Editorialedire una parola soprattutto ai giovani che, poveri ancoradi memorie, sono <strong>in</strong>vece ricchi di sogni, di desideri, di progetti.E purtroppo la prima parola che mi è sembrato di doverdire è una richiesta di perdono – a nome mio e a nome ditutta la mia generazione. Ogni uomo porta <strong>in</strong> sé l’ambizionedi lasciare il mondo migliore di come lo ha trovato; temoche questa sana ambizione, noi, la nostra generazione nonsiamo riusciti a realizzarla del tutto. E dobbiamo confessare:per superficialità e per avidità. Abbiamo consumato più diquanto avevamo; abbiamo così accumulato un debito graveche toccherà alle generazioni nuove pagare; non abbiamocalcolato il peso di <strong>in</strong>qu<strong>in</strong>amento che, con i nostri consumi,producevamo; siamo vissuti alla giornata senza fare attenzioneal futuro che preparavamo con i nostri comportamenti. Diconseguenza consegniamo ai giovani un mondo malato,che dovranno cercare di sanare.Per fortuna, questo non è tutta la verità sulla nostragenerazione: abbiamo anche prodotto molto di buono– nel campo della scienza, della medic<strong>in</strong>a, del welfaresociale. Le generazioni giovani vivranno più a lungo di noi,ad esempio; e tuttavia saranno costrette a pagare il prezzodei nostri egoismi e della nostra spensieratezza. Questo nonlo dico per colpevolizzare noi (che non serve) o percompassionare i giovani (farei loro un pessimo servizio);ma bisogna che confessiamo gli errori fatti se non vogliamoripeterli. Qualcuno ben più esperto di me va ripetendo che<strong>in</strong> futuro saremo un po’ meno ricchi; che non ci potremopermettere tutto quello che ci siamo permessi negli ultimianni. Non è una tragedia; c’è gente che vive con meno d<strong>in</strong>oi. Ma è un dato da tenere presente perché condizioneràdesideri e comportamenti.La speranza non viene mai cancellata del tutto dalledifficoltà che viviamo; le parole di Paolo che ho richiamatosopra lo dicono chiaramente. La speranza <strong>in</strong> Dio diventaanche speranza <strong>in</strong> ciò che, con Dio, l’uomo può fare - sempre.L’uomo è <strong>in</strong>telligente, creativo, capace di conoscere e fareil bene, capace anche di fare sacrifici quando ne capisce lemotivazioni. Può affrontare anche la situazione presentecon coraggio e fiducia; ma non senza sacrificio e impegno.L’impegno di studiare, anzitutto, e di studiare seriamente.Il mondo che abbiamo costruito è complesso e solo questacomplessità permette la qualità di benessere culturale emateriale di cui godiamo. Ma non è possibile mantenere emigliorare un mondo così senza una sofisticata attrezzaturadi conoscenze e di abilità; senza una grande immag<strong>in</strong>azione,senza una disponibilità saggia al cambiamento per risponderealle sfide nuove che ci stanno davanti. La conoscenza, lostudio, ampliano lo spazio dell’immag<strong>in</strong>azione e qu<strong>in</strong>didella creatività e qu<strong>in</strong>di della libertà e qu<strong>in</strong>di dell’umanitàdell’uomo.Ci si può accontentare di possedere alcune poche idee; cisi può rifiutare di r<strong>in</strong>unciare alle proprie abitud<strong>in</strong>i edi correggere i propri schemi mentali; ma <strong>in</strong> questo modosi restr<strong>in</strong>ge lo spazio effettivo della propria libertà e simortifica la possibilità di essere creativi; e soprattutto sirischia di cadere nella spirale della paura e dell’aggressivitàverso ciò che non conosciamo. Lo studio rigoroso – comericordava Paolo VI – richiede fatica, ma apre strade nuoveche possono migliorare l’esistenza dell’uomo. Anche lo studioè una forma di amore, se è fatto con lealtà e se è motivatodal desiderio s<strong>in</strong>cero di servire meglio la famiglia umana.Molti stereotipi che hanno avvelenato l’esistenza dell’umanitànella storia – si pensi al razzismo, allo sciov<strong>in</strong>ismo, allaricerca del capro espiatorio, all’aggressività, all’<strong>in</strong>tolleranzae così via – possono essere evitati solo con una conoscenzapiù corretta delle persone, della storia, dei meccanismieconomici e sociali, con un maggiore controllo dei proprisentimenti e dei propri impulsi. È anche per questo che hoscritto alle comunità cristiane una lettera sull’immigrazionenella nostra terra: perché le comunità cristiane si impegn<strong>in</strong>oa elaborare risposte umane e cristiane, con lucidità e senzapaura.Non basta. Ha detto il Papa nel suo ultimo libro: “Essereuom<strong>in</strong>i è qualcosa di grande, è una grande sfida. Labanalità del lasciarsi semplicemente trasportare non gli fagiustizia. Così come non è degna dell’uomo l’idea secondola quale la comodità sarebbe il miglior modo di vivere, ilbenessere l’unico contenuto della felicità. Deve diventarenuovamente percepibile che alla nostra umanità dobbiamochiedere di più, che proprio <strong>in</strong> questo modo si apre la via auna felicità più grande; che essere uom<strong>in</strong>i è come una scalatadi montagna, con ripide salite, ma è solo attraverso di esseche raggiungiamo le cime e possiamo sperimentare la bellezzacont<strong>in</strong>ua a pag. 444
