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RELAZIONI INDUSTRIALI RELAZIONI INDUSTRIALI - Aidp

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ogare alle rigidità introdotte tardivamente senza il<br />

coraggio di scelte radicali e di sistema: si inventarono<br />

così le fiscalizzazioni degli oneri sociali per ridurre<br />

il costo del lavoro, il contratto di formazione lavoro<br />

che derogava al contratto di lavoro e consentiva<br />

l’assunzione di giovani al di sotto del livello che avrebbero<br />

potuto meritare per un breve periodo di tempo<br />

e con contributi inferiori. Bisogna però riconoscere<br />

che il contratto nazionale di categoria ha consentito<br />

alle nostre relazioni industriali di strutturarsi in modo<br />

moderno.<br />

La scelta del contratto di lavoro collettivo risultò utile<br />

per la coesione sociale, per costruire regole contrattuali<br />

comuni e per avviare le prime politiche dei redditi.<br />

In particolare negli anni Settanta, dopo l’esplosione<br />

sociale, attraverso i contratti collettivi venne avviata<br />

una vera e propria politica economica concertata<br />

con le parti sociali, che comprendeva la politica<br />

dei redditi, quella del lavoro, quella delle tariffe, la politica<br />

fiscale, quella industriale e quella della crescita<br />

economica del paese.<br />

Di qui l’importanza del ruolo della contrattazione nazionale,<br />

strumento non solo per contrattare le condizioni<br />

di lavoro e di competitività delle imprese ma abbinato<br />

alla politica economica del paese, strumento di<br />

intervento nella politica dei redditi.<br />

Qual è l’ultimo atto di questa “politica”?<br />

Il culmine avvenne con gli accordi degli anni Novanta<br />

sulla scala mobile e sul modello contrattuale (accordo<br />

Amato del 1992 e accordo Ciampi del 1993) che fecero<br />

uscire l’Italia dalla spirale svalutazione-inflazione e<br />

consentirono il nostro ingresso nell’euro, accordi che<br />

chiudevano un’epoca in cui si era preferito agire per deroghe<br />

piuttosto che con riforme sostanziali.<br />

Il nuovo sistema contrattuale e poi le misure del cosiddetto<br />

pacchetto Treu aprivano la strada al contratto<br />

aziendale pur mantenendo la centralità del contratto<br />

nazionale, introducevano i contratti a tempo determinato<br />

e quelli che sarebbero poi stati i vari cocopro...<br />

meglio definiti dalla legge Biagi. L’introduzione<br />

di tali forme di lavoro flessibile consentì di aumentare<br />

il tasso di occupazione a partire da metà degli anni<br />

Novanta malgrado un rallentamento della crescita<br />

economica. Una precisazione, si parla sempre della riduzione<br />

della produttività (crescita economica diviso<br />

la crescita del numero degli addetti), ma il problema<br />

dell’Italia di allora era un altro: una crescita senza occupazione.<br />

Il calo di produttività che noi oggi registriamo<br />

non è a mio avviso un segno del declino del<br />

nostro paese ma è il segno di un effetto di composizione:<br />

la liberalizzazione del mercato del lavoro fece<br />

emergere lavori a basso contenuto di valore aggiunto<br />

che prima o erano vietati o stavano nel mercato nero.<br />

Innocenzo Cipolletta è Presidente di UBS Italia SIM e Presidente<br />

dell’Università di Trento dal marzo 2003. Già Presidente<br />

delle Ferrovie dello Stato (dal 2006 al 2010), de Il Sole<br />

24 Ore (dal 2004 al 2007), della Marzotto spa (dal 2000<br />

al 2003) e Direttore Generale di CONFINDUSTRIA (dal 1990 al<br />

2000). È membro del Consiglio di Amministrazione di alcune<br />

imprese, fra cui Indesit, Poltrona Frau, iGuzzini, Ceramiche<br />

Piemme. Ha ricoperto ruoli di funzionario e di dirigente all’OCSE<br />

e all’ISCO (Istituto Nazionale per lo Studio della Congiuntura).<br />

È stato nominato cavaliere di gran croce.<br />

Ma, soprattutto, la liberalizzazione permise l’aumento<br />

dell’occupazione specialmente tra i giovani e gli immigrati,<br />

aumentando in maniera consistente il tasso<br />

di attività (rapporto tra popolazione attiva a occupazione),<br />

una vera rivoluzione del mercato del lavoro.<br />

Ciò consentì all’Italia di entrare nell’Euro, in un mondo<br />

più stabile e pagare meno interessi sulle rendite<br />

(eravamo un paese di redditieri, con tassi di interessi<br />

così elevati che era più conveniente investire in titoli<br />

pubblici o rendite piuttosto che fare un’attività economica!).<br />

L’integrazione europea ha ridotto il ruolo<br />

della politica economica nazionale nel controllo dell’inflazione,<br />

che di fatto è demandato alla politica monetaria<br />

della BCE. Questa devoluzione ha ridotto il<br />

ruolo di eventuali politiche dei redditi a base nazionale<br />

e di conseguenza l’importanza della contrattazione<br />

nazionale come strumento della politica dei redditi.<br />

Quali altri fattori oltre a quelli già menzionati<br />

hanno contribuito ad erodere il potere del<br />

contratto nazionale?<br />

La globalizzazione e il progresso tecnico hanno cambiato<br />

le condizioni attraverso le quali le aziende ri-<br />

DdP | GIUGNO 2011 | 9

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