Insieme ottobre 2011 - BCC Vignole
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35 il territorio<br />
finito al Museo di Belle Arti di<br />
Budapest, e mancano anche<br />
tre statue, adesso in bella mostra<br />
sulla facciata del duomo di<br />
Prato: tre sculture in marmo dai<br />
bei panneggi: una “Madonna<br />
col Bambino”, un “S. Gioacchino”<br />
e “Sant’ Anna”. E come se<br />
non bastasse, al museo fiorentino<br />
del Bargello si trovano<br />
due capolavori di oreficeria:<br />
un calice e una croce astile<br />
entrambi del XIV secolo.<br />
Malgrado ciò, il museo<br />
della Ferruccia ti fa rimanere<br />
incantato, soprattutto<br />
pensando alla sua fioritura<br />
in un mondo rurale. È vero:<br />
si tratta di pochi locali e di<br />
una serie non tanto numerosa<br />
di arredi, ma che taluni<br />
vengono alternati da altri in<br />
deposito, questa volta protetti,<br />
e che, tuttavia, sono<br />
prescelti e ben ordinati in un<br />
percorso didattico e volutamente<br />
liturgico. I paramenti<br />
sono riuniti nella prima sala:<br />
pianete di vari colori per<br />
esprimere la bianca “Pasqua”,<br />
o la “rossa” pentecoste<br />
o la quaresima di color<br />
viola; ed ancora pievali,<br />
così detti perché servivano<br />
al sacerdote in processione<br />
per ripararsi in caso di<br />
pioggia. La seconda stanza<br />
ospita le reliquie<br />
come avvicinamento<br />
a Dio,<br />
mentre in quella<br />
successiva si ammirano<br />
gli oggetti<br />
per il culto. L’Eucarestia<br />
e ciò che<br />
la rappresenta,<br />
sono nell’ultimo<br />
vano, il più sacro<br />
e raccolto. Tutto<br />
descritto nel bel<br />
catalogo con eloquenti<br />
foto «Chiesa<br />
dei santi Filippo<br />
e Giacomo alla<br />
Ferruccia. Museo<br />
d’arte sacra». Curato<br />
da Maria Cristina<br />
Masdea, è<br />
ricco di prestigiosi<br />
interventi, uno dei<br />
quali a firma di<br />
Antonio Paolucci,<br />
allora soprintendente<br />
ed oggi dirigente<br />
dei Musei Vaticani.<br />
Solo a titolo di esempio, nel<br />
museo e nel testo si cerchino<br />
un ostensorio, manifattura fiorentina<br />
1804, i calici d’argento,<br />
un grande leggio settecentesco<br />
in legno intagliato e dorato,<br />
due angeli in legno intagliato,<br />
dipinto e dorato del Settecento<br />
e un abito da sposa, 1760<br />
circa, manifattura francese. Le<br />
pianete settecentesche sono<br />
in cannetillé liseré broccato o<br />
di seta bianca broccata, oppure<br />
in lampasso lanciato e<br />
broccato. Altre hanno fili d’argento<br />
e d’oro e ricami raffinatissimi.<br />
Si ricopriva il calice con<br />
velo in taffettas con ricami di<br />
sete policrome. Ammirevoli<br />
i calici: d’argento sbalzato,<br />
cesellato, bulinato, inciso e<br />
parzialmente dorato; di fattura<br />
analoga un ostensorio,<br />
un turibolo e una splendida<br />
navicella a barchetta imperiale<br />
egiziana, grandiosa<br />
oreficeria. l reliquiari, intagli<br />
d’esperienza e di fede, pure<br />
questi d’epoca settecentesca,<br />
sono anch’essi intagliati,<br />
dorati e argentati. Dal canto<br />
suo, l’Ottocento mostra la<br />
sua eleganza con una serie<br />
di quattordici lumiere da parete,<br />
con specchi, in legno intagliato<br />
e dorato. Per finire, il<br />
pregiatissimo paliotto, dei primi<br />
anni del Seicento, davvero<br />
stupendo e forse il pezzo<br />
più bello di tutta la collezione,<br />
con al centro il trigramma Jhs<br />
sorretto da due angeli in volo:<br />
ancora ricami e simboli, sete<br />
multicolori, oro e argento.<br />
Paolo Gestri<br />
insieme ° <strong>ottobre</strong> <strong>2011</strong>