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e drammatico incidente<br />
stradale.<br />
Nel pomeriggio, il feretro<br />
di Luca Valente ha raggiunto,<br />
con un aereo messo<br />
a disposizione dall’esercito,<br />
l’aeroporto militare di<br />
Galatina, per essere poi<br />
scortato sino all’abitazione<br />
dei genitori a Miggiano,<br />
dove è rimasto fino alle 8<br />
<strong>del</strong> 23 febbraio. Il feretro<br />
<strong>del</strong> caporal maggiore <strong>qui</strong>ndi ha lasciato per l’ultima volta la<br />
sua casa per essere trasferito nell’aula consiliare <strong>del</strong><br />
Comune <strong>del</strong>la cittadina natia, dove è stata allestita la camera<br />
ardente. Da lì l’ultimo viaggio verso la chiesa di San<br />
Vincenzo Levita e Martire, dove alle 15 sono stati celebrati<br />
i funerali solenni. Il lutto cittadino è stato proclamato dal<br />
sindaco di Miggiano.<br />
Il corpo <strong>del</strong> caporal maggiore capo Francesco Currò è<br />
giunto a casa, a Messina, il 22 pomeriggio. Al suo arrivo la<br />
salma ha ricevuto la benedizione <strong>del</strong> parroco di Cumia<br />
Superiore e <strong>del</strong> cappellano militare. Ad accoglierlo, oltre ai<br />
parenti, amici e conoscenti, anche tantissimi cittadini e<br />
numerose autorità cittadine e militari in un clima di com-<br />
IL NASTRO AZZURRO<br />
Il 1° cap. magg. Francesco Paolo Messineo, il 1° cap. magg. Luca Valente e il cap. magg. Francesco Currò<br />
IL COMMENTO<br />
mozione generale. Dalla mattina <strong>del</strong> 23 è stata aperta la<br />
camera ardente, allestita presso il Salone <strong>del</strong>le Bandiere di<br />
Palazzo Zanca, sede <strong>del</strong> Municipio, per consentire a tutti di<br />
porgere un ultimo saluto. Il rito funebre si è svolto alle 16<br />
presso il Duomo di Messina. Il sindaco Giuseppe Buzzanca<br />
ha disposto il lutto cittadino.<br />
Il corpo <strong>del</strong> caporale Francesco Paolo Messineo è stato<br />
restituito alla famiglia nella tarda sera <strong>del</strong> 22. La camera<br />
ardente, allestita il 23 febbraio dalle 10 alle 14,30 nel<br />
Palazzo Municipale di Termini Imerese, ha preceduto la cerimonia<br />
funebre, officiata nel Duomo <strong>del</strong>la città dall’arcivescovo<br />
di Palermo, cardinale Paolo Romeo, alle 15 <strong>del</strong>lo stesso<br />
giorno.<br />
Dopo aver dedicato l'intera annata 2011 alle celebrazioni per il 150° anniversario <strong>del</strong>l'Unità d'Italia, riprendiamo ad occuparci<br />
di fatti ed avvenimenti d'attualità. La nostra rivista viene pubblicata a cadenza bimestrale e <strong>qui</strong>ndi non può certamente<br />
"essere sulla notizia", pertanto siamo in grado solo di portare avanti un ragionato commento di eventi ovviamente già<br />
noti ai nostri lettori, ma osservati da punti di vista che non sempre collimano con quelli <strong>del</strong>l'<strong>Istituto</strong> <strong>del</strong> <strong>Nastro</strong> <strong>Azzurro</strong>, che fa <strong>del</strong><br />
"Valore", in particolare <strong>del</strong> "Valor Militare", la sua ragion d'essere.<br />
I sei ragazzi morti in Afghanistan, sia nell'episodio <strong>del</strong> 23 settembre 2011, sia in quello <strong>del</strong> 20 febbraio ultimo scorso, non sono<br />
stati vittime di fuoco nemico, ma di incidenti stradali. I loro mezzi, gli ormai famosi "Lince", in entrambi i casi, si sono ribaltati causando<br />
la morte di tre occupanti e il ferimento di altri.<br />
Questi incidenti hanno fatto salire la conta <strong>del</strong>le vittime militari italiane <strong>del</strong>l'operazione ISAF non a 47, bensì a 50, perché si<br />
sono "improvvisamente" inserite altre tre "vittime": due morti per cause naturali (malattie letali contratte durante la loro permanenza<br />
