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Teacher Training

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Progetti in

un

cl ck!

Scuola Primaria e Scuola Secondaria I Grado

PROGETTO DI

FORMAZIONE PER INSEGNANTI

TEACHER

TRAINING

"Ho un alunno ingestibile!"


Progetti in

un

cl ck!

Progetti in un click! è un'iniziativa promossa da CAPTA Centro di Psicologia e

Laboratorio Apprendimenti per fornire materiali strutturati pronti all'uso.

I lavori sono destinati a professionisti di vari settori impegnati con l'età

evolutiva e/o con l'età adulta. Ogni progetto è articolato in modo da essere

proposto nel contesto scolastico o nella propria attività professionale in forma

completa a partire da una dettagliata impostazione del lavoro fino all'utilizzo

delle relative proposte operative come Project Work, attività interattive,

metodologie di gruppo, il tutto supportato da un'esaustiva presentazione

multimediale.

Il presente lavoro contiene: ampia trattazione teorica del tema da sviluppare,

strutturazione articolata del lavoro, metodologie, tempi e risorse utili.

Anno di pubblicazione: 2022

Documento di proprietà di CAPTA Centro di Psicologia e Laboratorio Apprendimenti

È vietata la riproduzione e la diffusione senza autorizzazione


INDICE

Scheda del progetto

Premessa e analisi del contesto

Dall'idea al progetto

Obiettivi e competenze

Struttura degli incontri

>> p. 7

>> p. 12

>> p. 14

>> p. 18

>> p. 20

1° INCONTRO

DIFFICOLTÀ DI ATTENZIONE, DI COMPORTAMENTO E DI AUTOREGOLAZIONE

>> p. 23

Disattenzione e comportamento incontrollato: difficoltà o disturbo?

Accenni su ADHD e altri quadri clinici

Manifestazioni cliniche

dei disturbi di autoregolazione cognitiva/comportamentale

Il ruolo del docente

+ Project Work 1: Il mio alunno

2° INCONTRO

COSTRUIRE UN'ALLEANZA PSICOEDUCATIVA

L'alleanza psicoeducativa

I comportamenti problematici: una premessa

Come i comportamenti problema influiscono sulla relazione,

lo stile educativo e comunicativo

I disagi dell'insegnante all'origine dei comportamenti problema

+ Project Work 2: Le parole che userei

3° INCONTRO

DIVENTARE INSEGNANTI ASSERTIVI

>> p. 32

>> p. 49

Lo stress dell'insegnante

Perché alcuni comportamenti sono più difficili di altri

I meccanismi di controllo dell'alunno

La comunicazione efficace

Alleniamoci a scovare gli errori di comunicazione

+ Project Work 3: Cosa c'è che non va?

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4° INCONTRO

IMPOSTARE UN'OSSERVAZIONE DIRETTA DEL COMPORTAMENTO

>> p. 68

Tecniche specifiche di intervento psicoeducativo comportamentale

Introduzione su Analisi funzionale del comportamento

L'importanza dell'osservazione strutturata

La decisione di reale problematicità

+ Project Work 4: Perché è un problema?

5° INCONTRO

IL MODELLO ABC

Introduzione sul Modello ABC

Le fasi del comportamento problematico

La scelta del comportamento target

Opzioni di intervento psicoeducativo

Disinnescare i comportamenti esplosivi

Video-discussione

+ Project Work 5: Modello ABC

6° INCONTRO

POCHE PUNIZIONI, MOLTE GRATIFICAZIONI

>> p. 80

>> p. 101

I meccanismi di gratificazione

La gratificazione a punti

Il rinforzo

Uso strategico dei rinforzi

Riconoscere i comportamenti positivi

Il rimprovero efficace

+ Project Work 6: Sistema di gratificazione

7° INCONTRO

STRATEGIE PER LA CLASSE: ADATTAMENTO AMBIENTI E MATERIALI

>> p. 115

Adattare tempi e spazi

Organizzare i materiali

Organizzare ausili e supporti alla didattica

La gestione dei momenti destrutturati

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8° INCONTRO

FOLLOW UP

>> p. 123

Guida al riepilogo e all'analisi dei contenuti

Eventuali chiarimenti/approfondimenti

Questionario di gradimento

Conclusioni

>> p. 127

Project Work 1: Il mio alunno

Project Work 2: Le parole che userei

Project Work 3: Cosa c'è che non va?

Project Work 4: Perché è un problema?

Project Work 5: Il Modello ABC

Project Work 6: Sistema di gratificazione

>> p. 132

>> p. 134

>> p. 136

>> p. 139

>> p. 143

>> p. 145

Questionario di gradimento

>> p. 148

Bibliografia

Sitografia

>> p. 151

>> p. 152

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TI AIUTO A SFOGLIARMI E

LEGGERMI

Il lavoro che stai consultando intende essere uno strumento

operativo nel mondo scolastico e sanitario. La proposta

progettuale è indirizzata a docenti che cercano quotidianamente

strategie educative efficaci per fronteggiare i comportamenti

problematici degli alunni, a prescindere dalla presenza di un

eventuale quadro diagnostico.

FASCE D'ETÀ

COMPORTAMENTI PROBLEMA

IN CLASSE

TEMATICHE

PSICOEDUCAZIONE

BENESSERE

SCOLASTICO

APPRENDIMENTO

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SCUOLA

PRIMARIA

Dagli 8 ai 10 anni

FASCE D'ETÀ

SCOLARE

SCUOLA SECONDARIA

I° GRADO

Dagli 11 ai 13 anni

AREE

TEMATICHE

COMPORTAMENTI

PROBLEMA

ALLEANZA

PSICOEDUCATIVA

TECNICHE

COMPORTAMENTALI

STRESS PSICOFISICO

DELL'INSEGNANTE

ADATTAMENTI ALLA

DIDATTICA

AUTOCONTROLLO

DELL'ALUNNO

INTERVENTO

POSITIVO

GRATIFICAZIONI

E RINFORZI

COMUNICAZIONE

ASSERTIVA

PROBLEM SOLVING

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SCHEDA DEL PROGETTO

*La presente sezione è modificabile a discrezione del lettore in base alle specifiche

esigenze dell'Ente a cui sarà proposta. Di seguito si descrive la macrostruttura del

progetto, riassumendo i principali contenuti che saranno approfonditi nel corso del

presente lavoro.

TITOLO DEL PROGETTO

Teacher Training: "Ho un alunno ingestibile!" - Costruire alleanze psicoeducative in

classe

DESTINATARI

Docenti della Scuola Primaria e della Scuola Secondaria di Primo Grado che

lavorano con bambini/ragazzi con diagnosi di ADHD, DOP o con difficoltà attentive,

comportamentali e di autoregolazione cognitiva.

PREMESSA E ANALISI DEL CONTESTO

La Scuola è l’ambiente all’interno del quale il bambino/ragazzo passa la maggior

parte del suo tempo; la qualità delle relazioni che instaura con gli insegnanti e con i

compagni è un elemento fondamentale per favorire lo sviluppo di strategie di

autocontrollo comportamentale, autoregolazione cognitiva e per aiutare a

sostenere l’attenzione orientata a uno scopo. Gli insegnanti sono spesso confusi di

fronte a un alunno che, pur dimostrando intelligenza, fatica nel mantenere un

controllo adeguato al contesto scolastico e, in aggiunta, ha spesso reazioni che

preoccupano sia per tipologia che per intensità. La formazione degli insegnanti è

uno degli elementi chiave nella prognosi di un bambino/ragazzo con disturbo da

deficit dell’attenzione e dell’iperattività, con difficoltà comportamentali e di

autoregolazione cognitiva in ambito scolastico.

Attraverso il percorso di training, l’insegnante diventa parte attiva nel processo

educativo e terapeutico, tramite l’acquisizione di abilità e nuovi stili educativi

relazionali necessari per contrastare situazioni problematiche e acquisire uno stile

educativo orientato al problem-solving. Di fronte ai comportamenti non adattivi

dell’alunno, infatti, le risposte del contesto scolastico possono definire il confine

entro il quale il disturbo può essere contenuto o oltre il quale il disturbo può

innescare una serie di situazioni che produrranno conflittualità e stili educativi non

utili e stressanti sia per l’insegnante che per l’alunno e il contesto classe.

Il Teacher Training è un percorso strutturato in forma gruppale per fornire ai

docenti un contesto di fiducia, confronto e rispecchiamento all’interno del quale

agevolare i processi di apprendimento, consapevolezza e infine cambiamento.

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Il percorso inizia con l’acquisizione di informazioni sui diversi quadri clinici nei

quali è possibile individuare manifestazioni comportamentali e di

autoregolazione non funzionali in più contesti di vita. Si è scelto di non

focalizzarsi su un’unica descrizione nosografica (es. ADHD) per consentire ai

partecipanti di prendere coscienza degli elementi critici che caratterizzano la

relazione insegnante-alunno a prescindere dall’eventuale quadro clinico. Nel

corso degli incontri si entra nel vivo delle tecniche di intervento psicoeducativo

comportamentale con particolare attenzione ai processi di osservazione e autoosservazione,

attraverso i quali i docenti possono sviluppare la giusta

consapevolezza per migliorare la prospettiva sull’alunno e sugli obiettivi di

cambiamento. Le diverse occasioni di analisi e di confronto offrono l’opportunità

ai docenti di costruire un rapporto significativo ed efficace per rispondere alle

difficoltà dell’alunno e per gestire al meglio la fatica che il docente stesso

sperimenta nel contesto scolastico. Il filo conduttore di tutti gli incontri è il

consolidamento della relazione docente-alunno, favorendo l’inserimento

dell’alunno nel contesto classe e sostenendone gli apprendimenti.

TEMPI E MODALITÀ DI REALIZZAZIONE

Sessioni formative: 8 frontali + lavoro individuale

Durata dei singoli incontri: dai 90 ai 120 minuti, in base al numero dei

partecipanti + Project Work (autoformazione - stimare i tempi)

Conduttori: il conduttore è un professionista con competenze specifiche

sui disturbi del comportamento e/o sulle manifestazioni cliniche delle

difficoltà di attenzione, comportamento e autoregolazione cognitiva in

ambito scolastico.

Composizione del gruppo: il gruppo può essere composto da docenti dello

stesso alunno o da docenti di più alunni; in questo ultimo caso sarebbe

auspicabile abbinare docenti di alunni appartenenti allo stesso ciclo

scolastico e che possano condividere problematiche analoghe.

Gli incontri prevedono la partecipazione attiva dei docenti attraverso lo

svolgimento di Project Work nel periodo che intercorre tra un incontro e il

successivo. I Project Work sono dei fogli di lavoro guidato sull’auto-osservazione,

le abilità comunicative, i comportamenti dell’alunno o altri aspetti propedeutici

all’impostazione di un intervento psicoeducativo. I Project Work vengono discussi

in ogni incontro successivo.

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OBIETTIVI GENERALI

Le specifiche aree su cui interviene un percorso di Teacher Training sono le

seguenti:

migliorare le conoscenze sui disturbi del comportamento, dell’attenzione e

dell’autoregolazione cognitiva da parte degli insegnanti, andando oltre il

quadro nosografico in sé;

ridurre la percezione di gravità della sintomatologia dei suddetti quadri

clinici nel proprio alunno;

ridurre lo stress percepito nel contesto professionale dal docente;

rinforzare e consolidare le modalità di relazione, comunicazione e gestione

delle situazioni problematiche e del proprio stile educativo;

rinforzare e consolidare positivamente l’immagine del docente (competenza

professionale e senso di autoefficacia nella gestione dell’alunno);

favorire il livello di inclusione dell’alunno nella classe e aumentare l’efficacia

degli apprendimenti

L'obiettivo trasversale è puntare a un benessere generale, considerando l'alunno

all'interno del complesso contesto scolastico in cui sono cruciali la relazione con il

docente, con il gruppo classe e la qualità dei suoi apprendimenti. In quest'ottica

diventa prioritario agire indirettamente sull'alunno, abbassando il livello di stress

percepito dal docente, il livello di autoefficacia nella gestione dell'alunno con

comportamenti problematici e la consapevolezza delle proprie competenze

professionali. Agendo su queste dimensioni si interviene dunque sugli stili

educativi e comunicativi nella direzione di modalità di gestione autorevoli e

rispettose dei bisogni dell'alunno.

Attraverso un percorso guidato di osservazione e sviluppo di competenze

relazionali-educative l'esperienza scolastica può modificarsi sensibilmente per il

docente e per l'alunno: da un lato il docente impara a gestire il disagio che

sperimenta nelle situazioni complesse e quindi impara a mettere in atto di azioni

educative incisive ed efficaci; dall'altro lato l'alunno sperimenta un contesto

accogliente e sicuro all'interno del quale sviluppare strategie di problem solving

emotivo-comportamentale, attenuando la manifestazione di episodi

problematici.

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OBIETTIVI SPECIFICI

In elenco gli obiettivi specifici raggiungibili tramite il Teacher Training:

Conoscenza del funzionamento cognitivo e comportamentale di un alunno

con Disturbo del comportamento, dell'attenzione e dell'autoregolazione

(manifestazioni psicopatologiche ed evoluzione delle stesse);

Abilità nel distinguere il vissuto personale dal docente in relazione all'alunno

e la manifestazione oggettiva del comportamento problematico, attraverso

una descrizione obiettiva e priva di interpretazioni;

Motivare i docenti a rendere gli aspetti relazionali-emotivi parte integrante

del proprio ruolo educativo, sperimentando nuove strategie di

comunicazione utili al benessere dell'alunno ma anche al benessere del

proprio ruolo professionale, in linea con le legittime esigenze personali;

Affinare le abilità di osservazione dei comportamenti dell'alunno, imparando

a separare la manifestazione oggettiva del comportamento dalle qualità

globali dell'alunno;

Individuare gli elementi scatenanti che producono l'attivazione di

comportamenti disfunzionali nell'alunno e attuare modifiche pertinenti

all'ambiente per prevenirne la manifestazione o per affrontarne

efficacemente le conseguenze;

Guidare l'alunno a sviluppare strategie di problem solving efficaci per

individuare strategie alternative alla messa in atto di comportamenti

problematici.

STRUMENTI E RISORSE

STRUMENTI NECESSARI:

Un computer

Una lavagna per le attività di brainstorming o altre esemplificazioni grafiche

Un proiettore per la condivisione delle diapositive e per la visione di video

formativi-informativi

RISORSE UTILI:

Per ogni incontro saranno utilizzate diapositive e altri ausili multimediali (es.

video, interviste) su cui indirizzare la riflessione. Per ogni incontro sono previsti

anche materiali per la riflessione e l’auto-osservazione come questionari, schede

di registrazione e altri materiali da usare in forma autonoma come Project Work

per i docenti.

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PREMESSA E ANALISI DEL CONTESTO

Il presente Progetto nasce dalla volontà di condividere conoscenze e

competenze nell’ambito della Psicologia cognitiva dell’apprendimento

applicata all'ambiente scolastico, in cui le esigenze educative si fanno sempre

più urgenti sul fronte relazionale e comunicativo.

In un recente studio Burt e colleghi (2018) definiscono i disturbi del

comportamento in età evolutiva una vera e propria "health crisis" dei tempi

moderni. A sostegno di questa tesi gli autori esaminano alcuni dati che

confermano la diffusione delle difficoltà di comportamento in bambini e in

adolescenti, oltre alla necessità di interventi mirati e precoci in grado di

interrompere il percorso che vede questi soggetti a forte rischio di

problematiche di adattamento, insuccesso scolastico e comportamenti

antisociali. Anche in età prescolare emergono sempre di più bambini con

difficoltà a regolare le proprie emozioni e ad adeguarsi alle regole

socialmente condivise.

Come intervenire?

In primo luogo si rende essenziale un radicale cambio di prospettiva

concettuale da parte dei contesti socio-educativi: le gravi difficoltà di

regolazione del comportamento non devono essere viste come

problematiche legate a mancanze educative da parte dei genitori. I bambini

con gravi e precoci difficoltà di comportamento sono bambini con bisogni

speciali e le famiglie andrebbero aiutate a comprendere e ad affrontare tali

bisogni dei loro figli.

Nel definire un progetto di intervento psicoeducativo, la seguente proposta

operativa si basa sull'idea di un'interazione dinamica e complessa tra variabili

di rischio e variabili protettive nello sviluppo delle difficoltà di

comportamento. Si tiene conto del fatto che un adulto a contatto con

bambini con difficoltà comportamentali dovrebbe approfondire in maniera

adeguata sia le variabili contestuali che le variabili cognitivo-affettive che con

il loro sviluppo atipico possono contribuire all'emergere di condotte

aggressive oppure in ogni caso non funzionali (Muratori e Lambruschi, 2020).

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Sebbene il progetto abbia un fine prettamente operativo che richiede ai

docenti di mettersi in gioco attivamente, non possiamo escludere una

componente di prevenzione del disagio comportamentale.

Fare prevenzione di fenomeni così intrinsecamente legati a fattori individuali

rappresenta una sfida complessa.

Se in medicina può essere più immediato individuare le “cause” delle

patologie e stabilire i contenuti dell’azione preventiva, il confronto con il

disagio psicologico rende più difficile l’applicazione di uno schema lineare di

causa-effetto: la complessità delle variabili in gioco e l’imprevedibilità delle

risposte soggettive non sempre consentono di prevedere in modo

deterministico il manifestarsi dei fenomeni. Questo comporta un’attenta

analisi delle interazioni tra tutte le variabili (individuali, di gruppo,

organizzative ed istituzionali) che, in modo dinamico, intervengono a

delineare la situazione problematica e che, dunque, impongono la

progettazione e l’implementazione di un intervento stratificato a più livelli

(alunno, classe, docente, famiglia, professionisti coinvolti).

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DALL'IDEA AL PROGETTO

Il presente progetto è il risultato di una serie di esperienze professionali che

hanno contribuito a definirne i contenuti, gli obiettivi e la metodologia.

L'idea prende forma dalle esperienze all'interno degli istituiti scolastici di

diverso ordine e grado e dalle esigenze educative dei docenti incontrati che

molto spesso si trovano di fronte a bambini e ragazzi con serie difficoltà

attentive e comportamentali che compromettono il clima della classe,

l'apprendimento individuale e il benessere psicofisico del docente stesso.

Siamo convinti che il primo atto terapeutico in presenza di quadri clinici

significativi sia la diagnosi, non certo per etichettare e ingabbiare un

bambino o un ragazzo in una sterile descrizione nosografica, quanto per

accedere a un primo contenuto conoscitivo che ci permetta di intervenire in

modo adeguato. Solo quando capiamo perché un bambino fa così possiamo

scegliere gli interventi migliori, siano essi riabilitativi, educativo-didattici,

psicoterapeutici o addirittura farmacologici (Arcangeli, 2020).

Gli interrogativi dei docenti spesso si basano sulla personale esperienza

professionale di tutti i giorni, al netto di una valutazione diagnostica che

cerchi di spiegare perché un bambino presenti difficoltà nella sua traiettoria

di sviluppo. Questo rallenta i processi di conoscenza e quindi riduce le

possibilità di pensare al "come fare" piuttosto che al "cosa fare".

A prescindere dall'inquadramento diagnostico, però, sappiamo che i quadri

evolutivi sono unici, sia tipici che atipici, dunque diventa maggiormente utile

conoscere le traiettorie di sviluppo e adattarle al singolo caso conosciuto. È

proprio questo a consentire un salto di qualità nella prospettiva educativa: si

passa dalla ricerca spasmodica di tecniche per controllare il

comportamento di un alunno a una conoscenza del funzionamento

cognitivo del singolo per entrare realmente in contatto con lui e creare una

buona alleanza.

I programmi di Teacher Training sono interventi psicoeducativi indiretti sugli

alunni in quanto il punto di partenza è il docente a cui trasmettere le corrette

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conoscenze sul funzionamento cognitivo dei soggetti con un disturbo

affinché possa applicare tecniche educative e didattiche mirate, dunque

efficaci, e sviluppare un linguaggio comune con i clinici che si occupano della

presa in carico del bambino/ragazzo.

Attraverso il percorso di training, l’insegnante diventa parte attiva nel

processo educativo e terapeutico, tramite l’acquisizione di abilità e nuovi stili

educativi-relazionali necessari per contrastare situazioni problematiche e

sviluppare uno stile educativo orientato al problem-solving.

La formazione degli insegnanti è uno degli elementi chiave nella prognosi di

un bambino/ragazzo con disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività

(ADHD), disturbo da Comportamento Dirompente (DCD) più precisamente

Disturbo Oppositivo-Provocatorio (DOP) e Disturbo della Condotta (DC). Non a

caso la richiesta di consultazione per questi quadri clinici è la più frequente

nel nostro Paese presso i servizi per l'Infanzia e l'Adolescenza.

In presenza di quadri clinici riferibili a queste categorie diagnostiche,

l'evoluzione del bambino/ragazzo interessato è spesso piena di rischi e

compromissioni rilevanti sia in ambito domestico che scolastico che sociale.

La sola pervasività del disturbo ci permette di comprendere quanto il ruolo

dell'insegnante possa essere determinante. Di fronte ai comportamenti non

adattivi dell’alunno, infatti, le risposte del contesto scolastico possono

definire il confine entro il quale il disturbo può essere contenuto o oltre il

quale il disturbo può innescare una serie di situazioni che produrranno

conflittualità e stili educativi non utili e stressanti sia per l’insegnante che per

l’alunno e il contesto classe.

Il Teacher Training è un percorso formativo psicoeducativo che si avvale della

forza del gruppo: è possibile creare un clima di fiducia, confronto e

condivisione che agevola il processo di apprendimento, consapevolezza e

infine cambiamento. Il percorso è certamente molto articolato, complesso e

dinamico. Tuttavia è possibile definire delle specifiche tappe di riflessione a

cui i docenti possono approdare: si inizia con l’acquisizione di informazioni

sul disturbo o sui disturbi, attraverso cui si ha l’opportunità di riconoscere

importanti segnali anche nei casi in cui un inquadramento diagnostico non è

presente. Un adeguato approccio formativo e informativo aiuta a prendere

coscienza degli elementi critici che caratterizzano la relazione insegnantealunno.

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Successivamente il Teacher Training prende forma come un percorso di

analisi e di confronto continuo che offre l’opportunità ai docenti di costruire

un rapporto significativo ed efficace per rispondere alle difficoltà del proprio

alunno. Inoltre apporta benefici anche alla gestione dello stress psicofisico

che il docente sperimenta quotidianamente. Agendo sulla fatica che il

docente sperimenta si giunge all'obiettivo e di consolidare la relazione con

l'alunno e favorire l'inserimento dell'alunno nel contesto classe, sostenendo in

maniera trasversale la qualità dell'apprendimento scolastico.

