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Jolly Roger Magazine. Anno IV Numero 4. Aprile 2021

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RACCONTAMI UNA STORIA<br />

RACCONTAMI UNA STORIA<br />

Pablo vide in lontananza i grattacieli<br />

illuminati di New York<br />

attraverso i finestrini del bus su<br />

cui viaggiava ormai da giorni.<br />

pebre incollate, il volatile provò<br />

inutilmente a dispiegare le<br />

ali, scoprendo suo malgrado di<br />

esserne incapace. L’istinto suggeriva<br />

che in quel bianco pallido,<br />

che sentiva incombere sulla<br />

pelle e sulle cartilagini, non era<br />

poi così salubre attardarsi, non<br />

essendo aduso alla luce viva, né<br />

al calore che avvolgeva e fiaccava<br />

le sue membra, stanche<br />

come se avesse volato senza<br />

sosta intere settimane.<br />

La corrente in quota lo aveva<br />

fatto collassare al suolo. Proprio<br />

come l’amico, del quale<br />

non percepiva più alcun suono.<br />

A occhi semichiusi, e muovendosi<br />

a tentoni, quel piccolo<br />

fagotto scuro riuscì molte ore<br />

dopo a trovare la via di casa.<br />

Senza mai neanche provare a<br />

guardarsi indietro. Doveva riprendere<br />

le forze prima di affrontare<br />

la realtà. La sua temuta<br />

solitudine.<br />

Si mantenne alla larga, nei giorni<br />

che seguirono. Forse aveva<br />

sorpassato la misura, rifletteva.<br />

Meglio non accostarsi troppo.<br />

Lo osservava da lontano, scrutandone<br />

con apprensione i modesti<br />

fianchi come la sommità.<br />

Non era più quello di prima, eppure<br />

gli sembrava ancora bello.<br />

Due estremità si ergevano dal<br />

suolo senza sfidare la sommità<br />

del cielo, come un tempo.<br />

Quando il suo amico rifletteva<br />

la sua immagine nel mare, due<br />

dolci labbra sembravano accostarsi<br />

e sussurrare tenere parole<br />

a chi lo rimirava.<br />

Anche così gli piaceva immaginarlo.<br />

Sempre maestoso, il<br />

vecchio gigante, il suo amico<br />

del cuore.<br />

Trascorsi alcuni giorni, in cui il<br />

vulcano riposava all’apparenza,<br />

quegli si spinse nuovamente al<br />

suo cospetto o nei suoi pressi.<br />

Fu la Montagna stessa a riaccoglierlo<br />

benevola, quasi non fosse<br />

successo nulla. E senza scusarsi<br />

delle sue intemperanze.<br />

«Ti trovo bene» esordì il volatile.<br />

«Già, considerato quel che è<br />

stato».<br />

«Mi sono mancate le tue storie»<br />

si lasciò sfuggire. E per<br />

quell’unica volta gli sembrò<br />

che la Montagna stessa avesse<br />

imparato ad annuire.<br />

«Tu, invece, cosa racconti?»<br />

lo incalzò a sua volta la Montagna,<br />

paga di questa assidua e<br />

Pablo<br />

di Gianluca Anziati<br />

gradita compagnia.<br />

«Io?» ripeté. In fondo non se<br />

lo aspettava. Non indugiò a rispondere,<br />

temendo di mancare<br />

di rispetto: «Ho riflettuto. Non<br />

siamo, sai, così diversi. Rosso<br />

è il colore che più mi si addice.<br />

Rosso sangue, per intenderci.<br />

Caldo, fumante, incandescente…<br />

Brrrrividoooo! Immagino<br />

tu mi capisca… In apparenza<br />

sarei innocuo, eppure c’è chi mi<br />

va scansando. “Vattèn!” mi dicono.<br />

“Nun facimme scherz…”<br />

Ma io adoro giocare col fuoco<br />

che scorre nelle vene. Con la<br />

paura che produco. A volte ho<br />

fame, e quella fame va saziata<br />

senza indugio. A costo di finire<br />

a pezzi. “Brutta bestia ca’ si”<br />

mi urlano appresso».<br />

«Eh. Non lo dire a me…»<br />

Preso l’abbrivio, sembrava non<br />

fermarsi più. ‘A muntagna lo<br />

lasciava fare.<br />

Lei, comunque e sempre grande.<br />

Lui poco più d’uno scricciolo.<br />

Mai sazi.<br />

Fratelli per diritto di sangue.<br />

Cui nessuno mai avrebbe voluto<br />

concedere cittadinanza.<br />

(Napoli, aprile 2053)<br />

Era l’alba e durante la notte<br />

aveva dormito pochissimo eccitato<br />

al pensiero che finalmente<br />

il suo viaggio stava giungendo<br />

al termine. Era partito una<br />

settimana prima da Nombre De<br />

Dios, un paesino messicano in<br />

mezzo al deserto, nei pressi di<br />

Durango. Fin da piccolo, quando<br />

una vecchia santona del villaggio<br />

gli aveva predetto che il<br />

suo futuro sarebbe stato lontano<br />

da quelle poche case polverose<br />

per andare a combattere<br />

l’oscurità nel mondo, aveva<br />

fantasticato di fuggire da quel<br />

luogo dove la cosa più alta che<br />

vedeva erano i grandi cactus. In<br />

realtà non aveva capito molto<br />

delle parole della maga, ma<br />

poco gli importava ora di quella<br />

profezia. Pablo era cresciuto<br />

con sua madre nella miseria più<br />

profonda senza conoscere suo<br />

padre, credendo che questi fosse<br />

morto poco prima della sua<br />

