Giudici unica nota stonata in un coro di sì ai Bilaterali - regione - La ...

Foto Mediaset
SILLABARIO
JEANBAUDRILLARD
Il delitto perfetto
Tutta questa fauna mediale delle tecnologie del virtuale, questo
reality show perpetuo, ha un antenato: è il ready-made. Qualsiasi
oggetto, individuo o situazione è oggi un ready-made virtuale, nella
misura in cui di essi si può dire quanto Duchamp dice in fondo del
portabottiglie: esiste, l’ho incontrato. È così che ciascuno è invitato a
presentarsi tale e quale, e a recitare la sua vita in diretta sullo schermo,
come il ready-made recita la sua parte tale e quale, in diretta, sullo
schermo del museo. Identico problema con i reality show: bisogna condurre
il telespettatore non davanti allo schermo ma nello schermo, dall’altro
lato dell’informazione. Fargli realizzare la stessa conversione di
Duchamp col portabottiglie, trasferendolo tale e quale dall’altro lato
dell’arte, creando così un’ambiguità definitiva tra l’arte e il reale. Oggi
l’arte non è altro che questa confusione paradossale tra le due cose, e
l’intossicazione estetica che ne deriva. Allo stesso modo l’informazione
non è altro che la confusione paradossale dell’evento e del medium,
e l’incertezza politica che ne deriva. È così che siamo diventati tutti dei
ready-made.
segue dalla pagina accanto
vrane degli esemplari alfa verso i gregari.
Questa è la ragione per cui i gesti più
o meno eccentrici dei “famosi” sull’Isola
dei famosi o degli anonimi reclusi
nella casa del Grande Fratello
sono pronti per diventare tratti generali
di uno stile comune, o almeno
standard a cui rifarsi nel quotidiano.
Divismi, piercing, uso del corpo, protagonismi,
tattiche nel faccia a faccia,
escono dalla tv ed entrano immediatamente
nel repertorio degli spettatori.
Nelle prime edizioni del Grande
Fratello la curiosità prevalente era rivolta
alla minuziosa trama di chiac-
segue dalla pagina accanto
di assemblaggio di Bellinelli, introdotto
da una prefazione di
Jacky Marti, attuale direttore
della Rsi. “Negli
anni toccati da questa raccolta -
scrive tra l’altro Marti - si è definitivamente
consumata la transizione
da un Ticino passato per
sempre a un Ticino che,
nei suoi uomini migliori,
stava decisamente prendendo
coscienza di potenzialità
e destini che solo poco
tempo prima sembravano
inimmaginabili”.
E in questa transizione, però,
qualcosa s’è perso. Come il mestiere
di lattaio, descritto con minuzia
da Felice Filippini che racconta
la giornata di Carlo, instancabile
distributore porta a porta di
‘nettare bianco’ da sessant’anni. O
del ciabattino, altro mestiere in via
chiere fra i reclusi, che rivelava antipatie
e strategie, ostilità e animosità
interne alla “casa”; salvo poi scrutare
il buio praticamente con la telecamera
a infrarossi per scovare qualche
colpo di letto fra la belloccia e il bellone.
Gli eterni ragazzi delle società mediterranee,
quella generazione fra i 15
e i 34 anni identificata dalle statistiche
demoscopiche, i giovani per coazione
sociale, possono rifarsi alle tecniche
comportamentali dei dieci piccoli
indiani segregati nella Casa; gli
adulti che costituiscono il pubblico
televisivo stratificato omologato dalle
rilevazioni (casalinghe anziane, fasce
sociali a bassa scolarizzazione,
IL CIABATTINO
Tra mestieri e attrezzi
quasi scomparsi, dal
ciabattino con semplici
arnesi al lattaio con il
contenitore in alluminio
I critici
soggetti comunque esposti in modo
massiccio alla programmazione tv)
trovano invece nel format dei reality
conferme continue di quale sia la
maniera accettata dello stare insieme
e in pubblico, di quali parole possono
essere pronunciate, dell’educazione
sentimentale, e anche erotica,
a cui ci si debba riferire.