Agli occhi di un qualsiasi docente, a prescindere dalle personali competenze

professionali, nella gestione di bambini o ragazzi con ADHD o altre difficoltà

di autoregolazione cognitivo-comportamentale, ogni comportamento

impulsivo può apparire aggressivo, pericoloso, ingestibile. Proprio il senso di

non riuscire a gestire questo alunno induce l’insegnante a cadere nel tranello

della delega educativa, o al collega incaricato del sostegno, qualora l'alunno,

per altra comorbidità, ne abbia l’appoggio, o al sistema sanitario, ricercando

nelle figure «mediche» o «psicologiche» un supporto eccessivo, finanche

spingendosi a effettuare pressioni sulla famiglia per ottenere una qualsiasi

forma di certificazione che dia diritto al sostegno e, quindi, alla possibilità di

delegare a terzi la gestione dell'alunno.

Il Teacher Training tenta di modificare alcune conoscenze, modalità di

attribuzione nei rapporti causa-effetto ("l'alunno fa così perché..."), stili

comunicativi e relazionali, con lo scopo finale di migliorare il clima in classe e,

quindi, aumentare il benessere sia del bambino che dell’insegnante.

Il reale obiettivo finale sarà quello di favorire la partecipazione attiva

dell'alunno all’apprendimento e sostenerne l’integrazione nel gruppo dei

compagni, troppo spesso inficiata in queste circostanze.

Il ruolo del formatore in questo progetto è quello di facilitare il processo

evolutivo nella conoscenza e nella presa in carico educativa di un alunno con

difficoltà di questo tipo. Da un lato si permette al gruppo dei docenti di

acquisire conoscenze e informazioni chiare sul disturbo, di acquisire strategie

e competenze educative idonee al fronteggiamento delle criticità quotidiane;

dall'altro si guida il gruppo, quindi il docente, a mettere in discussione le

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proprie credenze e le proprie attribuzioni relative alle manifestazioni cliniche

del disturbo, alla relazione con l'alunno e alle ripercussioni sul contesto

classe. Tutto questo avviene mediante la condivisione di esperienze personali

che permettono di sviluppare una nuova prospettiva rispetto all'essere

insegnante di un alunno con Bisogni Educativi Speciali.

In conclusione, il Teacher Training è un percorso di formazione applicabile in

tutti quei contesti in cui sono presenti uno o più alunni con Bisogni Educativi

Speciali o che hanno ricevuto una diagnosi di:

Disturbo Specifico di Apprendimento

Adhd

Disturbo oppositivo-provocatorio

In molti casi il Teacher Training è fondamentale per garantire l’efficacia delle

terapie che necessariamente devono tener conto della multifattorialità e

molteplicità dei contesti di riferimento in cui i bambini sono inseriti, ovvero

scuola, famiglia e gruppi extrascolastici.

Dal momento che all'interno di una classe possono esserci quadri clinici

molto diversi e che le esigenze di un docente possono essere molto varie,

riteniamo che una singola trattazione come la presente non possa risolvere la

complessità dei diversi interventi psicoeducativi.

Per questo motivo abbiamo deciso di usare come esempio di apertura il

Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) che si presta bene a

riflessioni anche su diagnosi differenziali. Molto spesso accade, infatti, di

osservare la comparsa di comportamenti oppositori in alunni con una

diagnosi primaria di ADHD a causa di regole educative inconsistenti o dure

nel contesto familiare; ciò non giustifica la diagnosi di DOP, sebbene le

manifestazioni cliniche possano essere molto simili.

Alla luce di questa complessità riteniamo più utile parlare di comportamenti

problematici, difficoltà di attenzione e di autoregolazione cognitiva lasciando

al singolo professionista la possibilità di adattarle agli specifici casi clinici. Le

premesse sull'ADHD si propongono a scopo esemplificativo.

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OBIETTIVI &

COMPETENZE

01.

OSSERVARE E

INTERPRETARE

CORRETTAMENTE IL

COMPORTAMENTO

DELL'ALUNNO IN CLASSE

02.

STRUTTURARE SPAZI, TEMPI

E COMPITI IN MODO DA

SOSTENERE

L’APPRENDIMENTO

DELL'ALUNNO

03.

UTILIZZARE IN MODO

EFFICACE STRUMENTI E

STRATEGIE PER

FAVORIRE

L’INTEGRAZIONE

DELL'ALUNNO CON I

COMPAGNI DI CLASSE

04.

FAVORIRE IL BENESSERE

PSICOLOGICO DEL

DOCENTE, LA GESTIONE

DELLO STRESS E

L'AUMENTO DEL SENSO DI

AUTOEFFICACIA

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18


OBIETTIVI &

COMPETENZE

Riassumiamo brevemente i punti cardine di un buon intervento

psicoeducativo sul gruppo dei docenti, in grado di sviluppare le seguenti

competenze trasversali

La capacità di osservare e interpretare correttamente il

comportamento del bambino in classe

Agli insegnanti viene presentato il disturbo (o il quadro clinico non

specificato) con i suoi principali sintomi e le principali manifestazioni;

l’attenzione è posta sulle manifestazioni in classe e sulle difficoltà che un

alunno con una problematica di questo tipo può presentare nei compiti di

apprendimento. L’obiettivo prioritario è chiarire la natura del problema per

evitare l’instaurarsi di false credenze o di atteggiamenti disfunzionali che

rischiano di rinforzarne i sintomi.

La capacità supportare i processi di apprendimento agendo

su variabili come spazio, tempo e tipologia di compito

All'interno del percorso è previsto un approfondimento sulle variabili

ambientali che possono essere facilmente modificate. Si forniscono

suggerimenti su come creare un ambiente che possa essere facilitante per

l'alunno e per instaurare una buona relazione insegnante/alunno. L’obiettivo è

quindi impostare un intervento adeguato sull'ambiente che possa condurre a

cambiamenti significativi nel comportamento del bambino.

La capacità di utilizzare in modo efficace strumenti e

strategie psicoeducative per favorire l’integrazione

dell'alunno in classe

Ai docenti vengono presentate alcune strategie e tecniche educative di

modificazione del comportamento per la gestione dei comportamenti

problematici che possono portare a difficoltà relazionali tra l'alunno e il

gruppo classe.

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19


STRUTTURA

DEGLI INCONTRI

Nelle seguenti pagine si espone la struttura e la programmazione dei singoli

incontri formativi.

Ogni incontro prevede le sezioni: Obiettivi, Contenuti, Risorse e Opzionale.

Quest'ultima, laddove presente, contiene attività che arricchiscono la

metodologia e che possono essere uno spunto per lo svolgimento

dell'incontro; tuttavia rimangono a discrezione del professionista.

Per ognuno degli appuntamenti è stata redatta una sezione teorica

approfondita sui contenuti trattati, in modo da fornire al professionista una

linea guida delle tematiche da affrontare. Ovviamente gli argomenti possono

essere ampliati o selezionati in base alla personale idea di trattazione, ma

siamo sicuri possano essere un ottimo punto di partenza per

l'argomentazione autonoma.

Laddove presenti, i supporti multimediali come video o interviste sono stati

selezionati come spunto di discussione. Rimangono indicativi e non sono

considerati propedeutici alla conclusione dell'incontro. Una volta individuato

il tema centrale di discussione è possibile scegliere altri video o altri contenuti

idonei.

Quasi tutti gli incontri prevedono un Project Work ovvero un foglio di lavoro

per l'insegnante che può essere usato nei giorni che separano dall'incontro

successivo all'interno del quale verrà poi discusso. I Project Work si trovano a

a conclusione del lavoro.

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1° INCONTRO

DIFFICOLTÀ DI ATTENZIONE, DI COMPORTAMENTO E

DI AUTOREGOLAZIONE

01.

OBIETTIVI

INQUADRAMENTO

GENERALE SUI

DISTURBI

CONDIVISIONE DELLE

PERCEZIONI RELATIVE

AI DISTURBI DEL

COMPORTAMENTO

AVVIARE UNO SCAMBIO

DI ESPERIENZE

CONDIVISE

DISTINGUERE VISSUTO

PERSONALE E

MANIFESTAZIONE

OGGETTIVA DI UN

COMPORTAMENTO

CONTENUTI

CONTINUITÀ TRA NORMALITÀ E DISTURBO

MANIFESTAZIONI FISIOLOGICHE E CLINICHE

FATTORI AGGRAVANTI

RUOLO DEL DOCENTE

RISORSE

OPZIONALE

Questionario con scale di osservazione comportamentali

Project Work 1: Il mio alunno

Video: La sindrome dei monelli (Youtube)

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1° INCONTRO

DIFFICOLTÀ DI ATTENZIONE, DI COMPORTAMENTO E

DI AUTOREGOLAZIONE

01.

L'incontro si apre con l'obiettivo primario di conoscere le principali manifestazioni

cliniche delle difficoltà di attenzione, di comportamento e di autoregolazione.

L'accenno teorico all'ADHD serve come spunto per aprire le riflessioni e per

guidare i docenti in un'adeguata attivazione cognitiva.

SVOLGIMENTO:

Apertura e illustrazione dei principali obiettivi del percorso

Somministrazione di un questionario sugli aspetti attentivo-comportamentali

e sul funzionamento esecutivo: il docente userà il questionario per uno

specifico alunno.

Esempi di questionari adeguati sono i seguenti: Scale SDAI, Scale Conner's.

Esposizione teorica sulle manifestazioni cliniche dei disturbi dell'attenzione,

del comportamento e dell'autoregolazione

Raccolta di esperienze condivise tra i docenti

Se sono presenti docenti di uno stesso alunno stimolare la condivisione

reciproca delle esperienze quotidiane

Opzionale: visione del video "La sindrome dei Monelli" per discussione su

comportamenti tipici e relativa gestione

Project Work 1: "Il mio alunno" - I docenti possono compilarlo nel corso

dell'incontro oppure svolgerlo interamente nel corso della settimana che

separa dall'incontro successivo. Un'alternativa prevede la compilazione in

gruppo della prima parte del foglio di lavoro; la seconda parte può essere

lasciata come lavoro da svolgere individualmente.

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Disattenzione e comportamento incontrollato:

difficoltà o disturbo?

All'apertura del percorso di Teacher Training è auspicabile sottolineare sin da

subito che accanto e prima di un disturbo vero e proprio, esistono molteplici

comportamenti problema che si concretizzano in difficoltà di attenzione e di

comportamento, tra cui l'iperattività, le condotte aggressive, l'impulsività e

così via. In questi casi si parla di difficoltà di comportamento che non sono

qualitativamente diverse da quelle manifestate dai coetanei (qualunque

alunno in particolari i momenti della giornata può essere fisiologicamente

poco attento e più agitato a livello motorio). Si approfondiranno più avanti,

infatti, gli aspetti di intensità e frequenza con cui si manifestano questi

comportamenti, tali da rendersi clinicamente significativi e in grado di

compromettere il rendimento scolastico e le relazioni sociali, fino ad

assumere caratteristiche patologiche, superata una certa soglia.

Continuità tra normalità e disturbo

Per comprendere le manifestazioni dei comportamenti problematici che

emergono in classe, quindi per intervenire adeguatamente sulle singole aree

con tutto il gruppo, partiremo dalla descrizione del disturbo ADHD e delle sue

manifestazioni sintomatologiche/cliniche. Questa premessa consente agli

insegnanti di cogliere e individuare quando un comportamento rientra nella

normale variabilità dello sviluppo e nella fisiologica attività individuale e

quando invece inizia ad assumere caratteristiche disfunzionali.

A questo riguardo può essere utile richiamare il concetto di continuità tra

normalità e patologia: le modalità di comportamento patologico in cui si

concretizza il disturbo ADHD sono l'esagerazione di comportamenti presenti

normalmente in bambini e ragazzi. Affinché si configurino in un disturbo,

devono essere di intensità e frequenza tale da compromettere il

funzionamento del bambino/ragazzo in più contesti di vita, quindi non solo

quello scolastico o familiare. Risulta perciò fondamentale, per una buona

prassi educativa, che gli insegnanti conoscano la normalità. Ciò è altresì utile

ai fini dell'individuazione, il più precocemente possibile, di funzionamenti

potenzialmente o apertamente inadeguati. Spetta poi ai servizi sanitari

preposti e agli specialisti inquadrarli clinicamente (Fedeli, Vio, 2017).

01.

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23


01.

normalità: i segni comportamentali come scarsa attenzione ed

iperattività rimandano semplicemente a situazioni episodiche avverse,

per esempio un litigio oppure a caratteristiche temperamentali

difficoltà: i segni comportamentali rappresentano degli ostacoli nel

percorso individuale di sviluppo ovvero condizioni di malfunzionamento

causato solo da fattori ambientali e non imputabili all'alunno

disturbo: i segni comportamentali sono collocati all'interno di un disturbo

psicopatologico o spesso di più disturbi

NORMALITÀ

DIFFICOLTÀ

DISTURBO

*Tratto da Fedeli e Vio, 2017

Accenni su ADHD e altri quadri clinici

L’ADHD è un disturbo dell'autoregolazione cognitiva-comportamentale

caratterizzato da un insieme di difficoltà, che si possono manifestare in forme

differenti in base all'età, nel controllare l'attenzione, l'impulsività e il livello di

attività motoria. Lo prenderemo in esempio per aprire la discussione sui

diversi quadri clinici e le diverse manifestazioni psicopatologiche.

Questi aspetti sono presenti nei vari contesti di vita: in famiglia, a scuola,

durante le attività ludico sportive ecc. Per poter parlare di un vero e proprio

disturbo strutturato, infatti, queste problematiche devono essere pervasive,

cioè essere presenti nei principali contesti di vita dell'alunno, relativamente

stabili nel tempo e in grado di compromettere l'adattamento quotidiano del

bambino.

L’ADHD è un disturbo dello sviluppo frequentemente associato a insuccesso

scolastico, a difficoltà nelle relazioni sociali, a comportamenti oppositivi

oppure vere problematiche psicologiche delicate, come umore triste, talora

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01.

depresso, svalutazione dell'immagine di sé, assenza di fiducia nelle proprie

capacità.

L’ADHD si esprime attraverso numerosi sintomi collocabili all'interno di tre

dimensioni, spesso tra loro collegate, ognuna delle quali contribuisce ai

problemi di apprendimento e adattamento nei diversi contesti di vita (Fedeli

e Vio, 2017):

dimensione attentiva

dimensione impulsiva

dimensione iperattiva

Pertanto, se con la crescita il bambino agisce senza aspettare oppure non

utilizza in modo adeguato alcune delle diverse funzioni attentive,

compromette il successo scolastico e la possibilità di costruirsi delle sane

relazioni sociali. Inoltre rischia di creare forte tensione nella classe e rende

insopportabile la qualità della vita familiare per la presenza di frequenti

conflitti, ma anche semplicemente per la difficoltà di gestione degli impegni

quotidiani. In breve, le problematiche comportamentali e relazionali

condizionano in modo pervasivo il comportamento del bambino a casa, a

scuola, durante le attività sportive e ricreative, ludiche ecc. In genere se

prevalgono le problematiche relative alla disattenzione si riscontrano

problemi di apprendimento scolastico, mentre se predominano l'iperattività

o l'impulsività sono prevalenti le difficoltà di adattamento sociale.

Manifestazioni cliniche del disturbo

Conoscere le manifestazioni cliniche e quindi i criteri in base ai quali viene

diagnosticato il disturbo è importante e utile per gli insegnanti, perché aiuta

a individuare le espressioni dei comportamenti inadeguati e valutare quando

tali manifestazioni superano la soglia oltre la quale la condotta individuale

non è più fisiologica. Di seguito si riporta un elenco di alcuni dei

comportamenti problematici più ricorrenti.

ESEMPI DI DISATTENZIONE:

difficoltà a mantenere l'attenzione perché distratti facilmente da stimoli

esterni

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difficoltà nell'ascoltare, avere la testa tra le nuvole anche in assenza di

distrazioni evidenti

difficoltà a prestare attenzione ai dettagli, compiere errori di distrazione

nei compiti di scuola o in altre attività dovute a scarsa attenzione ai

dettagli

difficoltà nel restare concentrati a lungo durante le lezioni a scuola, la

lettura o nelle interazioni verbali con i compagni, ma anche in altre

attività extra scolastiche

difficoltà a seguire del tutto l'istruzione le consegne e a terminare i

compiti di scuola o altre attività, per esempio, passando rapidamente da

un gioco all'altro senza concluderne uno

difficoltà a impegnarsi in compiti che richiede un'applicazione prolungata

dal tempo, sforzo mentale sostenuto, come scrivere e rivedere testi

difficoltà organizzare i compiti o altre attività, a gestire ciò che richiede

sequenzialità e pianificazione, a tenere in ordine oggetti e materiali.

problematiche nel rispettare le scadenze

smarrire materiale necessario per i compiti o altre attività

trascuratezza e noncuranza nelle attività contiene scolastiche, difficoltà

nel ricordare commissioni da fare o a rispettare gli appuntamenti

01.

La disattenzione determina problemi di rendimento scolastico.

ESEMPI DI IPERATTIVITÀ:

difficoltà a restare seduti in situazioni in cui è necessario, come in classe, e

a stare fermi, agitandosi sulla sedia muovendo magnum piedi e giocando

con piccoli oggetti sul banco

Correre o arrampicarsi in contesti e momenti in cui non è appropriato

difficoltà a giocare in modo tranquillo a impegnarsi in attività tranquille

irrequietezza motoria, vissuta come sensazione soggettiva o come reale

comportamento manifestato

parlare eccessivamente

L'iperattività determina problemi di comportamento.

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01.

ESEMPI DI IMPULSIVITÀ:

difficoltà ad attendere il proprio turno, per esempio nei giochi, e ad

aspettare, come in fila il supermercato

difficoltà a rispettare il proprio turno nelle conversazioni, sparare le

risposte a caso, prima che venga completata la domanda e completare le

frasi altrui

comportarsi in modo invadente, interrompere, intervenire il nuovo un

adeguato entro mettersi in conversazione, giochi o altre attività, usare

oggetti altrui senza permesso

L'impulsività determina problemi di interazione sociale.

Fattori che aggravano le manifestazioni problematiche

Oltre l'eventuale comorbidità esistono altri due fattori che possono

notevolmente aggravare le manifestazioni comportamentali del disturbo:

l’appetenza verso il piacere, intesa come bisogno, e non solo desiderio, di

ottenere il soddisfacimento immediato delle proprie richieste

l'aggressività impulsiva

la maggior parte degli allievi con questo disturbo, a fronte di un ostacolo

come un divieto da parte degli insegnanti o la richiesta di dilazione rispetto a

un gioco, che non permetta loro una gratificazione immediata rispetto

all'emergenza del desiderio, reagisce alla frustrazione con condotte

aggressive verso terzi. Si tratta di comportamenti del tutto inconsapevoli

impulsivi, scatenati dalla necessità di perseguire comunque l'obiettivo

prefigurato. Queste condotte si attenuano come gravità e si riducono come

frequenza nella maggior parte dei bambini dopo i 7-8 anni, in alcuni casi

invece persistono ma assumono una connotazione diversa: non più risposta

aggressiva e impulsive, ma pianificate e deliberate, agite in modo aperto o

subdolo, isolatamente o in gruppo, mosse da un forte sentimento

rivendicativo originato da attese non soddisfatte, che il ragazzo percepisce

come dovute (Fedeli, Vio, 2017).

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Qual è il ruolo del docente?

01.

Identificare strumenti e strategie per gestire con successo, insieme all'alunno,

le principali situazioni a rischio, comporta la necessità di individuare

chiaramente quali sono gli obiettivi formativi di questo Teacher Training.

Iniziamo con una domanda che probabilmente sarà condivisa da molti

docenti, o almeno ne avranno fatto esperienza in alcune occasioni:

Perché nella gestione di alunni con difficoltà di comportamento, più o meno gravi,

spesso ci sentiamo impotenti o frustrati?

Questa domanda, per quanto semplice, consente ad ognuno di attivarsi

cognitivamente nella direzione delle proprie credenze e attribuzioni relative

all'alunno e alla relazione instaurata.

Nella nostra esperienza clinica anche in ambito scolastico abbiamo osservato

che un errore frequente è porsi obiettivi irrealistici, molto lontani dalla realtà

e che, proprio in virtù della loro irraggiungibilità quasi certamente non

verranno raggiunti. Il risultato immediato è che il senso di autoefficacia

dell'adulto, insegnante o altra figura di riferimento, sarà fortemente colpito. In

queste occasioni non parliamo delle competenze personali: un docente può

essere molto formato e preparato anche sul piano relazionale, eppure può

incorrere in questa "scorciatoia mentale". Chiunque si ponga obiettivi fuori

dalla propria portata si ritroverà a sperimentarsi poco efficace, impotente e

stressato. È la sensazione di non essere mai adeguati di fronte a

comportamenti difficili, di averle provate tutte ma di non essere riusciti a

farne funzionare alcuna.

D'altra parte è irrealistica anche una seconda questione:

l'insegnante non può credere di riuscire a modificare un alunno ingestibile

in un alunno gestibile, come se non avesse nessun tipo di

difficoltà emotiva, attentiva o comportamentale

Questa è una credenza errata ovvero una valutazione irrealistica della realtà:

non è possibile modificare il temperamento o il carattere di un alunno

affinché diventi facilmente gestibile, buono e adeguato nel contesto della

classe.

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28


01.

È irrealistica l'idea di trovare delle strategie comportamentali che

facciano scomparire totalmente alcuni comportamenti inadeguati, come

l'aggressività, l'oppositività o l'iperattività.

Alla base di idee come questa potrebbe esserci una credenza errata che

il docente ha del proprio ruolo ("posso cambiare questo alunno, posso

aiutarlo a guarire") con una serie di conseguenze prevedibili come:

percezione negativa di sé e svalutazione delle proprie competenze

professionali.

È bene aprire questa discussione con i docenti del Teacher Training in

quanto consente di chiarire quali dovrebbero essere i veri obiettivi nel

lavoro con un alunno difficile e potrebbe aiutare a scardinare credenze

errate come quella appena descritta.

Un buon intervento di questo tipo ha l'obiettivo anche di far

comprendere al docente che il suo ruolo non è cambiare il ragazzo o

"salvarlo" da un destino ormai segnato; il suo ruolo è imparare a ridurre la

manifestazione dei comportamenti problema sia in termini di frequenza

che di intensità.

L'obiettivo del docente non è trasformare l'alunno con difficoltà di

comportamento in un alunno adeguato e remissivo, così come non è

quello di portare a termine un trattamento psicoterapeutico centrato sul

disturbo. Anche questa è una credenza pericolosa che può provocare

molti danni. L'obiettivo del lavoro dell'insegnante sarà piuttosto

comprendere come il ragazzo funziona in classe per creare contesti

formativi adeguati e strutturare corrette interazioni educative al fine di

promuovere, far emergere e valutare anche in lui, come in tutti gli altri

studenti, quelle competenze che la scuola mira a sviluppare in tutti gli

alunni (Daffi, 2021).

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29


01.

Sempre riferendoci alle conoscenze circa i sintomi delle difficoltà di

comportamento, possiamo ipotizzare le necessità di lavorare per

promuovere in modo particolare le competenze descritte di seguito:

competenze sociali/interpersonali e civiche

l'obiettivo è far sviluppare all'alunno la cura e il rispetto per sé e per gli

altri, come presupposto imprescindibile per uno stile di vita corretto.

