Comunità <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o - DioccesiLettera del Vescovo di Bresciasul tema dell’immigrazioneIn occasione della festa dei Patroni di Brescia e dellaDiocesi è stata pubblicata la Lettera del Vescovo allecomunità cristiane della Diocesi sulla pastorale per gliimmigrati: “Stranieri, ospiti, concittad<strong>in</strong>i”. Il testo, ci <strong>in</strong>formaun articolo del nostro Settimanale diocesano, erastato steso da tempo, ben prima che Brescia “balzasse aglionori della cronaca nazionale” per la protesta degli immigratisulla gru <strong>in</strong> San Faust<strong>in</strong>o. Erano riflessioni con lequali il vescovo Luciano voleva aiutare la nostra Chiesalocale riflettere sugli stimoli provocati dalla presenza diun numero sempre maggiore di cittad<strong>in</strong>i di orig<strong>in</strong>e extracomunitariasul nostro Territorio.La lettera non è una presa di posizione della Chiesa brescianadi fronte ai recenti fatti che hanno riaperto ildibattito sull’immigrazione. La comunità cristiana può,probabilmente deve, prendervi parte ma, come ricordatodal Vescovo, da una prospettiva particolare: quella delVangelo. “Noi – afferma il Vescovo – siamo espressione dellaChiesa a Brescia per annunciare il Vangelo che <strong>in</strong>vita tutti gliuom<strong>in</strong>i ad accogliere il dono dell’amore di Dio. La presenza degliimmigrati impone il dovere di tenere conto anche di loro <strong>in</strong> questonostro annuncio e nello stile di vita che da questo discende”.La Lettera, ribadisce con forza il Vescovo, nasce solo esoltanto da questo desiderio. Parole chiare, che tarpanole ali ad ogni possibile strumentalizzazione. L’ultimodocumento del nostro Vescovo è dunque di caratterepastorale e <strong>in</strong> quanto tale <strong>in</strong>dica una prospettiva <strong>in</strong> cui laChiesa locale deve muoversi, senza negare, <strong>in</strong> un campocomplesso come quello del fenomeno migratorio, l’esistenzaal suo <strong>in</strong>terno di tensioni che possono esserefeconde se portano a un progressivo cambiamento deimodi di pensare e agire. “Il problema – afferma ancora ilVescovo – si registra quando si tenta di negare la tensione, f<strong>in</strong>gendoche il problema non esista, rimanendo così bloccati nellostatu quo senza alcun tentativo di creare, immag<strong>in</strong>are o realizzarequalcosa di nuovo, equilibri più profondi, più efficaci”. Unrischio che la comunità cristiana può correre e <strong>in</strong> “soccorso”della quale arriva appunto “Stranieri, ospiti, concittad<strong>in</strong>i”.Diversi sono i livelli da cui il Vescovo affronta il temadella presenza degli stranieri nella comunità bresciana.Diverse chiavi di lettura. La prima è quella del rapportocon gli immigrati cristiani e con quelli di altre religioni.24”Bisogna imparare – afferma il Vescovo nel corso di un’<strong>in</strong>tervistariportata dal settimanale diocesano La Voce delPopolo - a <strong>in</strong>tegrare cristiani di altra cultura, e gli immigratidentro le nostre comunità che, per parte loro devono essere accoglient<strong>in</strong>ei loro confronti. La Chiesa locale deve imparare sempredi più a riconoscere <strong>in</strong> ogni uomo una creatura di Dio con un suodest<strong>in</strong>o eterno, con un significato personale proprio e qu<strong>in</strong>di stabilirecon ogni persona un rapporto di rispetto, di aiuto, di responsabilitàreciproca. Questo è il camm<strong>in</strong>o della Chiesa di oggi comeanche della Chiesa di sempre: un camm<strong>in</strong>o progressivo perché lesituazioni cambiano di anno <strong>in</strong> anno e chiedono di adattare ilnostro comportamento facendolo rispondere alle situazion<strong>in</strong>uove che si presentano”.Un secondo aspetto riguarda “chi nel cuore disprezza glialtri o li considera <strong>in</strong>feriori” e perciò “diventa <strong>in</strong>capace diannunciare il Vangelo”. Non è <strong>in</strong>fatti un mistero che, anchenelle nostre comunità, siano <strong>in</strong> tanti, per diverse ragioni,a nutrire i sentimenti di chiusura, di paura e diffidenzaverso il fenomeno immigratorio.A tale proposito il Vescovo, nella già menzionata <strong>in</strong>tervista,afferma che tutti i sentimenti vanno analizzati per“vedere se sono coerenti e corrispondono alla realtà del Vangelo edella identità umana oppure se, al contrario, nascono dal nostroegoismo o dalle nostre paure. Il problema è non negarli e correggerli,cercare di capire da dove arrivano, se sono sani o scorretti”.Il Vangelo produce delle conseguenze nel modo diaffrontare il problema dell’immigrazione. Esso “rimandaa un atteggiamento di fondo che è nel cuore dell’etica cristiana enon solo. È quell’ ‘ama il prossimo tuo come te stesso’, cercare divedere nel volto del prossimo l’immag<strong>in</strong>e di quello che ogni uomoè, con le sue