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POLVERE<br />
ALIMENTAZIONE<br />
DI<br />
…LATTE<br />
di Fabrizio Piva<br />
Il tema merita un po’ di chiarezza perché i diritti in gioco sono<br />
molti, quelli dei produttori di latte, quelli che producono i formaggi<br />
ed i cittadini che in questo caso acquistano i prodotti e<br />
desiderano essere informati correttamente. In Italia esiste una<br />
Legge, la n.138 dell’11 aprile 1974, che vieta la detenzione, la<br />
vendita e il commercio di latte alimentare diretto o destinato alla<br />
produzione di formaggi e prodotti caseari che contengano latte in<br />
polvere o altri latti conservati con qualunque trattamento chimico<br />
o comunque concentrati.<br />
Questo implica che i consumatori italiani non consumino prodotti<br />
che contengano il latte in polvere?<br />
Assolutamente no perchè l’Italia è uno dei paesi fondatori dell’UE<br />
e nell’UE questo divieto non c’è e per la libera circolazione delle<br />
merci i produttori di formaggio possono acquistare semilavorati<br />
provenienti da altri paesi dell’UE che contengono polvere di latte<br />
così come i distributori possono acquistare formaggi e yogurth che<br />
contengono polvere di latte e tranquillamente venderli nel mercato<br />
italiano. Già da queste prime righe possiamo notare come non<br />
vengano rispettati i diritti dei produttori di formaggio, che non<br />
godono di una competizione leale con i loro omologhi europei, e<br />
quelli dei consumatori in quanto non vi è l’obbligo di indicare in<br />
etichetta che questi prodotti sono stati ottenuti con l’aggiunta di<br />
latte in polvere. Su questa tematica la Commissione UE ha chiesto<br />
all’Italia di intervenire sulla legge del 1974, togliendo di fatto il<br />
divieto all’utilizzo del latte in polvere, avviando una procedura di<br />
infrazione a cui il nostro paese deve dare risposta entro il prossimo<br />
29 settembre 2015. La Commissione ritiene che il comportamento<br />
dell’Italia leda il principio della libera circolazione delle merci,<br />
e su questo non vi è alcun dubbio, così come non ha imposto<br />
l’utilizzo del latte in polvere nei prodotti caseari e tanto meno nei<br />
formaggi tipici, i cui disciplinari di produzione prevedono il solo<br />
ricorso al latte fresco alimentare. Sul piano più strettamente tecnico<br />
il latte in polvere non è certo dannoso alla salute, basti pensare<br />
ai latti in polvere usati per i bambini, se ne usano percentuali<br />
molto limitate per aggiustare il livello di grassi e proteine nella<br />
produzioni di formaggi, yogurth, creme di latte e semilavorati<br />
usati in pasticceria e gelateria. Se pensassimo a produrre un formaggio<br />
con solo latte in polvere ne avremo una massa informe, di<br />
colore scuro e certamente non apprezzabile dal mercato. Il latte in<br />
polvere subisce un processo di “sprayzzazione” con eliminazione<br />
dell’acqua e mantenimento del potere nutritivo originario salvo<br />
la denaturazione di alcune vitamine e proteine conseguentemente<br />
al processo termico ma non certo acquista connotati negativi nei<br />
confronti degli aspetti igienico sanitari. Sicuramente consente di<br />
ridurre i costi di trasporto e di rendere maggiormente competitiva<br />
la produzione del latte, oggi in taluni momenti minata da prezzi<br />
poco remunerativi. Già oggi molti produttori importano semilavorati,<br />
pronti all’uso, che contengono latte in polvere aggirando il<br />
divieto della legge n. 138 ma dovendo sopportare costi più elevati<br />
e scaricandoli sul consumatore.<br />
La tematica ci porta a riflettere sull’elevata concorrenza che la<br />
rimozione di tale divieto comporterebbe per gli allevatori. Se l’industria<br />
alimentare potesse ricorrere al latte in polvere, facilmente<br />
trasportabile su lunghe percorrenze, vi sarebbe una maggiore<br />
pressione sul prezzo del latte alla stalla, già oggi su livelli intorno<br />
ai 30 centesimi al litro. D’altro canto, però, vi sono allevatori italiani<br />
che producono per realtà che utilizzano il latte in polvere e<br />
che spuntano prezzi superiori al latte fresco alimentare. Anche in<br />
questo caso occorre organizzare la filiera affinchè il latte in polvere<br />
sia equivalente a quello eventualmente di importazione.<br />
Il tema vero, poi, è quello dell’informazione al consumatore in<br />
quanto l’UE non obbliga il produttore ad indicare la presenza del<br />
latte in polvere sui prodotti che lo possono contenere. Questo non<br />
è ammissibile e occorre porre il consumatore nelle condizioni di<br />
poter scegliere senza nascondere nulla e riportare la “battaglia”<br />
del latte in polvere sui binari dell’economicità e dell’appartenenza<br />
ad un mercato unico e non tanto sventolando le bandiere delle<br />
“paure igienico-sanitarie” o, mentendo, che le nostre eccellenza<br />
casearie potranno contenere polvere di latte; questi ultimi sono<br />
regolati da disciplinari che non prevedono il ricorso alla polvere<br />
di latte. ■<br />
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ecoIDEARE - <strong>Settembre</strong> / <strong>Ottobre</strong> 2015<br />
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