15.06.2013 Views

clicca qui - Istituto del Nastro Azzurro

clicca qui - Istituto del Nastro Azzurro

clicca qui - Istituto del Nastro Azzurro

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

nella Regia Aeronautica e nel 1935 venne promosso sergente<br />

maggiore pilota. Quando iniziò il conflitto in Africa<br />

Orientale, partì volontario all’insaputa dei suoi familiari.<br />

Per il suo ardimento e capacità venne subito inviato in<br />

due missioni pericolose. Dalla seconda rientrò alla base<br />

con l’apparecchio, un Caproni C.A. 113, gravemente danneggiato<br />

per i colpi ricevuti, e non esitò a chiedere un<br />

altro apparecchio per concludere la missione. Per questo<br />

eccezionale coraggio e sprezzo <strong>del</strong> pericolo fu proposto<br />

per la Medaglia di Bronzo e la Promozione per Meriti<br />

Straordinari. Al rientro in Patria nel 1936, a soli 23 anni,<br />

gli venne comunicata la promozione a Maresciallo. Era<br />

forse il più giovane Maresciallo pilota d’Italia.<br />

Nel 1939 venne assegnato, quale istruttore pilota, alla<br />

Scuola Bombardamento di Aviano e in quello stesso anno<br />

si sposò.<br />

Dopo lo scoppio <strong>del</strong>la guerra, venne assegnato al<br />

nucleo di addestramento di Gorizia e nel marzo 1941 trasferito<br />

alla 278a squadriglia su aerosiluranti S.M.79 a<br />

Pantelleria<br />

Il successivo 21 aprile, tre aerosiluranti S.M.79, trasferiti<br />

il giorno precedente da Pantelleria, decollarono alle<br />

17,25 dall’aeroporto K 2 di Berka, vicino a Bengasi, per<br />

una missione nella Grecia meridionale tesa a contrastare<br />

una operazione di sgombero <strong>del</strong>le truppe inglesi, che si<br />

ritiravano dall’avanzata italo-tedesca. L’aerosilurante, S.79<br />

M.M. 23881, di cui il Barro era secondo pilota, non fece<br />

ritorno alla base. Dei sei membri <strong>del</strong>l’e<strong>qui</strong>paggio, non<br />

risultò alcun superstite. Il Barro era padre di una figlia,<br />

Maria Luisa, mentre la seconda, Layla, nacque tre mesi<br />

dopo la sua scomparsa.<br />

Quasi vent’anni dopo, il 21 luglio nel 1960, una squadra<br />

<strong>del</strong>la spedizione geologica italiana <strong>del</strong>la Co.R.I.<br />

(Comp. Ricerche Idrocarburi <strong>del</strong> gruppo E.N.I), mentre<br />

percorreva l’antica via carovaniera che collega le due oasi<br />

nel Grande Ergh libico, scorse, nel deserto, una macchia<br />

scura che spiccava nella distesa di sabbia di colore uniforme.<br />

Si trattava di un binocolo e di una bussola in dotazione<br />

all’aeronautica militare. In prossimità si trovava una<br />

borraccia e ciò che restava di un corpo umano in posizione<br />

supina con a fianco una pistola lanciarazzi e un bossolo<br />

esploso. Nei resti <strong>del</strong> giubbotto, si rinvennero una piastrina<br />

con il numero di matricola di un velivolo (S. 79<br />

M.M. 23881 cert. 263) e diversi oggetti personali, che permisero<br />

di identificare il corpo come quello <strong>del</strong> 1° aviere<br />

Gianni Romanini, armiere di bordo <strong>del</strong>la 278a Squadriglia<br />

Aerosiluranti <strong>del</strong>la Regia Aeronautica.<br />

Poco meno di tre mesi dopo, il 5 ottobre 1960, a 90<br />

Km a Sud <strong>del</strong> punto di ritrovamento <strong>del</strong>la salma <strong>del</strong>l’aviere<br />

