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marted 1 - Centro Sperimentale di Cinematografia

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La musa pensosa (2007)<br />

Regia: Luciano Emmer; montaggio e voce narrante: L. Emmer; fotografia: Ugo Lo<br />

Pinto; origine: Italia; durata: 20’<br />

Emmer gira nel Museo Montemartini <strong>di</strong> Roma l’ideale prosecuzione del suo<br />

precedente Bella <strong>di</strong> notte; attraverso “l’incantamento” rappresentato dalla visione<br />

della statua <strong>di</strong> Polimnia, si realizza un viaggio notturno nel pensiero, scan<strong>di</strong>to dalle<br />

riflessioni sulla vita e sulla morte dei gran<strong>di</strong> pensatori classici.<br />

Ingresso gratuito<br />

a seguire<br />

Le pecore <strong>di</strong> Cheyenne (2007)<br />

Regia: Luciano Emmer; soggetto, sceneggiatura e montaggio: L. Emmer; durata: 70’<br />

Compressione dei costi, agilità <strong>di</strong> movimento, possibilità <strong>di</strong> controllo ancora più<br />

“totale”dell’intera lavorazione; questi sono i principali motivi che hanno portato<br />

Luciano Emmer a misurarsi negli ultimi anni con il supporto (e le possibilità offerte<br />

dal) <strong>di</strong>gitale. Ma l’approccio al cinema (e alle storie) resta immutato: ecco quin<strong>di</strong><br />

l'ennesima, straor<strong>di</strong>naria figura femminile del suo cinema: la pastora Cheyenne<br />

Daprà, seguita nel suo lavoro quoti<strong>di</strong>ano, quattro giorni, un giorno per stagione.<br />

Ingresso gratuito<br />

domenica 20<br />

Monsieur Tati nel caos della modernità<br />

Jacques Tatischeff nasce in una famiglia d’origine russa a Le-Pecq (Seine-et-Oise), il<br />

9 ottobre 1907. Della sua infanzia nulla da eccepire o da raccontare se non una<br />

precoce tendenza all’altezza. Pratica svariati sport (gioca nella squadra <strong>di</strong> rugby <strong>di</strong><br />

serie A nel campionato francese) ed è proprio attraverso l’attività sportiva che scopre<br />

il grande valore della comicità: intrattiene i compagni <strong>di</strong> gioco con gag e pantomime.<br />

Il successo è assicurato tanto che il giovane Jacques si trasferisce a Parigi, lavorando<br />

nei cabaret e specializzandosi in mimica e varie acrobazie. Il motivo ispiratore <strong>di</strong><br />

tante gag è la vita quoti<strong>di</strong>ana con i suoi ritmi nevrotici, che sarà la base<br />

programmatica <strong>di</strong> tutti i suoi film: «Non sono nemico della modernità, figuriamoci.<br />

Sono nemico dei programmatori della modernità. Quello che non mi va bene, quello<br />

che stona, è il rapporto uomo-ambiente. Io <strong>di</strong>co che l’uomo non è al passo dei tempi,<br />

non è ancora preparato a vivere il futuro che gli stanno facendo vivere. Dico che<br />

esiste una frattura tra quello che siamo realmente e quello che vogliono farci essere.<br />

Allora l’uomo ha un solo mezzo per reagire: interrompere il contatto tra progresso<br />

tecnico e umori spontanei. Il risultato è <strong>di</strong> una ineffabile comicità. Liberando questa<br />

comicità, l’uomo finisce per prevalere sulle cose». Da qui la nascita del personaggio<br />

stralunato e impassibile <strong>di</strong> Monsieur Hulot, che, come scrive giustamente Alessandro<br />

Melis, rappresenta una «maschera tragicomica <strong>di</strong> magra essenzialità: impermeabile,<br />

cappello, pantaloni un po’ corti e immancabili pipa e ombrello. Hulot è “straniero”<br />

nella macchina del mondo, borbotta senza parlare, cammina senza capire, il suo<br />

sguardo incredulo davanti al meccanismo incomprensibile della modernità è un punto<br />

<strong>di</strong> domanda lasciato senza risposta. Il bersaglio della sua satira, mai crudele, sempre

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