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Controcopertina<br />

C’è ancora. C'è ancora chi ricorda,<br />

chi lotta, chi spera,<br />

chi non piega la schiena<br />

Mai rassegnarsi. Mai ammettere che non ci sia più nulla da fare. Ma non si può non prendere atto che <strong>il</strong> Primo Maggio,<br />

destinato ad entrare per imperitura vita nella leggenda, come sognava Edmondo De Amicis, è ai nostri dì<br />

fuori moda. Soprattutto questo domenicale Primo Maggio, che affronta, dispari, lo scontro formidab<strong>il</strong>e con la<br />

Chiesa di Roma, ornata a festa, a festa internazionale, per la beatificazione del Papa polacco. E subisce una straordinaria<br />

anticipazione celebrativa che trova protagonista <strong>il</strong> Presidente della Repubblica<br />

C''era una volta <strong>il</strong> Primo Maggio.<br />

Le piazze d'Italia, del Mezzogiorno, della Calabria erano colme, come un bicchiere di vino fino all'orlo, di popolo<br />

, che gridava <strong>il</strong> suo urlo redentore nella lingua pasticciata di F<strong>il</strong>ippo Turati:” Il riscatto del lavoro dei tuoi figli<br />

opra sarà”. E Pietro Gori, <strong>il</strong> mite rivoluzionario anarchico, intonava: “ Vieni o Maggio, dolce Pasqua dei lavoratori”.<br />

Gli uomini di tartaro, con i figlioletti per mano, scuotevano la rassegnazione secolare e marciavano verso l'avvenire<br />

, sicuri che sarebbe arrivato. E, murato nei loro petti, <strong>il</strong> Primo Maggio, a iniziare dall'anno della sua nascita , <strong>il</strong><br />

1886, traversò tute le tempeste della storia: o celebrato alla luce del sole o ricordato clandestinamente nelle periferie<br />

delle città, nelle campagne, nelle carceri, persino nei campi di concentramento nazista. Mai la sua voce tacque.<br />

Questo è. Questo dovrebbero ricordare i principi della modernità che hanno sfaldato la gloriosa memoria e intendono<br />

un Primo Maggio cafone e spendereccio con i negozi aperti nel giorno in cui i lavoratori di tutto <strong>il</strong> mondo<br />

incrociavano le braccia per dare dimostrazione che senza di loro né una fabbrica produce né un forno odora di pane<br />

né un albero fiorisce.<br />

C'era una volta <strong>il</strong> Primo Maggio. E i conservatori di tutte le tinte, di centrodestra e di centrosinistra, chiosano con<br />

meravigliosa dimenticanza della dialettica della storia: e ora non c'è più. Per nulla.<br />

C'era una volta <strong>il</strong> Primo Maggio e c'è ancora. C'è ancora chi ricorda, chi lotta, chi spera, chi non piega la schiena.<br />

Da tenere alta quando <strong>il</strong> 15 maggio si andrà alle urne. Con <strong>il</strong> Primo Maggio dentro <strong>il</strong> cuore.<br />

3<br />

DOMENICA 1<br />

MAGGIO 2011

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