Lo «sviluppo» e il sistema di potere della DCoffrono ampio spazio all'inserimento mafiosoÈ difficile, a questo punto, isolare la lotta contro la mafia dalla lottapiù generale per il risanamento e il rinnovamento della società edello Stato in Italia. Proprio in questi giorni, dopo la strage fascistadi Brescia, le indagini sulle trame nere in Italia avrebbero condottoalla scoperta che una parte del denaro in possesso del capo terroristaFumagalli sarebbe quello del riscatto pagato in occasionedi un sequestro di persona.Tale scoperta ha fatto avanzare la ipotesi di un collegamento fra imafiosi dell'«anonima sequestri» e le bande dei terroristi fascisti.È evidente che tale legame, se confermato, farebbe sorgere nuoviangosciosi interrogativi.Se Liggio è stato a capo della «anonima sequestri» e se una partedei proventi di tale attività sono serviti per finanziare il terrorismofascista, vuoi dire che anche Liggio è stato, in questi anni, una pedinadegli organizzatori della «strategia della tensione»! Si potrebbeaddirittura avanzare l'ipotesi che il Liggio sia stato fattoallontanare dalla Clinica romana (tenere presente la data: fine novembre1969!) per essere «utilizzato» a Milano.Ma a questo punto le connivenze e le complicità fra gli organizzatoridel terrorismo e uomini collocati in punti chiave dell'apparatodello Stato sarebbero addirittura clamorose. Ecco perché occorreandare sino in fondo.Pesa sulle spalle del partito democristiano la tremenda responsabilitàstorica e politica di avere impedito che si facesse pienaluce sulla strage di Portella della Ginestra e di avere avallato i«falsi di Stato» sulla morte di Giuliano. Ma da allora la situazionepolitica italiana e internazionale è profondamente mutata.l voto del 12 maggio e il grande sussulto democratico e antifascistadopo la strage di Brescia ci dicono che è giunto il momentodi porre mano ad una profonda opera di risanamentodella vita nazionale individuando e colpendo inesorabilmentetutte le responsabilità e complicità.Si tratta di cambiare i rapporti fra lo Stato e i cittadini, lottandoper un profondo rinnovamento delle strutture economiche, socialie politiche in Sicilia e in Italia.Ciò significa proseguire, senza soste, la lotta contro il malgoverno,la corruzione, il clientelismo a Palermo e in tutta l'Isola,ma stabilendo una connessione sempre più chiara e diretta conla lotta più generale per il risanamento e il rinnovamento delloStato italiano.Risplende oggi, più che mai, il grande insegnamento di PalmiroTogliatti: «<strong>La</strong> Sicilia non avrà libertà finché l'Italia non avrà libertà».(“Quaderni Siciliani“ n.5-6, maggio-giugno 1974 )32 2agosto2010 asud’europa
Il giudizio su Liggio di un esponente Dc«Un galantuomo e un fervente anticomunista»<strong>La</strong> figura di Luciano Liggio non è certamente inferiore per importanzaa quella di Salvatore Giuliano. Si tratta, però, diuna personalità più complessa di gangster e capomafia enon solo di bandito. Liggio è stato, inoltre, protagonista di primopiano di trent’anni di storia della mafia, in tutte le sue principalifasi.Il dato che più colpisce nel suo comportamento è la certezza diuna prolungata impunità che ci fa intendere la ampiezza delle connivenzee delle coperture politiche di cui questo personaggio hapotuto godere.Liggio emerge come killer nel quadro delle lotte per la terra. Il criminepiù clamoroso, in quel periodo, è l'assassinio del segretariodella Camera del <strong>La</strong>voro di Corleone, compagno Placido Rizzotto.Pur gravemente indiziato di questo delitto e di numerosi altri compiutinello stesso periodo, Liggio verrà sistematicamente assoltoper insufficienza di prove trovando sempre come difensori il fiorfiore degli avvocati del blocco agrario. Alle sue spalle c'è, infatti,uno schieramento di classe e politico potentissimo, che vede nellacosca mafiosa corleonese capeggiata dal medico Navarra unpunto di riferimento decisivo nella lotta per ricacciare indietro il movimentocontadino siciliano.Sono quelli gli anni in cui, nell'ambito del blocco agrario, la mafiaviene esortata ad abbandonare le tradizionali posizioni separatistee liberali per confluire nella Democrazia cristiana. Attorno al 1955i successi della lotta contadina per la terra e l'inizio del boom economicodeterminarono una parziale rottura del vecchio bloccoagrario e l'esigenza per la mafia di trovare nuovi «pascoli» nellecittà attraverso la speculazione edilizia e il dominio dei mercati edel collocamento della manodopera.