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<strong>La</strong> nota autobiografica di <strong>Pio</strong> <strong>La</strong> <strong>Torre</strong>per l’iscrizione alla Scuola di PartitoDi seguito riportiamo la nota autobiografica presentata da <strong>Pio</strong> <strong>La</strong><strong>Torre</strong> alla Scuola di Partito il 25 ottobre del 1954. RingraziamoGiovanni Burgio per averci fornito il testo integrale.1) Perché ho aderito al P.C.I.2) Riesame critico dell'attività svolta: aspetti positivi e principalilacune e deficienze.3) Propositi di miglioramento da realizzare durante il corso.-------------------<strong>La</strong> decisione di aderire al PCI ebbi a prenderla in maniera definitivanell'ottobre del 1945 quando mi iscrissi all'universitàal 1˚ anno di Ingegneria. Un mese dopo infatti presentavo ladomanda d'iscrizione alla cellula universitaria dalla quale ricevevola tessera del Partito.Tale decisione però maturava in me da più di un anno. Essa tardòa realizzarsi anche per la difficoltà in quel periodo per un giovanestudente di prendere contatto con l'organizzazione del Partito chea Palermo era estremamente debole.Eravamo un gruppo di studenti dell'Istituto Tecnico Industriale diPalermo a vagheggiare l'idea di aderire ad un partito "rivoluzionario",che "avesse per programma di trasformare la società", dicreare "una vera giustizia sociale". Queste opinioni vaghe e generichevenivano da noi identificate col programma del PCI. Non sapevamo,però, niente del PCI. Non conoscevamo nulla del suoprogramma né dei suoi uomini. Quando, però, nel settembre del1944 conducemmo lo sciopero degli studenti tecnici di Palermoper l'ammissione alle facoltà scientifiche dell'Università parlavamoin nome della "giustizia sociale" e ci sentivamo già dei comunisti.E quando dopo lo sciopero, nel dicembre 1944, a 17 anni io ePippo Fuschi venivamo eletti dirigenti dell'Associazione dei PeritiIndustriali ci sentivamo già dei "capi politici".Tardammo a prendere contatto con il Partito perché non lo incontrammoin questa nostra prima esperienza di vita democratica.Nell'estate del '44 commemorandosi a Palermo Giacomo Matteotti,avemmo modo io e i miei giovani compagni di prepararci allamanifestazione. Il contenuto dei discorsi degli oratori socialisti ecomunisti ci sembrò vuoto e retorico e ciò ritardò ancora la nostraadesione al partito.Nei primi mesi del '45 avemmo modo di leggere la prima letteraturacomunista: i principi del leninismo di Stalin e il Manifesto deiComunisti. Questa lettura ci spinse a cercare il Partito e quindi adaderire ad esso.C'era, però, qualcosa di "istintivo" che mi portava ad identificare lemie aspirazioni con il programma del PCI.Intanto le mie origini familiari. Mio padre, un contadino povero chepossedeva allora un pezzo di agrumeto e una casetta alla periferiadi Palermo, nella cosiddetta "Conca D'oro" ed era costretto a fareil bracciante per più di metà dell'anno. Mia madre, figlia di un pastoredi Muro Lucano (Basilicata) sposata a mio padre militare inquel centro, era una donna molto intelligente e ricca di iniziative,faceva sforzi disperati per risollevare la famiglia dalla miseria. Maogni iniziativa commerciale o di allevamento di bestiame falliva.Mia madre era analfabeta e si pose il problema di istruire i figli facendodi ciò l'obiettivo primo della sua esistenza che effettivamentefu sacrificata a questo scopo. Noi cinque figli adoravamo lamadre. Lei ci diceva: "Figli miei dovete istruirvi per non fare i bracciantie non morire di fame". Ma il modo in cui lo diceva non eradi disprezzo per i braccianti ma per coloro che li mantenevanoin quelle condizioni. Ciò era per noi una spinta a liberarci anchese non sapevamo come. Ricordo che nel periodo delle sanzioni1935-1936 mangiavamo tutto l'anno riso e fagioli senza olio.Molti braccianti della mia borgata dovevano arruolarsi per andarein Spagna a combattere come "Legionari Romani" a 30lire al giorno credendo così di evadere dal loro ambiente.Mia madre allora mandava maledizioni a Mussolini (facendoironia sulla parola Duce che in siciliano significa Dolce). Miopadre bestemmiava contro il fascismo. Ciononostante a scuolariuscirono ad inculcarmi gli ideali del fascismo.Nel 1940 a tredici anni io pensavo così: "Bisogna fare la guerracontro le potenze plutocratiche che hanno sempre maltrattatoe affamato il nostro Paese. Da questa guerra dovrà uscireun'era di felicità per gli italiani. Il fascismo darà al popolo la veragiustizia sociale e la grandezza della patria”.Dovevano poi sfiduciarmi gli episodi di corruzione del regime.Il crollo del fascismo mi trovava a sedici anni in uno stato di disillusionee di grave sfiducia.Ne derivava un rinchiudermi in me stesso e quindi il rifugiarminello studio scolastico. Nell'autunno del 1943 fui costretto a lavorareper un mese come manovale edile a 30 lire al giorno perraccogliere i soldi per pagare le tasse scolastiche.Il problema che più mi tormentava però, era quello delle condizionidi vita dei quindicimila braccianti della conca d'oro cosìtragicamente diverse dalle descrizioni degli scrittori folcloristi.Avevo i miei congiunti, i miei parenti, i miei compagni di infanziache ogni giorno mi mettevano a contatto drammatico con quellarealtà di sofferenze e di miserie.Durante lo studio della storia della filosofia fatto in preparazionedegli esami di maturità scientifica io e i miei compagni di corsoaccettammo la concezione storicistica anche se in forma moltoconfusa.Il mio primo contatto col Partito avveniva nella cellula universitariadi Palermo. C'erano idee molto confuse nei componentidella cellula, una ventina di compagni. Si discuteva attorno lacreazione di un Movimento Universitari Progressisti e però nonsi faceva quasi nulla, tranne delle riunioni periodiche che finironocon lo stancarmi.Nelle elezioni del 2 giugno 1946 svolsi insieme ad un gruppo digiovani studenti e braccianti un discreto lavoro nelle borgate vicinealla mia abitazione. Fu così che mi scontrai con la mafia alloraseparatista. Arrivammo così a costituire 3 piccole sezioni dipartito a Boccadifalco, Altarello di Baida e Chiavelli e furono leprime esperienze politiche. Non esisteva ancora fra i quindicimilabraccianti della Conca d'Oro una struttura unitaria. Continuavanoindisturbati la loro attività i "fiduciari" del periodofascista che indisturbati come erano si limitavano a svolgereuna attività assistenziale che consentiva loro di arrangiarsisenza intralci con i proprietari di terra.Fu così che nel gennaio del 1947 presi contatto con la Confederterradi Palermo per sviluppare un lavoro sindacale tra ibraccianti delle borgate. <strong>La</strong> cosa mi entusiasmò a tal punto daspingermi ad abbandonare gli studi universitari per diventarefunzionario della Confederterra. Dal 1˚ febbraio 1947 infatti16 2agosto2010 asud’europa

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