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dAI club - Rotary Club Cagliari Nord

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Attualità> Globalizzazione o protezionismoGlobalizzazione oprotezionismo?La quadratura del cerchio: come uscire dalla crisi internazionale senzacompromettere il libero mercato.> di Ignazio IngraoDove sono finiti tutti i vostririsparmi?” titola la copertinadell’Economist con l’immagine diun uomo affacciato su un grandebuco nero. L’autorevole settimanalebritannico sintetizza così lepreoccupazioni delle imprese e deirisparmiatori di tutto il mondo.Bastano alcuni dati per avere un’ideadella situazione: dall’inizio del2008 l’intero patrimonio dei mutuiamericani è diminuito di 2.400 miliardidi dollari, arrivando ad un quinto delsuo valore iniziale. In Gran Bretagnal’asset dei mutui è diminuito di unquarto del suo valore complessivo,per un valore di 130 miliardi disterline. La capitalizzazione delmercato azionario è crollata di 30mila miliardi di dollari.Il National Bureau of EconomicResearch ha dichiarato che la piùgrande economia del mondo, cioèquella americana, è in recessionedal dicembre 2007. Parallelamentele economie del Giappone e dellamaggior parte dei Paesi occidentali sistanno fortemente contraendo. Oltrealla propensione al consumo, crollaanche quella al risparmio: negli StatiUniti la propensione al risparmio èdiminuita del 2.5% rispetto al 1999,in Gran Bretagna è scesa addiritturadel 3% negli ultimi due anni. Siinnesca così un circolo vizioso chel’Economist descrive così: “Risparmiinsufficienti, male investiti, sono unproblema per individui e imprese.Risparmiatori intimoriti dallacongiuntura finanziaria ripiegano sullaliquidità. Le banche sono riluttanti aprestare denaro, le imprese perciòhanno difficoltà a trovare credito e araccogliere capitale di rischio”.E’ “uno shock per la reputazioneglobale dell’America”, osservaBrad Setter, esperto del Councilon Foreign Relations di New York,riflettendo sugli effetti della crisifinanziaria nel sistema delle relazioniinternazionali. E spiega: “La crisi hacambiato nel mondo la percezionedel vantaggio statunitense nelcampo dell’ingegneria finanziaria”.Tuttavia, secondo i dati Eurostat lasituazione in Europa è peggiore diquella negli Stati Uniti e in Giappone.Nel terzo trimestre dell’anno, infatti,il prodotto interno lordo della zonaeuro è sceso dello 0,2%, come quellodell’insieme dell’Unione europea.Si confermano dunque i segnali dicrisi: su base mensile si registra unpeggioramento dell’Ue rispetto alsecondo trimestre, quando il pil erarimasto stabile. Negli Stati Uniti e inGiappone invece il calo del pil nelterzo trimestre si è assestato sullo0,1%, dopo un più 0,7% negli StatiUniti e un meno 0,9% in Giappone peril secondo trimestre.Attenzione però a non fareparagoni troppo azzardati. Più di uncommentatore infatti ha richiamatol’immagine della Grande Depressione.In realtà, a ben guardare, almenofino a questo momento, gli ordini digrandezza sono molto diversi: tra il1929 e il 1933 l’economia americanasi contrasse di oltre un quarto e ladisoccupazione raggiunse il 25%.Oggi la disoccupazione è al 6,1% eanche le previsioni più pessimiste nondanno proiezioni oltre il 10%. Restacomunque una situazione molto gravecon tempi lunghissimi di ripresa.Per questo i principali “think-tank”americani ed europei si confrontanoin maniera febbrile su come usciredall’emergenza. Tra i temi piùinteressanti che gli esperti stannodibattendo c’è la valutazione deglieffetti della crisi sul protezionismonegli Stati Uniti e in Europa. “Il15PAUL

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