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Si - Federazione Italiana Tennis

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vano insieme al campo di allenamento, posto proprio di fronte alla sala<br />

stampa: all’uscita Rafa regalava sorrisi e autografi ai fans, Toni, in disparte<br />

lo aspettava paziente. Un gran personaggio lo zio coach di Nadal: 47<br />

anni, cordiale, sorridente, disponibile, innamorato del tennis. Lui e il nipote<br />

sono sul tetto del mondo ma a questo, lui, sembra non farci caso. Un<br />

fanatico della disciplina.<br />

“Per me il tennis è disciplina – sottolinea infatti – Solo così puoi raggiungere<br />

grandi risultati. A Rafa ho sempre detto che sarebbe diventato un<br />

campione, ma solo lavorando duro”. L’attuale numero uno del mondo lo<br />

ha ascoltato alla lettera: “Al mattino andava a scuola, al pomeriggio ore<br />

e ore di allenamento – spiega Toni – a volte rientravamo a casa alle dieci<br />

di sera, soprattutto quando dovevamo spostarci fino a Palma di Maiorca<br />

perché a Manacor non c’era nessuno più forte di lui con cui poter palleggiare”.<br />

Lo sport è di casa in famiglia Nadal. “Io giocavo molto bene a calcio, poi<br />

ho scelto il tennis, sono arrivato sino alla seconda divisione spagnola.<br />

Anche mio fratello Miguel Angel è stato un promettente tennista in gioventù.<br />

E’ stato campione di Maiorca prima di puntare sul calcio”. Ha fatto<br />

bene: ex capitano del Barcellona e dalla nazionale spagnola, squadre di<br />

cui è stato uno dei pilastri difensivi tra gli anni Ottanta e Novanta. Toni<br />

sorride e confessa: “In famiglia sostengono che abbia deciso di darsi al<br />

calcio per sottrarsi alla mia stretta di fratello maggiore…”. Gli è “sfuggito”<br />

Miguel Angel, ma lui ha “catturato” Rafa.<br />

Tutto ebbe inizio il giorno in cui per gioco lanciò una pallina da tennis al<br />

nipotino di quattro anni che armeggiava con una racchettina e se la vide<br />

tornare indietro con facilità sorprendente. “Già allora aveva una coordinazione<br />

fuori dal normale”, racconta Toni, che quando Rafa aveva sette<br />

anni lo convinse a lasciare la presa bimane di diritto. Ti guarda sornione<br />

a aggiunge: “Conosco solo un giocatore tra quelli forti che impugna a<br />

due mani la racchetta sia di diritto che di rovescio. <strong>Si</strong> chiama Santoro e<br />

non mi sembra sia mai diventato numero uno del mondo…”. Come dargli<br />

torto?<br />

Diritto a una mano il primo passo, rovescio bimane il secondo, quindi la<br />

decisione di farne un mancino. “Rafa da ragazzino giocava molto bene a<br />

football, sua grande passione - ricorda ancora Toni - come tutti in famiglia.<br />

Il pallone lo calciava di sinistro, mentre a tennis era destro. Però non<br />

serviva bene né con la destra né con la sinistra. Allora decisi che tanto<br />

valeva impostarlo come mancino”.<br />

I risultati cominciarono subito ad arrivare. Toni torna indietro di qualche<br />

anno, a quando Rafa ne aveva otto e si ritrovò a giocare uno dei primi<br />

match a squadre con di fronte un avversario di 12 anni. “Manacor-<br />

Alcudia - dice - era questa la sfida. Minacciava pioggia e mio nipote era<br />

emozionatissimo, il suo rivale, molto più grande di età gli sembrava un<br />

gigante. Io lo tranquillizzai dicendogli che se le cose si fossero messe<br />

male allora avrei fatto piovere… Rafa partì malissimo, subito sotto tre a<br />

zero, ma poi risalì fino al 3-2 e cominciò davvero a piovere. Lui mi guardò<br />

e disse: zio lascia stare, penso di potercela fare…”.<br />

Inflessibile negli allenamenti, ma anche un po’ psicologo e incantatore.<br />

Il rapporto strettissimo fra Toni e Rafa è cominciato così. Bastone e carota.<br />

A Rafa piace da matti andare a pesca, una passione nata quando era<br />

ancora piccolo. Se perdeva un match lo zio era pronto al rimbrotto: “Se<br />

pescavi qualche ora in meno e ti allenavi di più avresti vinto”, gli diceva.<br />

L’album dei ricordi è sempre aperto: “Mio nipote è molto goloso di cioccolata.<br />

Aveva sedici anni ed eravamo proprio in Italia: fece indigestione e<br />

decise di mangiarne ancora fino a vomitare… Qualche ora dopo entrò<br />

in campo e vinse, ma non mi rivolse neppure uno sguardo. Sapeva di<br />

averla fatta grossa, nel tennis non conta solo il risultato se prima hai sbagliato.<br />

Da quel giorno è sempre attentissimo a quel che mangia quando<br />

è in giro per tornei”.<br />

Sempre all’Italia, a Roma in particolare, sono legati bellissimi ricordi:<br />

“Tornare al Foro Italico è ogni volta una bellissima emozione – racconta<br />

Toni – il pubblico romano ha amato da subito Rafa, da quando vinse nel<br />

2005 uno dei suoi primi titoli importanti. E poi l’anno successivo c’è<br />

stata quella magnifica finale strappata al quinto set a Federer”. Cinque<br />

ore di tennis stellare.<br />

Disciplina ed educazione sono i valori che la famiglia ha voluto inculcare<br />

al ragazzino fenomeno. E’ questo il tennis dei Nadal, con Toni in prima<br />

fila. “Ho sempre ripetuto a Rafa che se lo avessi visto solo una volta rompere<br />

una racchetta con me aveva chiuso. Trovo inaccettabile distruggere<br />

una racchetta, tanto più se sei un bambino. Sono molto costose e<br />

molti ragazzi della sua età che non potevano permettersela avrebbero<br />

fatto salti di gioia ad averne una. Su questo aspetto sono sempre stato<br />

intransigente, non mi piace chi in campo dà in escandescenza ed è<br />

Super<strong>Tennis</strong> Magazine n. 8/9 25 Agosto/Settembre 2008 - Io e il tennis

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