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16<br />
Itre porcellini erano quattro. O meglio,<br />
avrebbero dovuto esserlo, e mi rammarico<br />
molto che non lo fossero, perché<br />
sarebbe stata tutt’altra favola. Certo,<br />
tutto dipende dalla morale che si vuole<br />
estrarne. Che cosa insegna, la storia dei tre<br />
porcellini? Che cosa dobbiamo dedurre dal<br />
fatto che l’unico a salvarsi dal lupo cattivo sia<br />
il porcellino che ha costruito<br />
una casa in muratura? È<br />
forse una parabola massonica?<br />
Se ne son dette tante<br />
al riguardo, ma escludendo<br />
le interpretazioni più<br />
elevate (che la favola sia<br />
una variazione sul tema<br />
evangelico della casa edi-<br />
ficata sulla roccia) e le più<br />
meschine (che si tratti cioè<br />
di mere raccomandazioni<br />
edilizie, o di un elogio del<br />
piano regolatore), la morale<br />
che va per la maggiore<br />
è piuttosto prosaica, quasi<br />
una variazione sull’antico<br />
tema della cicala e della<br />
formica, l’una canterina e<br />
dissipatrice, l’altra saggia<br />
e operosa: a salvar la pelle<br />
è il maialino industrioso,<br />
paziente e lungimirante; dei suoi fratellini<br />
bohémien e scapestrati, che hanno puntato su<br />
materiali più effimeri e leggeri come il legno<br />
o la paglia, il lupo fa allegramente salsicce. E<br />
qui sta il limite della favola, che non sembra<br />
contemplare null’altro tra una casa “scatola<br />
di sardine” fantozziana e una garçonnière<br />
col tetto di paglia da debosciati adescatori<br />
di maialine. Ma è una falsa alternativa, perché<br />
esistono materiali che sono resistenti<br />
Carlos María Domínguez<br />
Immaginate, per<br />
esempio, un quarto<br />
maialino che si fosse<br />
costruito una casa di<br />
soli libri, messi l’uno<br />
sull’altro in grandi<br />
pile. Quante chance<br />
avrebbe di scampare<br />
agli agguati del lupo?<br />
quasi come i mattoni e ben più colorati dei<br />
ramoscelli o degli steli secchi. Immaginate,<br />
per esempio, un quarto maialino che si<br />
fosse costruito una casa di soli libri, messi<br />
l’uno sull’altro in grandi pile: tutti i volumi<br />
accumulati nel corso di un’esistenza divisa<br />
tra le letture e le ghiande. Immaginate, cioè,<br />
un maialino bibliomane. Quante chance<br />
avrebbe di scampare agli<br />
agguati del lupo?<br />
Sembra una questione<br />
d’accademia, un ghiribizzo<br />
da maialini debosciati,<br />
ma non sono il primo ad<br />
abbandonarmi a congetture<br />
di questo tipo. L’eroe<br />
di La casa di carta, roman-<br />
zo breve dell’argentino<br />
Carlos María Domínguez,<br />
è un bibliomane di<br />
nome Carlos Brauer su<br />
cui circolano strane leggende:<br />
il narratore, che<br />
si mette sulle sue tracce,<br />
scopre che si è fatto costruire,<br />
in una sperduta<br />
lingua di spiaggia latinoamericana,<br />
una casupola<br />
fatta interamente di<br />
libri. Prova anche a figurarsi<br />
lo stralunato cantiere: “Probabilmente<br />
camminava lì intorno mentre il muro saliva,<br />
porgendo un Borges per completare la base<br />
della finestra, un Vallejo accanto alla porta,<br />
con sopra Kafka e di fianco Kant, e una<br />
dura edizione rilegata di Addio alle armi, di<br />
Hemingway; e poi Cortázar, e Vargas Llosa,<br />
sempre voluminoso; Valle-Inclán con Aristotele,<br />
Camus con Morosoli, e Shakespeare,<br />
fatalmente legato a Marlowe dall’impasto di<br />
pretesti | Novembre 2012