Fuori dai moralismi, non c’è quindi
da stupirsi se nell’ultima edizione italiana
del Grande Fratello è stata annunciata
la presenza di un “non vedente”
(termine politically correct
che convive con lo shock percettivo
di un “diversamente abile” inserito in
uno spettacolo di intrattenimento
estremo), e l’irruzione della cronaca
“Ha cambiato pelle,
ma ora sembra un circo”
F
orse non ha del tutto cambiato la pelle, perché reality televisivo era e tale
è rimasto, ma anche i critici televisivi più feroci vedono nella nuova ver-
sione del Grande Fratello forti elementi di novità “sociale”. “I protagonisti
non sono più giovani sfaccendati , che usavano il reality come agenzia di collocamento,
perché nelle prime edizioni bastava l’idea di essere 24 ore su 24 sotto
l’occhio delle telecamere per stupire, ora serve ben altro – commenta Alessandra
Comazzi, responsabile spettacoli e critica televisiva della Stampa di Torino -
. Ha cambiato pelle, ma più che una rappresentazione dei nuovi aspetti sociali
ora sembra un circo, o meglio, un’‘opera da tre soldi’ con una serie di casi umani:
il cieco, l’immigrato, l’anoressica...”. Meno severa Norma Rangeri, critico del
Manifesto, che pure ricorre alla metafora del circo. “Sì, c’è una componente di
circo Barnum, ma è bilanciata da una rappresentanza abbastanza fedele di quel-
“C’è una spruzzata di novità, senza rinunciare
alla tettona, al dongiovanni, per superare una
crisi di audience hanno eliminato le famiglie”
ALESSANDRA
COMAZZI
Critica televisiva
della Stampa
d’estinzione, sdoganato dalla penna
di Giuseppe Martinola per essere lanciato
nell’etere e ammirato nella sua
destrezza da chi, oggi, acquista scarpe
usa e getta e non conosce
l’arte della lavorazione di
suole e pellame.
Bellinelli, nella sua presentazione,
non manca
di contestualizzare la
raccolta che descrive i
mestieri di sessant’anni
fa. E sottolinea
che in quella fase storico-economica
il Paese
cambia pelle. “L’industrializzazione
aumenta,
il terziario si impone con i
servizi finanziari, amministrativi
e il turismo - scrive
Eros Bellinelli -. In pochi anni
l’emigrazione stagionale
dalla Svizzera italiana alla
Svizzera interna e nella vicina
la stessa società che si nutre di questa ideologia televisiva – spiega l’autrice di
“Chi l’ha vista? Tutto il peggio della tv da Berlusconi a Prodi (o viceversa)” –. C’è
comunque una spruzzata di novità, senza rinunciare a tettone e dongiovanni.
Per superare una crisi di audience hanno eliminato famigliole e personaggi in
età, e i primi dati d’ascolto hanno subito premiato, soprattutto nella fascia dai
15 ai 34 anni”. Entrambi i critici, comunque, sottolineano l’ottimo lavoro svolto
dal casting, con professionalità e l’occhio attento a cogliere protagonisti inediti.
“Sono stati bravi – aggiunge Rangeri -, soprattutto se si pensa che nell’ultimo
anno la disperazione degli addetti ai lavori stava proprio nel fatto che ai provini
arrivano candidati che avevano comunque già partecipato a un casting, e il guaio
è che sono cresciuti a pane e reality, quindi addio spontaneità”. e.r.b.
