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Proteggersi dai rovesci? - Musica e Dischi

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Tinte forti all’opera<br />

Classica/La proposta del critico<br />

BRITTEN<br />

Billy Budd<br />

J. M. Ainsley, J. Imbrailo, Ph. Ens<br />

London Philharmonic Orch.<br />

Dir. Mark Elder<br />

Reg. M. Grandage<br />

OPUS ARTE OA 1051 D (2 DVD)<br />

“Non so se sarò mai un grande compositore d’opera, ma è un piacere meraviglioso provarci<br />

in qualche modo”. Quanto si sottovalutava Britten, che dopo il successo di Peter Grimes<br />

indugiava ancora. Billy Budd - debutto al Covent Garden di Londra nel 1951 - è un’opera<br />

straordinaria, e soprattutto nella sua seconda stesura, che nove anni dopo riduce a due i<br />

quattro atti (versione oggi abitualmente eseguita, e quella che qui ascoltiamo), rendendo<br />

colori e drammaturgia ancora più violenti. Il libretto, tratto dall’omonimo romanzo di<br />

Melville e fi rmato da Edward Foster (autore del celebre ‘Passaggio in India’ e di ‘Maurice’)<br />

e Eric Croizer, accende rispetto al testo originale passioni incontenibili, vissute tutte al<br />

maschile dall’equipaggio della nave ‘Indomitable’ comandata dal capitano Vere. C’è aria di<br />

rivolta quando a bordo sale Billy Budd, giovane marinaio bellissimo, che viene subito assunto<br />

per le sue capacità, dedizione e generosità e che altrettanto immediatamente diviene<br />

oggetto di un sentimento feroce, straziato tra amore e volontà di distruzione, da parte<br />

del terribile Maestro d’armi Claggart. Non c’è molto senso né spazio per raccontarvi la vicenda: in sostanza, Claggart, sapendo<br />

bene di non poter essere amato, decide per la condanna di Billy. L’accusa di tentato ammutinamento prevede l’impiccagione,<br />

e così accadrà, nonostante la coscienza lacerata del Capitano Vere, che nel prologo e nell’epilogo dei due atti racconta la sua<br />

disperazione per non essere riuscito a salvarlo. La regia di Grandage è magistrale. Un enorme interno di vascello concavo e<br />

semibuio, da cui non si intravvede mai né cielo né mare, addensa la claustrofobia della vita di bordo; i movimenti dell’equipaggio<br />

sono lenti, come alla moviola; le scene si susseguono quasi ‘in dissolvenza’; la recitazione dei tre protagonisti è formidabile,<br />

giocata dal regista su primi piani intensissimi e gestualità da teatro di prosa. Straordinari Billy (Jacques Imbrailo) e Vere (John<br />

Mark Ainsley), ma addirittura impressionante il Claggart di Philip Ens: e stiamo parlando per tutti di prestazioni vocali, oltre che<br />

attoriali. Dal podio, Mark Elder conduce con colori scuri, tensioni drammatiche senza cedimenti, pulizia strumentale eccelsa.<br />

Produzione targata Glyndebourne, 2010. Irrinunciabile.<br />

(a cura di Diana Leva)<br />

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FEBBRAIO 2012<br />

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