L'alunno deve diventare consapevole della necessità del rispetto reciproco

e di una convivenza con i pari e con gli adulti all'insegna di sentimenti

pacifici e di cooperazione. Questo si traduce nella capacità di impegnarsi a

portare a termine un lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.

responsabilità individuale

con questa espressione intendiamo tutte quelle competenze che rendono

l'alunno in grado di sviluppare senso critico, produrre idee e realizzare

progetti soddisfacenti per se stesso. Questo prevede la capacità di

chiedere aiuto quando si trova in difficoltà e la capacità di fornire aiuto a

chi lo chiede, oltre alla disponibilità mentale all'imprevisto e alle novità.

Per raggiungere questi obiettivi l'insegnante non è chiamato a lavorare sul

temperamento dell'alunno, sulle modalità del funzionamento

neurofisiologico o sulle dinamiche interne alla famiglia.

È invece sollecitato a intervenire modificando il proprio stile relazionale, il

proprio modo di agire e reagire alle provocazioni, le modalità di avanzare

richieste al ragazzo, i rinforzi forniti, così come le impostazioni delle

attività proposte in classe, al singolo o al gruppo. Va da sé che, nel pensare

a come gestire strategicamente le situazioni complesse legate alle

difficoltà di comportamento, il docente debba anche prevedere modalità

per evitare che le stesse si ripresentino con uguale intensità e frequenza,

riflettendo quindi su come rendere l’ alunno maggiormente competente e

ridurre gradualmente l'espressione dei comportamenti problematici (Daffi

2021).

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Come introdurre il Project Work 1

"Il mio alunno"

Il primo Project Work ha l'obiettivo di attivare i docenti nella direzione di una

descrizione attenta del proprio alunno.

Per un docente può essere molto complicato trovare le parole più adeguate

per descrivere il proprio alunno nonostante possa essere più immediato

trovare numerosi esempi che descrivano episodi problematici ("è sempre

distratto; non fa ciò che gli viene richiesto; diventa aggressivo..." etc).

Descrivere delle scene, anche molto frequenti, non corrisponde alla

descrizione dell'alunno. Quest'ultima richiede un momento di riflessione

sicuramente più approfondito e uno sforzo per separare "ciò che il mio

alunno fa" da "ciò che il mio alunno è/ha".

Nella scheda si propone di individuare dei punti di forza dell'alunno. Spesso è

difficile trovare delle caratteristiche positive quando la frequenza di

manifestazione di quelle negative è talmente elevata da risultare esclusiva.

Eppure ogni alunno, a prescindere dal grado di alleanza e coesione con il

docente, possiede abilità estremamente utili alla buona riuscita di un

intervento di modificazione del comportamento.

I punti di forza sono tutte quelle abilità dell'alunno che possono aiutare a

"bilanciare" le difficoltà attentive e comportamentali; in alcuni casi possono

aiutare anche a recuperare i comportamenti disfunzionali o poco corretti

ovvero i cosiddetti punti di debolezza.

Come individuare i punti di forza dell'alunno?

I punti di forza possono essere individuati in tutte quelle situazioni in cui il

comportamento di un alunno ci sorprende o ci fa sperare che "qualcosa di

buono possa esserci" anche se poco frequente. È il caso, ad esempio, della

conoscenza approfondita di un argomento a cui l'alunno si dedica molto

oppure le spiccate abilità mostrate in qualche attività. Dal momento che il

Project Work è individuale, ogni docente avrà tempo e occasioni per osservare

il proprio alunno e individuare delle qualità positive.

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2° INCONTRO

COSTRUIRE UN'ALLEANZA PSICOEDUCATIVA

OBIETTIVI

PROMUOVERE UN CAMBIO

DI PROSPETTIVA NELLO

SGUARDO SULL'ALUNNO

RIFLETTERE SUL RUOLO

DELL'INSEGNANTE

NELLA RELAZIONE CON

L'ALUNNO

MODIFICARE GLI STILI

COMUNICATIVI ED

EDUCATIVI

SPERIMENTARE

DIVERSE STRATEGIE

COMUNICATIVE IN

CLASSE

CONTENUTI

ALLEANZA PSICOEDUCATIVA

I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI

RELAZIONE, STILE EDUCATIVO E COMUNICAZIONE

IL DISAGIO DELL'INSEGNANTE ALL'ORIGINE

DEI COMPORTAMENTI PROBLEMATICI

RISORSE

PROJECT WORK 2: Le parole che userei

OPZIONALE

Brainstorming su "Come creare una buona alleanza

psicoeducativa con l'alunno".

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2° INCONTRO

CREARE UN'ALLEANZA PSICOEDUCATIVA

02.

L'incontro ha l'obiettivo primario di creare una buona connessione teorica tra

comportamenti problematici e relazione docente-alunno, individuando gli

aspetti educativi e comunicativi che influiscono negativamente sul benessere

scolastico dell'alunno e sul benessere psicofisico del docente.

I docenti sono guidati a sperimentare nuove strategie di comunicazione, a

mettere in discussione il proprio stile educativo e a migliorare gli aspetti

maggiormente controversi, in un clima non giudicante.

SVOLGIMENTO:

Condivisione dei Project Work dell'incontro precedente

Opzionale: Brainstorming su "Come creare una buona alleanza

psicoeducativa con l'alunno". Al termine dell'attività raccogliere le idee

principali e creare delle macrocategorie che saranno approfondite durante

l'incontro (ad es. "relazione", "comprensione" ecc.). Questa attività dovrebbe

attivare i docenti nella direzione di una riflessione sugli stili educativi e

relazionali finora adoperati.

Esposizione teorica sull'alleanza psicoeducativa

Introduzione sui comportamenti problematici

Project Work 2: Le parole che userei

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02.

L'alleanza psicoeducativa

Chi si trova in una relazione educativa con una persona con un deficit del

comportamento o dell'attenzione vive spesso, purtroppo molto spesso, una

duplice preoccupazione. La presa in carico della persona in difficoltà è infatti

una medaglia a due facce e, a prescindere dallo specifico ruolo professionale

che ricopre, l'adulto sperimenterà spesso le seguenti preoccupazioni

contemporaneamente (Ianes e Cramerotti, 2002):

Produrre cambiamenti significativi nello sviluppo evolutivo dell'alunno

Su un lato della medaglia la sua cura sarà tesa allo sviluppo, cioè alla crescita

di competenze, di capacità, grandi o piccole che siano. ma poi, chi può dire

quali siano grandi e quali piccole? E chi può dire, inoltre, quali siano tutte le

competenze necessarie? Possiamo fare lunghi elenchi, utilissimi, ma non

potremmo mai cristallizzare in qualcosa di completo, una volta per tutte, la

complessità dello sviluppo e del funzionamento umano, per giunta vissuta e

interpretata in modo differente nei vari contesti. Pur con queste cautele, chi si

trova in una relazione educativa lavora comunque sempre per lo sviluppo, per

far crescere segmenti di abilità, per dare loro un senso, sembra soggetto, nel

contesto di competenze più evolute. Oppure per stimolare risposte, creare

consapevolezza di sé e del mondo, attraverso relazioni, attività, materiali.

Talvolta confusamente, con fatica, ma sempre con la finalità generale dello

sviluppo possibile, del cercare di aiutare la persona con cui lavora o vive,

qualunque sia la sua età, stimolando un progresso, un saper fare meglio, un

essere meglio, uno cavarsela con maggiore autonomia. questa è la sua

soddisfazione, che purtroppo nelle situazioni più compromesse viene vissuta

con frequenza minore, anche se non certo con minore intensità.

Attenuare l'impatto dei comportamenti problematici

l'altra faccia della medaglia è invece la preoccupazione per i comportamenti

problema, il prendersi cura cioè di una persona che fa cose che non dovrebbe

fare, il preoccuparsi è il motivo dell'esistenza minacciosa di azioni negative,

forse patologiche, sicuramente anomale, estranee, o almeno vissute come

tali. Talvolta questa seconda faccia della medaglia si presenta raramente, ma

nella maggior parte dei casi invece è ben presente, e in alcune situazioni la

sua distruttività è talmente forte che condiziona quasi tutto, stravolge la vita

del soggetto e dei suoi familiari.

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Oltre a questo, caratterizza la persona in modo negativo, come se indossasse

una maschera con un effetto alone negativo, nascondendo l'altra faccia

dell'educazione e impedendone la valorizzazione e lo sviluppo. In questi casi,

molto complessi, anche gli adulti ben formati professionalmente vivono

sempre sulla difensiva.

02.

I comportamenti problematici: una premessa

In questa sezione approfondiamo cosa si intende con comportamento

problema soffermandoci su alcuni esempi e suddividendoli in

macrocategorie per agevolare l'esposizione concettuale (Ianes e Cramerotti,

2002):

Atti autolesionistici: sono comportamenti estremi, sia per gravità che per

difficoltà di comprensione. Alcuni alunni possono provocarsi lesioni di

vario tipo, mordendosi le mani, le braccia, picchiandosi con i pugni,

sbattendo la testa sui mobili, sulle pareti o sul pavimento. Altre

manifestazioni sono, ad esempio, strapparsi i capelli, graffiarsi, buttarsi

con forza a terra o sui muri.

Stereotipie: una tipologia di comportamento meno grave, ma più diffusa

e più difficile da risolvere. Le stereotipie consistono nell'emissione

ripetitiva e per lunghi periodi di tempo di comportamenti

apparentemente irrilevanti e senza uno scopo evidente: dondolare su se

stessi, manipolare oggetti, strappare pezzi di carta, verbalizzare parole o

parti di frasi, emettere suoni strani... L'elenco è potenzialmente infinito.

Aggressività: può accadere che l'alunno presenti comportamenti

aggressivi. Si arrabbia, urla, si butta a terra, aggredisce qualcuno o tutti,

distrugge mobili, aggredisce fisicamente o verbalmente, anche con risvolti

molto gravi per la sua incolumità e quella dei suoi compagni. Le sue

aggressioni e le sue distruzioni infatti incutono paura sia in chi ha

responsabilità educative sia in chi invece ne condivide soltanto alcuni

momenti, come i compagni o altre persone presenti.

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35


02.

Comportamenti in risposta a emozioni forti e incontrollate: sono

comportamenti come l'opposizione sistematica o frequente alle proposte

educative, con le varie forme di rifiuto, blocco, chiusura in sé, fuga o

evitamento. Le emozioni sono un ambito particolarmente sensibile che

comporta manifestazioni anche molto problematiche: ansia generalizzata,

fobie, collera, reazioni depressive, di dolore o pianto, perdita di energie e

abbandono delle attività. Dall'emozione al comportamento il passo è

molto breve, e così troviamo esplosioni aggressive, fughe improvvise,

blocchi e chiusure, comportamenti ritualistici, ossessivi e compulsivi.

Anche dalle emozioni al pensiero disfunzionale il passo è breve, ma i

rapporti reciproci sono più complessi: si può avere un problema a livello

emotivo perché abbiamo un problema del pensiero, nelle modalità cioè

attraverso le quali si legge e si interpreta la realtà, ma può accadere anche

il contrario: quello che accade nel vivere le nostre emozioni ci può

costruire strutture di pensiero disfunzionali, che poi medieranno

malamente altre emozioni eccessive e così via.

Comportamenti socialmente inadeguati: all'interno dei rapporti

interpersonali è possibile osservare molteplici comportamenti

problematici, come l'essere invadente, non rispettare gli spazi altrui,

mentire, prendere in giro, rubare e così via.

Il catalogo dei comportamenti problema è potenzialmente infinito. Qui ne

abbiamo riportato una descrizione generale per condividere, anche se in

maniera provvisoria e parziale, ciò che si può intendere come

comportamento problema.

Il nostro obiettivo, in questo incontro, non sarà quello di descrivere i

comportamenti problematici che si manifestano in classe, ma assumere una

nuova prospettiva sulla loro definizione: la gran parte dei comportamenti

problematici comunica qualcosa, anche se lo fa in modo drammaticamente

negativo per l'alunno e per gli altri.

Il fatto che un comportamento comunichi qualcosa non è, però, motivo di

assoluzione. Rimane certamente problematico, anche se ha funzioni utili per

l'alunno stesso, che saranno affrontate più avanti.

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36


In questo percorso di Teacher Training, come accennato in precedenza, non si

partirà da diagnosi psicologiche o psichiatriche, quadri clinici e descrizioni

nosografiche.

Il percorso non punta a classificare un alunno attraverso i comportamenti

problema proprio perché non esistono comportamenti che appartengono a

una particolare classificazione diagnostica oppure comportamenti che

assumono un particolare significato in un alunno a cui è stata fatta una

diagnosi piuttosto che un'altra.

02.

Ovviamente, la presenza, secondo i criteri specificati dai manuali di

classificazione diagnostica, di particolari comportamenti problema

contribuisce alla possibilità di delineare tecnicamente una diagnosi. Tuttavia

una volta che la diagnosi è stata posta non si troverà la risposta alla presenza

dei comportamenti problema: essi devono essere considerati aspetti unici del

bambino/ragazzo, al di là dell'etichetta diagnostica in quanto manifestazioni

caratteristiche della singola persona.

Nel tentare di capire o di spiegare, per quanto è possibile, un comportamento

problema, non si farà dunque riferimento alla diagnosi che è stata applicata

alla persona, ma alle sue interazioni, alle sue comunicazioni, alle stimolazioni

che vive nel suo contesto attuale, che è costituito, naturalmente, anche dal suo

stato mentale, con i suoi punti di forza e le sue disfunzioni più o meno

caratteristiche e classificabili.

Chi lavora nel campo educativo con difficoltà di comportamento sa benissimo

quante poche decisioni si possono prendere sensatamente solo sulla base di

un pezzo di carta con scritto una diagnosi, anche se è giusta. I comportamenti

problema sono gabbie, prigioni, dove stanno rinchiusi tutti, anche quelli che

credono di esserne fuori. Certo, anche i deficit di competenze di sviluppo sono

dei limiti, dei vincoli che restringono e avvicinano l’orizzonte di vita, ma nel

caso dei comportamenti problema è ancora peggio. Molti di essi mettono un

marchio, uno stigma attraverso il quale viene vista la persona: "quella che lecca

i vetri…", una visione deformata che caratterizza in senso negativo, che spegne

obiettivi, prospettive, che genera timore, che demotiva, che blocca. Ma al di là

di questo, molti comportamenti problema escludono direttamente la persona

da una serie di possibilità di autorealizzazione:

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37


02.

l'integrazione sociale, il lavoro, in alcuni casi addirittura la vita in famiglia,

quando questa non ce la fa più a gestire i comportamenti del figlio. Riguardo

all'integrazione lavorativa e sociale più in generale, è ormai evidente che il

vero limite, quello che contribuisce maggiormente alle dinamiche di

esclusione e di percezione di impossibilità sta nei comportamenti problema

e non nella carenza di abilità e di competenze della persona con difficoltà

comportamentali. Si accetta di più una persona molto grave ma tranquilla,

piuttosto che una meno grave ma problematica.

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38


Come i comportamenti problema influiscono sulla

relazione, lo stile educativo e comunicativo

I comportamenti problema possono rallentare molto il processo educativo e

lo sviluppo dell'alunno, portando in alcuni casi all'esasperazione la persona

adulta incaricata. L'insegnante può sentirsi spaventato, perennemente

sfidato, stressato, affaticato e ancor di più sfiduciato. Ovviamente queste

esperienze non fanno che alimentare una sensazione di impotenza che

restringe le possibilità di azione e impoverisce il progetto educativo pensato

per il singolo alunno.

Si costruisce quella che può essere definita una gabbia di azioni-reazioni in

cui le comunicazioni sono essenzialmente circolari, ci si può sentire

prigionieri, a corto di alternative ("abbiamo provato tutto, con le buone e con

le cattive, non c'è niente da fare").

Molto spesso i comportamenti problematici indeboliscono i rapporti

educativi con la loro presenza incessante, con il loro sparire, illusorio, il loro

risorgere peggio di prima. Si fa strada allora la convinzione, sia nei genitori sia

nell'insegnante, che quel bambino o ragazzo sia fatto così e che la situazione

non abbia rimedi; non rimane nulla da fare se non limitare il danno il più

possibile e probabilmente il suo comportamento è scritto nei suoi geni, non è

modificabile.

Senza ombra di dubbio mantenere una simile prospettiva e pensare che i

comportamenti problematici siano fuori dalla nostra portata ci mette in una

posizione di svantaggio sin dall'inizio: pensare che non ci sia nulla da fare

spegne in partenza la motivazione ad agire.

Nell'azione psicoeducativa è fondamentale coltivare competenze tecniche di

modificazione del comportamento ma anche un senso di autoefficacia

positivo e una forte convinzione del proprio compito relazionale, senza i quali

le strategie educative non porterebbero ad alcun cambiamento significativo.

L'insegnante ha bisogno di entrare in relazione con l'alunno per

comprendere i suoi comportamenti.

02.

Tratto da Ianes e Cramerotti, 2002

Non parliamo qui di effettuare opere di autoconvincimento "Dai, forse con un

po' di pazienza si può cambiare". Essere positivi non vuol dire essere velleitari,

ingenui, utopisti, credere che tutto sia possibile… essere positivi vuol dire

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39


soprattutto avere fiducia, fiducia in noi, nella nostra volontà, nella tenacia,

nelle risorse che la scienza dell’educazione e della psicologia ci forniscono,

fiducia nella creazione di un noi educativo che stringa vari attori in

un’alleanza significativa moltiplicatrice di forza.

Ma significa anche avere fiducia nella persona con il problema, fiducia nelle

sue possibilità, nel suo desiderio di comunicare, di autorealizzarsi, di

cambiare modalità di comportamento, di fare un passo in avanti.

02.

Questa fiducia ha però bisogno di alimenti, di conferme, altrimenti non

durerà a lungo. Ha bisogno di supporti tecnici seri e scientificamente fondati.

Qui sta l’obiettivo principale di questo percorso.

Sulla base di una fiducia incondizionata, di un’accettazione della sfida

educativa in nome della liberazione del soggetto e di noi stessi dalle gabbie

del comportamento problema, dobbiamo affrontare una serie di nodi tecnici,

e non solo, per elaborare alcuni attrezzi e alcune ottiche.

Allora sapremo un po’ meglio cosa fare di fronte a un comportamento

problema, anche estremo, manifestato da una persona con difficoltà di

comportamento, anche gravissime, senza cadere nell’illusione biomedica

organicista, aspettando i farmaci risolutori, né scivolare nella gestione

assistenzialistica che limita il danno, previene il comportamento problema,

limita il soggetto e chiude la sua vita e quella di chi gli sta accanto nella

gabbia dell’attesa ansiosa del comportamento problema.

I punti da tenere a mente per darsi coraggio rispetto alla complessità delle

cose da fare successivamente sono i seguenti:

è possibile intervenire in modo psicoeducativo, con buone probabilità di

riuscita, nei comportamenti problema di persone con deficit anche

gravi.

Naturalmente ciò non vuol dire illudersi di risolvere il problema, pensare che

le cose non siano difficili, a volte impossibili, oppure che tutto si possa capire

e spiegare con semplici tecniche, o che ci siano cause precise dei

comportamenti e che queste cause siano poche e precisamente osservabili e

nettamente connesse con i rispettivi effetti in ottimi rapporti lineari e diretti

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40


o che il comportamento di una persona con deficit, proprio per questa sua

limitatezza, sia più semplice da capire e da cambiare.

L’illusione tecnicistica è tramontata e nella consapevolezza della complessità

sistemica delle cose umane e della loro parziale impenetrabilità, troviamo

però ancora l’utilità e lo spazio per un’analisi scientifica aggiornata e per una

prassi attenta alla globalità delle variabili in atto. E questa prassi porta

risultati positivi. Attenzione: risultati positivi non vuol dire semplice

eliminazione del comportamento problema, senza curarsi dell’altro. Un vero

intervento psicoeducativo non distrugge, ma crea nuove modalità, più

evolute, di espressione e di comunicazione. Sostituisce attivamente e si

ritiene completato con successo quando il comportamento problema non si

manifesta più. Se puntiamo invece solo all’eliminazione del comportamento

problema, questo ritornerà in altra forma, perché non abbiamo affrontato il

senso e la funzione reale del comportamento stesso.

L’intervento psicoeducativo non è psicoterapia né educazione generica, è

special education cioè educazione speciale, dove si integrano

necessariamente competenze pedagogiche e quelle psicologiche più

avanzate e specifiche. Un accenno ancora alla differenza con un approccio

invece solamente gestionale e assistenziale.

02.

In questo caso chi si occupa della persona con difficoltà comportamentali

cerca di limitare il danno e di proteggere lei e gli altri dagli effetti dei

comportamenti problema, ovviamente questo è fondamentale negli

interventi di gestione di una crisi, dove l’obiettivo primario e urgente è

l’incolumità delle persone o l’integrità di oggetti o simili. Ma non ci si può

limitare a questo, anche se questo può essere necessario e prioritario.

Nell’intervento psicoeducativo si va ben oltre, si cerca di capire perché un

comportamento problema si manifesta e come si potrebbe aiutare la persona

a sostituirlo con strategie più evolute. Naturalmente questo richiede tempo,

pazienza, fiducia e strategie tecniche. Negli interventi gestionali invece si vive

spesso un’illusione di soluzione del problema perché, consapevolmente o

meno, si evitano le condizioni che potrebbero scatenare i comportamenti

problema e, in questo modo, se ne impedisce la manifestazione.

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41


02.

L’intervento psicoeducativo si fonda su alleanze strategiche prima di

tutto con il soggetto e tra gli altri significativi.

Il primo livello, insostituibile, di alleanza riguarda i rapporti tra noi e il

soggetto con il comportamento problema. Non sarà possibile intervenire in

modo efficace al di fuori di alleanze positive, in un contesto di conflittualità

e sfiducia. Noi dobbiamo essere i migliori alleati del soggetto, le persone di

cui si fida maggiormente. Quando cercheremo di decidere, con gli altri

significativi, quali dei suoi comportamenti strani sono da considerare

veramente problematici e quali no, noi saremo i suoi migliori alleati,

tutelandolo e difendendolo da interventi arbitrari repressivi e dal suo stesso

comportamento. Quando cercheremo di capire le funzioni del suo

comportamento problema saremo suoi alleati se riterremo utili e importanti

per lui questi comportamenti, anche se a noi danno così fastidio. Questa

alleanza non è affatto facile: spesso la persona con difficoltà di

comportamento viene vissuta come un nemico più che come un alleato. E

all’interno del rapporto con la persona si intrecciano continuamente aspetti

positivi e negativi: empatia, irritazione, vicinanza, repulsione, gioia, rifiuto e

così via. Non è facile essere sinceramente alleati con persone che hanno

comportamenti difficili, ma è l’unica strada che può darci qualche

probabilità di riuscita.

L’intervento psicoeducativo è realizzato da tanti attori che collaborano per

un fine comune. Tutto questo costa fatica, tempo e frustrazioni. Nel

contesto si incontrano anche persone antipatiche, demotivate, negative:

come costruire alleanze con loro? Si cerca di valorizzare i ruoli, trasmettere

consapevolezze, comeptenze, definire regole, accordi. Si cerca di mettersi

nei panni dell’altro, anche quando viene definito più fuori di testa del figlio,

incontrandolo, ascoltandolo e negoziando pazientemente e apertamente

tutto ciò che serve.

