marted 1 - Centro Sperimentale di Cinematografia
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spirituale del suo secolo» (Moran<strong>di</strong>ni). Truffaut parlò <strong>di</strong> «un film che viene da un<br />
altro pianeta... l’Europa del 1968 filmata da un Lumière marziano». «Tati volle<br />
costruire un’autentica città del futuro, Tativille, da trasformare in seguito in un<br />
centro (mai realizzato) <strong>di</strong> produzione cinematografica. Altissimi i costi (tra l’altro il<br />
regista volle girare in 70mm con un sonoro multipiste), scarsi gli incassi»<br />
(Mereghetti).<br />
ore 22.00<br />
Trafic (Monsieur Hulot nel caos del traffico, 1971)<br />
Regia: Jacques Tati; soggetto, sceneggiatura e <strong>di</strong>aloghi: J. Tati, con la collaborazione<br />
<strong>di</strong> Jacques Lagrange; fotografia: Edward Van Den Enden, Marcel Weiss; musica:<br />
Charles Dumont; montaggio: Maurice Laumain, Sophie Tatischeff; interpreti: J. Tati,<br />
Maria Kimberly, Marcel Fraval, Honoré Rostel, Tony Knepper; origine:<br />
Francia/Italia; produzione: Films Corona, Films Gibé, Selenia Cinematografica;<br />
durata: 97’<br />
«Neppure la precaria con<strong>di</strong>zione finanziaria ere<strong>di</strong>tata da Playtime indusse Tati a<br />
rinunciare al principio del cinema d’autore. [...] Gli incassi dell’ultima opera non<br />
deponevano comunque a favore del regista e rafforzavano le abituali <strong>di</strong>ffidenze dei<br />
<strong>di</strong>stributori. Perciò, il creatore <strong>di</strong> Monsieur Hulot dovette rassegnarsi a più <strong>di</strong> un<br />
rifiuto, prima <strong>di</strong> trovare la produzione che gli consentisse <strong>di</strong> realizzare un nuovo<br />
film: Trafic. [...] Il contenuto aneddotico è comunque analogo. Il quinto<br />
lungometraggio <strong>di</strong> tati si configura come un nuovo apologo fantatecnologico <strong>di</strong><br />
sapore dolce-amaro sulla “civiltà industriale” e sui rapporti con l’uomo. Già ben<br />
presente in Playtime, il motivo del traffico automobilistico inteso come espressione <strong>di</strong><br />
caos, <strong>di</strong>venta ora il tema principale del film» (Nepoti). Per il critico Bernard Cohn<br />
Trafic «racconta la vita e la morte dell’automobile. I titoli compaiono sulle immagini<br />
<strong>di</strong> una catena <strong>di</strong> montaggio e noi ve<strong>di</strong>amo parecchie volte cimiteri <strong>di</strong> macchine».<br />
lunedì 21<br />
chiuso<br />
<strong>marted</strong>ì 22<br />
L’altro Visconti<br />
Seconda parte<br />
Domenica 4 giugno 2006 la Cineteca Nazionale realizzò un breve ma sentito<br />
omaggio all’opera <strong>di</strong> Eriprando, nipote <strong>di</strong> Luchino. Ingiustamente <strong>di</strong>menticato, i suoi<br />
film hanno rappresentato una zona <strong>di</strong> equilibrio tra il cinema d’autore e cinema <strong>di</strong><br />
genere. Dallo zio apprese l’arte e l’eleganza della messa in scena. Discendente <strong>di</strong> una<br />
grande famiglia (i Visconti <strong>di</strong> Moldrone, ma anche Carlo Erba, il fondatore della<br />
prima <strong>di</strong>tta farmaceutica italiana, suo bisnonno), non ancora ventenne si trasferisce da<br />
Milano a Roma per lavorare nel cinema. È assistente al montaggio <strong>di</strong> Mario<br />
Serandrei, attore in Terza liceo <strong>di</strong> Emmer e in Senso dello zio Luchino. Dalla seconda<br />
metà degli anni cinquanta è assistente alla regia per Antonioni e Visconti. Scrive il<br />
soggetto de Gli sbandati insieme con Francesco Maselli e collabora a Il brigante <strong>di</strong>