speranze, i suoi desideri, i suoi progetti. Ogni uomodeve cercare di superare quella tendenza ist<strong>in</strong>tiva a creare unadistanza rispetto all’altro. Deve <strong>in</strong>vece cercare di fare entrare l’altrodentro il proprio perimetro di <strong>in</strong>teresse, di attenzione. Credoche questa sia la conversione grossa da compiere e una volta raggiuntoquesto traguardo diventa meno arduo trovare ricette concreteche pure saranno sempre da modificare perché non c’è nessunoche sappia esattamente come ci si deve comportare <strong>in</strong> ognicircostanza”.Il Vescovo, nella Lettera, afferma anche che quando unostraniero svolge un ruolo di rilevanza sociale dovrebbeavere il diritto a un riconoscimento giuridico. “E ogni politicoche voglia dirsi cristiano è chiamato a favorirlo”. Questo è
Comunità <strong>in</strong> camm<strong>in</strong>o - Dioccesiqualcosa <strong>in</strong> più di un sempliceappello: “è un dovere, afferma ilVescovo, di cui bisogna prendereconsapevolezza. A noi viene sicuramentepiù facile pensare l’accoglienzadegli immigrati come unatto di amore nei loro confronti.La loro accoglienza, però, rispondeanche a un nostro <strong>in</strong>teresse economico,il lavoro degli stranieri hacontribuito ad arricchire il nostroPaese. Prendere coscienza di questoaspetto significa riconoscere l’esistenzadi un debito morale neiconfronti degli immigrati. Non èpiù possibile usare il loro lavoroper far crescere il Pil nazionale,per dare respiro al benessere erafforzare lo stato sociale. Bisognaassumere precise responsabilità neiconfronti degli immigrati, diversamenteil rapporto si riduce a merosfruttamento”. Qu<strong>in</strong>di la ricchezzacostruita anche col lavoro di tanti immigrati devemodularsi anche come accoglienza giuridica nei loro confronti.In passato il nostro Vescovo ha fatto sentire <strong>in</strong> modochiaro la sua voce sui temi dei diritti dei bamb<strong>in</strong>i, delricongiungimento familiare, della lotta contro ogniforma di discrim<strong>in</strong>azione; nella sua Lettera ribadisce questiconcetti, a partire da quella centralità della famigliache, molte volte proclamata nella vita sociale, “non puòessere rivendicata solo per le famiglie italiane e non per quelleimmigrate; pensare che è bene che ci sia attenzione alle famiglieitaliane mentre ci si possa dis<strong>in</strong>teressare di quelle degli immigratiè un errore perché anche queste entrano a pieno diritto nel tessutodella società. È qu<strong>in</strong>di <strong>in</strong>teresse di tutti favorire il ricongiungimentofamigliare degli immigrati e l’attenzione nei confrontidelle generazioni future, di quei bamb<strong>in</strong>i, figli di immigrati chepure crescono <strong>in</strong> mezzo a noi”.In chiusura di Lettera, il Vescovo ricorda come il suoscopo sia di “aiutare le comunità cristiane ad affrontare conserenità un fenomeno oggettivamentecomplesso”. Secondomons. Monari <strong>in</strong>fatti, la serenitànell’affrontare un temacomplesso come quello dell’immigrazioneè atteggiamentonecessario: “Solo la serenitàconsente di avere delle valutazionecorrette e di prenderesoluzioni sagge. Se ci si lascia portareo da una sp<strong>in</strong>ta ideologica oda una paura psicologica dell’altrosi corre il rischio di imboccareuna strada senza via d’uscita”,assumendo scelte che saranno<strong>in</strong>evitabilmente squilibrate. Asuo parere, “per poter compierescelte corrette è <strong>in</strong>vece necessariotrovare una certa distanza dalproblema <strong>in</strong> sé e quella serenità<strong>in</strong>teriore necessaria per poterloaffrontare correttamente; dispostocioè a pagare anche un prezzo,se richiesto dalla situazione, senza sentirsi impaurito per il futuro<strong>in</strong>certo che si va stagliando. La paura è sempre stata una cattivaconsigliera”.Rimandiamo alla lettura di questa lettera che già neltitolo s<strong>in</strong>tetizza il percorso da compiere: da stranieri,visti più o meno con diffidenza quali <strong>in</strong>trusi, a ospitiaccolti, a cittad<strong>in</strong>i a pieno titolo: concittad<strong>in</strong>i. Tutto questonon significa un buonismo di maniera e <strong>in</strong>genuo: chivuole sentirsi davvero cittad<strong>in</strong>o <strong>in</strong> questa nostra Italia,deve condividerne l’impostazione di fondo, i valori costituzionalifondanti, osservarne appieno le leggi, rispettareidee, sentimenti e fedi degli altri (cfr. il messaggio delPapa per la Giornata delle Migrazioni, riportato sulnumero di gennaio 2011). La Lettera del Vescovo però è<strong>in</strong>dirizzata a noi e parla di atteggiamenti che competonoa noi.Di questo tema, di cui a pag. 36 di questo numero si fariferimento ad un aspetto, ci siamo occupati a più ripresesul nostro bollett<strong>in</strong>o parrocchiale, soprattutto <strong>in</strong> tuttii sei numeri dello scorso anno.25