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Proteggersi dai rovesci? - Musica e Dischi

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fanno credere. Tomorrow è il primo<br />

singolo ma Show me, con il suo ripetitivo<br />

ritornello, potrebbe fare breccia<br />

prossimamente.<br />

(Katia Del Savio)<br />

TEATRO DEGLI ORRORI<br />

Il mondo nuovo<br />

Prod: Giulio Ragno Favero<br />

La Tempesta/Universal LTD 052<br />

***<br />

Il mondo nuovo annunciato nel titolo<br />

del disco non sembra mantenere tutte<br />

le promesse di cui si fa portatore. O<br />

almeno lo fa solo in parte. All’orizzonte<br />

si scorge infatti solo l’eclettico (e ormai<br />

famigliare) mood artistico cui la band di<br />

Pierpaolo Capovilla ci ha abituato negli<br />

anni. La consuetudine sonora, bisogna<br />

ammettere, viene però rotta (e qui<br />

sta il tocco innovativo) dall’innesto di<br />

singolari sfumature “brit” che lasciano<br />

spiazzati a un primo e distratto ascolto.<br />

Rivendico e Io cerco te trasformano il<br />

rock teatrale in succosi appuntamenti<br />

power-pop che ricordano per la sfrontatezza<br />

sonora i Kasabian. Anche Non<br />

vedo l’ora, brano decisamente più nelle<br />

corde della band, non rinuncia a sperimentazioni<br />

lungo la nuova via appena<br />

scoperta; identico discorso vale per Gli<br />

Stati Uniti d’Africa, pezzo decisamente<br />

etno-rock che non ne vuole sapere di<br />

dimenticare “la perfi da Albione”. “Il<br />

mondo nuovo” è un disco sorprendentemente<br />

meno adulto dei precedenti, votato<br />

alla gioia della musica e al piacere<br />

di suonare.<br />

(Matteo Ceschi)<br />

NINO D’ANGELO<br />

Tra terra e stelle<br />

Prod.: N. D’Angelo<br />

Dielle O/Nar International NAR 116112<br />

***1/2<br />

Lasciatasi da tempo alle spalle l’immagine<br />

dello scugnizzo dal caschetto biondo<br />

con cui esordì sul mercato nella seconda<br />

metà degli<br />

anni ’70, Nino<br />

D’Angelo<br />

si propone<br />

– credibilmente,<br />

con<br />

tutte le carte<br />

in regola sia<br />

come autore<br />

sia come<br />

interprete – come portavoce della più<br />

nobile tradizione della canzone partenopea,<br />

artista sensibile e raffi nato in grado<br />

di infondere nuova vitalità alle radici<br />

melodiche di Napoli senza indulgere a<br />

contaminazioni con generi d’importazione<br />

e senza tuttavia perdere la sua<br />

connotazione autenticamente popolare,<br />

particolarmente amata dal grande pubblico.<br />

Questo suo ultimo album lo vede<br />

FEBBRAIO 2012<br />

protagonista di 11 brani d’immediato<br />

impatto – da segnalare in particolare<br />

Italia bella (a mezza strada fra De Gregori<br />

e Carosone), Famme vivere pe te,<br />

l’incisiva Ammore è dà, Ddoje vite (da<br />

cui è tratto il titolo della raccolta) e il<br />

recitativo d’apertura L’alba – che alternano<br />

momenti intimisti ad altri ispirati<br />

all’epica in cui è maestra l’anima napoletana.<br />

Confezionato con arrangiamenti<br />

sobrii e un effi cace tessuto strumentale,<br />

l’album non deluderà i fans dell’artista e<br />

sarà insieme apprezzato da tutti gli appassionati<br />

del genere pop mediterraneo.<br />

(Mario De Luigi)<br />

EMELI SANDÉ<br />

Our version of events<br />

Virgin/EMI 5099967896820<br />

***<br />

Dopo numerose collaborazioni di prestigio<br />

e vari successi in qualità di autrice<br />

(ha scritto per Professor Green, Cheryl<br />

Cole, Tinie<br />

Tempah, Chipmunk<br />

e altri),<br />

la giovane<br />

scozzese Emeli<br />

Sandé, neo<br />

vincitrice del<br />

Premio della<br />

Critica ai Brit<br />

Awards, esordisce<br />

per la Virgin con un album promettente.<br />

Si parte forte con Heaven, felicissima<br />

combinazione di breakbeat e doti<br />

vocali: in radio già da qualche mese, il<br />