Il direttore Rtsi
“Si punta sul deforme,
forse è l’ultimo rantolo”
Il direttore della Rtsi Dino Balestra non ha mai nascosto la sua avversione
per ogni sorta di reality, un genere televisivo mai accettato
dal network pubblico nazionale. Cosa che non gli impedisce, comunque,
di rilevare le novità contenute dal Grande fratello 9 proposto
da Canale 5.”Se possiamo considerare novità, nel senso di continuazione
dello spettacolo, il puntare sul ‘deforme’ - precisa Balestra
-, che in fondo è una delle regole di questo genere di programmi, dove
il normale non fa notizia, almeno fino a quando non viene riscoperto,
e si punta sul difforme, sul deforme appunto. Lo dico con tutto
il rispetto necessario per i protagonisti, dal cieco all’emigrante, ma lo
considero un ultimo rantolo”. Effettivamente è da anni che il reality
in tv viene considerato finito, eppure ogni anno nei palinsesti ne spun-
“Continuo a riscontrare nel genere tv una non
sensibilità alla realtà, basata su quel rapporto
maledetto a metà tra voyerismo ed esibizionismo”
DINO
BALESTRA
Direttore della
Radio televisione
della Svizzera
Italiana
tano sempre di nuovi, e al direttore Rtsi non sfugge che, anche se l’audience
è nettamente calata rispetto agli esordi, funzionano. “Resiste,
anche perchè c’è sempre una forma di conforto, in molti telespettatori,
nello scoprirsi migliori di quello che vedono, dei personaggi che
si avvicendano sul piccolo schermo - commenta -. Io continuo a riscontrare
una totale non sensibilità alla realtà, altro che reality. In fondo
il successo del genere si basa sempre su quel rapporto maledetto,
un misto di voyerismo ed esibizionismo, niente di più”. e.r.b.
con l’ingresso nella Casa di una hostess
pasionaria, protagonista della
vertenza dell’Alitalia. Ciò che può incuriosire
è piuttosto la rapidità con
cui il sesso ha fatto capolino nel programma,
dal momento che poche
ore dopo l’esordio della nona edizione
la ventunenne studentessa di
Scienze della Comunicazione, autentica
maggiorata, con inevitabile piercing
all’ombelico, si baciava entusiasticamente
con il tatuatissimo presunto
“playboy napoletano” Gianluca
Zito.
Sciocchezze? Certo, sono inezie. Ma
la forza della televisione consiste proprio
nel far circolare e rendere “normali”,
cioè accettati socialmente,
Europa scompare. Il lavoratori trovano
occupazione a domicilio o poco
lontano. Da Paese di emigranti il nostro
Cantone diventa in pochi anni
una grande terrazza di lavoro anche
per gli italiani frontalieri e stagionali”.
Ed è proprio in quei primi Anni ’50
che l’immigrazione dall’Italia raggiunge
livelli impensabili. Operai,
manovali, camerieri e artigiani che
prendono lentamente e inesorabilmente
il posto dei ticinesi che pian
piano dismettono la tuta e nascondono
in cantina gli attrezzi da lavoro per
indossare giacca e cravatta e piazzarsi
negli uffici di banche, poste e assicurazioni.
“I mestieri - scrive ancora
Eros Bellinelli - erano e rimangono la
concreta dimostrazione della diversità
del vivere personale e collettivo,
della composizione del vivere quotidiano
e di quello che può unire passato,
presente e futuro”.
mgiacometti@caffe.ch
comportamenti in precedenza considerati
marginali, se non devianti. Lo
schermo televisivo agisce a doppia
via: da un lato seleziona nella società
fenomeni, costumi, atteggiamenti,
criteri estetici e di pensiero, le espone
in video, e così facendo li proietta
di nuovo sulla società, rafforzandoli.
È per questo che, soprattutto in certe
fasce sociali, e specialmente tra le generazioni
giovani, l’immagine pubblica
esposta dalla gente comune assomiglia
in modo spettacolare a
quella che viene presentata negli studi
tv. Il pubblico tende così ad assomigliare
ai protagonisti. Vita e televisione
si sovrappongono.
Con questo, il gioco è fatto. Non c’è
In tv i gesti più
eccentrici sono
pronti per diventare
tratti generali di
uno stile comune
un’età dell’innocenza per il reality.
Conteneva in sé un principio forte di
standardizzazione sociale e culturale.
