Villa Reale - Monza Club
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IL CLUB DEI PROTAGONISTI<br />
sulla parola e su molti altri fronti. L’uomo non<br />
progredisce soltanto perché scopre la sostanza della<br />
materia, ma perché il pensiero e la filosofia lo fanno<br />
progredire. La scienza, infatti, è una branca della<br />
filosofia».<br />
Ha già pensato ad una seconda edizione<br />
monzese?<br />
«Abbiamo firmato per l’edizione 2009, con<br />
un impegno da parte dell’Unesco, dopo una<br />
valutazione sulla riuscita di questo Forum, a<br />
ripeterlo nel 2011: la programmazione Unesco<br />
è realizzata su una prospettiva biennale, quindi<br />
noi stiamo già lavorando su una pianificazione<br />
successiva».<br />
Mi ha incuriosito una sua recente dichiarazione<br />
in un convegno tenutosi ad Arese: «L’identità di<br />
un territorio non è una cosa morta, ma significa<br />
guardare al presente e al futuro sapendo da<br />
dove partiamo, perché lo sviluppo di civiltà<br />
straordinarie in passato è partito proprio<br />
dalla volontà di preservare il presente». Crede<br />
davvero in questi concetti?<br />
«Assolutamente sì, tanto è vero che sono<br />
dichiarazioni spontanee, perché non leggo e non<br />
preparo mai i miei interventi».<br />
Ricordava di averlo detto?<br />
«Certo, perché è un pensiero che condivido da<br />
sempre. La cultura è, comunque e sempre, un<br />
percorso costante e continuo. Gli storici inseriscono<br />
30 N.47 CM<br />
date e periodi, però in realtà la storia è fatta di<br />
trasformazioni profondissime, di cui non si rende<br />
conto nemmeno chi le vive. È con il senno di poi<br />
che si ricostruisce tutto. Anche nella politica o<br />
nell’arte, ogni novità trova tracce nell’antichità e<br />
nella storia. E non si tratta solo di ciclicità, ma di un<br />
filo conduttore che unisce tutto».<br />
Come è vissuta la cultura in Italia? Non siamo<br />
un po’ indietro, nonostante la ricchezza che<br />
abbiamo, anche di uomini e mezzi?<br />
«Assolutamente sì, ma è indietro l’Italia, non<br />
la cultura italiana. Molti intellettuali del nostro<br />
Paese, oggi come in passato, sono leader a livello<br />
intellettuale ma l’Italia non ha saputo e non sa<br />
valorizzarli come dovrebbe. Lo Stato italiano non<br />
ha mai compreso fino in fondo l’importanza della<br />
propria cultura e quindi non riesce a valorizzarla<br />
nel modo corretto. Spesso mi piace fare un test e<br />
chiedere ai miei interlocutori il nome di tre grandi<br />
esponenti del pensiero italiano. Il più delle volte<br />
i personaggi citati sono Michelangelo, Dante,<br />
Leonardo: allora mi permetto di far notare che<br />
sono sicuramente grandi uomini di cultura, ma<br />
che sono vissuti prima della fondazione dello<br />
Stato Italiano. La vera ricchezza culturale del<br />
Paese sta nella diversità e nelle identità territoriali.<br />
Ci sono tratti comuni in tutti i luoghi, ma ad<br />
esempio, la Venezia del ’500, del ’600 o del ’700 fu<br />
culturalmente straordinaria proprio perchè diversa<br />
da Napoli, Palermo, Roma, Torino, Milano. A sua<br />
Massimo Zanello con<br />
Pierfranco Maffè e<br />
Sara Fumagalli durante<br />
l’evento “Guerrieri per la<br />
pace” organizzato in <strong>Villa</strong><br />
<strong>Reale</strong> nell’ottobre 2008<br />
volta il Rinascimento toscano fu diverso da quello<br />
lombardo. Un altro caso: abbiamo celebrato l’anno<br />
scorso il riconoscimento di Mantova nel patrimonio<br />
Unesco: Mantova è figlia dei Gonzaga, i quali<br />
hanno realizzato un capolavoro di città attraendo<br />
i più grandi artisti di quel tempo. Era un piccolo<br />
