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IL NASTRO AZZURRO IL COMMENTO Sembra che, negli ultimi tempi, ogni volta che il parlamento si deve occupare delle missioni militari all'estero qualche soldato italiano fuori area rimanga ucciso. Già la controversa partecipazione al sostegno internazionale della rivolta libica contro Gheddafi aveva fatto venire più di qualche ripensamento nella maggioranza di governo, quando l'attentato in cui muore in Afghanistan il caporal maggiore scelto Gaetano Tuccillo acuisce ulteriormente le polemiche interne. Il 12 luglio, il caporal maggiore Roberto Marchini perde la vita a causa dell'esplosione di un ordigno. Siamo ormai alla vigilia del voto parlamentare per la legge di proroga del finanziamento per gli interventi delle nostre Forze Armate in Afghanistan, Libano, Kosovo, Bosnia, Libia e, il 20 luglio il viceministro leghista Roberto Castelli dichiara che non vi parteciperà. Il voto slitta dal 21 al 26 luglio, intanto un altro militare italiano trova la morte il 25 luglio. Si tratta del primo caporal maggiore David Tobini. La legge viene approvata comunque, ma le polemiche restano. Il sospetto che le fratture interne al governo vengano lette come opportunità per i talebani appare più che fondato. Questi ultimi sembrano aver cambiato strategia: attacchi mirati nei momenti "giusti", cioè quando il Parlamento deve approvare il rifinanziamento. E se il fronte interno non è compatto, la strategia sembra quella di allargare la frattura e sperare di spingere il governo italiano al ritiro. Polemiche del genere descritto, quindi, finiscono col mettere in grave pericolo i nostri militari. Come ho sempre sostenuto da queste colonne, la politica estera è una cosa troppo seria per piegarla a ragioni di politica interna. Oggi mi viene da dire che la politica interna italiana è una cosa troppo banale per essere giocata sulla pelle dei nostri militari in Afghanistan. Come sappiamo bene, la missione ISAF, alla quale essi stanno partecipando con grande competenza ed onore in quel martoriato paese, ha innanzitutto lo scopo di accompagnare il governo afgano fino al raggiungimento della capacità di garantire la propria sicurezza interna affinché sia anche in grado di contribuire a quella degli altri paesi, soprattutto dell'occidente. Tale missione vede coinvolti numerosi paesi occidentali sotto l'egida dell'ONU e le bandiere della NATO, in un quadro di mutua assistenza internazionale che mette i talebani in difficoltà, soprattutto politica, rispetto a tutto il mondo. Pertanto, la loro strategia è quella di scoraggiare la partecipazione dei diversi paesi nella speranza che essi ritirino unilateralmente le loro truppe e lascino "soli" gli Stati Uniti a identificarsi nel ruolo bellico e soprattutto politico di ISAF. Le Forze Armate americane non avrebbero grosse difficoltà a svolgere autonomamente la missione ISAF: già ora ne sostengono quasi il 70% dello sforzo. Il vero problema è politico. Se gli USA rimanessero i soli a contrastare i terroristi ora in Afghanistan, domani altrove, sarebbe fin troppo facile per questi ultimi, e per i numerosi appoggi politici di cui godono nel mondo (anche in Italia: basta leggere con attenzione le dichiarazioni di molti esponenti di una ben determinata area politica al riguardo), sostenere che gli USA stanno rinnovando una politica di "aggressione imperialista" a spese di inermi paesi con al scusa di qualche loro piccolo problema interno. Le connivenze politiche col terrorismo internazionale sono ben diffuse ed espongono tutti i paesi occidentali a rischi inaccettabili per la serena e sicura convivenza civile. ISAF è una missione essenziale nel contrasto a tali connivenze e deve godere innanzitutto della partecipazione effettiva e convinta della maggior parte delle nazioni civili. Qualsiasi tentennamento su questa posizione verrebbe interpretato come debolezza sulla quale è possibile fare pressione con buone probabilità di far recedere, uno alla volta, i governi che attualmente compartecipano a ISAF e riuscire, col tempo, ad isolare gli Stati Uniti dal resto del mondo occidentale. In questa strategia, i rischi per chi da segni di cedimento sono altissimi, perché i talebani potrebbero ritenere il successo a portata di mano … basta insistere con qualche altro attentato e il gioco è fatto. Ecco perché discutere ad ogni pié sospinto dell'opportunità o meno della nostra permanenza nell'ambito di una missione così delicata ed essenziale (e che stiamo conducendo così bene), serve solo ad incrementare i rischi (già molto alti) per i nostri militari oltre la soglia dell'accettabilità. Penso