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IL CAFFÈ 18 gennaio 2009 10 ECONOMIA MAURO SPIGNESI Se arriverà l’onda lunga della crisi bisogna essere preparati. E per reggere l’urto, che in altre realtà (vedi Usa) è stato devastante, bisogna creare uno scudo e proteggere le aziende. Da subito. Come? La proposta l’ha lanciata l’Aiti, l’associazione degli industriali, attraverso il suo direttore, Sandro Lombardi: “Il problema è mantenere intatto il livello e la qualità di crediti e finanziamenti a tassi convenienti anche in periodi di difficoltà. E se anche le banche - da noi più votate alla gestione patromoniale che alla clientela commerciale - avranno difficoltà a reperire denaro a costi bassi, che si fa? La nostra idea è realizzare un consorzio provvisorio (sei mesi), con dentro un pool di istituti e Banca Stato (che ha molti liquidi) come capofila”. L’obiettivo è attivare rapidamente linee di credito appunto a tassi vantaggiosi per le società che in questo periodo avranno necessità di soldi. “Non so come sia possibile tecnicamente - aggiunge Lombardi - mentre politicamente mi pare sia più facile, anche perché è al lavoro la task-force cantonale e federale”. Che dicono le banche? “Per il momento non ci è giunta alcuna richiesta ufficiale”, avverte Donato Barbuscia presidente della direzione di BancaStato: “La nostra politica di credito verso le aziende comunque non è affatto mutata. Abbiamo notevolmente abbassato i tassi delle ipoteche e quelli per i prestiti agli enti pubblici. La forte di riduzione è sicuramente un importante contributo concreto a sostegno della nostra economia”. Per Giovanni Crameri, responsabile Ubs Ticino, le strategie non sono mutate: “Nel 2008 il volume di cre- NUMERI di LORETTA NAPOLEONI 1998 (millenovecentonovantotto) Se Citigroup sopravvive al processo di ristrutturazione in corso tornerà alle dimensioni del 1998, quanto inizia lo sfortunato sogno del supermercato bancario. La triste storia di questa banca sembra una parabola del vangelo della globalizzazione. Prediletta dalla Riserva Federale che arriva a mantenere i tassi d’interesse eccessivamente bassi per aiutarla, insieme ad alcune consorelle, a rimettere in ordine i propri bilanci durante la crisi dei prestiti degli anni ‘90, la banca estende i suoi tentacoli in ogni settore finanziario, incluso quello immobiliare e assicurativo. Citigroup è anche la figlia preferita della deregulation, la sua nascita pone fine a 64 anni di separazione tra banche commerciali e d’investimento, un principio sancito dal Glass-Steagall Act. Durante gli anni del credito facile e a buon mercato, Citi cavalca la tigre dei subprime. S’indebita e riduce le proprie riserve bancarie per acquistare mortage backed securities legate a ogni tipo di prestito, dagli immobili alle automobili alle carte di credito. Durante gli anni in cui il tasso d’insolvenza è basso, questa strategia aggressiva ed alto rischio produce grossi guadagni e l’invidia di molti. Due anni fa le azioni di Citi valevano 50 dollari oggi sono scese a 6. Allo stesso tempo la banca espande il proprio network all’estero, apre uffici nei mercati emergenti e in quelli tradizionali. Ma non aumenta il numero degli sportelli in America. E perché dovrebbe farlo? Citigroup e’ il prototipo del supermercato finanziario globalizzato, guarda al villaggio globale. Anche questa strategia funziona nei momenti di boom ma non in quelli di crisi. Oggi la banca può contare su una raccolta del risparmio bassissima perché ha solo 800 sportelli negli Stati Uniti, ciò equivale al 2% dei depositi della nazione. Bank of America, al contrario ne ha 6.000 e controlla il 14% del risparmio nazionale. Il cavallo di battaglia di Citi sono i prodotti finanziari, al suo interno la banca d’investimento è molto più sviluppata di quella al dettaglio. Ma la cartolarizzazione del debito è difficile. Vendere titoli legati