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marted 1 - Centro Sperimentale di Cinematografia

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mittente. Poco dopo esplose con Bella <strong>di</strong> giorno «dove se non mostravano al<br />

microscopio la sua epidermide, poco ci mancava! Valli a capire gli attori!» (Bava).<br />

giovedì 31<br />

ore 18.00<br />

La Venere d’Ille (1978)<br />

Regia: Mario e Lamberto Bava; soggetto: dal racconto omonimo <strong>di</strong> Prosper Mérimée;<br />

sceneggiatura: L. Bava, Cesare Garboli; fotografia: Nino Celeste; musica: Ubaldo<br />

Continiello; montaggio: Fernando Papa; origine: Italia; interpreti: Marc Porel, Daria<br />

Nicolo<strong>di</strong>, Fausto Di Bella, Adriana Innocenti, Mario Maranzana, Diana De Curtis;<br />

origine: Italia; produzione: Pont Royal Film Tv, Rai 2; durata: 60’<br />

Film per la tv trasmesso il 27 maggio 1981 per la serie I giochi del delitto - Storie<br />

fantastiche dell’Ottocento. La storia, ambientata nella provincia francese, ruota<br />

attorno a una statua <strong>di</strong> bronzo che raffigura Venere. «Bava è riuscito a cogliere<br />

anche molte delle insenature del racconto e a scrivervi dentro una splen<strong>di</strong>da<br />

rappresentazione <strong>di</strong> una cultura conta<strong>di</strong>na e me<strong>di</strong>terranea nella quale <strong>di</strong> vedono<br />

convivere e intrecciarsi elementi solari e lunari (il lato materiale, razionale, religioso<br />

col lato lunare, irrazionale, magico, del mondo e della cultura conta<strong>di</strong>na<br />

me<strong>di</strong>terranea). Pagine colte che non restano inerti, fini a se stesse, ma che <strong>di</strong>ventano<br />

in Bava occasione <strong>di</strong> racconto, pretesto narrativo. È, infatti, proprio cogliendo<br />

questo tratto culturale del mondo rappresentato che Bava riesce a giustificare<br />

<strong>di</strong>egeticamente e linguisticamente la splen<strong>di</strong>da zoomata che collegando la luna alla<br />

terra dà il via a quella magistrale ultima parte del racconto, tutta giocata sul perfetto<br />

uso dell’esitazione fantastica, in cui la terra e il cielo, il razionale e l’irrazionale, si<br />

congiungono per determinare lo choc fantastico grazie al quale il racconto<br />

raggiunge il suo climax e il suo senso» (Gualtiero Pironi). «Quest’opera finale <strong>di</strong><br />

Bava è tra i capolavori <strong>di</strong> un cinema che non si risolve mai in equilibri conclusi. I<br />

costumi ottocenteschi si aggiungono ai corpi con la stessa libertà delle ricostruzioni<br />

rosselliniane, e sul rapporto verità-finzione dei corpi irrompono flagranze <strong>di</strong> dettagli<br />

carnalmente presenti oltre la minacciosa fermezza statuaria. Se l’horror <strong>di</strong><br />

Mastrocinque o Ferroni conferma fascinosamente la natura del manichino, Bava può<br />

sì spingere la presenza romantica fin dentro i mon<strong>di</strong> classici (il greco, l’orientale, il<br />

nor<strong>di</strong>co, persino quello postsettecentesco <strong>di</strong> Mérimée o quello dell’orizzonte russo)<br />

ma senza rinunciare a una trasparenza che riesce consunstanziale quanto quello<br />

rosselliniana alla natura televisiva» (Germani).<br />

Copia proveniente dal Museo Nazionale del Cinema <strong>di</strong> Torino<br />

a seguire<br />

Shock (1977)<br />

Regia: Mario Bava; soggetto e sceneggiatura: Lamberto Bava, Francesco Barbieri,<br />

Paolo Brigenti, Dardano Sacchetti; fotografia: Alberto Spagnoli; musica: I Libra;<br />

montaggio: Roberto Sterbini; interpreti: Daria Nicolo<strong>di</strong>, John Steiner, David Colin jr.,<br />

Ivan Rassimov, Nicola Salerno; origine: Italia; produzione: Laser Film; durata: 92’

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