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Daniela Locatelli, Il mito dellÕuomo macchina e ... - Arbor scientiarum

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Tra due persone così è evidente che mai potrà esservi un rapporto paritetico, a meno che il primo<br />

non si adegui con paziente modestia alla boria dell’altro; la storia attribuisce a Mersenne il merito di<br />

essere stato per l’amico utile dal punto di vista logistico, mentre, ancora oggi, la storiografia<br />

filosofica descrive il religioso come una sorta di gregario di Cartesio: in tale prospettiva risulta<br />

quindi assai difficile rivalutare la figura di Mersenne come quella di uno dei padri fondatori del<br />

meccanicismo. 2 A saper ben leggere Mersenne ci si accorge di quanto egli abbia, invece, saputo<br />

ascoltare, comprendere, rielaborare e dare culturalmente forma alle più interessanti idee del suo<br />

tempo: egli non si limitò a prendere nota delle teorie di Galileo, di Cartesio, di Pascal, di Hobbes, di<br />

Gassendi e di tantissimi altri ancora, egli si rese partecipe forte di tutta una serie di sue impostazioni<br />

originali che influirono in modo deciso sulla nascita della rivoluzione scientifica.<br />

Le Quaestiones celeberimae in Genesim, con l’aggiunta integrativa delle Observationes et<br />

emendationes ad Francisci Giorgi problemata, sono scritte contro gli atei, i deisti e le “divinatrices<br />

et magicas artes ceteraque portenta doctrinarum ejus generis”. Al fine di non incorrere nel pericolo<br />

di divulgare, confutandole, le “cattive filosofie” e le “false scienze”, egli le “impugna ed espugna”,<br />

inserendole nell’esegesi ortodossa delle Sacre Scritture.<br />

In verità, il testo biblico gli serve più che altro da pietra di paragone su cui saggiare le opinione<br />

dei naturalisti, in particolare di Campanella, Pomponazzi, Paracelso, dei maghi, degli astrologi e dei<br />

cabalisti come Pico della Mirandola e Gerolamo Cardano, e dei deisti, atei o sorςiers suoi<br />

contemporanei, come Vanini, Charron, Fludd. In realtà non è mai il testo sacro che gli serve da<br />

maglio demolitore del pensiero magico-naturalistico ed egli è sempre ben disposto a ricredersi in<br />

nome di una serena disamina condotta da ambedue le parti con lo strumento della ragione. Non è un<br />

caso, infatti, che Mersenne, in nome della stima intellettuale, distingua tra il Cardano astrologo e il<br />

grande matematico, tenda costantemente la mano a Campanella ed intrattenga rapporti d’amicizia<br />

con “eretici” quali Galileo e Hobbes. Laddove i naturalisti, gli atei e i libertini, i deisti e gli eretici<br />

hanno collaborato ad aprire nuove strade alla ragione, egli si fa loro difensore, ma quando sospetta<br />

in qualcuno un attacco contro la libertà dell’uomo, Mersenne abbandona la penna per la spada.<br />

La seconda opera mersenniana, L’impieté des Deistes, Athées et Libertins de ce temps, è dedicata,<br />

in particolare, alla confutazione dei Dialoghi bruniani, alla polemica contro l’astrologia divinatrice<br />

di Gerolamo Cardano e, più genericamente, alla demolizione della filosofia naturalistica con<br />

particolare riguardo alla teoria dell’Anima del Mondo:<br />

Dio, i cui progetti tutti tendono alla sua gloria, mi fece riconoscere, primo fra tutti in questo Regno, la<br />

nascita di questo monopolio di libertini e per effetto della sua misericordia e provvidenza, mi obbligò il<br />

mio zelo e il mio dovere a intenzionare i miei sforzi ad arrestare il corso ed a fermare il progresso di tale<br />

malaugurato progetto.<br />

<strong>Il</strong> controprogetto di Mersenne è quello di dimostrare che la ragione, sia essa teoretica che pratica,<br />

è lo strumento privilegiato che Dio ha dato all’uomo per comprendere qualcosa dei segreti della<br />

natura e dello spirito o, in altre parole, la costruzione della scienza positiva è intesa alla<br />

riconversione a Dio, mentre l’incredulità non può essere la condizione basilare della scienza, dato<br />

che sia la scienza sia la morale ci parlano di Dio. In queste opere giovanili, pervase da un ardente<br />

spirito polemico, Mersenne non se la prende, come dettava la moda del tempo, con la filosofia<br />

naturalistica di Aristotele, ma con le sue degenerazioni magico-naturalistiche dei secoli XV e XVI.<br />

A coloro che avevano elevato la sensibilità a forma di conoscenza e quindi l’animale<br />

all’intelligenza, onde poterne fare una della parti dell’Anima del Mondo, Mersenne mette in chiaro<br />

come non gli vada affatto a genio l’idea dell’unità e dell’unicità dell’Intelletto.<br />

Per tale ragione, nelle Quaestiones in Genesim, incomincia a mettere in dubbio la tesi<br />

dell’intelligenza delle bestie, convinto in tal modo di togliere parte degli argomenti ai naturalisti che<br />

avevano affermato che il Mondo ha una sola ed unica anima, la quale vegeta, sente e ragiona.<br />

2 R. LENOBLE, Mersenne ou la naissance du mécanisme, Paris 1943.<br />

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