La televisione classica, fondata soprattutto
sull’intrattenimento, tendeva
a tenere separati i ruoli fra conduttori,
presentatori, artisti, soubrette
da una parte, e il pubblico,
dall’altra. Invece il reality ha equiparato
la gente e lo spettacolo, consentendo
praticamente a tutti di entrare
nello show. A un patto, naturalmente,
che chi vuole entrare abbia già
l’aspetto fisico da reality, la “cultura”
da reality, la psicologia da “reality”.
Poi naturalmente non ci si può stupire
se, fuori dalla tv, fuori dai reality,
anche la realtà stessa tende ad apparire
poco credibile: anzi, finta.
IL CAFFÈ 18 gennaio 2009
39
RIVISTANDO
di ANTONIO SPADAFORA
LE IDEE
ORA
VOLANO
IN RETE
Il “rivistando” del 20 gennaio
dell’anno appena
trascorso era dedicato
alla rivista “La vie des idées”
che aveva da poco cambiato
supporto, passando dal
cartaceo all’elettronico -
www.laviedesidees.fr. Così
adeguata allo spirito del
tempo, avrebbe potuto più
agevolmente realizzare “un
atelier intellettuale internazionale”,
inteso come “luogo
di produzione e di scambio
di idee nuove” e, al tempo
stesso, come “un legame
tra le personalità, le organizzazioni
e le pubblicazioni
che difendono la forza
delle idee come motore dell’attività
umana”.
Va detto subito che, a due
anni abbondanti dall’avvio
dell’esperimento, esso appare
ormai pienamente riuscito,
come avrà potuto
agevolmente constatare
chiunque si sia dato la pena
di visitare il sito, e abbia poi
deciso di segnalare il proprio
indirizzo e-mail per ricevere
- gratuitamente, è il
caso di ribadire - le liste di
articoli, saggi e dibattiti, che
si possono poi leggere in video
o stampare nel formato
che si preferisce e anche
inviare elettronicamente a
eventuali altri interessati.
Più che apprezzabile, per
cominciare, è l’invio settimanale
di singoli articoli e,
quindicinalmente, di listesommario
ricapitolative;
molto utile è anche il repertorio
aggiornato delle tematiche
trattate e così pure
i link per altri siti con ulteriore
documentazione su
questo o quell’argomento.
Com’è facile arguire, la logica
della rete è utilizzata al
meglio, il che rappresenta
una stimolante ricchezza
per il lettore. Tanto più che
i temi affrontati - sempre in
un’ottica di viva attualità -
spaziano dalla scienza politica
a quella economica, dai
problemi concreti in cui si
dibatte il mondo globalizzato
a quelli della riflessione
filosofica, della ricerca
storica o sociologica e della
produzione letteraria
Al riguardo, può essere utile
ricordare solo alcuni dei
temi affrontati negli ultimi
mesi: globalizzazione e diversità
dei capitalismi; il ritorno
dello stato; l’eccezione
americana e la strategia
militare Usa; la transizione
autocratica in Russia; innovazione
e società del XXI secolo;
i costi della salute;
aspetti etico-politici della
sperimentazione scientifica
sugli esseri umani; reviviscenza
delle religioni, secolarizzazione
e laicità; il
Corano e la libertà di pensiero;
confucianesimo e
modernità…
Merita, infine, di essere sottolineato
che le recensioni
di nuove pubblicazioni,
non solo francesi, sono
sempre limpide ed esaurienti:
il problema affrontato
nel libro recensito è sempre
collocato in un contesto
esplicativo che già fornisce
un buon orientamento al
lettore, su questa base viene
poi delineato un tracciato
dello svolgimento argomentativo
e, per concludere,
non sono certo lesinate
valutazioni critiche sul
complesso dell’opera e/o di
alcuni suoi aspetti. Una recensione,
insomma, che
mette davvero il lettore nella
condizione anzitutto di
capire e quindi di fare scelte
consapevoli.