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L'IMPOSSIBILE CURA - 1999 - Società Amici del Pensiero

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una pietra d’inciampo che non permette, impedisce, si mette in mezzo, devia o infrange questo secondo<br />

giudizio.<br />

La nevrosi è la psicopatologia che meglio parla di questo errore sessualità, come Freud ha così bene<br />

mostrato. Nella nevrosi si vede bene che S e A, uomo e donna sono diventati dei ruoli attraverso il<br />

meccanismo <strong>del</strong>l’identificazione. Il nevrotico potrebbe essere nominato il miglior rappresentante <strong>del</strong>la teoria<br />

<strong>del</strong>la famiglia moderna: il nucleo familiare. Infatti, il nevrotico è sempre pronto a dichiarare che la causa<br />

<strong>del</strong>la sua nevrosi è rappresentata dai genitori, dalla mamma, dal padre o comunque da qualcuno che è passato<br />

dall’essere un altro individuato nella mia relazione, nominato principe, ad un ruolo.<br />

Il passaggio <strong>del</strong>l’errore sta in questa alternativa. O ti nomino principe e quindi sei un altro individuato nel<br />

mio universo e mi faccio beneficio anche <strong>del</strong>la banalità biologica che ti contraddistingue, ne faccio cioè un<br />

beneficio. Oppure diventi un ruolo, che vuol dire divento io stesso un ruolo.<br />

Altro problema nevrotico consiste nella distinzione tra esser uomo o donna oppure essere maschio o<br />

femmina. Nella psiche non esiste maschio e femmina esiste solo uomo e donna, passaggio da banalità<br />

biologica a de natura, pensiero, psiche intorno alla natura. L’errore interviene nel giudizio sull’altro, che vuol<br />

dire anche poterne dire sessualmente, nel passaggio tra prima individuazione e seconda individuazione.<br />

Questo resta di soggettivo anche nel tossicodipendente. La clinica si appoggia sull’inibizione, che si<br />

manifesta segnaleticamente – come con cartelli stradali – attraverso l’angoscia, che vive di sintomi. Vivendo<br />

solo le relazioni sintomatiche anche nel tossicodipendente può essere rintracciata la clinica, nella misura in<br />

cui il soggetto tossicodipendente non ha ancora aderito completamente alla sua tossicodipendenza, cioè non<br />

ha ancora aderito alla convinzione che si può vivere senza la relazione.<br />

Può guarire il tossicodipendente? Sì, se smette di mentire sulla relazione. Se smette di mentire, ad esempio,<br />

sul fatto che la sua relazione non esiste. Le sue relazioni esistono ma lui sembra fare di tutto perché non<br />

esistano più. Nella misura in cui non aderisce al suo programma non-clinico e mantiene un piede nella<br />

clinica noi possiamo prendercene cura, in quella misura possiamo rimanere in rapporto con lui.<br />

Al di fuori <strong>del</strong>la clinica, nella psicopatologia, non c’è rapporto. Non c’è rapporto con una teoria ma solo con<br />

un soggetto o con quanto rimane di clinica in un soggetto, quanto rimane di nevrotico. Il nevrotico aggiunge<br />

teorie – fa quindi un lavoro non-clinico – che contraddice la sua stessa clinica. Nella contraddittorietà <strong>del</strong><br />

comportamento nevrotico c’è il segno che ancora il soggetto esiste, che il soggetto ancora è psiche.<br />

Qual è il giudizio <strong>del</strong>lo Studium circa la definizione <strong>del</strong>la tossicodipendenza come sintomo di una malattia?<br />

Mi torna in mente una vignetta di Altan che nello Studium è diventata quasi un emblema, un tizio che si<br />

guarda allo specchio e si domanda: «Ma io sono uno s… o il sintomo di un disagio?».<br />

O il sintomo è un elemento <strong>del</strong>la malattia, quindi parliamo di clinica, oppure diciamo che la<br />

tossicodipendenza copre qualcosa. Allora lo diciamo in un senso attivo, copre come fosse un lavoro nel<br />

senso che il tossicodipendente vorrebbe coprire la sua clinica. Copre attivamente la possibilità di essere<br />

curato, in altre parole la sua malattia, fa di tutto per non esserlo più. Il tossicodipendente persegue un<br />

programma non clinico, come si evidenzia dai suoi moti mai a soddisfazione, sempre a teoria.<br />

Lei ritiene che alla base <strong>del</strong>la tossicodipendenza ci sia un sintomo? È solo la nevrosi da curare nella<br />

tossicodipendenza o anche le altre psicopatologie?<br />

La nevrosi rappresenta la psicopatologia nel senso che il nevrotico è ancora un soggetto da…, è un soggetto<br />

da divano, da curare. Il nevrotico è ancora capace di dire «il mio principe»; è tipico <strong>del</strong> nevrotico orchestrare<br />

un matrimonio e poi farlo fallire. Nella ricerca <strong>del</strong> partner, nel compromesso teorizzato, autogiustificato<br />

incoerentemente, quindi nella non coerenza c’è la possibilità <strong>del</strong>la cura.<br />

Non ci interessa fare nosografia astratta, cioè piazzare lì tutte le psicopatologie, ci interessa individuare<br />

l’errore per accedere alla sua correzione. Non ci interessa la corruzione ma la correzione; finché parliamo di<br />

psicopatologia parliamo di corruzione e ci interessa la sua possibile correzione: è in ciò l’utilità di<br />

individuare la nevrosi anche nella tossicodipendenza. Tante nosografie non danno alcuno spazio alla<br />

guarigione, così come si stenta a vedere l’interesse per la correzione in tante disamine <strong>del</strong>le multiformi<br />

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