a ipoteche immobiliari o ai prestiti delle carte di credito funziona solo se si offrono tassi d’interesse alti che naturalmente la banca non può permettersi. Così la Citi vede ridurre il volume di affari. A questo si devono aggiungere le perdite derivanti dall’isolvenza. Naturalmente Citi chiede aiuto al governo americano che gli concede prima 52 miliardi di dollari e poi garantisce linee di credito per altri 300. Si tratta di un trattamento speciale ma non basta e la banca finisce per essere smembrata. Quale la morale? Piccole o grandi, globalizzate o locali le banche svolgono prima di tutto un servizio sociale, chi specula sono le case di brocheraggio, conciliare queste due attività è impossibile. GIOVANNI CRAMERI Responsabile Ubs per la regione Ticino @ www.aiti.ch www.creditsuisse.ch www.eoc.ch Mentre gli industriali chiedono un consorzio per garantire i crediti alle aziende, gli istituti di credito tranquillizzano l’economia “Noi banche continueremo a finanziare le imprese” diti erogati in Svizzera da Ubs è aumentato in modo leggermente superiore al mercato. Per principio valutiamo la capacità di una società di generare reddito e dunque di poter far fronte ai propri impegni”. Come? “Secondo lo sviluppo di un’azienda - aggiunge Crameri - potrebbe anche darsi che venga richiesto un tasso più elevato se i ri- Attualmente hanno avuto problemi le società legate al mondo delle auto, ma le difficoltà del settore non sono di oggi schi sono aumentati, rispettivamente inferiore se sono diminuiti. E comunque per la nostra clientela commerciale abbasseremo i tassi d’interesse in conto corrente dal prossimo 15 febbraio. Lo stesso è in parte già avvenuto, o avverrà a seconda delle scadenze, per gli anticipi fissi, altra forma tradizionale di finanziamento”. Anche per Alberto Petruzzella, responsabile Credit Suisse in Ticino, “il rischio-liquidità non esiste. I nostri rapporti con gli imprenditori sono costruiti nel tempo, se si apre una parentesi di difficoltà non guardiamo l’immediato. Pur a fronte di una crisi globale non mi pare attualmente ci siamo grandi difficoltà: tante aziende in questi anni sono riuscite a fare utili importanti e hanno soldi per resistere bene”. E tuttavia, secondo Petruzzella, “la crisi non va sottovalutata ma neppure ingigantita. Attualmente hanno avuto problemi le società legate al mondo delle auto, ma le difficoltà del settore non sono di oggi. Chi lavora con l’export, invece, vede problemi all’orizzonte, chi deve confrontarsi con il mercato interno è più tranquillo. L’idea degli industriali? Non so francamente come si possa mettere in piedi”. mspignesi@caffe.ch I conti in tasca alla sanità pubblica dopo la chiusura dell’oncologia alla Santa Chiara “I reparti di neurochirurgia oggi sono quelli più costosi” Il costo è alto, certo: supera i 10 mila franchi a paziente. Ma l’oncologia non è il servizio più caro in assoluto di una struttura sanitaria. E quindi se dal primo gennaio, per effetto della chiusura del reparto di cura dei tumori della clinica Santa Chiara di Locarno, gli ospedali pubblici avranno diversi pazienti in più, la spesa non crescerà a dismisura. Ma qual è, allora, la specializzazione che incide di più in bilancio? “Sicuramente neurochirurgia, perché si tratta di interventi delicatissimi, che hanno bisogno non soltanto di un’alta professionalità ma anche di apparec- La spesa per ogni paziente di neurochirurgia è di circa 20 mila franchi chiature sofisticate che hanno necessità d’una continua manutenzione e di parecchio personale”, spiega Danilo Beffa, vice direttore e responsabile dell’area finanze e programmazione dell’Ente ospedaliero cantonale: “I costi, in realtà, dipendono da diversi fattori: dalla patologia, al numero di posti letto, dalla media di giorni di ricovero alle attrezzature, sino ai medicinali. Oltre, naturalmente, al personale. In neu- Ti-Press I BANCARI Donanto