EditorialeAi fratelli e alle sorelle di <strong>Coccaglio</strong>Carissimi,<strong>in</strong>sieme a tutta la Chiesa, siamo immersi nel camm<strong>in</strong>o della Quaresima,proiettati verso la luce radiosa della Pasqua. L’immag<strong>in</strong>e scelta per la copert<strong>in</strong>aparla del rifiorire della vita su <strong>Coccaglio</strong>; lo Spirito di Dio, dono delCrocifisso Risorto, faccia rifiorire nella nostra Comunità la fede nel Signore,nostra via, verità e vita. Nell’Eucaristia ritroviamo Agnello che per noi liberamentesi offrì <strong>in</strong> dono nella totale consumazione della sua vita, il Signore c<strong>in</strong>todel grembiule che passa a lavare i piedi, per dirci che, per essere discepoli diquesto Maestro, dobbiamo anche noi essere a servizo gli uni degli altri. È l’immag<strong>in</strong>econ cui il nostro Vescovo apre la sua Lettera pastorale, su cui spessostiamo tornando nel corso di quest’anno.La forza dirompente della Pasqua e qualche aspetto del suo significato perla nostra vita ci è illustrato dal Vescovo nelle pag<strong>in</strong>e immediatamente precedenti:vorrei caldeggiarne la lettura da parte di tutti, specie nella parte <strong>in</strong> cuiegli si rivolge ai giovani. La brevità di queste mie note ha lo scopo di favorireulteriormente quella lettura.Per l’ultimo anno abbiamo la doppia celebrazione della Cresima, perché per noi giunge ad esaurimento il “vecchio”corso: il 27 febbraio l’ultimo gruppo di ragazzi è giunto alla Cresima <strong>in</strong> terza media. In un certo senso, si è chiusadef<strong>in</strong>itivamente un’epoca e stiamo sperimentando il nuovo, nella speranza che possa segnare <strong>in</strong> qualche modo una svolta,una maggiore presa di coscienza da parte delle famiglie del dono della fede e del loro ruolo educativo e, di conseguenzaun più vivo radicarsi della fede nel cuore e degli adulti e dei ragazzi.Abbiamo negli occhi le terribili, sconcertanti e angoscianti immag<strong>in</strong>i, trasmesse e ritrasmesse dalle televisioni, sullacatastrofica tragedia che ha colpito il Giappone; ho già ricordato a suo tempo che tra la nostra Comunità e quelPopolo sussistono legami di cultura, economia e amicizia, stretti a partire dagli avventurosi viaggi di Pompeo Mazzocchialla ricerca di un “seme” sano di baco da seta per risollevare un poco la povera economia, a quei tempi quasi esclusivamenterurale, delle nostre terre; gli scambi culturali avvenuti anche <strong>in</strong> tempi recenti, le preziosità storico-artistiche provenientida quella terra e custodite presso la nostra Fondazione P. e C. Mazzocchi, ricordo di quei viaggi, le recenti pubblicazioni,sempre a cura della Fondazione, testimoniano un legame che ora chiede di essere vissuto da parte nostra conun’attenzione che si fa preghiera e, all’occorrenza, solidarietà concreta.L’altro filo che ci lega al Giappone è diretta espressione della nostra Comunità cristiana <strong>in</strong> quanto tale: la presenza di unanostra concittad<strong>in</strong>a - suor Elisa Lotta - <strong>in</strong> quelle terre come missionaria, residente <strong>in</strong> una zona del Paese non colpita daquella tragedia che ha lasciato dietro di sé una situazione di rov<strong>in</strong>a tanto grande da apparire irreale e alluc<strong>in</strong>ante. Daqueste pag<strong>in</strong>e salutiamo lei, i cristiani con i quali ella è <strong>in</strong> contatto e tutto il popolo giapponese a cui ella, nel nome delSignore, ha dedicato la sua vita di consacrata.Avoi di cuore, l’augurio perché lo Spirito del Signore ci aiuti a vivere <strong>in</strong>tensamente il nostro camm<strong>in</strong>o verso la Pasquae a celebrare, con una fede che ritrova nel Signore Vivente nuovo slancio, la gioia di essere discepoli di Gesù Cristo:a tutti, santa e gioiosa Pasqua.Signore vi dia pace.don Giovanni5