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A cura di<br />
Giorgia Armellini<br />
Sfaccettature<br />
Fiorentine<br />
In memoria di un cavallo morto<br />
Pochi, anche tra i fiorentini doc,<br />
ne conoscono l’esistenza. Ma se<br />
vi capita di passeggiare sul Lungarno<br />
Anna Maria Luisa de’ Medici, vi<br />
consiglio di soffermarvi in prossimità di<br />
piazza dei Giudici e di dare un’occhiata<br />
alla spalletta dell’Arno. Qui sotto un<br />
bel lampione di ferro battuto, troverete<br />
una lapide curiosa che rievoca un episodio<br />
drammatico avvenuto nel 1530,<br />
durante l’assedio degli imperiali in città.<br />
Carlo Cappello era un giovane ambasciatore<br />
della Repubblica Veneta a<br />
Firenze. Fiero alleato dei fiorentini, decise<br />
di restare al loro fianco nel momento<br />
di maggior difficoltà. Infatti, la<br />
città gigliata era completamente circondata<br />
dai nemici e la possibilità di perdere<br />
indipendenza e libertà era assai<br />
vicina. Un giorno il nobile veneto stava<br />
recandosi a cavallo verso Palazzo Vecchio<br />
per conferire con i notabili sul destino<br />
di Firenze, quando dalla “Torre del<br />
Gallo” partì un colpo di mortaio verso il<br />
centro della città; l’aria fu spezzata dal<br />
sibilo del proiettile e in un attimo l’ordigno<br />
esplose proprio sotto<br />
la pancia del povero animale<br />
che rimase dilaniato<br />
ma che, proprio per la sua<br />
potente corporatura, salvò<br />
la vita al cavaliere, che<br />
rimase miracolosamente<br />
incolume. Carlo Cappello,<br />
come atto di riconoscenza,<br />
volle che il suo cavallo<br />
con tutta l’armatura fosse<br />
sepolto lì, esattamente<br />
dove era accaduto il fatto.<br />
Una lapide di pietra ne ricorda<br />
l’episodio. Qui sono<br />
le ossa del cavallo di<br />
Carlo Cappello, legato veneto.<br />
Oh cavallo che non<br />
sarai dimenticato, questo<br />
sepolcro e questo monumento<br />
il tuo padrone, non<br />
ingrato, ti diede per i tuoi<br />
meriti. 13 marzo 1530<br />
mentre la città è assediata.<br />
La chiesa con il “culo” in Arno<br />
In Borgo San Jacopo si affaccia la<br />
chiesa di San Jacopo Sopr’Arno,<br />
edificio di origine romanica che intorno<br />
alla metà del XVI secolo divenne<br />
collegiata dei Monaci Scopetini e che<br />
dal 2006 è divenuta una chiesa greco-ortodossa<br />
assegnata all’Arcidiocesi<br />
Ortodossa d’Italia e di Malta. La caratteristica<br />
architettonica, che ne giustifica<br />
il singolare nome di “Sopr’Arno”, è<br />
rappresentata dal fatto che sia l’abside<br />
della chiesa sia le case attigue poggiano<br />
sui caratteristici “sporti” che permettono<br />
alle costruzioni di sporgere sul fiume.<br />
Ora il fatto che l’abside sporga in<br />
maniera ben più accentuata rispetto alla<br />
linea delle case, ha fatto sorgere un<br />
detto popolare. Nei giorni di piena, ammirando<br />
il retro della chiesa dal Ponte<br />
Santa Trinita, si può assistere ad uno<br />
strano fenomeno. Quando il livello del<br />
fiume aumenta e la corrente comincia<br />
a far scorrere vorticosamente le acque,<br />
queste vanno a lambire ed a “sciacquare”<br />
l’abside di San Jacopo che per<br />
i sarcastici ed irriverenti fiorentini è diventata<br />
la chiesa “con il culo in Arno”!<br />
SFACCETTATURE FIORENTINE 55