Barbuscia, in alto, direttore generale di Banca Stato, e Alberto Petruzzella, responsabile Credit Suisse Ticino rochirurgia, dove i pazienti (600 all’anno al Civico di Lugano) hanno bisogno di cure intense, di una assistenza costante, servono più medici e infermieri, le macchine sono appunto più sofisticate e il costo a malato (il parametro che si usa tradizionalmente accostandolo ai nuovi sistemi di fatturazione) è molto vicino ai 20 mila franchi”. Tornando a oncologia, qui invece una delle voci più importanti è quella per i medicamenti: in alcuni casi costano anche 2000 franchi a confezione. Per dare un dare un dato generale: in Ticino la spesa complessiva per la gestione degli ospedali è stata di 785 milioni di franchi, il costo per abitante si è aggirato attorno ai 2500 franchi (nel 2007 era di 2.403). Un altro reparto dove si spendono cifre considerevoli è medicina generale (che abbraccia diverse specializzazioni ed è presente in quasi tutte le strutture pubbliche del Cantone), sopra i 10 mila franchi a paziente. Attorno agli 8.000 franchi è invece il costo per paziente di ginecologia. “C’è da tener presente – riprende Danilo Beffa – che i costi fissi vengono diluiti secondo i tempi di degenza, ecco perché reparti dove ci sono pochi ricoveri (funziona più l’assistenza ambulatoriale) assorbono molte risorse”. m.sp. Ti-Press 10 % di ribasso* su tutti i tappeti orientali e tappeti tessuti già ribassati! *Con Pfister A LA CARD. Bonus incluso. Senza Pfister A LA CARD 7 % di ribasso. 30 % di ribasso su diversi modelli d’esposizione. Fino a esaurimento scorte! Saldi fino al 31.1. 2009
@ www.hclugano.ch www.ilmattone.ch www.obsan.admin.ch La storia PATRIZIA GUENZI Fotoservizio F. Agosta (Ti-Press) Porta con orgoglio la maglia numero 16. Quella del suo idolo Ville Peltonen, hockeista finlandese, attaccante in una squadra Usa. Tuttavia, Davide Giannoni, 10 anni, di Arosio, rispetto al finlandese deve fare i conti con una difficoltà in più: non ha la mano destra. Eppure, volitivo e tenace, da cinque anni affronta la pista di ghiaccio con grinta e capacità, senza la minima esitazione. Sicuro di sé, infila il guantone, leggermente modificato per sopperire all’assenza delle dita, e si batte per la sua squadra come una leonessa per i suoi piccoli. “Sono sia attaccante, come Peltonen, ma all’occorrenza anche difensore come un altro giocatore che ammiro, Sidney Crosby - spiega fiero, lo sguardo intelligente -. Dipende dalla decisione dell’allenatore”. Davide, infatti, è attivo sia nella squadra Piccolo 1 Ducks che in quella Moskito B di Lugano. “Davide non si è mai fatto alcun problema per la sua mano - spiega la mamma, Moira, 33 anni -. È nato così e ha sempre accettato il fatto. Glielo abbiamo spiegato sin da piccolo e ha imparato presto ad arrangiarsi e a conviverci senza difficoltà”. Oggi, Davide, quarta elementare, appassionato di matematica, scienze e geografia, un futuro, dice, di architetto (“perché l’hockey è solo un gioco”), oltre a frequentare la scuola s’impegna negli allena- Davide, di Arosio, da cinque anni affronta la pista di ghiaccio con grinta e passione menti. Non ne salta uno. Cascasse il mondo. Tre la settimana, più le relative partite. Di tempo gliene resta ben poco. Non per niente la sorellina, Alessia, 6 anni, in quei rari momenti in cui Davide è “disoccupato”, e quindi senza pattini, maschera e bastone, ama stare con lui. I due vanno molto d’accordo. Per Alessia, Davide è già un campione. “Un campione di vita - interviene mamma -. Nel senso che davvero mio figlio dà a tutti una bella lezione. Una lezione di vita… Non mi stancherò mai di ripeterlo”. E Davide scruta il volto della madre. La guarda con occhi amorevoli, dolci, sicuro che mai la deluderà. È un piccolo ometto. “È sempre allegro, si arrangia in ogni cosa… Insomma, è cresciuto senza alcun problema”, aggiunge il padre, Roberto, commosso