che una soluzione sia quella di eliminare alla radice l'ambito in cui le polemiche stesse si sviluppano. Nel perdurante quadro di gravi ristrettezze economico finanziarie, è sembrato logico estrapolare i costi delle missioni militari all'estero dal sempre più magro bilancio della Difesa, al fine di evitare che tali missioni divenissero di fatto insostenibili. Ma la tecnica del Decreto Legge da rinnovare semestralmente, induce a polemiche politiche tutte finalizzate a obiettivi "interni" che espongono, a cadenza semestrale appunto, i nostri militari al rischio testé descritto. È ora che il governo dica chiaramente, una volta per tutte e senza più tornare sull'argomento, che darà ordine ai militari italiani di lasciare il suolo dell'Afghanistan solo quando tale nazione sarà in grado di autogestirsi. Ciò potrebbe essere inequivocabilmente espresso solo reintroducendo nel bilancio "ordinario" della Difesa anche le spese di missione all'estero nel quadro di chiare ed incontrovertibili scelte di politica estera che, una volta prese, non dovrebbero essere soggette a successive discussioni, se non per ragioni sempre dettate dalla politica estera. Ovviamente il bilancio dovrebbe essere mantenuto a livelli "credibili" per il sostegno economico dell'impresa. Ciò bandirebbe dal tavolo politico periodiche discussioni, oziose ma pericolose, sul prematuro ritiro dei nostri militari da missioni che ancora non hanno conseguito l'obiettivo, quando nulla autorizza a pensare che esso non venga raggiunto. Ritirare prima i nostri contingenti militari dal teatro operativo afgano vanificherebbe tutti gli sforzi fin qui compiuti e il sacrificio di ben quarantuno nostri eroici connazionali, senza alcuna valida ragione. Antonio Daniele 13
L' 84 o RADUNO NAZIONALE DEGLI ALPINI 8 maggio gli alpini hanno festeggiato a Torino l'84^ Adunata Nazionale, evento che ci permette di capi- re a fondo la forza numerica e la coesione di questo glorioso Corpo che tenacemente e costantemente ogni anno mantiene viva una storia ed una tradizione, e ciò non fa che rendergli onore. La presenza per il secondo anno consecutivo dell'Istituto del Nastro Azzurro alla loro adunata rinnova un prezioso momento di incontro e scambio in nome dei Valori e della Patria e consolida quel fraterno rapporto di reciproca stima ed amicizia che esiste tra le nostre Associazioni facendo comprendere a tanti che insieme siamo i depositari dei principi cardine che sono alla base di una società civile e democratica. I nostri valorosi sono i loro valorosi e viceversa, per questa ragione, e per molte altre, essere presenti significa richiamare alla memoria dei più giovani l'esempio dei più anziani. L'anno 2011 è per tutti noi italiani denso di significato e gli alpini contemporaneamente ai festeggiamenti per l'anniversario dei 150 anni dell'Unità d'Italia celebrano anche i 139 anni della loro costituzione. Nato nel 1872 per volontà del Generale Perrucchetti a presidio ed a difesa dei valichi montani, nel corso della sua lunga e gloriosa storia, il corpo ha dimostrato il suo valore ed il suo impegno nelle due guerre mondiali ed in tempi più recenti ha portato il suo contributo oltre i confini nazio- nali nelle missioni di pace ed ha prestato soccorso alle popolazioni civili in occasione di disastri e calamità naturali (si pensi ad esempio all'intervento della "Julia" con i suoi genieri ad Haiti) La straordinaria cooperazione di cui si fanno promotori ed interpreti nel mondo testimonia e sottolinea l'impegno, l'abnegazione ed il senso del dovere che li anima sia sotto le armi che in congedo. La massima espressione della loro coesione è l'adunata che, come sottolineavo, richiama da tutta Italia, dall'Europa e dal mondo intero centinaia di migliaia di penne nere, per vivere un'intensa tre giorni all'insegna di quegli ideali e di quel senso di Unità di cui sempre si fanno propugnatori. In una Torino assolata e affollata oltre ogni misura (sono presenti circa 500.000 persone), vicino al monumento che ricorda Vittorio Emanuele II di Savoia, primo Re d'Italia, ha inizio la giornata più impegnativa dell'anno. Centinaia di migliaia di persone sfilano e rendono omaggio ai simboli più importanti: alla Bandiera Nazionale ed al Labaro dell'Associazione su cui risplendono le 214 Medaglie d'Oro al Valor Militare, alle massime autorità il Presidente Nazionale, il Comandante delle Truppe Alpine, la rappresentanza delle più alte cariche dello stato ed il Ministro della Difesa. Sono decine e decine di cappelli alpini quelli che si notano dalle tribune. 14 IL NASTRO AZZURRO
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