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Paolo Martegani - Etruria design

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Il cinema racconta storie meravigliose che si<br />

ambientano in spazi accuratamente disegnati<br />

e decorati. Il cinema di fantascienza è il<br />

genere privilegiato per rappresentazioni<br />

audaci e futuribili, spesso descritte mediante<br />

caratterizzazioni geometriche e scomposizioni<br />

in forme base.<br />

sci-fi contemporanea. Reale e virtuale si alternano nell’universo<br />

proposto dal film dove l’azione non è svolta<br />

nello spazio profondo, nell’infinitamente grande, ma esattamente<br />

nel suo opposto, nell’infinitamente piccolo dei<br />

bit, degli zero e degli uno del sistema binario.<br />

La trama, infatti, si sviluppa seguendo le avventure di un<br />

programmatore di software che viene incorporato all’interno<br />

del sistema virtuale da lui stesso creato. Gran parte<br />

del film segue le avventure di Flynn (Jeff Bridges) in questo<br />

universo freddo e pericoloso, accompagnato dal suo<br />

alter ego virtuale, Tron (Bruce Boxleitner).<br />

L’universo computerizzato – girato in bianco e nero e<br />

colorato in post-produzione – si avvale di segmenti esagonali<br />

che vanno a comporre lo sfondo ma anche la struttura<br />

stessa del cyber-mondo. Una struttura modulare che<br />

si compone di geometriche ripetizioni all’infinito, creando<br />

un mondo senza orizzonte, al contempo infinito e asfittico.<br />

Le strade percorse da Flynn e Tron sono semplici<br />

fasci di luce blu o griglie ripetute all’infinito in cui corrono<br />

veloci moto virtuali (le light-bikes).<br />

Un immaginario iconico raccolto solo un anno dopo, nel<br />

1983, dalla serie tv creata da Glen A.Larson per la Fox e<br />

trasmessa dalla ABC, Automan. In questa serie assistiamo<br />

immediatamente ad un rovesciamento del punto di<br />

partenza: in questo caso è il personaggio virtuale ad<br />

entrare nel mondo reale ed affiancare il suo programmatore.<br />

La serie condivide comunque con il film l’immaginario<br />

visuale del côté virtuale. Automan (Chuck Wagner) si<br />

presenta con forti analogie con i personaggi di Tron a<br />

partire dalle tute composte da elementi geometrici fosforescenti<br />

che richiamano l’esagono, il quadrato, il triangolo.<br />

Anche i mezzi di trasporto utilizzati dal protagonista<br />

della serie, elicottero, auto, moto, si denotano come una<br />

Speed Racer è l’ultima evoluzione del genere Sci-Fi, che fa largo uso della<br />

geometrizzazione del set <strong>design</strong> in forma evoluta, abbandonando le forme<br />

poligonali semplici a favore di una geometria non euclidea, tipica del<br />

nuovo millennio.<br />

Speed Racer ist die letzte Entwicklungsstufe des Sciencefictiongenre, der<br />

sich ausgiebig eines geometrisierten Set-Designs auf fortschrittlicher Stufe<br />

bedient und den einfachen Vieleckformen eine nicht-euklidische, für das<br />

neue Millennium typische Geometrie vorzieht.<br />

composizione geometrica modulare.<br />

Esagoni, triangoli, parallelepipedi, vanno ad agglomerarsi<br />

per comporre una sorta di puzzle di luci. La macchina<br />

del protagonista, ad esempio, è una Lamborghini<br />

Countach (1973-1981) personalizzata da fasci di luce blu<br />

che ne evidenziano la linea squadrata, detta “a cuneo”,<br />

caratteristica della vettura così come gli sportelli ad apertura<br />

verticale.<br />

La serie, omaggio-citazione di Tron, ha avuto vita breve –<br />

solo 13 episodi – ma è interessante notare come tra i due<br />

prodotti vi sia un’affinità di impianto visivo.<br />

In pratica, il modulo geometrico è qui utilizzato per evocare<br />

una futuribilità oggi sicuramente ingenua ma che,<br />

all’inizio degli anni Ottanta rappresentava quanto di più<br />

avveniristico si potesse immaginare.<br />

Senza queste sperimentazioni visive film come Matrix o<br />

Speed Racer non sarebbero oggi possibili.<br />

L’utilizzo della geometria, quindi, come contrappunto alla<br />

geometria dello sguardo: l’oggetto che diventa protagonista<br />

non come oggetto in sé ma come composizione.<br />

E comunque, non si tratta di un semplice dècor ma di un<br />

utilizzo significativo della costruzione geometrica.<br />

Si tratta a ben guardare di una analisi puramente descrittiva<br />

ma che possiede una fascinazione non indifferente<br />

per lo spettatore in cerca di seduzioni visive.<br />

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