dalla forza d’animo del ragazzo. Certo Davide è anche fortunato. Ha davvero una bella famiglia Si respira un’aria di serenità, di af- ATTUALITÀ “Io, futuro Peltonen, anche senza una mano” Dieci anni, volitivo, tenace, fiero di sè e… giocatore di hockey malgrado sia disabile fetto, di complicità, seduti accanto a mamma Moira, la piccola Alessia, Davide e papà Roberto, 38 anni, titolare di una piccola impresa di costruzioni, orgoglioso di quel figlio attivo e intraprendente. Il padre ha ancora nelle orecchie quel “No” gridato forte e chiaro da Davide in una delle ultime visite all’ospedale di Ginevra. “Gli parlarono della possibilità di mettere una protesi - spiega -. Il medico si alzò per andare a prenderne una e mostrargliela… Il tempo di tornare e Davide s’era già allontanato Il fenomeno Aumentano gli svizzeri che si stendono sul lettino dello psichiatra. Per lo più depressi (21%). Secondo uno studio recentemente pubblicato dall’Osservatorio svizzero della salute, il numero dei trattamenti psichiatrici dal 2002 è salito a quasi il 10 per cento, 9,3 per la precisione. Dopo la depressione, le patologie più frequenti sono l’abuso di alcool (16%), la schizofrenia (9%) e i problemi legati al consumo di sostanze quali cannabis, sonniferi o cocaina (9%). E, sebbene i pazienti in cura siano stabili - circa 50mila all’anno - crescono invece le riammissioni, del 30 per cento. Un problema che tocca anche il nostro cantone, come conferma il dottor Michele Tomamichel, capo dell’organizzazione sociopsichiatrica per il Sottoceneri e Sopraceneri: “È una delle questioni più spinose con la quale dobbiamo costantemente fare i conti. Ovvero, trovare un equilibrio tra il periodo di cura del paziente, la durata del ricovero quindi, e la successiva riabilitazione che dovrebbe avvenire al di fuori dell’ospedale psichiatrico”. dallo studio correndo”. “Niente protesi, non la voglio, non mi serve, sto bene così”, interviene con piglio energico il ragazzo “Non si è mai fatto alcun problema. Ha imparato presto ad arrangiarsi e a conviverci” Ti-Press scandendo le parole e guardando dritto negli occhi il cronista. Insomma, Davide affronta la vita a muso duro. E così ha superato SPORTIVO IN PISTA Davide mentre gioca a hockey; a fianco i preparativi con la madre, Moira; sotto, insieme a Gianfranco Fazzini, allenatore nel settore giovanile dell’hockey Lugano alla grande quello per altri poteva rivelarsi un ostacolo difficile con cui convivere. Soprattutto in tenera età. “È sempre stato e si è sempre comportato come qualsiasi altro ragazzino - riprende la mamma -. Tant’è che quando all’asilo ha visto un volantino che parlava della possibilità di iscriversi in una squadra di hockey è corso a casa chiedendomi il permesso”. “E dal primo allenamento non sono più uscito di pista”, conclude orgoglioso Davide. pguenzi@caffe.ch Sempre più svizzeri depressi e i ticinesi in cura psichiatrica IL CAFFÈ 18 gennaio 2009 11 La famiglia Ciotti, beffata dalla legge, ringrazia per la solidarietà “Dimenticati da Stato e banche ma aiutati da molte persone” “Siamo molto commossi e cogliamo l’occasione per ringraziare tutti coloro che ci stanno dando una mano”. Massimo e Vanda Ciotti – la famiglia che nell’aprile del 2002 ha acquistato una casa ma è invece rimasta vittima delle malversazioni del notaio Giovanni Antonini – mai avrebbero pensato di suscitare tanta solidarietà. Una vera e propria gara tra i cittadini, venuti a conoscenza della loro disavventura grazie alla trasmissione della Tsi “Patti chiari” e rimbalzata poi su altri media. Per i versamenti è stato aperto il conto 10-720429-9 intestato a Massimo e Vanda Ciotti, St Prex. Tuttavia, il marito non risparmia una nota laconica. “Ancora una volta a muoversi sono i cittadini, la gente comune - dice -. Ci saremmo aspettati un gesto dal cantone o da qualche banca…”. Intanto, i socialisti, tramite un’iniziativa