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42


02.

I comportamenti problema sono funzionali al soggetto che li

manifesta, anche se realmente dannosi o controproducenti, e le

funzioni che essi svolgono sono prevalentemente comunicative e solo

in una parte minore sono invece di autoregolazione del flusso di

stimolazioni e sensazioni.

L’origine del comportamento problema è la sua buona funzionalità-utilità

per il soggetto che lo apprende proprio per questo e per la sua funzionalità

lo incorpora nel suo repertorio di possibilità di azione. In mancanza di

strategie comunicative o autoregolative migliori la persona con difficoltà

userà i comportamenti problema. Attenzione però: credere che i

comportamenti problema siano psicologicamente funzionali non vuol dire

che il soggetto strategicamente e consapevolmente decida quando, come

e con chi usarli, in una sottile progettazione deliberata.

La consapevolezza non è un requisito necessario al comportamento e al

suo cambiamento. Un bambino di 4 mesi impara a controllare il

comportamento di suo padre iniziando a piangere quando quest’ultimo si

ferma nella sua passeggiatina quotidiana con il piccolo in braccio e

smettendo subito quando il padre riparte. Il padre capisce la funzionalità

del pianto e si adegua. Ma quanta consapevolezza della funzionalità del

suo pianto avrà il bambino di 4 mesi? Non ci interessa saperlo, ci preme

solo di aver capito che quel pianto, in quelle situazioni, realizza qualcosa di

importante per lui. Gli interventi psicoeducativi dovranno basarsi sulla

comprensione delle funzioni dei comportamenti, non su altro.

L’intervento psicoeducativo rivolto al cambiamento del

comportamento problema si articola nella fase delle procedure

positive-sostitutive e in quella delle modalità positive-punitive. La

base di lavoro necessaria è proattiva, positiva e sostitutiva; se però la

gravità del comportamento lo richiede, e le cose fatte nella fase

positiva-sostitutiva non sono sufficienti, si dovrà avere il coraggio e la

responsabilità di usare procedure positive-punitive.

La tesi di fondo è molto semplice: per aiutare la sostituzione di un

comportamento problema con uno positivo dobbiamo far crescere quello

positivo. Se serve rispondere al comportamento problema con

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43


02.

delle modalità gestionali di crisi per evitare o ridurre il danno, ovviamente lo

si farà, ma le nostre energie dovranno essere concentrate sulla parte

proattiva, e cioè sull’aiuto allo sviluppo e all’impiego dei comportamenti

alternativi. Questa azione proattiva sarà positiva, utilizzerà cioè tecniche

positive, non invasive ma gradevoli al soggetto, e mirerà alla sostituzione. Può

succedere che le difficoltà siano troppo grandi e che il cambiamento

auspicato non sia ancora completamente soddisfacente. Che fare allora? Si

prova a rilanciare una nuova fase istituente di un’alleanza a un livello più alto,

sia con il soggetto che tra gli altri significativi. Ci vuole un forte senso di

responsabilità nei confronti della persona in difficoltà per accettare di

sporcarsi le mani, utilizzando procedute educative anche positive-punitive,

con tranquillità e sicurezza, fuori da ogni ipocrisia.

Dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e, all’interno

di un quadro preciso di alleanze, tutele e garanzie per il soggetto con

difficoltà, si può e si deve, se veramente necessario, agire usando anche

procedure di punizione buona, intese come azioni che producono nel

soggetto un vissuto e una consapevolezza spiacevole a causa del

comportamento problema e che ne aumentano i costi psicologici. Porre

limiti e agire in senso punitivo è molto costoso anche per l'educatore. Spesso

è così costoso che ce ne dimentichiamo, preferiamo girare la testa dall'altra

parte oppure combattiamo guerre pseudo ideologiche contro la punizione.

Ci vuole molta sicurezza, tranquillità e consapevolezza per agire anche in

senso punitivo, e lo si può fare solo nel contesto di una forte alleanza positiva

che si è sviluppata durante la prima fase dell'intervento. Naturalmente è

molto difficile, ma in alcuni casi è certamente necessario.

La difficoltà sta nel gestire una relazione in cui contemporaneamente si

sviluppino positivamente nuovi comportamenti e si pongano dei limiti forti a

quelli problematici.

Non devono però esistere scorciatoie frettolose verso la punizione, dobbiamo

essere consapevoli e bloccare ogni tentazione ad agire in modo autoritario e

violento, sia nostra che di altri. Purtroppo la punizione cattiva, vendicativa,

violenta, rancorosa, valorizzante e umiliante ha ancora un suo fascino, negato

a parole ma agito troppo frequentemente nei fatti.

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44


02.

Ovviamente non è di questa condizione che dovremmo parlare, e non va

fatta confusione, né in buona né in malafede, con la punizione buona, di cui

sosteniamo, speriamo in rari casi, la necessità.

Gli aspetti legati all'uso delle punizioni e dei rimproveri saranno ampiamente

descritti in un incontro successivo. L'accento è puntato proprio sulla funzione

della punizione e della metodologia da usare affinché abbia un riscontro

realmente educativo.

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45


I disagi dell'insegnante all'origine

dei comportamenti problema

Il comportamento problema si manifesta in genere con un disagio, vissuto

soggettivamente da chi è a contatto con la persona con difficoltà di

comportamento. L'educatore, l'insegnante, il genitore si possono trovare nella

situazione in cui uno o più comportamenti della persona con difficoltà le

fanno stare male.

Ma questo cosa significa più precisamente?

*Tratto da Ianes e Cramerotti, 2002

02.

Il disagio può assumere le forme più diverse: ansia, paura o panico, in quei

casi in cui il soggetto aggredisce, distrugge, scappa e si nasconde o manifesta

comportamenti pericolosi. Ma il disagio può assumere anche la forma

dell'irritazione, della rabbia, della collera o dell'esasperazione per

comportamenti ripetitivi e ossessionanti, per le provocazioni, per

l'opposizione, il rifiuto o la fuga. Disagio è anche noia, senso di frustrazione

per tutti gli sforzi educativi inefficaci, senso di impotenza, di incapacità, di

fatica cronica. Disagio può essere anche dolore, pena e compassione per le

ferite e le lesioni che il soggetto si provoca, senso di incomprensibilità, di

mistero e di sfuggevolezza. Disagio è anche il timore per quello che potrebbe

accadere di pericoloso al soggetto a causa del suo comportamento a rischio,

oppure può essere soltanto la percezione di una stranezza, di un'anomalia, di

bizzarrie lontane dal nostro modo di comportarsi o ben diversi dalla

cosiddetta normalità. Da questi disagi parte il lavoro sui comportamenti

problema, e questo disagio va esplorato a fondo, nelle sue soggettività, nelle

sue miscele particolari di emozioni e per quanto è possibile nei suoi motivi. Il

fatto che alcuni comportamenti generano disagio è molto utile, perché è

proprio questo malumore che attiva la tensione verso una ricerca di soluzioni.

Naturalmente, uno stesso comportamento potrà produrre i disagi diversi

nelle varie persone, ma anche i gradi diversi di disagio nella stessa persona,

ad esempio in relazione al suo umore, allora della giornata o alla presenza di

altre persone che osservano cosa accade. Addirittura incontreremo

comportamenti che creano molto disagio in alcuni e nessun disagio in altri,

situazioni in cui il disagio c'è ma è negato, oppure viene considerato un

giusto prezzo da pagare.

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46


02.

Il vissuto di disagio è estremamente soggettivo punto ma perché iniziare un

intervento psicoeducativo che vuole essere il più possibile rigoroso e

scientifico dall'elemento più incerto, notevole virgola non obiettivabili o

misurabile?

Si parte da qui perché se non ci fosse uno squilibrio che crea un disagio, un

senso di “c'è qualcosa che non va…, bisogna…” non si produrrebbe la tensione

educativa necessaria all'azione, non ci sarebbe l'energia sufficiente per

attivarsi.

I vissuti delle persone vengono per primi, con tutto quello che di positivo e di

negativo portano con sé e vanno valorizzati e ascoltati. È ovvio che una

famiglia attenta, un operatore sensibile, un'insegnante informato vivranno in

alcune situazioni molti più disagi di altre persone, e che invece in situazioni

familiari, scolastiche o situazioni degradate potranno esistere comportamenti

problema anche gravi senza alcuna percezione di disagio, nell'indifferenza

generale.

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OPZIONALE

Brainstorming

Stimolare la discussione sugli stili educativi e relazionali.

È possibile avviare attività di brainstorming partendo da queste domande:

1. Come dovrebbe essere il rapporto tra insegnante e alunno?

2. Quali sono gli aspetti che funzionano meglio in una relazione

insegnante-alunno?

3. Quali sono gli aspetti che funzionano meno nella relazione con

l'alunno?

4. Descrivi la relazione che con quell'alunno non ha proprio funzionato

In alternativa è possibile creare una tabella con due colonne in cui si

riportano "Cose da fare" e "Cosa da non fare" nella relazione con l'alunno.

L'obiettivo non è creare delle categorie nette ma attivare i docenti nella

riflessione e far emergere i punti critici della relazione educativa.

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Come introdurre il Project Work 2

"Le parole che userei"

Il secondo Project Work ha l'obiettivo di guidare i docenti in una riflessione

accurata sulle proprie percezioni e credenze relative alle manifestazioni

comportamentali inadeguate dell'alunno e relative alla propria immagine

professionale. Quest'ultima molto spesso è influenzata dalla percezione di

gravità attribuita agli eventi, non dagli eventi stessi. È una buona occasione,

quindi, per provare a comprendere cosa si nasconde dietro i profondi disagi

causati da situazioni complesse in classe. Inoltre il senso di autoefficacia di

un docente è messo a dura prova quando le innumerevoli strategie messe in

campo non sono bastate a modificare le difficoltà.

Questo lavoro, da svolgere individualmente, può far porre l'attenzione su

aspetti personali e professionali molto delicati. Ai docenti si chiede di essere

sinceri e questo può essere emotivamente molto oneroso. Le riflessioni infatti

non dovranno essere necessariamente condivise con il gruppo. Basterà che

questo esercizio si riveli costruttivo per il docente stesso e lo posizioni in una

nuova prospettiva in cui il suo ruolo professionale può aprirsi a cambiamenti

e modifiche nella direzione di un cambiamento nell'alunno.

Nella prima parte del Project Work si lascia ampio spazio a una descrizione

dell'alunno; una descrizione approfondita e precisa, da produrre con le

proprie parole affinché sia chiara anche per chi non ha mai conosciuto quello

specifico alunno. A seguito delle descrizione che probabilmente vedrà molte

criticità si chiede al docente di valutare le proprie competenze nella gestione

dell'alunno stesso. Non dovrebbe essere la risposta a un semplice "Quanto mi

ritengo bravo/utile?", ma una riflessione più approfondita sulle proprie

competenze relazionali ed emotive: ci sono punti di vulnerabilità che

emergono in diverse occasioni e con diversi alunni? Ci sono elementi comuni

nella reazione emotiva a diverse manifestazioni problematiche? Cosa può

essere migliorato? Su cosa, invece, si può puntare per "modellare" il proprio

stile educativo in favore di una buona alleanza psicoeducativa?

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3° INCONTRO

DIVENTARE INSEGNANTI ASSERTIVI

OBIETTIVI

COMPRENDERE LA

RELAZIONE TRA LO STATO

EMOTIVO DEL DOCENTE E

LO STILE COMUNICATIVO

SPERIMENTARE

STRATEGIE DI

ASCOLTO ATTIVO

INDIVIDUARE I

COMPORTAMENTI CHE

CREANO MAGGIORE

DISAGIO NEL DOCENTE

SINTONIZZARSI CON

LO STATO EMOTIVO

DELL'ALUNNO

CONTENUTI

LO STRESS DELL'INSEGNANTE IN RELAZIONE ALL'ALUNNO

STIMOLARE I MECCANISMI DI CONTROLLO

DELL'ALUNNO

COMUNICAZIONE EFFICACE

SINTONIZZARSI CON LA STATO EMOTIVO DELL'ALUNNO

RISORSE

PROJECT WORK 3: Cosa c'è che non va?

OPZIONALE

Risorse video tratte da youtube.com per la

discussione

Esercitazione errori comunicazione

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49


3° INCONTRO

DIVENTARE INSEGNANTI ASSERTIVI

03.

L'incontro ha l'obiettivo primario di creare una buona connessione teorica tra

comportamenti problematici e relazione docente-alunno, individuando gli

aspetti educativi e comunicativi che influiscono negativamente sul benessere

scolastico dell'alunno e sul benessere psicofisico del docente.

I docenti sono guidati a sperimentare nuove strategie di comunicazione, a

mettere in discussione il proprio stile educativo e a migliorare gli aspetti

maggiormente controversi, in un clima non giudicante.

SVOLGIMENTO:

Condivisione dei Project Work dell'incontro precedente

Introduzione sull'esperienza di stress che può sperimentare un docente e

le relative opzioni di intervento

Riflessione sui comportamenti che incidono sul personale grado di

tolleranza

Creare una connessione tra lo stato emotivo del docente e lo stato emotivo

dell'alunno

Comprendere il funzionamento dei meccanismi di controllo dell'alunno e

il loro "fallimento" negli episodi di difficile gestione

Conoscere le principali tecniche di comunicazione che "disattivano" i

comportamenti problematici dell'alunno

Opzionale:

video-discussione di risorse tratte da youtube.com

esercitazione sugli errori comunicazione

Project Work 3: Cosa c'è che non va?

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Lo stress dell'insegnante

03.

La conseguenza più immediata e frequente alla presenza di un alunno che con

il suo comportamento crea problemi è l'impossibilità per l'insegnante di

svolgere il proprio lavoro serenamente. Molto spesso la sua pratica

professionale è resa faticosa e la manifestazione di comportamenti di disturbo

infierisce su un'esigenza personale, oltre che lavorativa: sentirsi sereno durante

le ore scolastiche.

Le sensazioni di disagio che può provare un insegnante possono assumere

forme diverse; le più frequenti sono irritabilità, stanchezza e disimpegno nei

confronti del proprio ruolo professionale.

È bene condividere che alcune situazioni sono molto complesse da gestire in

classe e in presenza di comportamenti potenzialmente dannosi per l'alunno e

per gli altri non possono essere affrontati con un semplice ascolto attivo o con

una comunicazione assertiva. Se un alunno parla in continuazione oppure

spinge i compagni è quasi certo che il docente proverà, oltre al fastidio, una

sensazione di disagio più profondo che non gli consente di ignorare il

problema. Questa sensazione di disagio è in perno di un intero intervento

educativo e spesso fornisce più informazioni di quante se ne possano

raccogliere con un'intervista o con il confronto con un altro docente.

Individuare il proprio disagio e riuscire a descriverlo con parole rappresentative

permette di spostare il focus, di cambiare la prospettiva, e di rendere il

docente parte attiva nella relazione con l'alunno. Inoltre aiuta a decentrare le

attribuzioni sul problema: non sarà solo l'alunno ad essere problematico, ma

esisterà un docente che ancor prima di insegnare è una persona con reazioni

emotive naturali e comprensibili che hanno bisogno di essere comunicate per

stimolare un problem solving efficace.

In generale, un insegnante che si confronta con un alunno con difficoltà

attentive-comportamentali, ha diverse opzioni per fronteggiare i problemi:

Modificare l’ambiente trovando strategie utili ed efficaci per l'intera classe

con molteplici bisogni educativi. Un insegnante può, ad esempio,

introdurre modifiche nell'ambiente che tuttavia possono avere vantaggi

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51


03.

e svantaggi, o in molti casi, rischi da prevedere per essere ben gestiti.

TIPOLOGIA

ADATTAMENTO

FUNZIONE

RISCHIO

ORGANIZZAZIONE

SPAZIO-TEMPO

Compensare i deficit di

regolazione autonoma dell'alunno

e favorire la prevedibilità dei

momenti della giornata e di tutti

gli eventi ambientali

l'organizzazione degli spazi può

diventare molto rigida e per

questo risultare limitante per

altri alunni

GESTIONE SFORZO

E MOTIVAZIONE

Strutturare l'ambiente in modo da

modulare il livello di attivazione e

di movimento dell'alunno,

consentendo al contempo la

possibilità di attività esperienziali

maggiormente motivanti

Provocare elevata caoticità

nell'ambiente che potrebbe

stimolare eccessivamente o

disorientare l'alunno

Tabella. Adattamenti ambientali - funzione e rischio connesso

Tratto da Fedeli e Vio, 2017

Modificare se stesso, domandandosi cosa c'è alla base di un disagio

profondo, del timore di affrontare un alunno in classe e fermarsi a

riflettere su cosa può fare affinché questi vissuti spiacevoli interferiscano

con il proprio benessere personale e professionale.

Questo è un livello di intervento molto delicato e che tocca direttamente

alcuni stili relazionali che l'insegnante usa anche con persone al di fuori del

contesto scolastico. Ad esempio, può accadere che l'insegnante si accorga di

alimentare credenze irrazionali e disfunzionali sulla relazione con l'alunno (ad

es. "non riesco a farmi rispettare quindi non sono competente" oppure che

"devo sempre assecondare le richieste degli alunni, così mi rispetteranno").

Possono esserci occasioni in cui l'insegnante pensa che l'alunno si comporti

in un certo modo solo per infastidire e provocare, proprio per fare un dispetto;

il livello di rabbia si può prevedere. Sono pensieri che probabilmente un

insegnante non verbalizza consapevolmente in questo modo e proprio in

virtù della loro automaticità guidano le modalità di comunicazione e di

relazione.

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52


03.

Un buon percorso di Teacher Training può guidare l'insegnante a modificare

queste credenze in una forma più sostenibile e funzionale, per creare anche

condizioni diverse di benessere psicoemotivo.

In tutti questi casi è importante che il docente sperimenti nuovi pensieri

che possano consentire una gestione alternativa e migliore della propria

reazione emotiva e, indirettamente, migliorare anche la gestione

dell'alunno.

Una modalità per approcciarsi a queste modifiche è guidare il docente a

spostare il proprio focus di osservazione dagli aspetti negativi a quelli

positivi dell'alunno: guardarlo davvero con occhi nuovi e individuare i punti

di forza permette di riconoscere le qualità positive a supporto

dell'autostima dell'alunno, nei momenti di sconforto, e a supporto della

modulazione del tono emotivo dell'insegnante nei casi in cui si sperimenta

rabbia verso l'alunno.

Lo stato emotivo dell'insegnante fa la differenza

nella gestione dei comportamenti dell'alunno

Bisogna tenere presente che nei momenti di forte attivazione emotiva, per

rabbia o sconforto, è molto difficile che un docente possa sintonizzarsi con

lo stato emotivo dell'alunno e guidarlo nella risoluzione del problema. Al

contrario, reazioni come urla e ammonizioni spesso rischiano di stressare

ulteriormente le capacità di autocontrollo dell'alunno, di per sé già molto

scarse, inviando inoltre un messaggio di pericolo.

Modificare il comportamento dell’altro ovvero trovare strategie

didattiche ed educative che intervengano direttamente sulle

manifestazioni comportamentali problematiche, con l'obiettivo di

cambiarle, attenuarle o ridurne la frequenza. In molte occasioni i

comportamenti problematici interferiscono direttamente con i diritti del

docente dal punto di vista personale e professionale, ad esempio

svolgere il lavoro con serenità e portare avanti i contenuti didattici

programmati. L'insegnante potrebbe attribuire il suo disagio al

comportamento dell'alunno e quindi è bene che l'alunno arrivi a

comprendere che le sue azioni possono interferire seriamente con il

benessere del docente. Tuttavia è importante formulare tali messaggi

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53


03.

in modo efficace ovvero evitando di suscitare un senso di oppressione, disagio

e diffidenza nell'alunno. Anche in questo caso è importante comunicare

efficacemente.

Perché alcuni comportamenti sono più difficili di altri

Nell'individuare i comportamenti problematici di un alunno spesso le prime

descrizioni sono contornate da un senso di esasperazione dovuto all'elevata

frequenza con cui si manifestano. Maggiore è la frequenza maggiore è la

probabilità che un docente si senta inadeguato e senza speranze

nell'intervento educativo. Ci riferiamo a manifestazioni problematiche di

diverso tipo: aggressività verbale o fisica, parolacce, iperattività, sfide e

provocazione ecc.

Quando si presentano in classe comportamenti come quelli appena descritti

si possono creare situazioni molto complesse da gestire in quanto il livello di

stress del docente è costantemente messo alla prova. Inoltre il senso di

disagio e inadeguatezza rischia di essere anche direttamente proporzionale

nei confronti della tolleranza che il docente mostra verso quelle condotte:

maggiore sarà il livello di disagio, maggiore sarà l'intolleranza.

È bene rassicurare i docenti sulla percezione individuale dello stress che

sperimentano: nel corso della carriera scolastica ognuno impara a gestire la

propria attivazione cognitiva ed emotiva e a sviluppare un grado sufficiente

di tolleranza nella gestione delle situazioni problematiche.

Ciò che invece dovrebbe indirizzare un buon percorso di Teacher Training è la

riflessione su come molto spesso i livelli di tolleranza del docente

diminuiscano sensibilmente di fronte alla messa in atto di specifiche

condotte dell'alunno. Più il livello di tolleranza si riduce, più la situazione

verrà percepita come insormontabile e piena di ostacoli non solo complessi

dal punto di vista educativo, ma anche difficili. Ci sembra evidente che

all'interno di questo circolo vizioso ci sia una possibilità molto bassa di

riflettere sugli stili educativi, relazionali e comunicativi. Generalmente, ciò

che abbassa i limiti di tolleranza sono alcune particolari circostanze in cui le

provocazioni dell'alunno sembrano amplificarsi in maniera esponenziale

(Daffi, 2021).

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54


03.

Allora nel guidare la riflessione occorre chiedersi:

Quali sono quelle situazioni che producono un alto livello di stress negativo e

contemporaneamente abbassano i limiti di tolleranza nei confronti delle

fragilità di alcuni alunni?

È possibile individuare alcune condizioni che possono essere condivise da molti

docenti. Ci sono situazioni ad alto rischio (Daffi, 2021):

Se il comportamento problematico messo in atto dall'alunno è sempre lo

stesso e segue un "copione" ormai noto, è probabile che sin dalle prime

battute il docente riesca a prefigurarsi quali saranno gli esiti finali

Se il docente è già intervenuto più volte durante la giornata per far fronte

allo stesso tipo di comportamento, magari risolvendolo temporaneamente,

e l'alunno lo ha riproposto in maniera imperturbabile a distanza di poco

tempo come se nulla fosse accaduto

Se la provocazione dell'alunno viene fatta con un'intensità tale da risuonare

come estremamente personale con l'intento di sminuire il docente davanti

alla classe

Se in alcune circostanze non è possibile frenare il pensiero coercitivo

"Adesso basta, la cosa deve finire subito qui"

In situazioni come queste lo stress supera il personale livello di sopportazione

massima e, parallelamente, il personale limite di tolleranza cala drasticamente,

portando il docente a perdere l'equilibrio indispensabile per attuare un

intervento non solo correttivo, ma anche formativo.

