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marted 1 - Centro Sperimentale di Cinematografia

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Regia: Eriprando Visconti; soggetto e sceneggiatura: E. Visconti, Roberto Gandus;<br />

fotografia: Blasco Giurato; musica: James Dashow; montaggio: Kim Arcalli;<br />

interpreti: Rene Niehaus, Piero Faggioni, Miguel Bosè, Gabriele Ferzetti, Michele<br />

Placido, Carmen Scarpitta; origine: Italia; produzione: Serena Film 75; durata: 97’<br />

Dopo l’esperienza del sequestro, Alice stenta a ritrovare il proprio equilibrio in<br />

famiglia. La situazione precipita quando la ragazza scopre che sua madre l’ha avuta<br />

da una relazione clandestina. Alice parte così alla ricerca del vero padre. Seguito del<br />

fortunato La orca (1976), costato 40 milioni <strong>di</strong> lire (20.000 euro!), incassa più <strong>di</strong> un<br />

miliardo e mezzo (750.000 euro). Per Eriprando Visconti «è un riscatto personale e<br />

non fa fatica a montare il seguito. Prende le parti <strong>di</strong> storia tagliate, aggiunge e<br />

riscrive alcune scene, e così nasce Oe<strong>di</strong>pus orca. Il proposito del secondo film<br />

consiste nel creare una parte complementare dove Alice vive un’esperienza<br />

altrettanto drammatica all’interno della famiglia. Tra i due film c’è uno strano<br />

rapporto. [...] Da un film fenomenologico che proponeva un’analisi della vicenda <strong>di</strong><br />

tipo marxista, Visconti passa a un film psicoanalistico dove il nume <strong>di</strong>venta Freud<br />

[...]. Il senso del tempo nei due film è fondamentale. In La orca tutto vive e si<br />

consuma nel presente, è una storia che non ha passato e tanto meno futuro. Mentre<br />

Oe<strong>di</strong>pus Orca, già dal titolo in latino, è un film sul passato e sul ricordo, <strong>di</strong> gusto<br />

archeologico, che scava nell’inconscio <strong>di</strong> Alice fino a far emergere l’origine del suo<br />

malessere» (Colombo).<br />

ore 22.00<br />

Malamore (1982)<br />

Regia: Eriprando Visconti; soggetto e sceneggiatura: Roberto Gandus, E. Visconti;<br />

fotografia: Luigi Kuveiller; montaggio: Nino Baragli; interpreti: Nathalie Nell,<br />

Jimmy Briscoe, Antonio Marsina, Remo Girone, Serena Gran<strong>di</strong>, Monica Scattini;<br />

origine: Italia; produzione: Arcana Film Produzione; durata: 98’<br />

«“Siamo tutti nani... È che ci vuole coraggio <strong>di</strong> ammetterlo!”. Su questa riflessione<br />

Pran<strong>di</strong>no costruisce quello che sarà il suo ultimo film, e non si può che leggerlo<br />

come il testamento amaro e pessimista <strong>di</strong> un intellettuale che ha perso il feeling con il<br />

resto del mondo. [...] Pran<strong>di</strong>no mette in scena la sua personale “recherche”, che<br />

coincide con un tuffo nel passato, negli anni della guerra 15/18, in una villa<br />

dell’Oltrepo Pavese (quella stessa che lo ospitò, ragazzo sfollato da Milano nel ’44).<br />

La storia tra il nano e la puttana <strong>di</strong>venta la metafora <strong>di</strong> un fallimento esistenziale,<br />

dove si mischiano l’incapacità <strong>di</strong> equilibrare i propri desideri con quelli altrui e il<br />

<strong>di</strong>sagio <strong>di</strong> relazione e accettazione <strong>di</strong> sé. [...] Il nanismo è uno stato più mentale che<br />

fisico, e l’umanità crede <strong>di</strong> sopperire alle proprie mancanze con quello che possiede:<br />

il nano è ricco e usa i sol<strong>di</strong> per farsi accettare, la donna è bella e usa il sesso per<br />

vivere, il magnaccia è simpatico e usa l’amicizia per arricchirsi. Questo è Malamore,<br />

dove c’è sempre il rovescio della medaglia, dove la parola amore si mischia con il<br />

male e la malattia, dove la passione pura degenera in possessione perversa»<br />

(Colombo).<br />

mercoledì 23

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