La Tradizione Cattolica - Fraternità Sacerdotale di San Pio X
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dei fedeli la stampa perniciosa. Di qui<br />
l’istituzione dell’In<strong>di</strong>ce dei libri proibiti. «È<br />
il catalogo dei libri che la <strong>San</strong>ta Sede ha<br />
condannato come dannosi alla fede e alla<br />
morale e <strong>di</strong> cui sono vietati, salvo speciale<br />
<strong>di</strong>spensa, sia la lettura che il possesso. È<br />
quin<strong>di</strong> necessaria una guida, poiché molte<br />
volte non basta avere una coscienza retta ed<br />
illuminata per scoprire l’errore, ma c’è bisogno<br />
<strong>di</strong> un’autorità garante e per la rettitu<strong>di</strong>ne<br />
e per la luce, che il libro sia in grado <strong>di</strong><br />
dare alla mente<br />
e al cuore» (6).<br />
«Fu così che nel<br />
1542, poco dopo<br />
l’invenzione e la<br />
grande <strong>di</strong>ffusione<br />
della stampa,<br />
Paolo III nominò<br />
una commissione<br />
per esaminare<br />
la colluvie<br />
dei libri che potevano<br />
essere<br />
nocivi al popolo<br />
cristiano e credente.<br />
Vennero<br />
“Vennero determinati e in<strong>di</strong>cati determinati e<br />
quei libri che contenevano in<strong>di</strong>cati quei<br />
errori morali o dogmatici “ libri che contenevano<br />
errori morali o dommatici in un libro<br />
che nel 1557 si pubblicò per or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
Paolo IV: e tale libro portò il nome <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ce,<br />
quasi in<strong>di</strong>catore» (7).<br />
L’ultima e<strong>di</strong>zione dell’Index librorum<br />
prohibitorum è del 1948. E si capisce anche:<br />
all’ora attuale, l’In<strong>di</strong>ce dovrebbe in<strong>di</strong>care il<br />
libri che si possono leggere, essendo quelli<br />
nocivi, la stragrande maggioranza.<br />
Ma tant’è: si tratta <strong>di</strong> capire la mens<br />
del legislatore. Tale spirito mi sembra sufficientemente<br />
chiaro: non è perché internet mi<br />
dà la possibilità <strong>di</strong> accedere a tutte le biblioteche<br />
del mondo che, per il fatto stesso, posso<br />
(nel senso <strong>di</strong> ho la facoltà morale <strong>di</strong>) leggere<br />
qualunque testo. <strong>La</strong> maggior facilità<br />
con cui si accede a testi pericolosi per la<br />
fede e la morale dovrebbe semmai farmi<br />
alzare la guar<strong>di</strong>a. In<strong>di</strong>ce o no, rimane un<br />
obbligo grave per ogni battezzato <strong>di</strong> non<br />
mettere in pericolo la propria fede. Mi rivolgo<br />
a dei cattolici, e quando <strong>di</strong>co “testi<br />
pericolosi” non penso solo agli scritti <strong>di</strong><br />
Teilhard de Char<strong>di</strong>n o <strong>di</strong> Rahner (e chi li<br />
legge?), ma anche (e soprattutto) a certi siti<br />
che sotto pretesto della <strong>di</strong>fesa della integrità<br />
della fede propagano tesi ereticali o <strong>di</strong>ffondono<br />
a piene mani calunnie, sospetti e giu<strong>di</strong>zi<br />
temerari. Non fa <strong>di</strong>fferenza andare<br />
all’inferno per aver sposato le tesi moderniste<br />
<strong>di</strong> questo o quel teologo “à la page”,<br />
piuttosto che la teologia clau<strong>di</strong>cante <strong>di</strong> certi<br />
pseudo-teologi-tra<strong>di</strong>-integristi-tutti-<strong>di</strong>-unpezzo<br />
che imperversano in campo tra<strong>di</strong>zionalista.<br />
«I fedeli devono astenersi dal leggere<br />
non solo i libri proscritti per legge o con<br />
decreto, ma ogni scritto che li esponga al<br />
pericolo <strong>di</strong> perdere la fede o <strong>di</strong> depravare i<br />
costumi. È questo un obbligo morale, imposto<br />
dalla legge naturale, che non ammette<br />
esenzione né <strong>di</strong>spensa» (8). Questo è lo<br />
spirito autenticamente cattolico.<br />
A fin <strong>di</strong> bene<br />
«Ma io <strong>di</strong>co la verità…», esclamerà<br />
uno dei miei tre Lettori. Certo, con Leone<br />
XIII si può ben affermare che «le cose vere<br />
e oneste hanno <strong>di</strong>ritto, salve le regole della<br />
prudenza, <strong>di</strong> essere liberamente propagate e<br />
<strong>di</strong>venire il più ch’è possibile, comune retaggio»<br />
(9). Ma non si <strong>di</strong>mentichi che quando<br />
il Papa scriveva quelle righe erano “tempi<br />
normali” per la Chiesa e vigeva la censura<br />
previa <strong>di</strong> cui sopra.<br />
Ora, riba<strong>di</strong>sco, parlo a dei cattolici che<br />
dovrebbero avere a cuore la dottrina e la<br />
prassi tra<strong>di</strong>zionali della Chiesa. Vero che la<br />
“lettera” non c’è più, lo spirito però dovrebbe<br />
sopravvivere.<br />
A questo punto, uno dei due Lettori<br />
rimasti mi obbietterà: «Caro Don, a chi mi<br />
<strong>La</strong> <strong>Tra<strong>di</strong>zione</strong><br />
<strong>Cattolica</strong><br />
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