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PhD_Thesis_Mingoia

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All’inizio dell’opera il lettore si trova dinanzi a nient’altro che a una vicenda<br />

biografica eccezionale. Ma la novità assoluta del racconto si manifesta verso la metà del<br />

primo canto. Il canto I dell’Inferno consta di 146 versi e al v. 63 (chi per lungo silenzio<br />

parea fioco) si introduce sulla scena Virgilio. Prima, il racconto, sebbene singolare, non<br />

essendo consueto l’incontro consecutivo con una lonza, una lupa e un leone, si era<br />

presentato nell’ordine di fatti possibili nella vita terrena; con Virgilio, invece, avviene<br />

un salto sul piano del significato, poiché fa ingresso dentro il tempo e lo spazio della<br />

vita terrena del personaggio la realtà soprannaturale. E le parole del protagonista lo<br />

presentono:<br />

Quando vidi costui nel gran diserto,<br />

«Miserere di me», gridai a lui,<br />

«qual che tu sii, od ombra od omo certo!».<br />

If. I, 64-66<br />

L’intuizione che colui che egli incontra nel gran diserto sia uno spirito prende alla<br />

sprovvista il lettore, poiché la vicenda è raccontata come realmente accaduta.<br />

Sul piano temporale è rilevabile una prima differenza tra chi racconta in prima<br />

persona al tempo passato, dicendo vidi, gridai e il personaggio che dice Miserere di me,<br />

/ qual che tu sii, od ombra od omo certo. L’uso della forma dialogica e<br />

contemporaneamente del tempo presente, sortiscono l’effetto di generare una<br />

riattualizzazione della vicenda. Ed è proprio la veridicità del racconto a stabilire il nesso<br />

inscindibile tra chi narra e chi ha vissuto la vicenda inaudita della visione.<br />

Il fatto peculiare consiste nell’essere il protagonista un poeta scriba Dei.<br />

Ciò pone l’avvenimento della visione e del racconto su un piano assolutamente<br />

unico. È esemplificativo, in proposito, quanto Contini afferma sull’io del protagonista, a<br />

commento di un canto del Purgatorio fondamentale, per la vicenda poetica del<br />

personaggio Dante, quale è il XXIV.<br />

Il viaggio compete all’io storico che è io poeta, e tutta la poesia, l’abbiamo udito<br />

nella confessione a Bonagiunta, è poesia d’amore. Ogni tappa e sosta del suo viaggio<br />

oltreterreno è una modalità del suo io antico vittoriosamente attraversata, quei suoi<br />

interlocutori sono loro, storici, e sono altro simbolo e funzione. Anche in loro dunque si<br />

attua la duplicità di piano che qualifica Dante, e a suo specchio Beatrice. Se un’analisi<br />

strutturale è corretta, essa si riflette dal macrocosmo al microcosmo. La sua validità,<br />

verificata ora nel particolare, è una preziosa prova del nove all’interpretazione<br />

generale 63 .<br />

63 GIANFRANCO CONTINI, Un’idea di Dante, saggi danteschi, Einaudi, Torino 1976, p. 62.<br />

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