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N° 1 Anno XVII (LVII) ~ Gennaio/Marzo 2009 - Unione Nazionale ...

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L’essenza delle celebrazioni di<br />

anniversari di gesta gloriose,<br />

particolarmente di fatti grandiosi<br />

ed esaltanti, è la memoria. Sono<br />

definite, infatti, “commemorazioni”.<br />

Una memoria, però, che,<br />

rinnovando, nel tempo, l’orgoglio<br />

per le gesta compiute, sappia<br />

anche trarne insegnamenti senza<br />

cadere, contemplando il passato,<br />

in una valutazione distorta e<br />

diminuita del presente.<br />

Quando la polvere del tempo<br />

storicizza, per così dire, le gesta<br />

celebrate, allora quella memoria<br />

orgogliosa deve disincrostarsi,<br />

pur rimanendo viva, dalle passionalità<br />

contingenti degli antichi<br />

attori e testimoni e così, trasformata<br />

in puro e trasparente<br />

patrimonio sociale, esprimersi<br />

nell’amicizia e nella stima verso<br />

i nemici di un tempo.<br />

Le gesta, allora, divenute in<br />

noi pensosa e pura memoria,<br />

possono essere caricate di significati<br />

che attori e contemporanei<br />

non poterono neppure immaginare.<br />

Conegliano ha commemorato<br />

il “novantesimo” della Vittoria,<br />

sabato 8 novembre. Il posticipo è<br />

stato scelta opportuna per evitare,<br />

in segno di deferenza verso il<br />

Capo dello Stato, la contemporaneità<br />

con la celebrazione<br />

vittoriese, alla quale avrebbe,<br />

appunto, presenziato, il Presidente<br />

della Repubblica.<br />

Sentiero Tricolore 15<br />

La CELEBRAZIONE<br />

del NOVANTESIMO della<br />

VITTORIA a VITTORIO VENETO<br />

ed a CONEGLIANO<br />

di Goffredo Pinzuti<br />

La celebrazione di Conegliano,<br />

a differenza di quella<br />

vittoriese rovinata da un’ininterrotta<br />

pioggia battente, è stata<br />

allietata dal sole, da una<br />

temperatura gradevole e da un<br />

considerevole concorso di<br />

pubblico.<br />

Consueto il programma della<br />

celebrazione.<br />

Dopo la resa degli onori ai<br />

Caduti, Monumento in Piazza “4<br />

novembre”, il corteo, Gonfalone<br />

del Comune in testa seguito dalle<br />

Bandiere delle Associazioni<br />

Combattentistiche e d’Arma e dal<br />

numeroso pubblico - percorse le<br />

vie cittadine del centro, raggiunge<br />

il cuore storico ed amministrativo<br />

della Città: Piazza CIMA.<br />

La commemorazione ufficiale<br />

è affidata al Generale<br />

Cauteruccio.<br />

Si fa capire molto bene<br />

l’oratore. Parla a braccio: non<br />

legge. E’ diretto e semplice..<br />

Possiede perfettamente la materia.<br />

Coinvolge il pubblico.<br />

Studiati distacchi fra periodo e<br />

periodo favoriscono riflessioni,<br />

collegamenti, comparazioni,<br />

spunti critici ed ampliamenti<br />

soggettivi.<br />

Silenzio nella bella Piazza<br />

assolata ed affollata.<br />

Anch’io sono coinvolto e,<br />

frase dopo frase, idea dopo idea,<br />

mi sorprendo a confrontare<br />

involontariamente ciò che ascolto<br />

dal Generale con quanto ho<br />

ascoltato, una settimana prima, in<br />

Vittorio Veneto, dal Presidente<br />

Napolitano.<br />

Poi, sempre seguendo il tenue<br />

filo dei miei pensieri, il confronto<br />

si fa autonoma riflessione quasi<br />

simultanea all’ascolto dal quale è<br />

alimentata. Specialmente in<br />

riferimento ai seguenti aspetti di<br />

rilievo.<br />

Ambedue - il Presidente ed il<br />

Generale – sottolineano con<br />

estremo vigore l’enorme contributo<br />

di sangue che la guerra ha<br />

comportato; l’ampiezza e la<br />

spaventosità delle distruzioni; gli<br />

indicibili patimenti inflitti alla<br />

popolazione traendone motivo<br />

per affermare che la guerra è, in<br />

sé e per sé, male: anzi il peggiore<br />

dei mali.<br />

Concetti notissimi, affermati e<br />

ripetuti universalmente e dai<br />

quali, direi, non sembra possibile<br />

dissentire.<br />

Ambedue, tuttavia, ed in più di<br />

un passaggio, hanno riconosciuto<br />

che l’Italia sopravvissuta al<br />

flagello non era più l’“Italietta”<br />

anteguerra. Si era “sprovincializzata”;<br />

si era resa conto della<br />

sua importanza; era divenuta<br />

consapevole della propria identità<br />

e della dignità di grande Nazione.<br />

Non era più uno slegato coacervo<br />

di Regioni, Province e Comuni fra<br />

loro estranei, ma un organismo<br />

cosciente di sé. E, soprattutto, non<br />

era più un’“espressione geografica”<br />

insignificante, ma una

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