in teatro) e uno che si è suicidato mentre era in missione proprio in Afghanistan.<br />
Ci sembra giusto che anche questi nostri ragazzi vengano comunque ricordati come militari morti nello svolgimento di una<br />
difficile missione militare dalla quale dipende la sicurezza <strong>del</strong> nostro Paese.<br />
Ciò che non ci è sembrato giusto è il non aver tributato loro il Funerale di Stato. Non perché così si sarebbero assimilate le<br />
vittime di incidenti stradali e malattie a quelle <strong>del</strong> fuoco nemico, ma perché, in assenza di un vero e proprio atto di eroismo, sancito<br />
da una ricompensa al Valor Militare, anche l'essere uccisi dal "nemico" (soprattutto quando in Patria si finge che esso non esista),<br />
non dovrebbe essere causa di Funerale di Stato.<br />
Per contro, se qualora il militare viene ucciso da un "avversario" in una maniera subdola e traditrice, che gli impedisce perfino<br />
il tempo e il modo di reagire in maniera eroica, si ritiene giusto comunque tributargli l'ultimo saluto nella forma di Funerale di<br />
Stato, si dovrebbe accettare che anche chi è vittima di incidenti e malattie fuori area, molto probabilmente, se non vi fosse stato<br />
inviato, non sarebbe morto. Quindi egli ha comunque perso la vita per la Patria sebbene sia deceduto in una maniera tale da essere<br />
ancora una volta impedito a dimostrare il proprio Valor Militare.<br />
Per questa ragione, il funerale di stato, che non è una Decorazione al Valor Militare, ma è il giusto tributo a chi ha perso la vita,<br />
non importa per quali cause di dettaglio ma nell'adempimento <strong>del</strong> proprio dovere, andrebbe comunque tributato a tutti i militari<br />
che non dovessero tornare vivi da una missione fuori area.<br />
Detto ciò, spendiamo due parole sul "Lince". I due incidenti, accaduti a pochi mesi, hanno rinfocolato la polemica sul mezzo<br />
blindato in uso nelle Forze Armate italiane. Si sostiene da più parti che esso non offra adeguata protezione agli occupanti in caso<br />
di attacco armato e anche in caso di semplice ribaltamento.<br />
Nella realtà, occorre sempre tener presente una cosa banale, ma che spiega tutto: il "Lince" è classificato come "Veicolo Tattico<br />
Leggero Multiruolo", cioè è la naturale evoluzione <strong>del</strong>la cara, vecchia e famosa "Campagnola", ormai relegata nei musei. Eppure, il<br />
“Lince” offre una protezione corazzata agli occupanti: si tratta di pannelli in kevlar in grado di resistere ai colpi di calibro 7,62 mm.<br />
Certo non al tiro di artiglierie anticarro, ma a quello <strong>del</strong>le armi leggere in uso alla maggior parte dei cosiddetti "insurgets", si.<br />
Occorrerebbe tenere presente che qualsiasi mezzo utilizzato in area di combattimento può essere colpito da un'arma in grado<br />
di superarne le difese. Perfino se si volessero dotare i nostri militari esclusivamente di carri armati pesanti, in grado di sopportare<br />
attacchi con armi non specificatamente concepite contro di essi (ammesso che si riuscisse a superare anche le difficoltà politiche<br />
a farlo), comunque bisognerebbe tenere presente che tali armi esistono e sono utilizzabili.<br />
Rimane da sfatare il mito <strong>del</strong>la cattiva riuscita <strong>del</strong> "Lince". Si tratta solo di un problema di presenza: il "Lince" è l'unico "Veicolo<br />
Tattico Leggero Multiruolo" utilizzato in Afghanistan dalle nostre Forze Armate, pertanto esso è l'unico a sopportare la prova <strong>del</strong><br />
fuoco e a rischiare ... incidenti stradali. Forse è triste, senz’altro è banale, ma è tutto <strong>qui</strong>.<br />
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