<strong>Iefe</strong>, Università <strong>Bocconi</strong> – <strong>La</strong> <strong>regolazione</strong> <strong>economica</strong> <strong>dei</strong> <strong>servizi</strong> <strong>idrici</strong>state applicate solo sulla carta. <strong>La</strong> <strong>regolazione</strong> <strong>economica</strong> si basa essenzialmente sugli aspetti contabili, eper il resto è affidata alle decisioni sovrane del comune con un solo limite, molto blando, rappresentato dalbenchmarking operato dalle autorità antitrust <strong>dei</strong> <strong>La</strong>ender. Una fitta rete di strumenti para‐fiscali,esenzioni, credito garantito (controllato dai comuni attraverso le Sparkassen) contribuisce a renderel’insieme più opaco; benché non si possa parlare in senso proprio di sussidi (la spesa pubblica effettiva nelsettore <strong>dei</strong> <strong>servizi</strong> <strong>idrici</strong> è trascurabile e limitata a casi molto particolari) né di sussidi indiretti (es prestitiagevolati) o incrociati (formalmente vietati), l’uso congiunto di tutte queste leve permette indubbiamenteuna grande flessibilità operativa, ma rappresenta anche nel suo insieme una barriera all’entrata diconcorrenti, o comunque una barriera al cambiamento.I tentativi di riforma si sono mossi in due direzioni. <strong>La</strong> prima è stata quella di aumentare lo spettro delleopportunità, mettendo a disposizione <strong>dei</strong> comuni strumenti contrattuali innovativi per il sistema tedesco.Un po’ come è avvenuto in Italia, tuttavia, se ne è parlato e discusso pubblicamente molto di più di quantosi sia effettivamente realizzato, mentre l’evoluzione più robusta sembra essere quella verso la corporateprivatization delle imprese municipali. <strong>La</strong> peculiarità del sistema energetico tedesco, nel quale sono sortedalle privatizzazioni degli enti regionali almeno tre player di rilevanza nazionale ed europea (E.On, Rwe edEnBW) dà vita a un percorso originale, nel quale le Stadtwerke municipali adottano forme di diritto privatoe, mantenendo in genere il controllo pubblico locale, aprono il loro capitale all’entrata delle tre impresemaggiori, intorno alle quali si viene costituendo una sorta di galassia federativa.<strong>La</strong> seconda direzione è quella di rafforzare gli strumenti di <strong>regolazione</strong> formale, innovando sulla tradizionegià esistente e in qualche modo consolidata. Gli sforzi di istituire meccanismi di benchmarking piùsistematici e generali, tuttavia, hanno avuto poco successo, e le stesse proposte di istituire forme di<strong>regolazione</strong> più strutturata e istituzionalizzata hanno avuto poco seguito. Il modello consociativo,nonostante alcuni aspetti indubbiamente negativi, continua a godere di un vasto consenso anche popolareed è supportato dalla stragrande maggioranza degli operatori.2.1.4 Inghilterra e GallesL’industria idrica inglese ha seguito nell’ultimo secolo un percorso molto particolare e diverso da quello ditutti gli altri paesi, per ragioni complesse che affondano le radici nella storia, nella struttura istituzionale masoprattutto nella struttura del sistema idrologico, caratterizzato da una forte concentrazione delladomanda nelle aree complessivamente meno dotate di risorse e dalla quasi totale assenza di capacità distoccaggio naturale (laghi, ghiacciai, falde sotterranee), da cui discende la necessità di fare ampio ricorsoalle risorse superficiali e allo stoccaggio artificiale. Fin da tempi lontani, il settore si caratterizza perciò perun’elevata intensità di investimenti in opere di trasferimento e gestione della risorsa “all’ingrosso”, e perun’interdipendenza tra aree territoriali molto più marcata che altrove – o che, per lo meno, si è manifestatacome un problema in tempi molto più lontani che altrove.Un’altra caratteristica che distingue il sistema inglese è la relativa minore presenza di usi diretti eautogestiti. L’irrigazione ha pochissime tradizioni, mentre gli usi industriali sono spesso allacciati, sia per lafornitura che per la fognatura, al sistema pubblico. Gli usi dell’acqua che fanno riferimento al sistemaintegrato a rete del <strong>servizi</strong>o pubblico rappresentano perciò una frazione molto maggiore che in altri paesi(nell’ordine dell’80% circa, contro il 15% dell’Italia).31