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I meccanismi di controllo dell'alunno:

individuarli per scegliere come agire

Prima di esaminare le modalità di comunicazione efficace riteniamo utile

introdurre un aspetto fondamentale per produrre un cambio di prospettiva.

Come già esposto, molto spesso il basso grado di intolleranza nei confronti di

alcuni comportamenti dell'alunno è dovuto all'elevata frequenza con cui

questi si presentano: più volte accade una determinata situazione più

probabilità ci sono che io mi aspetti che accada esattamente allo stesso

modo. Per questo sottile meccanismo di aspettativa e "lettura del futuro" la

tolleranza rispetto a quella situazione si abbasserà notevolmente.

Nell'occasione successiva in cui si presenta quel comportamento, infatti,

saremo maggiormente indisposti se nella nostra mente si era prefigurata

esattamente l'evoluzione della circostanza.

Per comprendere meglio questo aspetto proviamo a riflettere su un episodio

che può accomunare le esperienze di molti docenti.

Spesso si dà per scontato che una regola debba essere consolidata e

rispettata "solo" per il fatto di essere stata ripetuta molte volte cosicché

quando l'alunno per l'ennesima volta non rispetta quella determinata regola

siamo portati ad attribuire scarso impegno ("Sa bene qual è la regola, ma non

gli va di rispettarla") o deliberata trasgressione ("Sa bene qual è la regola, ma

gli piace provocare").

03.

Quello che accade, in realtà, è che in bambini e ragazzi con difficoltà di

autoregolazione cognitiva-comportamentale i meccanismi di controllo

falliscono. Questi meccanismi potremmo paragonarli a una centrale di

controllo che interviene ogni qualvolta siamo portati ad agire

impulsivamente, in modo automatico: i comportamenti inadeguati vengono

inibiti tramite il richiamo di un dialogo interiore molto strutturato che ci

permette di ricordare cosa è conforme alla situazione e cosa invece è

inadeguato. In breve, ci aiutano a regolare il nostro comportamento in

relazione al contesto. Quando questi meccanismi falliscono nell'intento, i

comportamenti risultano irruenti, fuori luogo, fastidiosi.

In molte situazioni nel contesto scolastico l'alunno sa cosa e come dovrebbe

fare, ma non riesce ad utilizzare quell'informazione al momento giusto

oppure non riconosce che la situazione in cui si trova è proprio quella in cui

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mettere in pratica la regola che conosce bene, almeno dal punto di vista

teorico. Un piccolo punto cieco all'interno delle sue abilità. Ad esempio,

durante la lezione può dimenticare di alzare la mano o attendere il proprio

turno per prendere la parola; il suo comportamento risulterà impulsivo e

potrebbe creare fastidio generale. È proprio in quei momenti che il suo

meccanismo di controllo non ha funzionato come dovrebbe. L'esempio

riportato pocanzi potrebbe risultare banale, eppure è una delle situazioni più

comuni che, proprio in virtù della frequenza e dell'intensità con cui accade,

rientra nel circolo vizioso dell'intolleranza verso i comportamenti di disturbo.

03.

Si potrebbero elencare molti altri esempi in cui i meccanismi di controllo

falliscono: è il caso degli alunni che non revisionano il proprio lavoro oppure

si oppongono apertamente alla richiesta di apportare delle correzioni. In una

simile occasione potremmo essere portati a vedere un alunno che "non

revisiona mai i compiti che svolge, è approssimativo" e, in effetti, è ciò che si

manifesta.

Proviamo a leggere l'episodio alla luce di queste nuove nozioni e

chiediamoci: Cosa non ha funzionato per questo alunno? Perché non vuole

ricontrollare il lavoro svolto? E perché gli risulta così faticoso?

Un compito molto prolungato mette a dura prova i meccanismi di controllo e

le capacità attentive che infatti oscilleranno numerose volte nel corso del

lavoro. Dare feedback frequenti sulla correttezza del lavoro consente di

inserirsi efficacemente durante i cali di attenzione e sostenere la motivazione

dell'alunno a proseguire. Un alunno con difficoltà di autoregolazione sarà

maggiormente disposto a revisionare il proprio lavoro se riceve piccole

sollecitazioni più frequenti piuttosto di un'unica richiesta di revisione al

termine, quando apparirà troppo gravosa.

Riuscire a individuare questi cali attentivi e queste inabilità a mantenere un

adeguato controllo sul proprio comportamento possono modificare

sensibilmente la risposta del docente. L'eventuale richiamo o rimprovero può

essere efficacemente sostituito da formule verbali e non verbali che riescono

a interrompere ugualmente il comportamento inadeguato, ma non creano

reazioni a catena di ostilità o oppositività.

È utile tenere presente queste riflessioni più avanti, quando verranno prese in

esame le strategie di comunicazione.

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58


La comunicazione efficace

03.

A seguito di un'abbondante premessa sulle variabili da considerare prima di

riflettere sugli stili comunicativi, approdiamo ora alle vere e proprie modalità

di comunicazione da evitare di fronte alla messa in atto di un

comportamento da parte dell'alunno che interferisce con le esigenze

legittime dell’insegnante.

stile comunicativo aggressivo:

L'aggressività si manifesta con la tendenza a difendere i propri diritti in modo

prepotente, urtando i sentimenti dell'altro. Questa modalità può incutere

timore nell'alunno, ma alla lunga potrebbe produrre una mancanza di

rispetto da parte dell'alunno. Rientrano in questo stile espressioni come

"Sei sempre il solito; te l'avrà detto almeno 100 volte che queste cose non si

fanno! Sembri un bambino piccolo eppure alla

tua età dovresti capire certe cose!"

Tale modalità comunicativa, oltre a incentivare un conflitto, appare

fortemente giudicante in quanto si riferisce alle qualità della persona invece

che al suo comportamento, pertanto sortisce un effetto negativo anche sul

livello si autostima dell'alunno. In genere questa modalità di comunicazione

consente il controllo temporaneo della situazione, ma a distanza di poco

tempo l'alunno ricomincerà a comportarsi allo stesso modo.

Questo stile comunicativo fa sentire l'alunno controllato e lo lascia sconfitto e

con molta probabilità pieno di risentimento: la sua azione successiva sarà

ribellarsi o creare nuove occasioni per "farsi valere". Chiaramente tale circolo

vizioso non farà altro che indebolire la relazione con il docente fino a

rovinarla del tutto.

stile comunicativo passivo:

Chi assume una modalità passiva tende ad anteporre le esigenze altrui alle

proprie. Spesso ritiene che le sue esigenze siano meno importanti di quelle

degli altri oppure può temere di opporsi agli altri, per timore di una reazione

sconveniente. Nel contesto scolastico può accadere di osservare espressioni

come le seguenti:

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"Non credi che dovresti chiedere il permesso prima di uscire dalla classe?

Quante volte ancora devo ripeterti che non si urla?"

Queste domande "retoriche" mettono automaticamente il docente in una

posizione vulnerabile: l'alunno infatti può rispondere con tante provocazioni

diverse, affermando il suo potere. Cosa succede al docente? Inevitabilmente

potrebbe soffrire del fatto di non riuscire a far rispettare le proprie esigenze.

Inoltre, una modalità di comunicazione di questo tipo alla lunga potrebbe

produrre comunque una perdita di rispetto da parte dell'alunno, in quanto si

rischia di essere visti come persone incapaci di difendere i propri diritti.

È importante ribadire l'importanza per l'insegnante di essere rispettato

quando alcune azioni interferiscono con le sue legittime esigenze. Anche

l'alunno ha bisogno di comprenderlo e ci sono maggiori probabilità di

comprenderlo se viene trasmetto con una modalità comunicativa assertiva,

come descritta di seguito:

03.

stile comunicativo assertivo

questa modalità comunicativa consta di tre componenti

DESCRIZIONE

SENZA GIUDIZIO

EFFETTO

TANGIBILE E CONCRETO

REAZIONE

ALL'EFFETTO CREATO

"Quando parli durante la spiegazione (descrizione senza giudizio), io mi

interrompo di continuo, non riesco a concludere l'argomento (effetto tangibile

e concreto) e mi infastidisco (reazione agli effetti)"

"Quando dai uno spintone al tuo compagno (descrizione senza giudizio) si

può fare molto male (effetto tangibile e concreto) e io perdo la calma

(reazione agli effetti)".

Tale modalità comunicativa si basa sull'emissione del MESSAGGIO IO ovvero

una formula verbale in prima persona che permette al docente di esprimere le

proprie idee, le proprie legittime esigenze professionali e anche la sua

esperienza emotiva in modo diretto e allo stesso tempo rispettoso dell'alunno.

Non assume una posizione che prevarica oppure offende l'alunno.

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03.

Negli esempi riportati sopra il docente formula dei richiami a tutti gli effetti

che hanno lo scopo di interrompere un comportamento problematico o

fastidioso. Non è difficile immaginare modalità meno pacate per richiedere le

stesse cose. Riusciamo a immaginare le diverse reazioni dell'alunno?

È importante che il richiamo sia circoscritto a un comportamento specifico e

soprattutto che sia contestualizzato: non serve fare riferimento al passato o a

ricordi di episodi simili. La circostanza corrente è quella che permette

all'alunno di comprendere il richiamo, associando le parole del docente allo

specifico comportamento che ha messo in atto, senza sentirsi colpevolizzato.

Potremmo concludere dicendo che questa modalità comunicativa:

stimola le capacità di riflessione dell'alunno che infatti sarà

maggiormente disposto a osservare le conseguenze delle proprie azioni

salvaguarda la relazione insegnante-alunno

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61


03.

Sintonizzarsi con lo stato emotivo dell'alunno

La comunicazione insegnante-alunno ha bisogno di essere modellata. Come

abbiamo visto ci sono diversi aspetti base su cui è possibile intervenire: il tono

di voce, la formulazione delle richieste. Un altro aspetto fondamentale è la

capacità di sintonizzarsi sullo stato emotivo dell'alunno passando attraverso

un ascolto attivo e attento. Vuol dire sviluppare la capacità di cogliere ciò che

l'alunno sta esprimendo anche senza l'uso diretto delle parole, magari

attraverso il silenzio o un particolare comportamento.

È importante comprendere che gli alunni spesso faticano a esprimere un

disagio come ci aspetteremmo, attraverso parole e descrizioni dettagliate. È

molto più probabile che un alunno si esprima con comportamenti come:

rifiutarsi di disegnare, pensare ad altro, isolarsi, dimenticare materiali, scoppi

di rabbia quando perde ecc. Questi comportamenti sono manifestazioni di

disagi emotivi, non affronti personali o problemi dell'alunno.

È importante imparare a guardare l'alunno in situazioni vulnerabili in cui

non è in grado di autoregolare il proprio comportamento, le proprie

emozioni e i propri stati mentali.

Sono occasioni in cui i "meccanismi di controllo", di cui si parlava

precedentemente, falliscono, ed è molto più semplice agire dei

comportamenti per quanto inadeguati e disfunzionali piuttosto che

descrivere a parole.

Se il docente nota questi comportamenti e si rivolge all'alunno con

atteggiamento punitivo non otterrà una soluzione adeguata e, inoltre, non

medierà le emozioni spiacevoli dell'alunno che non potrà fare altro che

accentuarle. Ricordiamo che uno degli obiettivi in queste occasioni è riuscire

a guidare l'alunno nell'elaborazione autonoma della situazione e sviluppare

capacità di problem solving.

Intercettare un disagio dell’alunno è parte integrante

della funzione di un docente

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Con quest'ultima espressione non si intende la necessità di sviluppare

competenze professionali di altri settori, ma è bene precisare che i docenti

non sono estranei ai disagi emotivi e psicologici che ogni alunno porta con sé.

Sono ancor meno estranei quando questi disagi interferiscono

profondamente con l'obiettivo primario di un docente: creare condizioni

affinché l’apprendimento per il singolo alunno possa avvenire, ricordando che

le occasioni di discontrollo emotivo rendono l'apprendimento impossibile per

l'alunno.

Ecco perché è importante sintonizzarsi con lo stato emotivo dell'alunno e

predisporsi all'ascolto.

Di seguito alcuni suggerimenti:

03.

incoraggiare l'alunno a descrivere quello che succede

Si può chiedere, ad esempio, se c'è qualcosa che lo preoccupa o che gli

causa disagio tale da avere condotte inappropriate al contesto. È opportuno

usare espressioni facilitanti come "Mi sembri un po' teso, vuoi parlare di

qualcosa che è successo?" oppure "Mi sembri in difficoltà perché non hai

concluso il lavoro, come mai è rimasto a metà?". Espressioni di questo tipo

accompagnate da cenni di attenzione e vicinanza, anche fisica, aprono la

conversazione e consolidano la relazione.

Riformulare quanto espresso dall'alunno, senza aggiungere altro

Consiste nel ripetere ciò che l'alunno riporta, evitando di aggiungere

interpretazioni o cose che non sono realmente state dette. Questo consente

all'insegnante di assicurarsi di aver compreso e all'alunno di sentirsi davvero

ascoltato e capito. Ad esempio "Se ho capito bene, l'esercizio era troppo

difficile e ti sei fermato a metà".

Attraverso espressioni facilitanti come queste l'alunno viene alleggerito dal

carico emotivo evidentemente non gestibile e farà spazio alle opportunità di

apprendimento. Inoltre l'alunno sarà più disposto ad ascoltare l'insegnante se

si sente compreso. "Il lavoro è rimasto a metà e hai deciso di consegnarlo

incompleto, come pensi di risolvere?": si crea un clima di rispetto reciproco e

c'è maggiore probabilità che l'alunno si attivi per trovare soluzioni alternative

piuttosto che rimanere bloccato nel disagio emotivo.

Quando si creano tali condizioni, i problemi di disciplina diminuiscono

notevolmente e c’è più tempo per l’apprendimento.

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OPZIONALE

Alleniamoci a scovare gli errori di comunicazione

Durante l'incontro è possibile proporre questa breve attività per stimolare la

discussione e osservare i vari stili comunicativi dei docenti.

Modalità 1: Ognuna di queste frasi viene condivisa sullo schermo e tutti i docenti

si confrontano sulle proprie esperienze e sulle modifiche possibili

Modalità 2: Ognuna di queste frasi viene riportata su un cartoncino che viene

pescato, a turno, da ogni docente. In gruppo si discutono le modalità di

intervento

«SMETTI DI AGITARTI E PORTA A TERMINE QUELLO CHE TI HO CHIESTO»

Spunti per la discussione:

Che tipo di comunicazione è?

Cosa comporta il "dare ordini"?

Commento:

Richieste molto direttive possono produrre nell'alunno l'effetto

opposto: sentimenti di rivalsa o di resistenza attiva; l'insegnante

è percepito come autoritario, stimolando avversione.

«È MEGLIO PER TE CHE SVOLGI L'ATTIVITÀ COME I TUOI COMPAGNI

ALTRIMENTI AVRAI UN BRUTTO VOTO.»

Spunti per la discussione:

Che tipo di comunicazione è?

Come può sentirsi l'alunno?

Commento:

L'alunno viene messo in guardia e può percepire una minaccia

con una conseguenza esplicita. Conseguenza diretta può essere

l'opposizione alla richiesta dell'insegnante, percepito autoritario

e in posizione di "comando".

«SAI CHE È TUO DOVERE RISPETTARE I COMPAGNI IN CLASSE. I TUOI

COMPORTAMENTI INFANTILI PUOI LASCIARLI A CASA.»

Spunti per la discussione:

Che tipo di comunicazione è?

Come può sentirsi l'alunno?

Commento:

È importante specificare cosa ci si aspetta l'alunno ("rispettare i

compagni" è generico. Questa frase crea una relazione di potere

in cui l'insegnante sottintende che l'alunno non è responsabile,

tuttavia senza chiarirne in motivo.

«DOVRESTI RENDERTI CONTO CHE IN QUESTO MODO RISCHI DI ARRIVARE ALLA FINE

DELL'ANNO CON UN'INSUFFICIENZA.»

Spunti per la discussione:

Che tipo di comunicazione è?

Come può sentirsi l'alunno?

Commento:

Argomentazioni del tipo "La realtà è che tu..." mettono l'alunno

nella posizione di contro-argomentare e ribattere esprimendo le

sue legittime esigenze, tuttavia avverrà in modo disfunzionale.

Si riduce la predisposizione all'ascolto dell'insegnante.

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OPZIONALE

«TI STAI COMPORTANDO COME UN BAMBINO PICCOLO EPPURE ALLA TUA ETÀ DOVRESTI

CAPIRE ALCUNE COSE.»

Spunti per la discussione:

Che tipo di comunicazione è?

Cosa provoca nell'alunno?

Commento:

Per l'alunno non è chiaro cosa vuol dire comportarsi come un

bambino piccolo (come si comporta uno più grande?). Specificare

cosa ci si aspetta e quali regole dovrebbe interiorizzare. L'alunno

potrebbe sentirsi inadeguato e non comprendere cosa modificare

per migliorare.

«STAI PROPRIO CERCANDO DI FARMI PERDERE LA PAZIENZA.»

Spunti per la discussione:

Cosa prova l'insegnante?

Come reagirebbe l'alunno?

Commento:

Interpretare il comportamento di un alunno spesso porta a

conclusioni errate. L'alunno potrebbe sentirsi non compreso se il

suo comportamento non è finalizzato a provocare. Il richiamo viene

vissuto come un'ingiustizia.

«NON È POSSIBILE CHE IO DEBBA RIPETERE 100 VOLTE LA STESSA COSA, SAI GIÀ COSA

FARE, QUINDI NON PERDERE TEMPO.»

Spunti per la discussione:

Cosa prova l'insegnante?

Come reagirebbe l'alunno?

Commento:

L'alunno potrebbe sentirsi inadeguato in quanto sa bene cosa

andrebbe fatto, ma nel momento in cui è chiamato a farlo perde

quelle informazioni. In genere vive frustrazione per non riuscire ad

essere adeguato. Specificare cosa dovrebbe fare e rinforzarlo

quando esegue correttamente il comportamento.

«ADESSO BASTA! TI HO DETTO DI ANDARE AL TUO POSTO E ADESSO LO FAI PERCHÈ IO

SONO L'INSEGNANTE, NON SI DISCUTE!»

Spunti per la discussione:

Cosa prova l'insegnante?

Come impostare una regola?

Commento:

Si rinforza la posizione vulnerabile dello studente che sarà

stimolato a controbattere per esprimere i suoi diritti ("Io faccio

quello che voglio!"). Le regole dovrebbero diventare routine di

comportamento, non imposizioni. Il rischio è la ribellione e il senso

di rivalsa per le successive occasioni, nonostante il controllo

temporaneo della situazione corrente.

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OPZIONALE

Video-discussione

Le seguenti risorse video sono reperibili su YouTube.com (i link si trovano nella sezione Sitografia)

Il confronto può essere indirizzato sugli stili comunicativi dei docenti e degli alunni presenti nelle

clip. A prescindere dallo specifico episodio è bene guidare il docente a riflettere sugli aspetti che

potrebbero migliorare o peggiorare una situazione (contesto, richieste verbali, linguaggio non

verbale, presenza dei compagni, eventuali punizioni, comunicazione retorica e così via).

Riportiamo alcuni stralci di conversazione che possono essere spunto di discussione, ma

invitiamo il lettore a visionare questi brevi video e adattarli allo svolgimento delle tematiche per il

terzo incontro.

L'insegnante dice: pensi di essere furbo?

I compagni ridono

L'alunno rimane in piedi per punizione

L'insegnante dice: Vi sembra un

comportamento da persone civili?

L'insegnante dice: se risponde ancora una

volta la sbatto fuori

L'alunno risponde: perché, non si può dire la

propria?

Domande guida:

Cosa succede nell'episodio?

Come si comporta l'alunno?

Che cosa scatena il suo comportamento?

Come reagisce l'insegnante?

Com'è il tono di voce e il linguaggio non verbale dell'insegnante?

Cosa fanno i compagni di classe?

Come prosegue l'attività didattica?

Ipotesi sullo scopo del comportamento (evitare la lezione, richiedere ascolto ecc.)

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Come introdurre il Project Work 3

"Cosa c'è che non va?"

Il terzo Project Work chiede al docente di riflettere sui diversi stili comunicativi.

Non è necessario che il docente si ritrovi esattamente nelle esperienze di

comunicazione presenti nella tabella. L'importante è che sia disposto a mettere

in discussione le modalità di comunicazione disfunzionali in modo da produrre

alternative valide ed efficaci.

Nel corso dei giorni che separano dall'incontro successivo i docenti possono

provare ad auto-osservarsi nelle richieste che pongono ai loro alunni o nei

momenti di richiamo. Il solo esercizio di provare a fermarsi durante queste

azioni quotidiane è in grado di produrre un aumento della consapevolezza e

quindi una maggiore predisposizione al cambiamento.

Per ognuno degli episodi riportati in tabella il docente individua quali sono i

punti deboli ovvero "gli errori di comunicazione" e prova a individuare

un'alternativa valida: Cosa si potrebbe dire al posto di...? Cosa si potrebbe fare

per evitare che l'alunno si senta...?

Al fine di rimanere focalizzato sugli obiettivi dell'esercitazione, il docente può

usare come riferimento i tre principi cardine della comunicazione assertiva. A

tale scopo è stato creato un allegato che riassume graficamente questo stile

comunicativo; può essere utile per aiutare il docente a condurre il

ragionamento in autonomia.

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4° INCONTRO

IMPOSTARE UN'OSSERVAZIONE DIRETTA DEL

COMPORTAMENTO

04.

OBIETTIVI

IMPARARE A

SVOLGERE

OSSERVAZIONI

STRUTTURATE

SPERIMENTARE

TECNICHE

SPECIFICHE DI

INTERVENTO

PSICOEDUCATIVO

DISTINGUERE I

COMPORTAMENTI

FASTIDIOSI DA QUELLI

PROBLEMATICI

INDIVIDUARE UN

COMPORTAMENTO,

OSSERVARLO E STABILITRNE

LA PROBLEMATICITÀ

CONTENUTI

TECNICHE SPECIFICHE DI INTERVENTO

PSICOEDUCATIVO-COMPORTAMENTALE

ANALISI FUNZIONALE DEL COMPORTAMENTO

L'IMPORTANZA DELL'OSSERVAZIONE STRUTTURATA

LA DECISIONE DI REALE PROBLEMATICITÀ

RISORSE

PROJECT WORK 4: Perché è un problema?

OPZIONALE

Esercitazione sui comportamenti problema

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4° INCONTRO

IMPOSTARE UN'OSSERVAZIONE DIRETTA

04.

