimus, ut tandem portui uni applicaremus qui bellissimam insulam bellissimumque sinum quemdam in eius ingressu tenebat, supra quem, nobis navigantibus ut in iUum introire possemus, inmensam in insula ipsa gentium turbam a mari quatuot leuds aut circiter distantem vidimus, cuius rei gratia laetati non panun extitimus. Igitur paratis naviculis nostris ut in eandem insulam vaderemus, lintrem quandam, in qua personae complures erant, ex alto mari venire vidimus; propter quod tunc convenimus ut, eis invasis, ipsos comprehenderemus. Et tunc in illos navigare in gyrum (ne evadere possent) drcundare occepimus; quibus sua quoque vice nitentibus, vidimus iUos (aura temperata manente), iemis suis omnibus sursum aectis, quasi hrmos ac resistentes se sigdcare velle; quam rem sic idcirco iUos efficere putavimus ut inde nos in admirationem con- verterent. Cum vero sibi nos cominus appropinquare cognovissent, remis suis in aquam conversis, tecram versus remigare inceperunt. Attamen nobiscum catbasum unam 41 doliorum volatu celenimum I prolungando: costeggiando.
- venisse una carovella di 4.5 tonelli, molto buona della vela, si puose a barloventox della canok, e quando le parve tempo d‘ar- rivare sopra essa, allargb li apparecchi e venne alla volta sua, e noi alsi; e come la carovelletta pareggiasse con lei, e non la volesse investire, la pass6 e poi rimase sottovento. E come si vedessino a vantaggio, cominciarono a far forza co’ remi per fuggire; e noi che traevamo e battelli per poppa gii stipati di buona gente, pensando che la piglierebbono. E travagliorono piii di due ore, e infine, se la carovelletta in altra voltaz non tornava sopra essa, la perdavamo. E come si viddeno stretti dalla carovella e da’ battelli, tutti si gittarono a1 mare, che po- tevono essere 70 uomini e distavano da terra circa di due leghe; e seguendoli coy battelli, in tutto el giorno non ne potemmo pigliare piii che dua, che fu per acerto.3 Li altri tutti si furono a terra a salvamento, e nella canok restarono 4 fanciulli, e quali non eron di lor generazionef chi li traevano presi da aha terra, e li avevano cappati,r chi tutti eron senza membro virile e con la piaga fresca: di che molto ci maravigliammo. E messi nelle navi, ci disseno per segnali che li avevon cappati per mangiar- educebamus, quae tunc tali navigio delata est, ut subito ventum super eos obtineret; cumque irmendi in illos advenisset commoditas, ipsi sese apparatumque suum in phaselo suo ordinate spargentes, se quoque ad navigandum accinxerunt. Itaque cum eos praeteriissemus, ipsi fugere conati sunt. At nos nonnullis tunc expeditis phaselis, validis viris stipatis, illos tunc comprehendere putantes, mox in eos incurrimus; contra quos bis geminis fere horis nobis nitentibus, nisi carbasus nostra, quae cursu eos praeterierat, m sum super eos reversa fuisset, illos penitus amitte- bamus. Cum vero ipsi se eisdem nostris phaselis carbasoque undique constrictos esse perspicerat, omnes, qui circiter 20 erant et a terra dua- bus fere leucis distabant, in mare saltu prosilimt. Quos nos cum phaselis nostris tota prosequentes die, nullos ex eis nisi tantummodo duos praehendere potuimus, aliis omnibus in terram salvis abeuntibus. In lintre autem eo-, quam desemerant, bis gemini iuvenes extabant, non de e om gate geniti, sed quos in tellure aliena rapuerant, quorum sin- guhs ex recenti &ere virilia absciderant; quae res admirationem non parvam nobis attulit. Hos autem cum in nostras suscepissemus navicu- las, nutibus nobis insinuarunt quemadmodum illi eos ab ipsis manducan- ’ bariouenfo: sottovento. ‘ in aha volta: con un altro bordo. J acerto: caso. genera+oiie: rxzza. cajpafi: castrati. 3JJ
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