<strong>Iefe</strong>, Università <strong>Bocconi</strong> – <strong>La</strong> <strong>regolazione</strong> <strong>economica</strong> <strong>dei</strong> <strong>servizi</strong> <strong>idrici</strong>Due sono le tappe fondamentali dell’evoluzione recente del settore. Nel 1973, l’intero sistema idrico vienetrasformato fondendo insieme tutte le gestioni preesistenti in capo a 10 Regional Water Authorities,costituite alla scala di bacino. Solo una ventina circa di operatori privati, dediti alla sola fornitura di acqua enon alla fognatura, sopravvivono a questa ristrutturazione, mantenendo le proprie gestioni – in modoanalogo a quanto avvenuto con le “investor‐owned utilities” sopravvissute negli Usa. Le Water Authorities,costituite secondo una logica idrografica (bacino fluviale) e non amministrativa, prendono in carico l’interapolitica idrica: pianificazione, <strong>regolazione</strong>, allocazione della risorsa tra i diversi usi, rilascio <strong>dei</strong> permessi diprelievo e scarico, erogazione e gestione <strong>dei</strong> <strong>servizi</strong> <strong>idrici</strong> di acquedotto, fognatura, depurazione, drenaggioe protezione dalle inondazioni.Esse erano state costituite con l’intento, da un lato, di rafforzare le economie di scopo di una gestioneterritorialmente integrata, in cui l’approvvigionamento a valle è fortemente condizionato dai livelli diinquinamento generati a monte; dall’altro quella di costruire un sistema <strong>economica</strong>mente efinanziariamente autosufficiente, in grado di effettuare una certa perequazione tra aree territoriali in virtùdella grande estensione delle unità gestionali. Va ricordato che il <strong>servizi</strong>o idrico inglese è tradizionalmentetariffato secondo criteri patrimoniali e reddituali (in base alla superficie e al valore delle proprietàimmobiliari) e non in base alla quantità; nel sistema pertanto continua a convivere un’anima fiscale etributaria, benché nella logica della “tassa di scopo” vincolata al recupero <strong>dei</strong> costi, e non “commerciale”.Varie furono le ragioni che portarono alla crisi di questo modello, peraltro molto lodato al tempo tanto davenire proposto come caso di eccellenza. Da un lato, lo scarsissimo controllo <strong>dei</strong> costi, essendo le WA entipubblici che potevano scaricare ogni tipo di costo sulle tariffe. Da un altro lato, la fragilità finanziaria: persostenere i livelli di investimento, esse fecero massiccio ricorso al debito garantito dallo stato; non essendole tariffe aumentate in modo corrispondente, il sistema si trovò presto avviluppato nella classica spiraledell’indebitamento. Infine, nonostante i successi iniziali, il sistema si trovò presto in difficoltà nel garantirela qualità <strong>dei</strong> <strong>servizi</strong> e insieme quella ambientale. Le tariffe, elevate se rapportate a quelle italiane manotevolmente più basse di quelle di altri paesi, dietro l’apparente equilibrio di bilancio nascondevano laprogressiva incapacità di far fronte agli interventi per la manutenzione, lo sviluppo e il rinnovo delleinfrastrutture; questo portò a un rapido decadimento delle reti – si pensi che molti impianti risalivanoancora all’età vittoriana. Un indicatore abbastanza eloquente è dato dalla progressiva incapacità dellegestioni di rispettare gli standard qualitativi da esse stesse imposti e fatti rispettare: nell’ultima fase cheprecede la riforma del 1989, solo il 15% degli scarichi era in regola con i limiti imposti.Nel clima ideologico della rivoluzione thatcheriana, e forte anche <strong>dei</strong> relativi successi di altre privatizzazioniin settori di public utility (telecomunicazioni ed energia, in particolare) prese corpo la riforma del 1989, chediede vita a un esperimento piuttosto originale.Le Water Authorities furono separate in due attività principali, quella di <strong>regolazione</strong> e water policy, da unlato, e quella di gestione, dall’altro.<strong>La</strong> gestione fu posta in capo ad altrettante società che furono privatizzate interamente, con un’offerta divendita al pubblico del 100% del capitale. Per rendere possibile la vendita, il governo riassorbì interamenteil debito accumulato dalle Water Authority e le munì di un fondo di dotazione iniziale (green dowry). Lewater companies così privatizzate hanno l’impegno di fornire il <strong>servizi</strong>o secondo le modalità specificatedall’atto di affidamento e ulteriormente dettagliate dalle prescrizioni <strong>dei</strong> regolatori. In casi estremi lalicenza può essere ritirata con un preavviso di 15 anni. L’affidamento si configura dunque in pratica e a tuttigli effetti come un monopolio praticamente perpetuo. Le water companies sono proprietarie delle reti etitolari in esclusiva del diritto a fornire il <strong>servizi</strong>o e riscuotere la relativa tariffa; a fronte di questo privilegio,hanno l’impegno di fornire il <strong>servizi</strong>o secondo le caratteristiche specificate per tutta la duratadell’affidamento (ossia, in perpetuo). Per questa ragione, spetta alle imprese decidere se e quanto32
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