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Ecoideare Settembre Ottobre N31

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POLVERE<br />

ALIMENTAZIONE<br />

DI<br />

…LATTE<br />

di Fabrizio Piva<br />

Il tema merita un po’ di chiarezza perché i diritti in gioco sono<br />

molti, quelli dei produttori di latte, quelli che producono i formaggi<br />

ed i cittadini che in questo caso acquistano i prodotti e<br />

desiderano essere informati correttamente. In Italia esiste una<br />

Legge, la n.138 dell’11 aprile 1974, che vieta la detenzione, la<br />

vendita e il commercio di latte alimentare diretto o destinato alla<br />

produzione di formaggi e prodotti caseari che contengano latte in<br />

polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico<br />

o comunque concentrati.<br />

Questo implica che i consumatori italiani non consumino prodotti<br />

che contengano il latte in polvere?<br />

Assolutamente no perchè l’Italia è uno dei paesi fondatori dell’UE<br />

e nell’UE questo divieto non c’è e per la libera circolazione delle<br />

merci i produttori di formaggio possono acquistare semilavorati<br />

provenienti da altri paesi dell’UE che contengono polvere di latte<br />

così come i distributori possono acquistare formaggi e yogurth che<br />

contengono polvere di latte e tranquillamente venderli nel mercato<br />

italiano. Già da queste prime righe possiamo notare come non<br />

vengano rispettati i diritti dei produttori di formaggio, che non<br />

godono di una competizione leale con i loro omologhi europei, e<br />

quelli dei consumatori in quanto non vi è l’obbligo di indicare in<br />

etichetta che questi prodotti sono stati ottenuti con l’aggiunta di<br />

latte in polvere. Su questa tematica la Commissione UE ha chiesto<br />

all’Italia di intervenire sulla legge del 1974, togliendo di fatto il<br />

divieto all’utilizzo del latte in polvere, avviando una procedura di<br />

infrazione a cui il nostro paese deve dare risposta entro il prossimo<br />

29 settembre 2015. La Commissione ritiene che il comportamento<br />

dell’Italia leda il principio della libera circolazione delle merci,<br />

e su questo non vi è alcun dubbio, così come non ha imposto<br />

l’utilizzo del latte in polvere nei prodotti caseari e tanto meno nei<br />

formaggi tipici, i cui disciplinari di produzione prevedono il solo<br />

ricorso al latte fresco alimentare. Sul piano più strettamente tecnico<br />

il latte in polvere non è certo dannoso alla salute, basti pensare<br />

ai latti in polvere usati per i bambini, se ne usano percentuali<br />

molto limitate per aggiustare il livello di grassi e proteine nella<br />

produzioni di formaggi, yogurth, creme di latte e semilavorati<br />

usati in pasticceria e gelateria. Se pensassimo a produrre un formaggio<br />

con solo latte in polvere ne avremo una massa informe, di<br />

colore scuro e certamente non apprezzabile dal mercato. Il latte in<br />

polvere subisce un processo di “sprayzzazione” con eliminazione<br />

dell’acqua e mantenimento del potere nutritivo originario salvo<br />

la denaturazione di alcune vitamine e proteine conseguentemente<br />

al processo termico ma non certo acquista connotati negativi nei<br />

confronti degli aspetti igienico sanitari. Sicuramente consente di<br />

ridurre i costi di trasporto e di rendere maggiormente competitiva<br />

la produzione del latte, oggi in taluni momenti minata da prezzi<br />

poco remunerativi. Già oggi molti produttori importano semilavorati,<br />

pronti all’uso, che contengono latte in polvere aggirando il<br />

divieto della legge n. 138 ma dovendo sopportare costi più elevati<br />

e scaricandoli sul consumatore.<br />

La tematica ci porta a riflettere sull’elevata concorrenza che la<br />

rimozione di tale divieto comporterebbe per gli allevatori. Se l’industria<br />

alimentare potesse ricorrere al latte in polvere, facilmente<br />

trasportabile su lunghe percorrenze, vi sarebbe una maggiore<br />

pressione sul prezzo del latte alla stalla, già oggi su livelli intorno<br />

ai 30 centesimi al litro. D’altro canto, però, vi sono allevatori italiani<br />

che producono per realtà che utilizzano il latte in polvere e<br />

che spuntano prezzi superiori al latte fresco alimentare. Anche in<br />

questo caso occorre organizzare la filiera affinchè il latte in polvere<br />

sia equivalente a quello eventualmente di importazione.<br />

Il tema vero, poi, è quello dell’informazione al consumatore in<br />

quanto l’UE non obbliga il produttore ad indicare la presenza del<br />

latte in polvere sui prodotti che lo possono contenere. Questo non<br />

è ammissibile e occorre porre il consumatore nelle condizioni di<br />

poter scegliere senza nascondere nulla e riportare la “battaglia”<br />

del latte in polvere sui binari dell’economicità e dell’appartenenza<br />

ad un mercato unico e non tanto sventolando le bandiere delle<br />

“paure igienico-sanitarie” o, mentendo, che le nostre eccellenza<br />

casearie potranno contenere polvere di latte; questi ultimi sono<br />

regolati da disciplinari che non prevedono il ricorso alla polvere<br />

di latte. ■<br />

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ecoIDEARE - <strong>Settembre</strong> / <strong>Ottobre</strong> 2015<br />

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