Alla luce delle premesse teoriche dei precedenti incontri è bene ribadire che

l'intervento psicoeducativo non dovrebbe essere concepito come un'azione

generica e approssimativa per "cambiare l'alunno". Per ottenere risultati

apprezzabili, il docente dovrebbe concentrarsi su un unico comportamento

target da osservare, valutare e modificare. In questo modo si acquisisce un

metodo, una prassi educativa, che può essere estesa anche ad altri aspetti in

un successivo momento. Ancor prima di arrivare alla fase di osservazione vera

e propria, il docente ha bisogno di acquisire altre competenze propedeutiche

agli step successivi: in questo incontro infatti il focus è posto sulla decisione di

reale problematicità di un comportamento al fine di filtrare le manifestazioni

maggiormente complesse e orientare l'attenzione su un unico aspetto. Il

docente è invitato a individuare un comportamento su cui intervenire e a

riflettere sulle conseguenze emotive e contestuali dello stesso.

SVOLGIMENTO:

Esposizione teorica sulle tecniche specifiche di intervento psicoeducativo

Analisi funzionale del comportamento: un'introduzione

acquisire un metodo di osservazione strutturata

Compilazione di un elenco grezzo (ogni docente individualmente)

Condivisione degli elenchi prodotti

Stabilire la reale problematicità di un comportamento

OPZIONALE: Esercitazione sui comportamenti problema

durante la discussione è importante evidenziare che l'obiettivo è

riuscire a descrivere i comportamenti al netto di interpretazioni e

giudizi personali che rischiano di condurre a un ragionamento circolare

Project Work 4: Perché è un problema?

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Tecniche specifiche

di intervento psicoeducativo comportamentale

Un buon intervento a favore di un bambino con difficoltà di attenzione e/o

comportamento richiede una corretta conoscenza delle caratteristiche del

disturbo, un'attenta osservazione dell'interazione che il singolo alunno attua

rispetto all'ambiente, la scelta accurata di specifici obiettivi da perseguire e

l'attuazione di una strategia d'azione correttamente pianificata.

Qui considereremo alcune tecniche di gestione del comportamento che

permettono all'adulto di agire a livello di conseguenze ambientali,

incrementando la probabilità che il bambino mostri i comportamenti corretti e

favorendo un decremento delle azioni inadeguate. Tali tecniche, formalizzate

dalla psicologia comportamentista, sono attualmente utilizzate dai teorici di

ogni formazione, in special modo da coloro che fanno riferimento

all'orientamento cognitivo-comportamentale e possono essere integrate con

successo all'interno di una rete di significati e costrutti differenti.

04.

Le tecniche di gestione comportamentale, se applicate correttamente,

costituiscono un efficace intervento a breve e a lungo termine sulle scelte

comportamentali dell'alunno.

L'intervento sul comportamento dell'alunno

Tratta da Cornoldi et. al 2001

Per impostare correttamente un efficace intervento di modificazione del

comportamento dell'alunno, è importante tenere presente alcuni punti che

elencheremo qui di seguito sotto forma di suggerimenti generali, applicabili

trasversalmente a qualunque situazione:

È di primaria importanza fare una scelta accurata di quali siano i

comportamenti inadeguati attuati dall'alunno, quindi stabilirne frequenza

e rilevanza per poter strutturare un intervento individualizzato e non

generico;

Condurre numerose sistematiche osservazioni dell'alunno permette di

definire antecedenti e conseguenze della comportamento dell'alunno e

consente di evidenziare la funzione del suo agire (Cosa vuole ottenere?)

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70


04.

È molto più efficace e realistico porsi nell'ottica di aumentare la comparsa

dei comportamenti corretti, piuttosto che far diminuire la frequenza dei

comportamenti inadeguati;

È auspicabile che un piano di intervento in ambito scolastico includa

anche alcuni obiettivi strettamente didattici, come il raggiungimento di

una certa quantità di lavoro completato o corretto. Concentrarsi solo sulla

modificazione del comportamento potrebbe aumentare il ritardo nelle

acquisizioni che spesso caratterizza il curricolo di questi alunni.

Nelle fasi di osservazione e analisi è molto utile prestare attenzione, a

particolari momenti della giornata, come l'intervallo, lo spostamento da

un luogo all'altro, la mensa, l'avanzamento di richieste alla classe. Spesso

si configurano come momenti scatenanti la comparsa del

comportamento di disturbo.

In qualunque caso la tecnica dell'anticipazione consente di disinnescare

eventuali momenti attivanti. Prima delle attività, ricordare all'alunno

quale comportamento gli è richiesto oppure cosa ci aspettiamo che faccia

e quale gratificazione potrebbe avere con una condotta adeguata; questo

consente di anticipare all'alunno la serie di eventi che sta per affrontare e

consente di attivare i meccanismi di controllo per una risposta

comportamentale più idonea.

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71


Introduzione su...

analisi funzionale del comportamento

*Le strategie di osservazione tramite l'analisi funzionale saranno approfondite maggiormente

nella sezione "Il modello ABC"

04.

Uno dei presupposti fondamentali nell'analisi e nella successiva gestione di

una situazione problematica è che il comportamento osservato deve essere

messo in relazione con un insieme di variabili esterni alla specifica persona,

nel nostro caso all'alunno. Il comportamento in sé, infatti, non può essere

compreso senza queste variabili. Deve necessariamente essere messo in

relazione al contesto e più nello specifico alle conseguenze che lo

mantengono e agli eventi che lo precedono (antecedenti). In altre parole, per

ogni comportamento è necessario chiedersi cosa è successo subito prima e

che cosa è successo subito dopo.

Un bambino o un ragazzo con importanti difficoltà nell'autoregolazione

cognitiva e comportamentale ha un limite costituzionalmente determinato

nella gestione del comportamento e dell'emotività. Questo però non esclude

che delle modifiche ambientali possano intervenire a favore

dell'attenuazione di situazioni critiche. Le modificazioni esterne, infatti,

concorrono in maniera rilevante nella strutturazione ed evoluzione dei

sintomi sia in maniera negativa che positiva.

L'obiettivo primario dell'analisi funzionale del comportamento è legare il

momento della valutazione a quello dell'intervento. Una volta verificato

attraverso le osservazioni sistematiche che un preciso comportamento (es.

spingere un compagno) si verifica con una frequenza o un'intensità

particolarmente elevate, sarà fondamentale analizzare le contingenze

ambientali ovvero tutto ciò che accade prima (antecedenti) e dopo

(conseguenze) dello specifico comportamento. Questo è il punto di partenza

per un intervento educativo efficace.

L'analisi funzionale permette di analizzare nel dettaglio gli eventi che

favoriscono la comparsa del comportamento problematico e gli eventi che

tendono a rinforzarlo. Una volta individuati gli elementi salienti è possibile

intervenire direttamente sul comportamento dell'alunno evitando approcci

punitivi o coercitivi; al contrario, l'intervento avrà lo scopo di modificare gli

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72


04.

antecedenti o di agire sulle conseguenze, in modo da non rinforzare i

comportamenti disfunzionali.

Questo modello di osservazione prevede che si analizzino altre due variabili

importanti:

il contesto fisico e relazionale, ovvero il momento della giornata e il luogo

fisico in cui l'alunno svolge l'attività osservata, la presenza di eventuali

compagni/adulti ecc.;

la condizione psicofisica dell'alunno, ovvero eventuali stati di stanchezza,

momenti di agitazione, momenti di "assenza" dalle attività in corso ecc.

Perché fare attenzione a queste due variabili?

Nel contesto scolastico le variabili da gestire possono essere davvero

numerose e per questo l'attenzione riservata allo specifico alunno potrebbe

comprensibilmente venire meno. Spesso non è possibile modificare gli

antecedenti o le conseguenze di un comportamento, allora si può intervenire

sulle dimensioni contestuali e individuali.

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73


L'importanza dell'osservazione strutturata

*Tratto da Ianes, Cramerotti (2002)

L'osservazione iniziale serve a raccogliere dati sulla situazione,

concentrandosi su ciò che serve alla realizzazione di un intervento

psicoeducativo. Nel contesto di un Teacher Training potremmo dire che la

condivisione in gruppo diventa una vera e propria valutazione focalizzata alla

soluzione del problema, dal momento che dovrà essere limitata, specifica e

mirata (una valutazione più ampia, invece, dovrebbe essere già avvenuta nel

caso di progettazione di Piano Educativo Individualizzato).

04.

La prima esperienza di condivisione in gruppo è fondamentale per la

definizione delle procedure, delle modalità, dei tempi, degli strumenti di

intervento per definire un'osservazione quantitativa del comportamento

problema. Va chiarito fin da subito che la valutazione del comportamento

problema si articola in una parte quantitativa e in una qualitativa; queste

due si intrecciano continuamente.

Dalla valutazione iniziale è fondamentale capire come, quanto e perché si

manifesta un comportamento problema e per questo sono essenziali le

metodologie qualitative e quantitative. Il primo tema da affrontare nel

gruppo è il come si manifesta il comportamento, e questo ci porta alla

metodologia della descrizione operazionale del comportamento.

Da dove iniziare per descrivere un comportamento?

La descrizione del comportamento deve essere operazionale. Con questo

termine si intende una descrizione obiettiva e puntuale di quello che si

verifica. Il comportamento viene perciò descritto esattamente così come

viene osservato, tralasciando qualsiasi termine che possa dare adito a

interpretazioni. Quando ci apprestiamo a osservare il comportamento

dell'alunno può essere di aiuto pensare di dover descrivere la scena in modo

così puntuale da permettere a un pittore di rappresentarla in un quadro,

anche senza vederla direttamente. Quest'ultimo per riuscire a riportare su

tela quello che si sta verificando avrà bisogno di termini prettamente

descrittivi. Se usassimo, infatti, vocaboli come agitato, caotico, tranquillo ecc,

pittori diversi rappresenterebbero in modo diverso il comportamento, in base

all'interpretazione personale che danno alle etichette verbali riferite.

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74


Una prima fase può prevedere la compilazione di un elenco grezzo dei diversi

comportamenti che vengono vissuti con vari disagi. Ogni docente può

scrivere un proprio elenco grezzo (*vedi tabella) di comportamenti

dell'alunno che gli producono una qualche forma di disagio, quest'ultima da

riportare accanto ad ogni comportamento. L'elenco va compilato cercando di

essere il più possibile precisi nella descrizione del comportamento, ma senza

dilungarsi eccessivamente e cercando di riportare, vicino ad ogni

comportamento, i sentimenti di disagio che la persona vive, nominati come

può, ovviamente.

A questo punto il compito successivo del gruppo diventa quello di

confrontare gli elenchi, un confronto prima sui comportamenti e poi i suoi

vissuti. Generalmente questo livello di confronto è poco articolato perché ha

come obiettivo la costruzione di un elenco condiviso ovvero una lista che

contenga tutti i comportamenti che causano disagio ai docenti presenti.

Nella lista finale saranno presenti alcuni comportamenti condivisi da più

docenti e altri magari riportati da un solo docente. In questa fase non è

importante mettere in ordine in comportamenti in base al numero di

segnalazioni effettuate; basterà riportarli tutti con precisione e dare uguale

importanza di discussione a ognuno di loro.

04.

CATEGORIA

COMPORTAMENTALE

COMPORTAMENTI

VISSUTI EMOTIVI

AGGRESSIVITÀ

- Dà calci

- Spinge i compagni

- Sputa

Talvolta i miei interventi volti alla

riduzione dell’aggressività hanno

l’effetto contrario. Non ho ancora

trovato un modo valido per arginare

efficacemente questi episodi

IPERATTIVITÀ

- Passa da un'attività

all'altra repentinamente

- È impulsivo e precipitoso

Sento di perdere la pazienza perché

devo continuamente richiamarlo

IMPULSIVITÀ

- Esce senza chiedere il

permesso

Mi fa molto irritare

Tabella. Esempio di Elenco grezzo dei comportamenti

*Tratto da Ianes, Cramerotti (2002)

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75


Nel costruire questo elenco si dovranno probabilmente chiarire alcune

descrizioni di comportamento, verificando se si sta parlando della stessa

azione, o di una sua variante, in modo che il comportamento che si scrive

nell'elenco condiviso sia perfettamente chiaro a tutti, anche a quelli che non

l'hanno mai visto. L'elenco condiviso è il primo prodotto importante di

questa prima fase di alleanza psicoeducativa: contiene tutti i comportamenti

dell'alunno che producono in questo gruppo di persone un qualche disagio,

con accanto una sintesi dei vissuti di disagio più frequentemente

manifestati.

04.

La domanda da porsi è:

Proprio tutti questi comportamenti, nessuno escluso, sono davvero

problematici?

In questa fase bisogna chiederselo per introdurre un'altra fase cruciale

dell'intervento: la decisione di reale problematicità.

La decisione di reale problematicità

È necessario individuare in maniera condivisa quali sono i comportamenti

davvero problematici per l’alunno e non per noi. Quest'ultima espressione

("non per noi") potrebbe essere fuorviante: potrebbe far intendere che

esistano due categorie distinte di comportamenti problematici, quelli veri

per l'alunno e quelli falsi solo per noi.

Generalmente la difficoltà principale in questa fase è accettare che i

comportamenti falsi (quindi non realmente problematici) siano il frutto della

nostra arbitraria severità di giudizio o delle nostre aspettative esagerate che

penalizzano l’alunno.

L'indizio che aiuta maggiormente a decidere se il comportamento è

realmente problematico per la persona è il vissuto emotivo associato. Questo

passaggio è pedagogicamente e psicologicamente molto delicato, perché

nella decisione di reale problematicità tutti devono fare un reale cambio di

prospettiva: da quella soggettiva del disagio per sé a quella oggettiva di

problema reale e urgente per l’alunno. I disagi riportati non si

interpreteranno psicologicamente, magari mettendoli a confronto con quelli

riportati dagli altri, decidendo chi ha ragione di essere a disagio e chi no. I

vissuti sono primariamente personali e vanno rispettati a fondo.

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76


04.

Si dovrà invece elaborare la consapevolezza che i vissuti personali di

disagio hanno due funzioni basilari in questo processo:

dare origine all’inclusione di un comportamento nel singolo elenco

grezzo dei comportamenti problema e, successivamente

costruire la base di riflessione quando si tratterà di decidere assieme,

ma sulla base del singolo vissuto, se per l'alunno e non per noi quel

comportamento costituisce un reale problema, su cui dovremmo

intervenire.

La prospettiva da assumere può essere definita una prospettiva esterna

rispetto a quella degli altri e dell'alunno. È una prospettiva neutrale, che

ha a cuore esclusivamente il benessere, lo sviluppo e la liberazione

dell'alunno dai vincoli dei suoi comportamenti problema. Potrebbe darsi

che un comportamento venga vissuto come problematico da quasi tutti,

ma dall'alunno evidentemente no, dato che continua a metterlo in atto e

magari con grande soddisfazione.

Decideremo allora che è realmente problematico perché la maggioranza lo

vive come tale o non lo considereremo affatto un problema, perché

l'alunno non lo vive con disagio? Non dobbiamo fidarci né di una

prospettiva né dell'altra.

Per definire la reale problematicità di un comportamento è utile basarsi su

tre criteri che permettono di prendere una decisione nel modo più

razionale e obiettivo possibile:

1. IL CRITERIO DEL DANNO

Ci si può chiedere se quel comportamento produca - all'alunno, ad altri o a

cose - un danno documentabile. Se la risposta che è possibile dare, e sulla

quale si dovrebbe raggiungere un accordo significativamente solido, è

affermativa, allora non dovrebbero esserci dubbi: il comportamento è

realmente problematico.

Questo è tipicamente il caso delle varie forme di autolesionismo, della

ruminazione, del vomito, delle aggressioni, delle distruzioni ecc. In questa

fase è importante che non si cerchi di spiegare il comportamento con vere

teorie interpretative o tantomeno di prospettare soluzioni/interventi.

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77


04.

In questa fase si deve solamente decidere se è un problema o no, il resto

verrà in seguito, naturalmente solo nel caso in cui il comportamento sia un

reale problema.

2. IL CRITERIO DELL'OSTACOLO

Spesso si incontrano dei comportamenti che vengono vissuti anche con

grande disagio, ma che non danneggiano, in senso fisico, l’alunno o altre

persone o oggetti: si pensi ad esempio all’ecolalia, alle stereotipie, alle

abitudini molto rigide. Se ad esempio un alunno passa tutto il suo tempo

dondolandosi sul tronco e rendendosi in questi periodi quasi del tutto

inaccessibile alle proposte di stimolo educativo che gli vengono fatte,

questi suoi comportamenti gli sono di notevole ostacolo. Questo ostacolo

frena varie dimensioni del suo sviluppo. È un ostacolo per lui, non un

ostacolo per noi, per il nostro lavoro educativo, a prescindere da quanto

possa suscitarci vissuti spiacevoli come irritazione o fastidio.

3. IL CRITERIO DELLO STIGMA SOCIALE

Esistono dei comportamenti che non danneggiano o ostacolano l'alunno,

ma che vengono comunque vissuti con disagio e inclusi nell'elenco

condiviso.

Ma se non danneggiano od ostacolano, sono reali comportamenti

problema? Si potrebbe rispondere di no, che sono invece deviazioni

positive dalla norma, variazioni anche molto bizzarre nel modo di

comportarsi, modi strani di esprimere la propria identità, altrettanto

bizzarra e originale che, proprio per questo, vanno assolutamente tutelati,

protetti, in quanto è diritto dell'alunno manifestarsi per quello che è, senza

l'obbligo di adeguarsi a qualche vissuto di disagio o le aspettative della

maggioranza benpensante. questo è senz'altro un diritto fondamentale di

ogni persona ma questo criterio di decisione ci invita a fare i conti in modo

realistico o esclusivamente protettivo per la persona con difficoltà, con i

meccanismi gli effetti dello stigma sociale.

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78


04.

Per poter ordinare secondo un qualche criterio da riportare nell'elenco

condiviso si propone una scala a tre livelli per decidere in modo

collaborativo qual è il livello di priorità e di gravità dei comportamenti

problema:

1. comportamento nocivo-priorità assoluta

2. comportamento distruttivo-dannosi, interferenti

3. comportamento distraente-glielo ostacolo, lieve danno

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79


OPZIONALE

Perché è un problema?

RIFLESSIONE COLLETTIVA

ELENCO DELLE SITUAZIONI

1. Ogni volta che l'insegnante gli presenta un lavoro da svolgere, F. urla o scappa dalla

classe

2. Durante la spiegazione A. ride e fa i versi degli animali

3. L. si dondola sulla sedia per 15 minuti

4. All'improvviso N. lancia oggetti ai compagni oppure butta a terra i materiali che sono

sul banco

5. S. passa l'intera ora strappando fogli da accartocciare e lanciare nel cestino

6. Circa 3 o 4 volte al giorno si può osservare M. che ha comportamenti fuori luogo

come saltellare sul posto emettendo versi striduli

Interpretare o descrivere?

ELENCO DELLE SITUAZIONI

1.

2.

3.

4.

A. rifiuta di fare i compiti perché pensa di non essere in grado.

R. è aggressivo perché probabilmente a casa non c'è un ambiente sereno

S. risponde male all'insegnante perché è abituato così anche in famiglia

L. saltella e fa i versi perché è maleducato

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Come introdurre il Project Work 4

"Perché è un problema?"

Il quarto Project Work ha l'obiettivo di indirizzare il docente a individuare

pochi comportamenti target e a stabilirne la reale problematicità in modo

chiaro e obiettivo. Il rischio del voler intraprendere un percorso

psicoeducativo di cambiamento comportamentale è quello di voler cambiare

l'alunno stesso, come ampiamente argomentato. Il Teacher Training vuole

invece condurre la riflessione su pochi aspetti affinché sia generalizzata in

più contesti e occasioni.

Per questo motivo si chiede al docente di individuare, nei giorni che separano

dal successivo incontro, due comportamenti tipici del suo alunno e annotare

in maniera operazionale cosa produce in termini di conseguenze personali e

ambientali. Questa fase è relativa alla sola osservazione preliminare al fine di

distinguere le percezioni personali (di gravità, di intolleranza o di

incontrollabilità) dalle descrizioni obiettive del comportamento e le

immediate conseguenze (vissuto emotivo, reazioni nel contesto classe ecc).

Anche questa esercitazione ha lo scopo di far acquisire un metodo di

osservazione sistematico e privo di giudizi personali: non si chiede di

interpretare o di capire il perché di un comportamento; è importante che il

docente aderisca a questa modalità e che ne comprenda le reali finalità.

Quello che si rende necessario a questo punto del percorso è iniziare a

osservare il proprio alunno in modo più consapevole. Il solo atto di fermarsi

ad appuntare alcune reazioni o sfumature dell'evento rende il docente

maggiormente lucido di fronte alla situazione, di conseguenza avrà più

possibilità di focalizzare la propria attenzione e impegnarsi nella

modificazione di un comportamento.

Inoltre, per ogni comportamento target individuato si chiede di stabilirne la

reale problematicità basandosi su criteri quali: danno, ostacolo e stigma.

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80


5° INCONTRO

IL MODELLO ABC

05.

OBIETTIVI

IMPARARE A

SVOLGERE

OSSERVAZIONI

SISTEMATICHE

INDIVIDUARE IL

MOMENTO

ESATTO IN CUI

INTERVENIRE

IDENTIFICARE

ANTECEDENTI E

CONSEGUENZE DEL

COMPORTAMENTO

CONOSCERE LE DIVERSE

STRATEGIE DI INTERVENTO IN

BASE ALLO STATO EMOTIVO-

PSICOLOGICO DELL'ALUNNO

CONTENUTI

IL MODELLO ABC

LE FASI DEL COMPORTAMENTO PROBLEMATICO

OPZIONI DI INTERVENTO PSICO-EDUCATIVO

DISINNESCARE I COMPORTAMENTI ESPLOSIVI

RISORSE

PROJECT WORK 5: Modello ABC

OPZIONALE

Video-discussione

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81


5° INCONTRO

IL MODELLO ABC

05.

A questo punto del Teacher Training si entra nel vivo delle osservazioni

sistematiche del comportamento attraverso il Modello ABC, un modello

teorico che mette in stretta connessione gli Antecedenti (A), il

Comportamento dell'alunno (B) e le Conseguenze personali e ambientali (C).

L'obiettivo sarà quindi trasformare le impressioni soggettive dei docenti in

impressioni oggettive e quantificabili del comportamento.

SVOLGIMENTO:

Discussione e condivisione del Project Work 4

Introduzione sul Modello ABC

Opzioni di intervento psicoeducativo

Le fasi del comportamento problematico

La scelta del comportamento target

OPZIONALE: Video-discussione

Project Work 5: Il Modello ABC

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82


Il Modello ABC

05.

Avere delle conoscenze generali sulle basi del comportamento rende più

agevole intraprendere azioni per affrontare problemi comportamentali, I

principi base del Modello ABC sono semplici, come si può vedere nella

figura che segue.

A B C

Antecedente Comportamento Conseguenze

Per un appropriato ed efficace intervento educativo sul comportamento è

essenziale avere una buona conoscenza di queste tre componenti.

Alcuni comportamenti sembrano avvenire in modo discontinuo,

imprevedibile, senza alcun apparente motivo o fattore scatenante.

È bene, in questa fase, focalizzare l’attenzione sulla comprensione e sullo

sviluppo delle abilità necessarie per portare alcuni specifici

comportamenti sotto il controllo di precisi stimoli (si pensi, ad esempio, a

una richiesta verbale). In questo processo si aiuterà il bambino a sviluppare

un comportamento appreso, come si può vedere nella tabella riportata.