nascita mentre lavorara nella<br />

miniera che dava da mangiare a<br />

quasi tutti gli abitanti della<br />

zona. Era anche per questo che<br />

Pablo aveva giurato che non<br />

avrebbe fatto mai il mestiere<br />

del padre adattandosi però a<br />

fare tutti i lavori necessari ad<br />

aiutare la famiglia e a mettere<br />

da parte i soldi per andarsene.<br />

Ora ad appena vent’anni, con in<br />

tasca quei pochi risparmi e in<br />

testa quello che gli aveva rivelato<br />

sua madre pochi giorni prima,<br />

era salito sul primo autobus<br />

diretto a nord per attraversare<br />

la frontiera a Laredo. La donna,<br />

in punto di morte, gli aveva<br />

raccontato che suo padre era in<br />

realtà un americano, un certo<br />

Bill Hunter, un gringo, come si<br />

diceva da quelle parti, passato<br />

di lì tanti anni prima attirato<br />

dall’oro della miniera che l’aveva<br />

abbandonata poco prima che<br />

lui nascesse per tornare a New<br />

York. Pablo aveva raccontato<br />

tutta la storia al vecchio Juan.<br />

Juan era il vecchio saggio del<br />

villaggio, da giovane aveva<br />

viaggiato, era stato a New York,<br />

ma soprattutto era uno dei pochi<br />

che sapeva leggere. Anche<br />

Pablo sapeva leggere ed era<br />

stato proprio Juan ad insegnarglielo.<br />

L’uomo era parso entusiasta.<br />

«Che aspetti a partire?<br />

Raggiungilo! Se tuo padre è<br />

americano anche tu puoi diventarlo.<br />

L’ho letto su un libro.. è<br />

la legge! Il sogno di tutti quelli<br />

che sono partiti da questo posto<br />

di merda» Erano state le parole<br />

del vecchio e per aiutarlo gli<br />

aveva dato l’indirizzo di un suo<br />

cugino Antonio, che abitava a<br />

New York, a cui poteva rivolgersi<br />

appena arrivato. Pablo era<br />

uscito dall’incontro con Juan<br />

per prepararsi subito a partire,<br />

quello che non immaginava era<br />

che nascosta dietro una tenda la<br />

vecchia santona aveva ascoltato<br />

la conversazione, felice di<br />

sentire che la sua profezia si<br />

stava realizzando. A Laredo,<br />

spendendo una buona parte dei<br />

risparmi, era riuscito ad ottenere<br />

i documenti per entrare negli<br />

Stati Uniti ed era salito finalmente<br />

su quel bus che lo stava<br />

portando verso suo padre. Per<br />

tutto il viaggio aveva sentito<br />

dentro di se come una forza che<br />

lo attirava, era sicuro che presto<br />

che presto la sua vita sarebbe<br />

cambiata. Pablo scese dal pullman<br />

non lontano da Central<br />

Park. Aveva indosso il vestito<br />

di quando era partito, un paioi<br />

di jeans, una camicia bianca, un<br />

giubbotto di pelle nera e degli<br />

stivalett di cuoio. Nello zainetto<br />

teneva le poche cose che si<br />

era portato fra cui c’era una<br />

grossa spina di cactus che era il<br />

suo amuleto fin da bambino, un<br />

portafortuna da cui non si era<br />

mai separato. Si era lavato poco<br />

durante il viaggio e aveva la<br />

barba scura incolta. Si avviò in<br />

mezzo alla folla che come in un<br />

grande formicaio circolava per<br />

le enormi strade della città e restò<br />

in giro per tutta la giornata,<br />

mangiando un po’ di pane e una<br />

crosta di formaggio che ancora<br />

gli era rimasta, ma era talmente<br />

affascinato da quello che vedeva<br />

che non sentì ne la fame ne<br />

la stanchezza. Verso sera si avvicinò<br />

ad un taxi e mostrò al<br />

conducente il foglietto che gli<br />

aveva scritto Juan con l’indirizzo<br />

di Antonio. Il tassista lo<br />

guardò con un sorriro e gli disse:<br />

«Sei quasi arrivato amigo,<br />

Anche io sono messicano, di<br />

Monterrey. L’indirizzo che cerchi<br />

è solo un po’ più avanti,<br />

vedi quel cancello nero? Non<br />

puoi sbagliare. Però lì c’è solo<br />

il vecchio ospedale abbandonato.<br />

Cosa cerchi lì dentro?»<br />

«Vengo da Nombre De Dios,<br />

cerco una persona. Un certo<br />

Antonio. Lo conosci?» chiese<br />

Pablo «No, amigo, ma stai attento.<br />

New York è piena di ombre..<br />

buena suerte » rispose il<br />

tassista prima di ripartire. Pablo<br />

raggiunse in breve il palazzo<br />

che gli aveva indicato il tassista<br />

e varcò il cancello semiaperto.<br />

Attraversò Il giardino pieno di<br />

erbacce e raggiunse quello che<br />

sembrava il portone d’ingresso.<br />

Tutte le luci dell’edificio erano<br />

spente e dall’interno non provenivano<br />

rumori, spinse il portone<br />

fatiscente e si rese conto<br />

che quel posto era abbandonato<br />

da anni. Gli stanzoni erano pieni<br />

di roba ammassata, l’odore<br />

di chiuso e di escrementi era<br />

fortissimo, ma Pablo continuò<br />

26 ANNO <strong>IV</strong> • NUMERO 4 • APRILE 2021 www.edizionijollyroger.it<br />

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