parlamen- “Se la nostra casa dovesse venir messa all’asta, saremmo davvero nei guai” tare, chiedono che il cantone – come già avviene in altre parti della Svizzera – risponda anche nei casi di danni provocati dai notai nell’esercizio delle loro funzioni. Proprio come è accaduto ai Ciotti: il notaio si appropria dei 150mila franchi dell’anticipo per l’acquisto dell’immobile e di un prestito di 340mila franchi della banca Migros che serviva a riscattare l’ipoteca dell’Ubs. Se invece ci fosse stata questa garanzia, i coniugi Ciotti non avrebbero perso i loro soldi, almeno non tutti, e non si sarebbero ritrovata con un debito enorme sulle spalle. La vicenda ha del paradossale: in sostanza, il diritto si trasforma nel rovescio di una legge. Una legge, che non tutela affatto i cittadini. Per ora, i Ciotti - da qualche mese trasferitisi a Ginevra dove il marito già da un paio di anni lavora – non smettono di sperare che, prima o poi, la situazione in qualche modo si sblocchi. “Sì, la speranza è l’ultima a morire…”, sospira il capofamiglia. Speriamo anche che l’aver portato a conoscenza dell’opinione pubblica questa nostra ‘avventura’ serva a rendere più attenti tutti coloro che si apprestano a comprar casa. Non fidatevi e controllate sempre ogni cosa”. E aggiunge: “Nel nostro caso, poi, oltre alle malversazioni del notaio si è pure aggiunta una certa complicità delle banche che l’hanno lasciato agire in maniera non corretta”. Insomma, tutt’altro che finita l’odissea dei Ciotti. E il futuro è a tinte fosche. I coniugi, infatti, hanno sempre una spada di Damocle appesa sul loro capo. “Se la nostra casa dovesse venir messa all’asta – spiega il marito -, allora sì che saremmo davvero nei guai. Il mio stipendio pignorato per pagare il debito… e come vivremmo? Chi manterrà i miei figli? Non voglio neanche pensare ad un’eventualità del genere”. p.g. Emergenza malati mentali, alcolizzati e drogati. “Ma la soluzione non solo nei ricoveri!” Intanto, sempre in Ticino, i nuovi casi, ossia coloro che si sono rivolti per la prima volta ai servizi ambulatoriali per adulti - servizi psicosociali e servizio di psichiatria e di psicologia medica -, nel 2007, sono stati 2.808 (più 121 rispetto all’anno precedente). In totale, 5.286 persone, 42 in più rispetto all’anno precedente. Crescono del 30% le ricadute di pazienti dimessi ma che poi ritornano in clinica LE PATOLOGIE Dopo la depressione, le patologie più frequenti sono abuso di alcool, schizofrenia e consumo di sostanze Insomma, numeri che devono far riflettere. Inoltre, spesso i pazienti fanno capo a più di una struttura alla continua ricerca di un sostegno. C’è infatti un costante bisogno di essere aiutati, recuperati da situazioni anche gravi, dicono gli addetti ai lavori confrontati quotidianamente con la realtà. “Ma la soluzione non può essere solo il ricovero, bensì anche la creazione di luoghi di accoglienza che favoriscano il rientro del paziente nella società”, puntualizza Tomamichel. E allora, il problema esiste, inutile nasconderlo. Il numero di coloro che costantemente necessitano di cure psichiatriche non è da sottovalutare. Non per niente i responsabili vigilano e cercano nuove soluzioni. Soprattutto per evitare i ricoveri ripetuti. Una soluzione sono i foyer, in cui accogliere per un tempo determinato i pazienti dimessi da una clinica prima del loro reinserimento in famiglia. Da un anno e mezzo è attivo quello di Breganzona, che fa capo alla Fondazione Sirio. Ma le difficoltà si sono rivelate maggiori del previsto… “Il concetto è quello giusto - commenta Domenico Zucchetti, presidente Vask Ticino (l’associazione dei familiari e degli amici delle persone con disagio psichico) -, tuttavia occorre ancora costruire attorno tutta una rete di sostegno che renda più efficace il ricovero in questo tipo di strutture”. p.g.
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