A

Stimolo antecedente

B

Risposta

comportamentale

C

Stimolo conseguente

Per favore, metti a

posto i materiali che

non servono per

questa lezione

Il bambino prende i

materiali e li mette via

L'insegnante dice:

Molto bene, sono

contenta/o che tu abbia

messo via i materiali

appena te l'ho chiesto

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83


04.

La sequenza può continuare, poiché la reazione dell'insegnante è una

conseguenza del fatto che l'alunno abbia ascoltato la consegna ma anche

uno stimolo a una successiva risposta positiva dell'alunno (un sorriso) in

quanto si sente gratificato.

La sequenza qui riportata è molto semplice e senza effettuare analisi

particolarmente tecniche si può notare come a partire da una richiesta

dell'adulto si possa generare più di una risposta appresa.

A

Stimolo antecedente

B

Risposta

comportamentale

C

Stimolo conseguente

L'insegnante dice:

Molto bene, sono

contenta/o che tu

abbia messo via i

materiali appena te

l'ho chiesto

Il bambino sorride

L'insegnante fa un

cenno di assenso

Sia l'insegnante che l'alunno fanno un'esperienza piacevole

dell'interazione. Questa condizione è diametralmente opposta alle

situazioni in cui si creano sensazioni spiacevoli come rabbia o dolore per

l'alunno e rabbia o frustrazione per l'insegnante se non viene obbedito.

Il principio di base del Modello ABC è che si può raggiungere un adeguato

livello di interazioni positive, aumentando così la forza del legame emotivo

e di conseguenza aumentando il tempo per l'apprendimento in classe.

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84


Le fasi del comportamento problematico

05.

Lo scopo essenziale di un piano di intervento psicoeducativo è la gestione di

una crisi comportamentale affinché l'alunno sperimenti una situazione

protetta, al pari del gruppo classe, nel più breve tempo possibile.

Per intervenire correttamente su un comportamento problematico è

fondamentale individuare chiaramente lo specifico momento in cui l'alunno

si sta attivando nella direzione disfunzionale. C'è uno specifico momento,

infatti, in cui l'alunno oltrepassa una soglia che conduce all'esplosione

temuta. Con esplosione intendiamo quel momento in cui le capacità di

ragionamento e di riflessione dell'alunno saranno chiaramente compromesse,

in quanto in preda alla rabbia o ad altre emozioni spiacevoli. In questi

momenti, ovviamente, è impensabile sperare che l'alunno recepisca un

richiamo o sia disposto a riflettere sulle azioni svolte. Allo stesso modo, non si

può chiedere all'alunno di verbalizzare l'esperienza o convincerlo che

dovrebbe comportarsi in un altro modo. Questo momento di massima

esplosione è sempre seguito da un "recupero funzionale" ovvero un momento

in cui l'alunno inizia a raffreddarsi e potrà essere più disposto a parlare di ciò

che è successo.

A questo proposito riportiamo uno schema grafico delle fasi del

comportamento problematico con il fine di guidare il docente a prestare

attenzione a quei dettagli che, seppur apparentemente irrilevanti, sono in

grado di attivare l'alunno.

Le teorizzazioni riportate nelle pagine seguenti aiutano a rispondere a

domande quali

Come interrompere sul nascere, se possibile, la catena di comportamenti

problema?

Quali sono i segnali verbali, fisici o affettivi che l'alunno ci invia per

segnalare l'imminente inizio di un evento particolarmente complesso?

Se il comportamento non viene interrotto, com'è possibile fronteggiare la

situazione?

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05.

FASE 3

CRISI ACUTA

L'alunno non è in grado di

elaborare le informazioni

FASE 2

INTENSIFICAZIONE

Interrompere: facilitare la

ridirezione/il rilassamento

FASE 4

INIZIO RECUPERO

L'alunno può riacquistare il

controllo o intensificare

l'episodio

FASE 1

FASE 5

____________________________________

STIMOLO SCATENANTE

Fare attenzione ai segnali fisiologici,

RECUPERO

L'alunno è in grado di elaborare le

individuare gli antecedenti

informazioni: discutere e commentare

*Tratto da Janney e Snell (2000)

Come si può evincere dalla rappresentazione grafica, il comportamento

problematico ha una specifica modalità con cui si manifesta e in tutti i casi è

possibile identificare le cinque fasi. Per ognuna delle fasi inoltre è possibile

intervenire in modo diverso al fine di interrompere l'escalation o al fine di

recuperare la funzionalità dell'alunno.

Molti educatori, tecnici e genitori rimangono concentrati sull'interrogativo

drammatico "Cosa è più giusto fare per l'alunno quando...", ma questo

interrogativo è destinato a non avere una risposta soddisfacente in quanto un

buon intervento psicoeducativo non definisce particolari modalità di risposta

ai comportamenti problemi, ma li anticipa, li previene, creando attivamente

tutte le condizioni necessarie affinché l'alunno sviluppi strategie alternative

positive (Ianes, Cramerotti, 2002).

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86


05.

La scelta del comportamento target

L'idea di base è quindi individuare un comportamento sul quale è possibile

intervenire in modo tempestivo e con maggiori possibilità di risposta. Al fine

di rendere più chiaro questo meccanismo riportiamo la suddivisione in fasi

proposta da Daffi (2021) che prevede l'aggiunta di due momenti.

FASE 3

ALUNNO

IN CONFLITTO

FASE 4

ESPLOSIONE

FASE 5

ALUNNO IN USCITA

DAL CONFLITTO

FASE 2

ALUNNO ATTIVATO

FASE 6

ALUNNO

DISATTIVATO

FASE 1

____________________________________

ALUNNO CALMO

*Tratto da Daffi (2021)

FASE 7

ALUNNO

CALMO/ESAURITO

Questa esemplificazione grafica ci permette di capire che è importante

capire come intervenire, ma soprattutto quando.

Nella maggior parte dei casi la richiesta di modificazione di un

comportamento si indirizza alla fase 4 ovvero l'esplosione, il momento in cui

l'alunno non ha la possibilità di riflettere o di fermarsi. Agire solo in quella

fase sarebbe controproducente se non del tutto inutile. Il docente ha

bisogno di affinare le sue abilità di osservatore e individuare i momenti che

precedono lo "scoppio" in quanto un comportamento ingestibile ha sempre

degli attivatori, seppur spesso ben camuffati.

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87


05.

Le fasi del comportamento problematico possono essere riassunte come segue:

FASE 1: L'ALUNNO È CALMO

Non manifesta nessun tipo di atteggiamento apertamente sfidante o

problematico. Se non viene provocato in maniera consapevole o inconsapevole,

la sua condotta non si differenzia da quella dei compagni di classe.

FASE 2: L'ALUNNO VIENE PROVOCATO E ATTIVATO

in maniera involontaria o volontaria da qualcuno o da qualcosa che potrebbe

essere per gli altri compagni assolutamente di poco conto o insignificante. In

questa fase la sua condotta inizia a differenziarsi da quella dei compagni

proprio per il fatto di percepire come una sfida, una istigazione, una

provocazione quelli che sono stimoli generalmente considerati neutri e non a

rischio: una particolare richiesta, un certo tono di voce, o semplicemente uno

sguardo da parte di un compagno.

FASE 3: L'ALUNNO ENTRA IN CONFLITTO

con chi ritiene essere "l'istigatore", l'adulto che ha fatto una richiesta o il

compagno che ha usato una particolare espressione facciale. Inizia l'escalation

che, se mal gestita, porterà alla fase della crisi, cioè al comportamento

problematico vero e proprio: opposizione, aggressività fisica o verbale ecc.

FASE 4: L'ALUNNO MANIFESTA IL COMPORTAMENTO PROBLEMATICO

In questo momento l'alunno manifesta il comportamento problematico vero e

proprio che può esprimersi con un'esplosione di rabbia, litigando, sfidando,

irritando deliberatamente gli altri con parole offensive o condotte vendicative e

dispettose. In questa fase lo scopo dell'alunno è provocare nell'altro un danno

emotivo e/o fisico.

FASE 5: L'ALUNNO INIZIA A USCIRE DAL CONFLITTO

A questo punto l'alunno inizia a raffreddarsi e comincia la de-escalation ma, se

questo processo di graduale attenuazione non dovesse essere gestito

correttamente, ad esempio se l'insegnante dovesse provocare nuovamente

l'alunno più o meno intenzionalmente, è ancora forte il rischio di ritornare alla

fase precedente di crisi/opposizione.

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88


05.

FASE 6: L'ALUNNO È DISATTIVATO

Ovvero si avvia verso la fase di risoluzione del conflitto reale o percepito: può

elaborare le richieste che gli vengono rivolte e le informazioni che gli vengono

trasmesse. Si potrebbe dire che sta tornando calmo e più razionale. In questa

fase possono giocare un ruolo importante i rinforzi positivi.

FASE 7: L'ALUNNO È CALMO/ESAURITO

In questa fase l'alunno è tornato calmo e ragionevole, ma potrebbe essere molto

provato dall'episodio e da come è stato gestito dall'ambiente circostante. Non è

il momento per fare prediche, ma di sostenere e rassicurare. Bisogna sempre

ricordare che un alunno esausto a seguito di una "scenata" rimane sempre un

alunno a rischio di esplosione, in quanto non è ancora in possesso dell'energia

sufficiente per mettere in campo le strategie e competenze apprese per gestire

adeguatamente gli elementi attivanti, cioè le situazioni percepite come

provocatorie e potenzialmente in grado di innescare un'altra esplosione.

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89


Opzioni di intervento psicoeducativo

05.

Le strategie possibili di intervento si definiscono in base alla funzione del

comportamento target, alle caratteristiche dell'alunno e alle variabili

contestuali.

L'approccio e l'intervento comportamentale sui comportamenti problema

si basa sul principio che per l'alunno il comportamento inadeguato è utile e

funzionale. Pertanto qualunque intervento si scelga sarà necessario

preservare quelli che sono i bisogni e le necessità dell'alunno favorendo al

contempo risposte comportamentali maggiormente accettabili.

Le possibili strategie di intervento possono includere:

migliorare le abilità comunicative

al fine di ottenere quanto desiderato tramite richieste adeguate, favorendo

anche una comunicazione di tipo gestuale/verbale

intervento basato sugli antecedenti

è caratterizzato dal creare un contesto volto a eliminare quelle variabili

capaci di innescare il comportamento inadeguato e prevenire così la sua

insorgenza. Se, ad esempio, la presentazione di compiti complessi innesca

un comportamento inadeguato nell'alunno si può prevedere una

semplificazione delle richieste, suddividendole in sotto-richieste di

difficoltà crescente.

intervento basato sulle conseguenze

prevede dei cambiamenti relativi agli effetti che il comportamento è

capace di produrre sull'ambiente.

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90


Migliorare le abilità comunicative

05.

Tra le diverse azioni che un'insegnante può compiere per evitare che una

difficoltà di comportamento esploda in una situazione ingestibile è

sicuramente comunicare in maniera funzionale, come ampiamente

discusso in precedenza. Un buon approccio comunicativo, autorevole e

fermo, può fare davvero la differenza. Comunicare in modo funzionale è

una scelta che l'insegnante è chiamato a rinnovare ogni volta che incontra

un alunno "difficile": non abbiamo dubbi sulla complessità del riuscire a

trovare un canale di comunicazione adeguato e costante, ma siamo certi

che le strategie utili siano davvero tante e applicabili.

Affinare le abilità comunicative vuol dire riuscire a fare un buon intervento

ancor prima che si manifestino le prime avvisaglie di burrasca. Utilizzare un

tono calmo anche in condizioni di forte stress va a rinforzare

negativamente la possibilità di attivazione dell'alunno. D'altronde la calma

e la pacatezza di un docente sarebbe incompatibile con lo stato di

agitazione di un alunno. Ricordiamo sempre che ciò che a noi risulta anche

insignificante, per un alunno con difficoltà di autoregolazione può essere

l'elemento scatenante dalla Fase 1 fino alle successive.

Costruire una buona comunicazione consente di agire tra la Fase 1 e la Fase

2, mettendo i "bastoni tra le ruote" ai meccanismi di attivazione

dell'alunno.

FOCUS ON

L'idea di base è non cercare di gestire un comportamento oppositivo o

aggressivo diventando noi stessi provocatori. Quando l’alunno si trova

nella fase due, sarà fondamentale ricordarsi di avere a che fare con una

bomba della miccia corta, evitando di far partire qualsiasi accidentale

scintilla che possa accendere lo stoppino. È importante tenere sempre a

mente che se si dovesse passare dalla Fase 2 alla Fase 3, sarà poi difficile

tornare indietro e, probabilmente, si aggiungerà inevitabilmente

l'esplosione. Se invece ci troviamo già nella Fase 4 e l'alunno è già

esploso, niente di peggio che gettare ulteriore benzina sul fuoco. In ogni

caso, e in ogni fase, se l'insegnante assume un atteggiamento di

dominanza, non aiuterà certo a stemperare la situazione. L'insegnante,

inoltre, dovrebbe allenarsi a mantenere il più possibile la calma, anche

per proporsi come modello positivo di gestione delle situazioni più

stressanti (Daffi, 2021).

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91


Intervenire sugli antecedenti

Sappiamo bene che molte situazioni in classe sono complesse e possono

diventare estenuanti. Per questo motivo spesso la predisposizione a

cambiare strategie è contornata dal senso di sconfitta "perché sono state

provate tutte con questo alunno".

Tuttavia in questa sezione vorremmo approfondire una tecnica che può

fare la differenza nella manifestazione di comportamenti problematici.

Si tratta di agire prima che avvenga qualcosa di spiacevole, mettendo in

atto dei processi di modeling positivo.

Il modeling consiste nella proporre esperienze di apprendimento per

l'alunno sulla base dell'osservazione di un'altra persona che funga da

modello, in questo caso l'insegnante. Nell'applicazione di questa tecnica ci

basiamo anche sul presupposto che il comportamento di un alunno è

facilmente influenzabile da parte degli adulti che lo circondano e per

questo si possono attivare delle strategie incisive ed efficaci ancor prima

che si arrivi nella fase di esplosione.

Per mettere in atto il modeling è necessario intervenire quando l'alunno è

"spento", cioè calmo, nei momenti in cui il suo comportamento non si

differenzia particolarmente da quello dei suoi compagni, avendo sempre

bene in mente che una piccola scintilla potrebbe cambiare radicalmente la

situazione. In queste occasioni di calma è possibile mostrare all'alunno

quelle abilità che vorremmo mettesse in campo lui nei momenti più

difficili: riuscire a sopportare una situazione stressante, evitare di usare

provocazioni, mantenere un tono di voce calmo.

05.

A prescindere dalle individuali caratteristiche dei docenti, è bene ricordarsi

che le seguenti strategie sono determinanti nel "disinnescare" la

disregolazione dell'alunno (Daffi, 2021):

1

Mantenere la calma

Ricordandosi che le eventuali provocazioni dell'alunno non sono affronti

personali o dispetti a cui dover necessariamente rispondere per difendere la

propria credibilità di adulto e docente

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92


05.

2

Usare un tono di voce calmo

Cercando di non vivere gli attacchi verbali come una sfida a cui dover

rispondere a tono.

3

Controllare la propria mimica facciale

Per evitare di assumere espressioni aggressive di cui non si è consapevole.

Ricordarsi che per un alunno con difficoltà di autoregolazione un'espressione

facciale o uno sguardo mal interpretati possono diventare facilmente un

innesco per il comportamento problematico.

4

Proporre all'alunno strategie di problem solving

Che trasmettano l'idea che si possa risolvere una situazione critica senza che

una delle due parti venga sopraffatta (io vinco-tu perdi)

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93


Intervenire sulle conseguenze

Lavorare sulle conseguenze vuol dire intervenire quando le fasi del

comportamento problematico si sono svolte pienamente pertanto si cerca

un modo per modificare ciò che è stato causato a livello personale, per il

docente e per l'alunno, e a livello ambientale.

Generalmente, un alunno con scarse abilità di autoregolazione ha

un'aspettativa realistica di punizione o ammonimento: le sue azioni

avranno come conseguenza l'uscita dall'aula, un colloquio con i genitori, o

una qualsiasi forma di castigo che possa servire da insegnamento.

Come discusso precedentemente, la punizione viene ampiamente usata

per mettere fine a un comportamento problematico, ma abbiamo visto

che l'effetto è visibile solo nel breve termine e nella maggior parte dei casi

l'alunno riproporrà gli stessi episodi, o in forma diversa, allo scopo di "farsi

valere". La punizione, di per sé, non ha alcuna efficacia nel modificare i

comportamenti di un alunno, soprattutto se la problematicità è data da

una difficoltà di autoregolazione.

È, infatti, situazione comune per molti docenti riconoscere che una nota

disciplinare, ad esempio, non sortisce alcun effetto sull'alunno. Spesso

l'alunno usa l'episodio per provocare ancora di più.

Ecco perché lavorare sulle conseguenze non vuol dire trovare la giusta

punizione, ma ragionare insieme all'alunno sugli esiti delle proprie azioni

per trovare strategie diverse su come affrontare le situazioni più

problematiche.

05.

Nel momento in cui l'alunno mostra i segni di de-escalation sta entrando

nella fase di conclusione del comportamento problematico. Quando avrà

riacquistato la calma avrà risorse cognitive necessarie alla rivalutazione di

quanto accaduto pertanto è il momento giusto in cui l'insegnante può

porsi come guida nell'analisi dell'accaduto, rimanendo obiettivo, calmo e

meticoloso nella descrizione dell'evento e proponendo possibili strategie

alternative per il futuro. Solo in questo modo si può sperare di ridurre la

probabilità che l'alunno ripercorra il circolo vizioso che conduce

all'esplosione.

Lavorare sulle conseguenze stimola le abilità di problem solving e

le abilità socio-comunicative dell'alunno.

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94


Disinnescare i comportamenti esplosivi

05.

Probabilmente uno dei timori più fondati nel rapporto con alunni con

difficoltà di autoregolazione è l'esplosione di un comportamento che

risulterà palesemente oppositivo, quindi maggiormente difficile da gestire.

Esistono diverse modalità di azione che il docente può mettere in atto

affinché l'escalation temuta venga interrotta. È fondamentale sviluppare la

capacità di scegliere modalità comunicative che non attivino ulteriormente

l'alunno.

Gli studenti con difficoltà di autoregolazione (anche apertamente oppositivi),

non amano essere controllati, sfidati, minacciati, come la maggior parte delle

persone. Ciò non vuol dire che non apprezzino chi ha la capacità di guidarli

con fermezza e gentilezza. Questa combinazione di termini fermezza e

gentilezza esprime probabilmente in pieno l'essenza del ruolo del docente

che è chiamato ad essere contemporaneamente cortese e deciso, rispettoso

e sicuro (Daffi, 2021). Un'impresa molto difficile, ma non impossibile.

In quante occasioni ci rivolgiamo a un bambino/ragazzo in maniera decisa,

ma non completamente cortese? È utile iniziare a riflettere sul personale

approccio comunicativo. Riportiamo un episodio a titolo esemplificativo che

riguarderà un alunno di nome Luca.

A

ANTECEDENTE

B

COMPORTAMENTO

C

CONSEGUENZE

Il docente entra in classe

Luca sta girando per l'aula

Il docente chiede a tutti di

sedersi al loro posto

Il docente chiede a tutti di

sedersi al loro posto

Luca si siede al posto di un

altro compagno

Il docente dice a Luca

"Smettila e vai subito al tuo

posto!"

Il docente dice a Luca "Smettila

e vai subito al tuo posto!"

Luca dice: "Faccio quello che

voglio! Questo è il mio posto"

Il docente chiede ai

compagni se quello è

realmente il posto di Luca

Continua...

*La terminologia Antecedente, Comportamento e Conseguenze sarà ampiamente approfondita

successivamente.

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95


05.

Nell'episodio descritto nella tabella, il terzo antecedente (ovvero quello che

succede, cosa viene detto o fatto esattamente prima del comportamento

osservato nell'alunno) potremmo definirlo come un approccio attivatore di

comportamenti inadeguati. Il docente si rivolge a Luca con l'obiettivo di far

rispettare la sua richiesta di vedere ogni alunno al proprio posto. Si rivolge in

maniera molto decisa; si può dire lo stesso sul piano della gentilezza?

Ovviamente l'episodio descritto potrebbe continuare a lungo con altri

antecedenti, comportamenti e conseguenze. Molto probabilmente possiamo

immaginare scoppi di rabbia, incomprensione, fastidio nella classe e tutto ciò

che può farci pensare che quell'iniziale comportamento di rifiuto possa

trasformarsi in un comportamento molto più inadeguato, come uscire dalla

classe senza permesso in segno di protesta.

Ecco perché diventa prioritario intervenire alle "prime battute" per

disinnescare il circolo vizioso. La possibilità di cui si parla qui è riformulare le

richieste in modo da risultare autorevoli, non autoritari: molto decisi e fermi,

ma anche gentili e cortesi. Questi aspetti possono coesistere.

Una riformulazione potrebbe essere la seguente: invece di urlare "Luca,

smettila e vai subito al tuo posto!" (sulla scorta di una bassa tolleranza verso

questo tipo di condotta) l'insegnante potrebbe dire "Luca, alzati e vai al tuo

posto, per favore".

Probabilmente siamo portati a credere che una richiesta di questo tipo non

porterebbe a nulla, soprattutto con un alunno che sfida apertamente la

pazienza dell'insegnante. In realtà esistono molte prove scientifiche riguardo

i bambini/ragazzi con difficoltà di autoregolazione secondo le quali la

possibilità di aderenza alle richieste aumenta notevolmente se queste

vengono poste in maniera diretta, chiara e con un tono business like (Daffi,

2021). Si rimanda ad esempio ai lavori sugli interventi psicoeducativi di

Barkley e Benton (2016) e di Lochman e colleghi (2012).

Il tono business like é quel tono che potremmo definire "emotivamente

neutro", simile a quello utilizzato da un uomo d'affari che, nel rispondere a

una proposta economica, non deve far capire all'interlocutore se quella

proposta lo ha bene impressionato, in modo da evitare che la cifra venga

ritrattata. L'insegnante capace di utilizzare un tono business like, chiederà

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96


05.

all'alunno di sedersi al proprio posto senza far emergere il fastidio di averlo

trovato per l'ennesima volta seduto al banco di un altro. Non è facile, ma

potrebbe essere davvero efficace per ridurre il rischio di attivazione (Daffi,

2021).

Altri suggerimenti trasversali nella comunicazione con alunni con difficoltà di

autoregolazione possono essere riassunti come segue:

tenere sotto controllo la situazione, non l'alunno

Un sottile passaggio nell'idea che si trasmette all'alunno. Il messaggio da

inviare non dovrebbe essere quello di agire in maniera coercitiva sull'alunno,

per quanto l'intento è quello di contenere effettivamente le sue

manifestazioni comportamentali. Tuttavia il docente dovrebbe trasmettere

l'idea di riuscire a gestire la situazione, con tutte le sue variabili, piuttosto che

la singola azione messa in atto. Ad esempio, l'espressione "Non farmi perdere

tempo" che è diretta all'alunno potrebbe essere riformulata così "Non

abbiamo tempo, mettiamoci al lavoro". In questo modo la richiesta è

certamente indirizzata all'alunno, ma contemporaneamente al contesto

classe.