Romanini, venne ritrovata la carcassa di un aereo parzialmente<br />

ricoperta di sabbia. Le parti in tela erano scomparse,<br />

la<br />

struttura e il<br />

rivestimento<br />

metallico<br />

lucidati da<br />

anni di tempestose<br />

bufere di ghibli,<br />

l’arma<br />

dorsale<br />

ancora funzionante.<br />

Vennero<br />

recuperati<br />

alcuni oggetti:<br />

due berretti,<br />

un<br />

SIAI S.M. 79<br />

IL NASTRO AZZURRO<br />

giubbotto, un<br />

orologio e diversi<br />

resti umani. Nei<br />

giorni seguenti<br />

venne organizzata<br />

una seconda ispezione<br />

sul sito <strong>del</strong><br />

ritrovamento, per il<br />

recupero dei resti e<br />

<strong>del</strong>le salme.<br />

All’interno <strong>del</strong>la<br />

fusoliera, al posto di<br />

comando, venne<br />

rinvenuto quello<br />

che, presumibilmente,<br />

era il corpo<br />

<strong>del</strong> comandante,<br />

con evidenti segni<br />

di fratture. Altri<br />

resti, impossibili da<br />

identificare, probabilmenteappartenenti<br />

a tre membri<br />

<strong>del</strong>l’e<strong>qui</strong>paggio, si<br />

trovavano sotto<br />

un’ala <strong>del</strong> velivolo e<br />

nei pressi <strong>del</strong> portello<br />

d’accesso.<br />

Secondo ricostruzioni<br />

attendibili,<br />

l’aereo, nel rientrare<br />

dalla missione<br />

con il buio, dopo<br />

aver perduto il contatto<br />

radio con la<br />

torre di controllo,<br />

venne sospinto<br />

fuori rotta da un<br />

forte vento. Finito il<br />

carburante e compiuto<br />

il forzato<br />

Cesare Barro<br />

atterraggio con un violento impatto, che ferì gravemente<br />

e immobilizzò quattro dei sei membri <strong>del</strong>l’e<strong>qui</strong>paggio, il<br />

Romanini, forse in compagna di un altro membro <strong>del</strong>l’e<strong>qui</strong>paggio,<br />

decise di avviarsi in cerca di soccorso verso<br />

Nord. Forse il compagno <strong>del</strong> Romanini morì lungo il percorso<br />

e questi, rimasto solo, compì l’eccezionale, sovrumana<br />

impresa di percorrere circa 90 Km di deserto, finché,<br />

stremato esplose un razzo di segnalazione e morì.<br />

Per ironia <strong>del</strong> caso passò vicino, senza vederlo, a un deposito<br />

di acqua e carburante di “commandos” inglesi che<br />

operavano dietro le linee. E cadde a soli 8 km di distanza<br />

dalla pista di Giarabub, dove allora passavano di frequente<br />

automezzi. I rimanenti membri <strong>del</strong>l'e<strong>qui</strong>paggio erano il<br />

capitano pilota Oscar Cimolini, il tenente di vascello<br />

osservatore Franco Franchi, il maresciallo Cesare Barro,<br />

secondo pilota, il primo aviere motorista Quintilio<br />

Bozzelli e il sergente radiotelegrafista Amorino De Luca.<br />

La salma di Gianni Romanini riposa nella sua Parma.<br />

L’impossibilità di identificare con sicurezza i resti degli<br />

altri membri <strong>del</strong>l’e<strong>qui</strong>paggio indusse le autorità locali e i<br />

funzionari <strong>del</strong> consolato italiano a una sepoltura anonima<br />

nel cimitero italiano di Bengasi e successivamente la traslazione<br />

nel Sacrario dei Caduti d’Oltremare di Bari.<br />

Nel 150° anniversario <strong>del</strong>l’unità d’Italia è doveroso un<br />

ricordo di atti di valore sfortunati, compiuti da chi ha<br />

sacrificato la vita per scriverne le pagine più belle.<br />

Giuseppe Vuxani<br />

(Presidente <strong>del</strong>la Federazione di Trieste)<br />

27

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!