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17<br />

cemento; tutti destinati a innalzare un muro,<br />

a gettare ombra”. Il romanzo di Domínguez<br />

s’ispira a Cuore di tenebra di Conrad, non ai<br />

tre porcellini, ma può fornirci lo stesso qualche<br />

utile indicazione. Per esempio: una casa<br />

di libri è per definizione una casa senza camino,<br />

e questo preclude<br />

al lupo un’altra possibile<br />

via d’accesso (beccati<br />

questa, maialino operaio).<br />

D’altro canto è pur<br />

vero che i libri ridotti a<br />

mattoni non si possono<br />

leggere più, con grande<br />

pena di ogni bibliomane<br />

sano di mente. Ma ecco<br />

il punto, può un bibliomane<br />

esser sano di mente?<br />

Quel suffisso -mania<br />

non indica di per sé una<br />

condizione patologica?<br />

Il protagonista di La casa<br />

di carta è uscito di senno<br />

quando un incendio ha distrutto lo schedario<br />

della sua biblioteca, compromettendo<br />

per sempre l’ordine dei suoi ricordi e dei<br />

suoi pensieri. Ma al di là di casi così estremi,<br />

la bibliomania è cosa da matti, lasciatevelo<br />

dire da uno che ne è uscito quasi indenne.<br />

“Sì, bisogna compiangere quelli che cercano<br />

tanto vanamente questo eccessivo accumulo,<br />

considerarli malati difficili da guarire.<br />

Potrei forse nutrire idee diverse verso chi,<br />

con penose attenzioni, riempie con parecchie<br />

migliaia di volumi appartamenti che<br />

basterebbero ad alloggiare tre famiglie?<br />

Lo guardo in mezzo a questa mostruosa<br />

superfluità, posseduto dalla sete dei libri.<br />

Mi sembra di vedere un idropico che niente<br />

può dissetare, un avaro che non si stanca<br />

mai di accumulare tesori senza mai goderne,<br />

e che con durezza rifiuta di spartire con<br />

altri le sue ricchezze.” Così Louis Bollioud-<br />

Mermet nel suo trattatello De la bibliomanie<br />

(1761). Si dice che il primo passo verso la<br />

guarigione, per questa come per altre intossicazioni,<br />

sia il riconoscimento<br />

della malattia. Da<br />

questo punto di vista,<br />

per me l’alba della riguadagnata<br />

salute è stata<br />

forse l’aver cominciato a<br />

collezionare non già libri<br />

comuni, ma libri che avevano<br />

per tema la bibliomania,<br />

i suoi mali e le sue<br />

controindicazioni. A ben<br />

vedere, era come pretendere<br />

di guarire da un’intossicazione<br />

alimentare<br />

rimpinzandosi di cibi più<br />

rari e più raffinati, ma<br />

Stefan Zweig<br />

questo mi ha portato a<br />

scoprire, se non altro, che la lettura può diventare<br />

un brutto vizio. Un “vizio impunito”,<br />

come la definì Valéry Larbaud, che nel<br />

1925 scrisse una sorta di anamnesi medica<br />

di tutte le fasi dell’intossicazione libresca.<br />

In questo inesorabile curriculum morbi, la bibliofilia<br />

assume i tratti di una perversione<br />

erotica: “Egli ha troppo amato i libri come<br />

oggetti materiali: la loro forma, il loro peso,<br />

la grana della loro carta, la loro facilità ad<br />

aprirsi, il buon odore di alcuni quando sono<br />

nuovi (hanno perfino un odore caratteristico<br />

differente a seconda del luogo in cui sono<br />

stati fatti). Gli è capitato di profumarli quando<br />

non avevano più odore, e medita a lungo<br />

quando deve scegliere come rilegarli. Li intrattiene,<br />

li accarezza. Questa forma del suo<br />

pretesti | Novembre 2012

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