Giugno - Luglio - Agosto 2011 - Costa Etrusca
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di Francesca Lenzi<br />
mi fermo<br />
davanti al mare e<br />
«Spesso<br />
parlo e rivedo i<br />
miei cari». Di fronte una distesa<br />
blu, l’Elba e la Corsica,<br />
che in alcuni giorni si guarda<br />
così bene che «sembra di toccarla».<br />
È un Aldo Agroppi che quasi<br />
non si riconosce quello<br />
che parla della propria Piombino,<br />
accarezzando con le<br />
parole una terra alla quale è da<br />
sempre legato. Il tono della<br />
voce, da energico e caustico,<br />
diventa un dolce suono, simile<br />
all’accento dell’innamorato<br />
educato dal sentimento.<br />
Conosciuto soprattutto per la<br />
carriera nel calcio, Aldo è da<br />
sempre sinonimo di esuberante<br />
schiettezza e mordace<br />
comunicazione. Celebri gli<br />
scontri con illustri personaggi,<br />
come il presidente dell’Inter<br />
Moratti, o Antonio<br />
Matarrese, ex presidente della<br />
Federcalcio, e in precedenza<br />
della Lega, sino al nemico<br />
giurato Marcello Lippi.<br />
Il tutto in linea con un atteggiamento<br />
irriverente e intellettualmente<br />
onesto, sottomesso<br />
all’unica legge espressiva<br />
che conosce: «Io parlo<br />
sempre per convinzione e<br />
non per convenienza».<br />
Racconta come un fiume in<br />
piena, senza esitazioni e pause,<br />
l’inizio sportivo, le prime<br />
difficoltà, le gioie e i dolori,<br />
sino alla consacrazione. Una<br />
vita passata sui campi da calcio,<br />
prima come giocatore, poi<br />
in veste di allenatore. Tante le<br />
squadre per le quali ha combattuto.<br />
Ma è una la maglia<br />
che gli ha cambiato mentalità,<br />
passione e idee: il Torino.<br />
E pensare che Aldo fino ad al-<br />
Chi è Aldo Agroppi<br />
Aldo Agroppi è nato a Piombino<br />
il 14 aprile 1944. È<br />
sempre rimasto attaccato<br />
alle sue radici, alla sua città,<br />
alla sua casa di Salivoli<br />
dalla quale osserva il mare<br />
e sussurra: «è sempre<br />
bello, anche quando è grigio<br />
e tempestoso».<br />
lora era juventino, tifoso sfegatato<br />
di Omar Sivori, suo<br />
mito inarrivabile. «Quando<br />
entrai per la prima volta al Filadelfia<br />
però trovai un luogo<br />
di raccoglimento, con gruppi<br />
di vecchietti che raccontavano<br />
le gesta del Grande Torino,<br />
dello squadrone imbattibile».<br />
Dal 1961, quando comincia<br />
l’avventura nelle giovanili,<br />
alla sofferenza di non trovare<br />
spazio, dall’ostinazione<br />
per rendere felici i genitori al<br />
riconoscimento di atleta, l’esistenza<br />
sportiva si fonde costantemente<br />
nella realtà, quale<br />
metafora limpida di una<br />
Sposato con Nadia, ha due<br />
figli Nilio, Barbara e i nipotini<br />
Alessandro e Giada.<br />
Si gode la famiglia e gli<br />
amici nella tranquillità di<br />
una partita a carte, momenti<br />
di svago, unione, divertimento,<br />
cose semplici ma<br />
vere.<br />
Insieme a Trapattoni, l’allenatore che ha sempre stimato<br />
vita conquistata. «Avevo 16<br />
anni quando partii per Torino.<br />
Lasciavo gli amici, i giochi, i<br />
17<br />
primi amoretti… filavo con<br />
una ragazzina molto carina<br />
che poi è diventata mia moglie.<br />
E ancora, mi separavo<br />
dalla mia compagnia, da piazza<br />
Bovio, dalla mia Piombino.<br />
E tutto per un’incognita.<br />
Nella mia città ero uno dei più<br />
bravi, là sarei stato uno dei<br />
tanti».<br />
Un distacco doloroso, un rapporto<br />
problematico con l’allora<br />
mister Oberdan Ussello,<br />
ma anche tanta voglia di riuscire,<br />
non solo per se stesso.<br />
«Era un allenatore senza cuore,<br />
senza testa. Non capivo<br />
perché, ma non mi vedeva<br />
proprio. Un’umiliazione continua.<br />
Ma non mi sono dato<br />
per vinto. I miei genitori erano<br />
separati, e per questo sono<br />
stato malissimo. Quando arrivò<br />
la chiamata da Torino,<br />
mamma a Milano dov’era<br />
andata a vivere, mi vedeva già<br />
sistemato, e per il babbo,<br />
sportivo e appassionato di<br />
calcio, si realizzava un sogno:<br />
avere un figlio che andava a<br />
giocare per una società gloriosa<br />
come quella del Toro».<br />
Soprattutto per loro Aldo non<br />
demorde: lotta e si impegna al<br />
massimo, per regalare una<br />
gioia ai genitori che già avevano<br />
dovuto patire la morte<br />
Con il giornalista Tommaso Paloscia ad un dibattito<br />
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