brano non nasconde la sua somiglianza<br />

con un’altra canzone di casa alla Virgin,<br />

la storica “Unfi nished sympathy” dei<br />

Massive Attack, con il pattern ritmicoelettronico<br />

e gli archi in sottofondo, su<br />

cui si staglia la voce potente e cristallina<br />

qui di Emeli, là di Shara Nelson. Seguono<br />

poi 13 brani dagli arrangiamenti asciuttissimi<br />

e semplici, con rare eccezioni (la<br />

bella My kind of love, la mo<strong>dai</strong>ola Daddy,<br />

l’orecchiabile Next to me); atmosfere<br />

intime, poche note di pianoforte o di<br />

chitarra, unite a morbidi tappeti d’archi<br />

e qualche sporadica incursione dell’elettronica,<br />

rivelano, in pezzi delicatissimi<br />

e poco appariscenti come Mountains o<br />

Clown, le capacità interpretative dell’artista<br />

e la sua voce fuori dal comune.<br />

“Our version of events”, che manca<br />

– diciamolo pure – di una certa varietà<br />

d’idee, è l’esordio di un talento indiscutibile.<br />

E lascia ben sperare.<br />

(Elisa Giovanatti)<br />

ARTISTI VARI<br />

Chimes of freedom: The songs of Bob<br />

Dylan<br />

Prod. J. Ayeroff e J. Yanatta<br />

Fontana 7401001<br />

*****<br />

Quattro Cd, 74 canzoni con il meglio<br />

del meglio posto proprio alla fi ne: una<br />

strepitosa,<br />

ironica,<br />

appassionata<br />

e malinconica<br />

versione<br />

di Forever<br />

Young cantata<br />

a Pete Seeger,<br />

92 anni in<br />

gambissima,<br />

attorniato da un coro di bambini. Miracolo<br />

che solo il corpus poetico di Bob<br />

Dylan ha potuto realizzare, soprattutto<br />

se di mezzo c’è una fi nalità importante<br />

come la celebrazione del 50° anniversario<br />

di Amnesty International. E così ecco<br />

messe in fi la versioni inedite o registrate<br />

appositamente (unica eccezione proprio<br />

Chimes of freedom nella nasalissima<br />

versione di Dylan) delle più famose canzoni<br />

del cantautore americano. Inutile<br />

qui tentare un elenco delle canzoni o<br />

degli artisti, meglio affi darsi random<br />

alle sensazioni e alla considerazione<br />

che sono stati riuniti gli stati generali<br />

del rock e del folk intelligenti, diverse<br />

generazioni e differenti stili. Menzioni<br />

d’onore a Sting con The girl from North<br />

Country, Diana Krall con Simple Twist of<br />

Fate, Angelique Kidjo con Lay lady lay,<br />

Carly Simon con Just like a woman.<br />

(Antonio Orlando)<br />

AIR<br />

Le voyage dans la lune<br />

Virgin/EMI 5099995563329<br />

***1/2<br />

Ispirato a una pietra miliare del cinema<br />

degli albori (“Le voyage dans la lune” di<br />

Georges Méliès, del 1902) e sviluppato<br />

poi come album<br />

organico<br />

a sé stante, il<br />

nuovo lavoro<br />

degli Air viene<br />

proposto<br />

in versione<br />

standard e<br />

in edizione<br />

limitata, sia<br />

fi sica che digitale, composta da album e<br />

bonus Dvd del fi lm restaurato. L’occasione<br />

– quella di una nuova sonorizzazione<br />

per la versione restaurata della pellicola<br />

di Méliès, per i 150 anni dalla sua nascita<br />

– era davvero ghiotta per il duo francese,<br />

non nuovo alle incursioni lunari e<br />

spaziali (e mai immune alle fascinazioni<br />

cinematografi che): si pensi agli album<br />

“Moon safari” e “Talkie walkie”, a pezzi<br />

come “Surfi ng on a rocket” e “Venus”.<br />

E se l’artigiano Méliès lavorava a mano,<br />

con cura maniacale, le proprie pellicole,<br />

producendo effetti per l’epoca strabilianti,<br />

è artigianale anche la concezione<br />

di questo album, con tutti gli strumenti<br />

suonati dal vivo e la ricerca di sonorità<br />

spontanee. Si passa <strong>dai</strong> toni aspri di<br />

Astronomic club a melodie dolcissime<br />

24-2

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