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L'IMPOSSIBILE CURA - 1999 - Società Amici del Pensiero

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perverso che produce le svariate difficoltà nel rapporto tra i sessi che rovinano la vita di molti, dalla frigidità<br />

all’impotenza ecc.<br />

Ho nominato i vizi perché già nella dottrina medioevale dei vizi vi è un’intuizione <strong>del</strong>l’imperativo morale<br />

come comando perverso. La dottrina dei vizi rimane tuttavia fonte di equivoco (presta il fianco alla<br />

perversione) finché non si individua – ma è stato Freud il primo a farlo – l’esistenza di una patologia psichica<br />

che in realtà è una patologia morale. Che il vizio sia in realtà patologia, trova la sua dimostrazione in quelle<br />

patologie psichiche che più evidentemente di altre sono innestate sul vizio. L’anoressia è un buon esempio di<br />

vizio di gola, la bulimia ne è un esempio ancora più calzante. Nell’anoressia, persa di vista è la connessione<br />

normale tra appetito e soddisfazione, fino a non sentire più l’appetito. «Faccio quel che mi pare e piace»<br />

dicono l’anoressica e la bulimica – il sesso femminile sembra esserne maggiormente colpito là dove né mi<br />

pare né mi piace, ma devo. All’anoressica non pare neanche più di avere fame. Credere che il piacere sia fare<br />

quel che pare e piace, significa: «A me, che ho perso il principio di piacere, non resta che credere che mi<br />

piaccia». In quanto centrata sull’atto alimentare sconnesso dalla sazietà, sul mangiare come pura funzione<br />

senza moto, la bulimia preserva bensì il malato dalla morte fisica, ma consiste in un progresso nella<br />

perversione. È bene precisare che normalmente il moto alimentare inizia con l’appetito e termina con il<br />

nuovo appetito, è l’atto alimentare più il tempo <strong>del</strong>l’astensione dal cibo tra un pasto e l’altro fino al<br />

riaffiorare <strong>del</strong>l’appetito. La soddisfazione <strong>del</strong> mangiare consiste nella sazietà unita al sapere che avrò ancora<br />

appetito e mangerò di nuovo. La bulimia è un’abolizione di tutto questo, è un insoddisfacente mangiare per<br />

mangiare senza meta, senza termine e senza inizio.<br />

Quanto detto finora vale anche per la cosiddetta concupiscenza. Il vizio di concupiscenza (la sessualità)<br />

consiste nell’isolamento <strong>del</strong>la vita dei sessi dall’esperienza individuale per farne, come si dice, la «sfera<br />

sessuale». Ma visto che i sessi, presi a sé stanti, non possono se non andare male, è certo che quando si<br />

additano i sessi come colpevoli <strong>del</strong>la disfatta <strong>del</strong> rapporto, vi è invece incapacità individuale di pensare al<br />

beneficio che la differenza sessuale costituisce. In breve, il vizio non è «il di più» di piacere, ma è il piacere<br />

astratto, il piacere eletto a principio, e là dove un piacere è eletto a principio diventa un imperativo<br />

impraticabile.<br />

La maldicenza è massima con il passaggio dalla nevrosi alla psicosi e perversione. Dire male <strong>del</strong>l’altro è<br />

proprio <strong>del</strong> vizio di invidia. Conviene non sottovalutare il caso <strong>del</strong>la falsa testimonianza «a fin di bene».<br />

Nella nevrosi la falsa testimonianza si presenta sotto le mentite spoglie <strong>del</strong>la difesa a oltranza <strong>del</strong>l’altro<br />

offensore: «Non posso giudicare l’altro in quanto ha sbagliato nei miei confronti perché lo condannerei e lo<br />

perderei». Non per questo essa è meno nociva: «Il peccato dei padri ricadrà sui figli». Facendo eccezione alla<br />

sua coerenza, il nevrotico che vive di scrupoli, nelle sue vesti di genitore, è capace di nefandezze a danno dei<br />

figli. Noi incontriamo molti genitori avviliti dalla difficoltà di rapporto con i figli, che vivono in proiezione<br />

di un futuro nefasto, immaginandosi già un figlio depravato o <strong>del</strong>inquente: il rischio <strong>del</strong> genitore è la<br />

perversione «a fin di bene». Il genitore che non ha scrupoli nel pensare male di suo figlio: «diventerà un<br />

drogato» induce anzitutto il figlio nella tentazione di prenderne la via di fatto, in secondo luogo, pensando<br />

suo figlio come un potenziale <strong>del</strong>inquente, lo ripudia: il figlio in quanto figlio non è mai un <strong>del</strong>inquente.<br />

Pensando male il figlio lo rinnega e rinnegandolo, rinnega la propria paternità.<br />

L’invidia è l’obiezione massima al rapporto. Diversamente dalla gelosia per cui «l’erba <strong>del</strong> giardino <strong>del</strong> Re è<br />

sempre più verde» e allora… «la voglio anch’io», l’invidia non vuole, o meglio, vuole niente: «Visto che io<br />

non ho, nessuno dovrà avere».<br />

Approfondimento sulla psicosi infantile<br />

Qualora un bambino si presentasse come psicotico non sarebbe sufficiente la sintomatologia per concludere<br />

con una diagnosi di psicosi. La psicosi è diagnosticabile per la sua indisponibilità rispetto alla nevrosi in<br />

paragone con la norma. Il bambino che tenta di gettarsi dalla finestra, o si pensa come un camion o una<br />

bistecca che il padre vuole mettere in pa<strong>del</strong>la, o che quando va in bagno pensa di far bambini, rimane<br />

malgrado ciò disponibile alla correzione dei suoi pensieri: non ci crede, desidera cambiare idea.<br />

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