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N° 1 Anno XVII (LVII) ~ Gennaio/Marzo 2009 - Unione Nazionale ...

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nuova potenza nel contesto<br />

europeo e mondiale.<br />

A giudizio unanime dei<br />

Presidente e del Generale una tale<br />

miracolosa metamorfosi deve<br />

essere ritenuta frutto diretto della<br />

spaventosa guerra di distruzione.<br />

Riconoscimenti analoghi sono<br />

reperibili in opere di analisi<br />

storica e, senza industriarsi per il<br />

reperimento di testi ad hoc,<br />

basterà osservare - e l’osservazione<br />

diretta è ancora possibile a<br />

gran parte della popolazione –<br />

come l’Italia del dopoguerra del<br />

2° Conflitto Mondiale sia un’Italia<br />

enormemente cresciuta rispetto<br />

alla precedente. E si trattò<br />

di una crescita improvvisa –<br />

considerati i tempi storici di<br />

riferimento a fenomeni sociali del<br />

genere - non altrimenti spiegabile.<br />

Se noi poniamo mente alle<br />

trasformazioni sociali ed economiche<br />

che, ovunque sul globo,<br />

seguono ai conflitti, non possiamo<br />

sottrarci alla tentazione di<br />

affermare che le guerre, e non la<br />

pace, sono il vero motore della<br />

Storia e del progresso umano.<br />

Per quanto possa apparire<br />

desolante, il corollario che ne<br />

deriva può essere espresso nella<br />

forma seguente.<br />

Se i frutti della guerra sono<br />

buoni, allora anche la guerra è -<br />

deve essere – cosa buona. Sta<br />

scritto, infatti, che dal male può<br />

provenire soltanto il male.<br />

Ora, a proposito della guerra,<br />

a sua giustificazione, dico, si<br />

possono anche inventare numerosi<br />

distinguo ed alla Guerra si<br />

possono “appiccicare” anche<br />

molteplici etichettature. Si parlò<br />

(e parla) perfino di “Guerra<br />

santa”. Tutto ciò potrebbe indurci<br />

a pensare che le trasformazioni<br />

sociali positive sono conseguenti<br />

soltanto alle guerre,... “giusti-<br />

Sentiero Tricolore 16<br />

ficate”.<br />

Non è così. Qualunque sia la<br />

sua etichettatura e/o giustificazione,<br />

la Guerra è, in sé stessa,<br />

violenza, sopraffazione, uso<br />

irrazionale della forza, disprezzo<br />

per la vita. E’ un fenomeno<br />

totalmente negativo. Pertanto il<br />

dilemma resta. Ed appare insanabile.<br />

Tento un’ipotesi. Non è la<br />

guerra come tale a produrre tutte<br />

quelle benefiche trasformazioni<br />

sociali. E’ il libero e sollecitato<br />

esplicarsi delle attività inventive;<br />

è l’estremizzazione dei sentimenti<br />

– odio, amore, disperazione -<br />

altrimenti irriproducibili; la<br />

costrizione, attimo per attimo, a<br />

ripensare l’esistenza umana in<br />

nudi termini ultimativi ed<br />

immanenti di vita e di morte. Solo<br />

nella Guerra, la fragilità della<br />

“foglia”,già tema caro ai lirici<br />

greci – cfr, Mimnermo in “Come<br />

le foglie“ - esprime pienamente<br />

l’indifesa inutilità dell’esserci qui<br />

ed ora – cfr. Ungaretti in “Soldati”<br />

(1917) “Si sta come / d’autunno<br />

/ sugli alberi / le foglie”.<br />

L’esperienza bellica, insomma,<br />

nella mia ipotesi, opererebbe una<br />

sorta di catarsi delle masse.<br />

Catarsi che darebbe i suoi frutti<br />

una volta fuori dalle “spaventose<br />

fornaci” dell’annientamento<br />

bellico..<br />

Ma, con ciò, mi obietto, sposto<br />

soltanto: non risolvo il problema.<br />

Sostenere che la guerra crea<br />

l’ambiente adatto per favorire<br />

quelle benefiche trasformazioni<br />

equivale, di nuovo, a sostenere<br />

solo diversamente che è la guerra<br />

a determinarle..<br />

E proseguo. Se la Guerra,<br />

come sembra, non determina<br />

direttamente quelle benefiche<br />

trasformazioni, ma, rappresentando<br />

l’ambiente estremo ove si<br />

sprigionano caoticamente inarrestabili<br />

quelle titaniche forze<br />

innovatrici della società, perché<br />

non sostituirla con ambienti o<br />

situazioni che disdegnino i<br />

caratteri dell’irrazionalità e della<br />

violenza e stimolino egualmente<br />

la tensione al perfezionamento<br />

dell’esistenza sociale umana?<br />

Com’è possibile che la guerra,<br />

e non la pace, sia stata finora il<br />

motore del progresso umano.<br />

Annaspo. Oso ancora qualche<br />

abbozzo di risposta che, subito,<br />

mi si dimostra gratuita futilità,<br />

pura utopia.<br />

C’è dell’altro e di tutt’altro<br />

genere che mi colpisce nelle<br />

parole del Presidente e del<br />

Generale.<br />

Sebbene i vittoriesi, pur<br />

contaminandola con un discutibile<br />

riferimento calcistico, -<br />

“Vittoria al novantesimo”.abbiano<br />

enfatizzato la dedica alla<br />

“Vittoria” delle celebrazioni del<br />

4 novembre, pure, Presidente e<br />

Generale sottolineano variamente<br />

il 4 novembre esclusivamente<br />

come la fine di inaudite<br />

tribolazioni e non come data<br />

della “Vittoria” finale.<br />

Non è certo propensione per<br />

una sorta di retorica nazionalista<br />

o rimpianto di un tempo in cui, il<br />

quattro novembre, inquadrati e<br />

sull’attenti, ascoltavamo, senza<br />

comprenderlo ma essendone<br />

egualmente esaltati, il “Bollettino<br />

della Vittoria” a firma del<br />

Generale Armando Diaz.<br />

Nulla di tutto questo.<br />

Ma in una Vittorio Veneto<br />

simbolo della “Vittoria” e<br />

raccolta, da nord a sud, sotto l’ala<br />

della’ splendida acefala “Nike” di<br />

Samotracia ed in una Conegliano,<br />

prossima al Piave ed orgogliosa<br />

di essere stata la prima città<br />

italiana “liberata” dall’Esercito

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