staterello che sviluppò una politica economica,<br />
commerciale, militare, diplomatica incredibile,<br />
riuscendo a sopravvivere pur essendo schiacciata<br />
da Venezia e da Milano a nord e dallo Stato<br />
Pontificio a sud. Quindi è chiaro che, se Mantova<br />
fosse stata una provincia italiana come è oggi,<br />
non sarebbe mai diventata quella che è. Partire da<br />
questo significa capire la straordinarietà, la vitalità<br />
e la forza della cultura italiana. Se si pensa a questa<br />
sul modello francese dei grandi enti, si sbaglia. Noi<br />
non siamo la Francia che si identifica solo in Parigi,<br />
noi rappresentiamo ben altro».<br />
Poco tempo fa ha ricordato il suo predecessore<br />
Marzio Tremaglia e come abbia contribuito alla<br />
crescita della cultura della regione: che cosa è<br />
cambiato dopo otto anni dalla sua scomparsa e<br />
che cosa ha lasciato?<br />
«Tremaglia è stato un grande assessore. La cosa<br />
che spiace di più è che non sia riuscito a trasmettere<br />
totalmente il suo potenziale umano nella vita e nel<br />
lavoro, in particolare come assessore regionale<br />
alla Cultura, perché di fatto ha potuto esprimersi<br />
pienamente solo nei primi tre anni; poi, purtroppo,<br />
è stato travolto dalla malattia. Sicuramente<br />
l’aspetto che apprezzo di più è il ricordo, la stima<br />
e l’esempio che ha lasciato alla futura classe<br />
dirigente di questa regione».<br />
Lei è giovanissimo, ma è entrato in politica tanto<br />
tempo fa, sempre interessandosi di Regione<br />
Lombardia...<br />
«Sto cercando di “portare Roma qui” perché è<br />
molto più gratificante la politica a livello locale o<br />
regionale. Inoltre, personalmente, adoro dormire<br />
nel mio letto, anche se torno a casa tardi dal<br />
lavoro. Questa è una conquista per la qualità della<br />
vita, ma anche per la qualità dell’azione politica,<br />
perché prendere la macchina, fare un certo tratto<br />
di autostrada, incontrare al mattino al bar o al<br />
ristorante le persone che ti hanno votato e alle<br />
quali richiederai di nuovo il voto, ti mette in gioco<br />
quotidianamente e dà un senso reale al tuo lavoro.<br />
È la differenza in termini di qualità della politica e<br />
anche di gratificazione personale. Quindi non ho<br />
nessun desiderio di andare a Roma. Il mio sogno<br />
è permettere alla Regione Lombardia e ai cittadini<br />
di avere a disposizione tutti gli strumenti per<br />
realizzare una politica vera, profonda e importante:<br />
oggi continuiamo ad essere condizionati da una<br />
politica nazionale che non è mai stata veramente<br />
un valore aggiunto quanto piuttosto un disvalore,<br />
perché quello che ci costa è scandaloso. I cittadini<br />
lombardi, per quanto ci si sforzi di spiegarlo, non<br />
sanno quanto tutto ciò pesi sullo sviluppo del<br />
nostro territorio e sulla loro stessa vita. Il tema<br />
della solidarietà, che spesso viene tirato in ballo da<br />
chi non vuole un paese moderno, è giusto, però è<br />
anche un alibi: solidarietà, infatti, non equivale ad<br />
assistenzialismo».<br />
Perché gli imprenditori brianzoli sono così<br />
diversi da tutti gli altri? La vicinanza con<br />
Milano potrebbe averli condizionati?<br />
«I brianzoli incarnano i pregi e i difetti dei milanesi,<br />
forse radicati in essi in maniera ancora più forte.<br />
Storicamente la Brianza non ha sviluppato una<br />
cultura di potere, nonostante sia un territorio ben<br />
identificato, perché è stata contesa dal Ducato<br />
di Milano e non ha mai goduto di una reale ><br />
IL CLUB DEI PROTAGONISTI<br />
Massimo Zanello<br />
adora vivere a <strong>Monza</strong><br />
e lavorare a Milano<br />
N.47<br />
CM 31