È la nuova leva dei Liggio, dei <strong>La</strong> Barbera, dei Sorci, dei Greco, dei<strong>Torre</strong>tta, dei Mancino che irrompe sulla scena eliminando i vecchiboss mafiosi che si attardavano su concezioni e metodi «arcaici».Questa nuova leva mafiosa si incontra con un nuovo personalepolitico democristiano che si va insediando nei municipi e negliassessorati ed enti regionali e viene a patti con loro, offrendo nuovispazi al sistema di potere mafioso. Oggi molti si meravigliano cheLiggio abbia potuto restare indisturbato come «finto latitante» dal1948 al 1964. Ma, a quel tempo, uomini di governo della DCostentavano i loro legami con la mafia. Ancora nell'estate del 1963un deputato dc, l'on. Dino Canzoneri, affermerà all'Assemblea regionaleche Liggio era «un galantuomo e un fervente anticomunista».Il clima cambia con la strage di Ciaculli dell'estate del 1963e con l'insediamento della commissione parlamentare antimafia.Tutta da scrivere è ancora la storia dei ripetuti incarichi che l'excapo della polizia Vicari ha assegnato al questore Angelo Mangano«per la cattura di Liggio» che invece sistematicamenteviene catturato da altri: nel 1964 dai carabinieri e nel '74 dallaGuardia di Finanza.Sulla cosiddetta fuga di Liggio del 1969 da una clinica romanaesiste un documento pubblicato dalla commissione antimafiain cui risulta evidente la responsabilità di coloro che hanno consentitoche il gangster si allontanasse indisturbato: altro chefuga!Arriviamo così alla terza e ultima fase: il trasferimento di interecosche mafiose nelle città del «continente». <strong>La</strong> commissioneantimafia ha dimostrato che l'istituto del soggiorno obbligato siè rivelato controproducente. In assenza di una coerente azionedi governo per cambiare i rapporti fra Stato e cittadini in Sicilia,attraverso un profondo rinnovamento delle strutture economiche,sociali e politiche, le misure puramente repressive nondanno alcun risultato positivo.<strong>La</strong> presenza di una grande massa di emigrati meridionali nellecittà del nord, ove non trovano condizioni favorevoli di inserimentoin una società democraticamente organizzata, offre allamafia nuove possibilità di azione che riecheggiano le esperienzedel gangsterismo siculo-americano nelle città degli StatiUniti. <strong>La</strong> commissione antimafia ha raccolto ormai una documentazioneinoppugnabile sui nuovi campi di attività delle coschemafiose nel triangolo industriale del nord e a Roma. Èevidente che i tentacoli della mafia possono muoversi indisturbatinell'ambito di una organizzazione dello Stato largamenteinefficiente e di un sistema di potere che offre ampie connivenze.Le recenti indagini dell'antimafia sull'assunzione delboss Natale Rimi alla Regione <strong>La</strong>zio, sulla centrale di trafficicreata da Frank Coppola a Pomezia, sulla ballata delle bobinemafiose, sui rapporti Mangano-Coppola e sulla vicenda dell'exprocuratore generale di Roma dr. Spagnuolo, hanno messo inevidenza la profondità delle compenetrazioni tra mafia e organidello Stato. <strong>La</strong> vicenda di Liggio campeggia in questo contesto.Se egli decidesse di parlare potrebbe far tremare tanti uominiancora potenti.È di buon auspicio che l’arresto di Liggio sia avvenuto all'indomanidel voto popolare del 12 maggio che ha messo in evidenzaquanto l'Italia e la Sicilia siano cambiate e quanto siaforte la spinta ad un profondo risanamento e rinnovamento democraticodella società italiana. È questa, infatti, la strada maestraper sconfiggere il sistema di potere mafioso e garantire lasicurezza ai cittadini.(“L’Unità” del 18 maggio 1974)2agosto2010 asud’europa 33