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PhD_Thesis_Mingoia

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più lieve legno convien che ti porti».<br />

If. III, 88-90<br />

Viene da domandarsi il perché. La grazia divina vuole che Dante percorra il<br />

cammino nei tre regni, e che dapprima scenda nell’Inferno, l’altro viaggio. L’altra via,<br />

a cui Caronte spingerebbe Dante, è quella che il poeta, smarrito, ha già tentato, la<br />

scalata della montagna in solitudine e autonomamente, senza guida; quella che gli è<br />

stata impedita, la medesima via del naufragio di Ulisse.<br />

Le risposte di Virgilio ai demoni infernali si soffermano tutte sulla grazia che ha<br />

concesso il viaggio per cui la sola menzione che è Dio a volere il viaggio di Dante nella<br />

maggior parte delle situazioni è sufficiente a dipanare gli impedimenti del cammino,<br />

tranne che sulla porta di Dite, in cui è necessario scomodare un angelo divino.<br />

Un passo significativo che rivela anche la personale consapevolezza dell’agens<br />

che compie il percorso, resta la risposta perentoria a Cavalcante Cavalcanti, da me<br />

stesso non vegno (If. X, 61); ma anche la risposta a ser Brunetto è la prima occasione in<br />

cui il protagonista ripercorre i fatti accadutigli, manifestando la consapevolezza del<br />

senso del suo viaggio, guidato da Virgilio, il cui compito è di ricondurlo a casa.<br />

Là sù di sopra, in la vita serena»,<br />

rispuos’ io lui, «mi smarri’ in una valle,<br />

avanti che l’età mia fosse piena.<br />

Pur ier mattina le volsi le spalle:<br />

questi m’apparve, tornand’ ïo in quella,<br />

e reducemi a ca per questo calle.<br />

If. XV, 49-54<br />

Fin qui non si dice ancora nulla su quanto realmente accada nel percorso. Se ne<br />

giustifica semplicemente la ragione e si documenta la presa di coscienza del pellegrino,<br />

man mano che egli si inoltra nel primo regno. Per la comprensione effettiva di quanto<br />

stia accadendo nella discesa del buio infernale, occorre aspettare il canto XIX, dove<br />

Dante definisce l’esperienza del primo regno come un abbandono de lo fele, l’amaro,<br />

per rivolgersi ai dolci frutti, di cui si ciberà nel secondo regno. In particolare, è<br />

significativo il verbo che il poeta usa, lascio:<br />

Lascio lo fele e vo per dolci pomi<br />

promessi a me per lo verace duca;<br />

ma ’nfino al centro pria convien ch’i’ tomi».<br />

If. XVI, 61-63<br />

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