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capace di placare chi li contempla e infondere un poco delle loro intraducibili gioie celesti. Rifulgono in loro, inoltre, in sommo grado le virtù della temperanza e della castità, molto ben espresse nella leggerezza dei gesti, nella modestia dei modi e nei volti. Sono figure, aggiunge l’autore stesso, dotate di un fulgore che sprigiona dal loro intimo e che illumina tutto il loro essere.. Sono figure nelle quali lo spirito trionfa sulla materia, l’elemento più nobile prevale sugli istinti inferiori. Poiché lo spirito è chiaro, mentre la materia è opaca, l’intenzione dell’artista è esattamente quella di rappresentare questa irradiazione dello spirito”. 4 I celebri angeli possiedono espressioni limpide e si presentano pronti a percorrere le vastità siderali per compiere una volontà divina. Sono spiriti pacifici, non sottomessi alla legge della gravità, che trasmettono un messaggio semplice ma carico di gioia e benedizione. Essi ci parlano del Cielo, dove potremo udire le melodie dei loro strumenti d’oro e godremo l’anelata visione beatifica, alla quale essi già partecipano. Ci suggeriscono che solo qualcuno con uguale temperanza e lo stesso senso d’armonia, potrebbe ritrarli così bene. Il Beato Angelico non conobbe l’invidia o, più probabilmente, ebbe una grandezza d’animo per rigettare questo vizio al punto da vivere e dipingere come se esso non esistesse. Persino l’insospettabile Hegel, sorpreso di incontrare tanto candore, doveva confessare: “Fra Angelico ha creato un’opera che non è stata mai superata nella profonda sincerità della sua concezione”. 5 Contemplare la sua pittura è, insomma, ricevere una grande e sublime lezione di spirito cattolico, nella quale scopriamo una rappresentazione del genere umano forse distante da quello che è, ma molto prossima a quello che dovrebbe essere. 22 Salvami Regina · Aprile 2011 Anima medievale in pieno Rinascimento A somiglianza di un bocciolo di rosa, il quale, tagliato dal roseto, apre ancora graziosamente i suoi petali lontano dalle radici, si può affermare che il Beato di Fiesole possedette un’anima medievale quando era già terminato il Medioevo. I critici d’arte si mostrano unanimi su questo particolare: “La pittura del Beato Angelico fu definita espressione di un’ispirazione religiosa tipicamente medievale, una pittura di una serenità che non conosce turbamenti e che nasce in un ambiente paradisiaco continuamente inondato di luce”. 6 Infatti, non si nota nelle sue pitture diafane quell’esaltazione dell’elemento umano, caratteristica del Rinascimento, e molto meno l’intemperanza con la quale questi hanno cercato di esprimere ad ogni costo, in opere poco discrete, fruizioni terrene molto intense che producono allo stesso tempo delizie e angosce. Fra Angelico non partecipava a questo spirito, perché la sua unione con Dio gli faceva comprendere che l’uomo è grande solo quando è umile, e ogni gioia umana deve essere un riflesso del gaudio soprannaturale proveniente dallo stato di grazia e da una vita virtuosa. La sua condotta personale si armonizzò con la concezione artistica; in entrambe egli si mostra “perfettamente puro e casto, umile e luminoso”. 7 Questo è l’aspetto per il quale egli più si distanzia dai suoi contemporanei. “Ad eccezione del Beato Angelico”, afferma uno storico, “non esiste forse un artista di quest’epoca che, accanto a scene evangeliche, nelle sue opere non ne affianchi molte altre di senso opposto”. 8 Tecnica prodigiosa e audace In contropartita – e qui il paradosso rende più evidente il suo genio –,egli è all’avanguardia di tutto il progresso pittorico raggiunto a quel tempo: “Non rimase insensibile alle grandi innovazioni artistiche e a tutto quello che stava accadendo all’esterno delle mura del monastero”. 9 Tracciava in prospettiva con più qualità rispetto a tutti gli altri seguaci di Giotto, ed anche vestiva splendidamente i suoi angeli secondo i modelli dei famosi tessuti prodotti a Siena. Chi studia la sua pittura trova vestigia di una crescente assimilazione delle innovazioni stilistiche dell’epoca: “Questo avanzamento progressivo delle nuove forme, che si scoprono poco a poco nella sua pittura, dimostra che fu ricettivo della lezione culturale della sua società e dei suoi colleghi”. 10 Attento alle scoperte e agli incrementi operati dai coetanei, ed essendo egli stesso uno scopritore di prima linea, Fra Angelico comprese come trarre profitto dalle nuove possibilità e invenzioni, per una maggior efficacia dell’apostolato. Molte delle sue pitture sono capolavori del Primo Rinascimento e influenzarono in larga misura le successive generazioni di pittori, circoscrivendo quanto di meglio si era riusciti fino allora a attingere. Il Giudizio Finale, attualmente nel Museo del Convento di San Marco, ostenta una tecnica prodigiosa ed è la più ardita opera in prospettiva dell’epoca. Anche la sua privilegiata capacità di esprimere i sentimenti religiosi è considerata come punto di riferimento. Si deve menzionare anche la bellezza delle tinte, composte in circostanze ben diverse dalle attuali, che sono ricche di risorse tecnologiche. Prodotte dall’ingegno dell’Angelico, presentano una travolgente varietà cromatica, impiegata con audacia e buon gusto. La sua predilezione per l’azzurro è manifesta, esplorato nelle sue diverse tonalità, soprattutto l’azzurro della Germania, l’indaco e l’azzurro oltremare. La materia prima di questa tinta era il lapislazzuli, elemento molto raro e prezioso in quella regione, e nobilitato an-
Chi studia la pittura del Beato Angelico trova tracce di una crescente assimilazione delle innovazioni stilistiche dell’epoca A sinistra: “Vescovo Santo” (probabilmente Sant’Alessandro) - Metropolitan Museum of Art di New York. A destra: “Discesa al Limbo,” dettaglio dell’Armadio degli Argenti - Convento di San Marco, Firenze cor più dall’uso impari che l’artista ha saputo dargli. Veramente, quest’uomo spirituale, dimentico delle cose terrene, ha saputo renderle meglio che molti artisti del suo secolo, attenti a ogni novità, ma dimentichi delle cose di Dio. Il San Tommaso della pittura “Se non fosse stato domenicano”, Fra Angelico “non sarebbe stato l’artista che è stato”. 11 Questa osservazione di uno dei suoi biografi trova piena giustificazione nell’opera del nostro Beato, il quale si abbeverò alle fonti della Summa Teologica per plasmare la sua concezione dell’uomo, 1 ITURGÁIZ, OP, Domingo. El Angélico: pintor de Santo Domingo de Guzmán. Salamanca: San Esteban, 2000, p.91. 2 Idem, pag.92. 3 CORRÊA DE OLIVEI- RA, Plinio. O pintor do sobrenatural. In: Dr. Plinio. São Paulo. Ano VI. N.60 (Março 2003); pag.32. 4 Idem, pag.33. dell’esistenza e dell’eternità, prima di dar loro vita per mezzo del pennello: “Fra Giovanni collocherà tutta la sua opera pittorica su questa giustificazione dottrinale della scolastica di San Tommaso d’Aquino”. 12 È realmente palpabile la consonanza tra le pitture del Beato Angelico e il pensiero del Dottor Angelico, al punto che si può dire che il primo traspose al campo artistico la dottrina del secondo. Questa reversibilità, sintesi meravigliosa dello spirito cristiano, ha reso a Fra Giovanni da Fiesole il titolo di San Tommaso della pittura, poiché il pittore raggiunse, nel suo campo specifico 5 HEGEL, George W. F., apud DÍAZ FERNÁN- DEZ, José María. Beato Angélico o Juan de Fiésole. In: ECHE- VERRÍA, L., LLORCA, B., BETES, J. (Org.). Año Cristiano. Madrid: BAC, 2003, v.II, pag.377. 6 NESTI, Riccardo. Florença: história, arte, folclore. Firenze: Becocci, 1996, pag.42. 7 DANIEL-ROPS, Henri. A Igreja da Renascença e da Reforma. São Paulo: Quadrante, 1996, t.1, v.4, pag.190. 8 Idem, pag.191. 9 NESTI, op. cit., pag.42. 10 ITURGÁIZ, op. cit., pag.89. 11 GUIMARÃES FIL- HO, Luís. Fra Angélico. Rio de Janeiro: A noite, 1937, pag.198. di attuazione, una genialità simile a quella del teologo. Oggi, trascorsi quasi sei secoli dalla dipartita di Fra Angelico, il miglior modo di conoscerlo continua a essere il contemplare le sue tele e i suoi affreschi, e percepire in queste opere artistiche il rigoglio della sua fede, l’innocenza della sua anima e la purezza di un cuore che ha amato Dio sopra ogni cosa. Certamente, la sua opera è fissata ai vertici dell’immortalità e della gloria, e rimarrà per sempre come “un inno di rendimento di grazie, dove l’universo sembra attraversato dai raggi dorati dell’amore del Creatore”. 13 12 ITURGÁIZ, op. cit., p.52. 13 LUCAS-DUBRETON, Jean. A vida quotidiana em Florença no tempo dos Médicis. Lisboa: Livros do Brasil, s.d., pag.215. 14 ITURGÁIZ, op. cit., pag.99. 15 WIRTZ, Rolf C. Arte e arquitectura: Florença. Colónia: Könemann, 2001, pag.329-330. Aprile 2011 · Salvami Regina 23
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