Esprimere le richieste in modo chiaro e sintetico

Le richieste dovrebbero essere poste al netto di qualsiasi sensazione di

fastidio, irritazione e intolleranza in quanto la presenza di vissuti spiacevoli

influenza profondamente il tono che sarà usato e la modalità comunicativa,

dunque le risposte comportamentali inadeguate.

Il rimprovero è efficace quando non assume la forma di una predica. Con

predica intendiamo un richiamo accompagnato da una serie di aggiunte "Vai

a sederti al tuo posto" + "sei sempre il solito, lo diciamo ogni mattina ecc".

Una riformulazione più idonea potrebbe essere la seguente "Vai al tuo posto,

grazie".

Evitare le minacce

Ad esempio, al posto di "Siediti immediatamente altrimenti prendi una nota"

potrebbe essere sostituito con formule verbali che sottintendono

un'alternativa, una negoziazione: "Vuoi sederti al tuo posto o mi dai una

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97


05.

mano a collegare la LIM per iniziare la lezione?". È un semplice ma

importante passaggio dal risultare coercitivo all'essere allo stesso tempo

deciso e accogliente. Inoltre, per l'alunno è importante avere delle alternative

di scelta e non sentirsi ingabbiato in una richiesta di cui non comprende il

motivo.

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98


OPZIONALE

Video-discussione

Il video è tratto dal film "Detachment-Il distacco" (2011) in cui l'attore Adrien

Brody interpreta un insegnante di letteratura in una scuola pubblica di periferia,

in un contesto di degrado culturale. Si confronta con studenti senza speranze

per il proprio futuro, arrabbiati e allo stesso tempo insicuri e fragili. In questa

scena un alunno si ribella alla richiesta dell'insegnante e lo affronta con un senso

di rivalsa, ma la risposta dell'insegnante crea una reazione inaspettata.

La risorsa è liberamente tratta da YouTube.com ed è in lingua inglese.

Riportiamo brevemente alcuni stralci della conversazione che possono essere

spunto di discussione.

L'insegnante chiede alla classe di prendere un foglio e scrivere un breve tema. Uno

degli alunni interrompe dicendo di non avere un foglio, ma l'insegnante ignora il suo

intervento e completa la richiesta riguardo al compito. L'alunno si alza e raggiunge la

cattedra mettendo in atto un comportamento di aperta sfida e provocazione: prende

la borsa dell'insegnante e la lancia con forza contro la porta. L'insegnante rimane

calmo, osserva la situazione e la commenta: "Quella borsa non ha sentimenti [...]

Conosco la tua rabbia [...] Perciò adesso ti darò un foglio e svolgerai il compito".

L'alunno viene "disattivato" e, oltre al foglio, chiede anche una penna.

Domande guida:

Cosa fa esattamente l'alunno? Descrivere in termini operazionali

Cosa ha scatenato il suo comportamento?

Come reagisce l'insegnante?

Quali variabili consentono all'insegnante di gestire questo comportamento?

Perché l'alunno cambia il suo comportamento dopo aver affrontato

l'insegnante?

*è possibile creare un ABC insieme ai docenti riguardo l'episodio di questo film e riflettere su

antecedenti e conseguenze

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Come introdurre il Project Work 5

"Modello ABC"

Il Project Work 5 "Modello ABC" è una scheda di osservazione che i docenti

possono utilizzare nel tempo che intercorre tra il corrente e il successivo

incontro.

Ai docenti si chiede di entrare nel vivo delle osservazioni e di annotare

episodi problematici, con le loro parole. Le descrizioni dovranno essere

operazionali ovvero sintetiche, obiettive e relative al comportamento

specifico dell'alunno. Non saranno utili interpretazioni di alcun tipo (fa così

perché...): nel corso delle osservazioni bisogna riportare l'episodio facendo in

modo che possa essere chiaro anche a un altro lettore che non era presente

in quel momento.

Questa schede permette al docente di affinare le proprie abilità di

osservatore individuando inoltre con precisione gli attimi che precedono la

messa in atto del comportamento e le relative conseguenze. Sono presenti

domande guida in modo da mantenere il focus sulla modalità di

compilazione della scheda.

È consigliabile scegliere un unico comportamento, in modo da non rendere

l'esercitazione dispersiva e in modo da poter orientare l'attenzione su un

settore specifico. Ovviamente il comportamento scelto dovrà essere

realisticamente osservabile e quindi piuttosto frequente.

Se, ad esempio, il docente sceglie di osservare il comportamento target

"l'alunno fa i versi durante la lezione", questo dovrà essere registrato in più

occasioni (più momenti della giornata o in giornate diverse).

Annotando gli Antecedenti inizierà a essere più chiara la dinamica con cui il

comportamento si manifesta, quindi più probabile la messa in atto si scelte

educative per far sì che si presenti di meno o che scompaia del tutto.

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100


06.

6° INCONTRO

GRATIFICAZIONI E RINFORZI: GUIDA A UN USO

STRATEGICO

OBIETTIVI

CONOSCERE

GRATIFICAZIONI,

RINFORZI POSITIVI E

NEGATIVI

USARE I RINFORZI

POSITIVI PER AUMENTARE

I COMPORTAMENTI

ADEGUATI

IMPARARE A ELARGIRE

GRATIFICAZIONI

EFFICACI PER L'ALUNNO

USARE IL RIMPROVERO

IN MODO INCISIVO PER

OTTENERE UN

CAMBIAMENTO

CONTENUTI

I MECCANISMI DI GRATICAZIONE

LA GRATIFICAZIONE A PUNTI

IL RINFORZO STRATEGICO

RIMPROVERO E PUNIZIONE

RISORSE

PROJECT WORK 6: Sistema di gratificazione

OPZIONALE

BRAINSTORMING

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OPZIONALE

Brainstorming iniziale

All'apertura dell'incontro è possibile attivare i docenti sulle tematiche che

verranno esposte. Il brainstorming permette di generare elenchi "grezzi" di idee

per concentrarsi al meglio sull'argomento centrale. I docenti infatti sono invitati

a esprimere liberamente tutto ciò che sanno sull'argomento Gratificazioni e

Rinforzi.

In questo caso proponiamo alcune modalità per introdurre il brainstorming.

Modalità 1: i docenti hanno 5 minuti per elaborare delle domande relative ai temi

dell'incontro. Le domande saranno poi discusse.

Modalità 2: i docenti riportano un episodio in cui hanno gratificato/rinforzato

oppure punito un alunno. La descrizione dovrebbe essere molto specifica in

modo da poter discutere chiaramente eventuali punti di forza o punti deboli.

Modalità 3: i docenti avviano una discussione sulle domande riportate sulle

diapositive.

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102


06.

I meccanismi di gratificazione

In questo progetto useremo il termine generale "gratificazione" per intendere

tutti gli eventi che possono avere una valenza positiva per un alunno, a

prescindere dalla specifica natura degli eventi stessi. La natura della

gratificazione si evince chiaramente analizzando nello specifico un

avvenimento (attraverso l'analisi funzionale del comportamento).

Le conseguenze che si verificano dopo ogni comportamento possono essere

gradevoli o sgradevoli. Se un alunno mette in atto un comportamento e

riesce a ottenere una gratificazione è più probabile che manifesti ancora quel

comportamento perché sa che dopo accadrà qualcosa di piacevole per lui.

La strategia di gratificare azioni corrette già presenti nel repertorio del

bambino, anche se si presentano con scarsa frequenza, sembra essere una

delle alternative più e valide ed efficaci alla punizione. È una strategia capace

di far scomparire azioni sgradite.

Però è comprensibilmente più immediato porre maggiore attenzione ad

azioni negative, essendo queste più frequenti e invasive: pertanto spesso

accade che l'adulto, in questo caso l'insegnante, si concentri sul punire dei

comportamenti sgraditi trascurando completamente di ricompensare

l'alunno nei casi in cui abbia una condotta idonea.

Addirittura una buona condotta o uno specifico comportamento buono può

diventare un'occasione per un rimprovero implicito. Prendiamo l'esempio di

un alunno che tendenzialmente è chiassoso e crea disturbo al clima di classe.

Ci saranno sicuramente dei momenti, per quanto sporadici, in cui è in

silenzio, seduto adeguatamente e tranquillo. Se questa condotta venisse

notata dall'insegnante e apostrofata così "Vedi che quando ti va sai stare

tranquillo?" potremmo essere sicuri di aver perso un'occasione buona per

premiare quell'alunno per il comportamento adeguato.

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06.

Generalmente un alunno con difficoltà di regolazione cognitiva e

comportamentale è abituato a ricevere rimproveri e colleziona una serie di

richiami per numerosi comportamenti, tutti inadeguati. Per questo motivo

un eventuale apprezzamento per un comportamento positivo può causare

stupore nell'alunno.

Queste osservazioni ci mettono nella posizione di attenzionare anche le

reazioni dell'alunno nel caso in cui riceva un apprezzamento o un cenno di

assenso: è molto frequente che l'alunno reagisca con stupore in quanto non

abituato. Una eventuale reazione di questo tipo dovrebbe farci riflettere sul

modo in cui ci relazioniamo con l'alunno; potrebbe essere infatti un indice

della poca frequenza con cui evidenziamo comportamenti positivi o della

difficoltà a farlo in modo contingente.

FOCUS ON

Una delle "regole" per elargire una buona gratificazione è, infatti, essere

tempestivi al manifestarsi dello specifico comportamento ed essere chiari

ovvero specificare a cosa è riferito quell'apprezzamento in maniera

operazionale (descrivere il comportamento esatto che viene premiato).

Le informazioni chiare sono utili all'alunno anche in caso di premi e non solo

di punizione: chiarendo esattamente al bambino quale sia l'azione che si

intende premiare, si rende ancor più agevole e diretto il processo di

gratificazione.

Quando si gratifica occorre scegliere un comportamento obiettivo

importante e positivo. È fondamentale che l'alunno sappia esattamente ciò

che gli altri si aspettano da lui, che sappia cosa succede ogni volta che segue

quell'azione e soprattutto dell'insegnante, riesca a essere coerente, di

spezzare la gratificazione ogni volta che quel comportamento si manifesta,

si manifesta, anche se poco prima il bambino gli ha fatto perdere la

pazienza e sente qualche risentimento nei suoi confronti. Portare rancore

del bambino non è affatto utile per migliorare il suo modo di agire, proprio

perché spesso il suo comportamento non è premeditato.

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104


06.

Per gratificare correttamente l'alunno è necessario:

individuare azioni positive da gratificare piuttosto che azioni negative da

punire

Individuare e definire in maniera operativa il comportamento che sarà

oggetto di gratificazione sistematica

Evitare le forme di falsa gratificazione

Usare gratificazioni che siano realmente gradite dall'alunno

Usare le gratificazioni in modo coerente e sistematico con lo stesso

comportamento

Usare la gratificazione in modo tempestivo e fornire informazioni chiare

all'alunno

Fare attenzione a non gratificare comportamenti inadeguati

È inoltre auspicabile tenere presente che:

è possibile individuare l'oggetto di gratificazione all'interno del

patrimonio comportamentale dell'alunno, anche quando le condotte

adeguate vengono manifestate di rado

l'obiettivo finale di modificazione del comportamento deve essere

realistico pertanto può prevedere la scomposizione di un comportamento

in sotto compiti e obiettivi parziali

se la gratificazione viene usata correttamente è un'ottima tecnica di

riduzione dei comportamenti inadeguati.

È inoltre importante tenere presente che le gratificazioni tendono a perdere

efficacia nel tempo quando non vengono variate, causando una sorta di

assuefazione nell'alunno. Per questo motivo è utile avere con sé una serie di

premi disponibili da utilizzare in modo alternativo.

Per individuare il tipo di gratificazione più efficace non c'è altro modo che

parlarne con l'alunno per evitare di confondere ciò che è gratificante per noi

e non per lui. Dunque per stilare una lista di premi realmente graditi

dall'alunno è necessario sapere cosa ama fare o possedere.

Ad ogni modo riportiamo un breve elenco di attività che possono essere

molto efficaci, tenendo sempre presente che attività gradite o privilegi sono

da preferire a gratificazioni tangibili come cibo o materiali.

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105


06.

Possibili attività gradite dagli alunni potrebbero essere le seguenti:

avere degli incarichi che consentano di spostarsi nell'edificio scolastico

riduzione dei compiti a casa

svolgere qualche attività insieme all'insegnante in veste di "responsabile"

guadagnarsi piccole brevi uscite dall'aula

La gratificazione a punti

Un modo alternativo per attuare un sistema di gratificazione dei

comportamenti adeguati di un alunno è quello di prevedere un intervento

sistematico di osservazione e assegnazione di punti. Il docente definisce

insieme all'alunno una serie di azioni che consentono all'alunno di

guadagnare o perdere punti, sulla base della correttezza del suo

comportamento. I punti ottenuti possono ulteriormente trasformarsi in premi

con una frequenza quotidiana (ad es. si stabilisce che ottenendo 3 punti in un

giorno, l'alunno può accedere a una gratificazione precedentemente

individuata) o settimanale (ad es. si stabilisce che ottenendo un totale di )

punti in una settimana, l'alunno può accedere a un privilegio). In questo

modo l'alunno è incentivato a mettere in atto comportamenti adeguati per

guadagnare punti.

La costruzione di un sistema di gratificazione a punti richiede i seguenti passi

(Cornoldi et al., 2001):

Un'osservazione sistematica del comportamento dell'alunno

per individuare i comportamenti adeguati e quelli inadeguati da considerare

all'interno del sistema. I comportamenti devono essere descritti brevemente

e devono essere comprensibili.

La scelta delle azioni-obiettivo

Può riguardare sia prestazioni scolastiche (ad es. un determinato numero di

schede da completare, un certo numero di pagine lette), sia specifici

comportamenti (ad es., una modalità di interazione corretta con i compagni).

Il vantaggio del primo tipo di obiettivi è la più facile verifica e la constatazione

che il loro conseguimento prevede comunque una serie di comportamenti

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106


06.

adeguati, quali il prestare attenzione, il comprendere il compito, il

mantenersi concentrati per un tempo prolungato e non farsi distrarre.

L'individuazione del metodo per calcolare il punteggio

Si possono usare piccoli gettoni colorati che il bambino deve custodire, o

stelline o stickers da apporre su un'apposita scheda suddivisa per giorni, o un

altro sistema, meglio se di tipo grafico.

L'accordo sul valore del corretto perseguimento dell'obiettivo

Ovvero quanti punti vale il raggiungimento dell'obiettivo? Azioni che

richiedano più tempo di lavoro o maggior impegno ed energie devono essere

convertite in cifre superiori, e comportamenti complessi possono essere

suddivisi in sotto-traguardi, evidenziati da una corretta analisi del compiti,

convertibili in punti.

La selezione dei premi ottenibili in base all'accumulo di punti

Si tratta di una lista di privilegi, azioni o oggetti che deve essere concordata

con l'alunno (ed eventualmente con la famiglia). È possibile stabilire

gratificazioni raggiungibili con punteggi diversi e stabilire regole per la

conversione dei punti in premi. È opportuno includere premi che siano

facilmente raggiungibili in termini di accumulo di punteggio, per evitare una

iniziale demotivazione dell'alunno.

La scelta della tipologia di attribuzione del punteggio

È possibile scegliere tra la sola attribuzione di punteggio all'emissione di un

comportamento adeguato oppure una strategia tipo "costo della risposta"

che pone l'alunno nella condizione di poter anche perdere punti nel caso in

cui attui determinati comportamenti inadeguati.

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107


Il rinforzo

06.

Il rinforzo positivo è un principio secondo il quale se in una data situazione

un comportamento è immediatamente seguito da un rinforzatore positivo,

allora aumenta la probabilità che il comportamento compaia nuovamente.

Il rinforzatore positivo è quindi un evento che, quando compare

immediatamente dopo un comportamento, induce l'aumento della

frequenza di quel comportamento.

Approssimativamente potremmo dire che rinforzatore positivo è sinonimo di

ricompensa.

Ogni volta che si fa qualcosa, non ha importanza cosa sia, ci sono

conseguenze che "accendono" o "spengono" la persona. Riportiamo un breve

esempio per capire meglio questo meccanismo. L'esempio non riguarda il

contesto scolastico, ma ci aiuta a comprendere come alcuni comportamenti

talvolta diventano "naturali" perché sono stati incentivati da un rinforzatore

positivo.

Situazione

Risposta

Conseguenze

immediate

Effetti a lungo termine

Una donna

è occupata

a stirare

La figlia di 3

anni inizia a

giocare con

il suo

peluche

La madre ha appena

finito di stirare e si

siede a giocare un

po' con la figlia e il

suo peluche

In futuro sarà più probabile che la

figlia giochi con il suo peluche

mentre la mamma sta stirando a

causa dell'attenzione ricevuta

quando ha iniziato a giocare

*Tratto da Martin, Pear (2000)

Gli effetti a lungo termine sono ciò che ha prodotto il rinforzatore positivo

(l'attenzione della madre). Questo esempio non ci fa capire che un singolo

evento determina la messa in atto di un comportamento sempre allo stesso

modo, ma che un singolo evento piacevole aumenta la probabilità che quel

comportamento si manifesti di nuovo.

Questa breve premessa ci torna utile per entrare appieno nella comprensione

di alcuni meccanismi comportamentali anche nel contesto scolastico.

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108


Uso strategico dei rinforzi

*Tratto da Marzocchi, Borganzone, 2019

06.

I comportamenti negativi non devono essere i soli al centro dell'attenzione

dell'insegnante. A questo punto del percorso dovrebbe essere chiaro che

sarebbe utile e propedeutico lavorare cominciando dai comportamenti

positivi. Se ad esempio un alunno ha una reazione molto impulsiva in classe,

non avrebbe alcun effetto positivo richiamarlo all'attenzione o dirgli "Smettila

altrimenti prendi una nota", "Stai sbagliando tutto". Servirebbe, invece, una

riflessione istantanea sul comportamento che ha manifestato, con

l'indicazione di possibili alternative che avrebbe potuto mettere in atto. Può

essere utile riconoscere le sue difficoltà di attenzione e autoregolazione e

proporgli alcune modalità di gestirle.

Questo accorgimento è importante al fine di aiutare l'alunno a comprendere,

imparare a riflettere e rimediare alle sue azioni, poiché senza questi aiuti

sarebbe propenso a mettere in atto la stessa azione o una variante ma

sempre con valenza negativa.

FOCUS ON

Trasmettere nuove strategie e abilità di problem solving, adattive e

sostitutive, in un percorso graduale, è importante sia a livello

comportamentale che a livello personale; si inizia sempre da piccole richieste

e piccoli cambiamenti per dare all'alunno la possibilità di assimilare e

riutilizzare strategie senza fare troppa fatica. Pertanto è consigliato che

l'insegnante ponga l'attenzione e riconosca gli sforzi e i progressi dell'alunno.

Le classiche punizioni come "Non fai l'intervallo", "Fai 5 esercizi in più", "Vieni

alla lavagna che ti interrogo" non portano ad alcun cambiamento del

comportamento nel breve termine, né a un suo miglioramento nel lungo

termine. Servirebbe, pertanto, mettere in atto delle conseguenze idonee alla

situazione, riflettendo e ragionando con l'alunno sugli effetti negativi di

quella reazione. Anche in questo caso l'alunno deve essere stimolato a

riflettere sul comportamento messo in atto, cercando insieme all'insegnante

le possibili alternative positive.

In particolare, con un alunno con difficoltà di autoregolazione l'uso delle

gratificazioni è fondamentale e, come descritto in precedenza,

l'immediatezza della gratificazione è la "benzina che attiva il motore e che lo

tiene in funzione". È importante mantenere delle regole chiare e valide per

poter dare delle certezze agli alunni, indispensabili per farli impegnare

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109


a modificare i comportamenti negativi segnalati.

Anche i giochi di sfida con gli insegnanti possono essere stimolanti: ad

esempio una competizione in cui se l'alunno non segue le regole l'insegnante

guadagna un punto che lo fa avvicinare a un premio prestabilito, se l'alunno si

comporta correttamente allora il punto andrà a lui. Entrambi, se raggiungono

un determinato punteggio, ricevono ciò che era stato pattuito in precedenza.

Per poter mantenere la motivazione a un livello medio/alto bisogna variare la

ricompensa poiché la ripetizione dello stesso premio per lungo tempo

potrebbe diminuire l'interesse dell'alunno.

Riconoscere i comportamenti positivi

*Tratto da Marzocchi, Borganzone (2019)

Arrivati fin qui, sappiamo che siamo portati facilmente a osservare in modo

poco nitido i comportamenti del nostro alunno: quello che succede è che

sulla scorta delle nostre aspettative e delle nostre percezioni tediamo ad

avere un'immagine sommaria e approssimativa dell'alunno "è sempre

distratto, sbaglia sempre tutto!". D'altronde l'elevata frequenza con cui

osserviamo comportamenti inadeguati avrà la meglio sulla manifestazione di

comportamenti adeguati. Eppure il primo passo per effettuare un sensibile

miglioramento della condotta è riconoscere l'importanza del vedere,

apprezzare e rinforzare ogni piccolo gesto positivo fatto dall'alunno.

Purtroppo rinforzare i comportamenti non è così semplice!

06.

Come accennato nel paragrafo precedente, i complimenti/rinforzi:

non devono essere ironici

non devono essere confrontati con comportamenti negativi ("Questa

mattina sei stato molto bravo, lo potresti fare sempre invece di farti

richiamare ogni volta")

devono tenere in considerazione la differenza tra il giudizio sulla persona

e quello sul comportamento

Soffermiamo l'attenzione su quest'ultimo punto.

Riconoscere la bontà del comportamento messo in atto e quindi l'azione

positiva dell'alunno consente a quest'ultimo di comprendere cosa dovrebbe

fare più spesso. Se invece il giudizio, anche quando positivo, è solo sulla

persona, l'alunno non ha modo di capire il motivo di tale rinforzo; inoltre se

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110


06.

pensa di valere, ma la volta successiva riceve un giudizio negativo, non

riuscirà a crearsi un'immagine coerente di se stesso.

Alla luce di quello che abbiamo detto, la frase "Questa volta sei stato bravo,

vedi che puoi comportarti come i tuoi amici" contiene almeno quattro errori:

1. "questa volta", non si capisce cosa abbia fatto effettivamente l'alunno;

2. "sei stato bravo" è un giudizio sulla persona e non sul comportamento;

3. "puoi comportarti", come se le volte precedenti in cui aveva mostrato

comportamenti inadeguati ci fossero sempre stati un piano e una scelta

volontaria e non una difficoltà di autoregolazione;

4. "come i tuoi compagni", come se in realtà fosse diverso da altri coetanei e

solo quella volta è riuscito ad avvicinarsi alla loro condizione.

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111


Il rimprovero efficace

06.

Rinforzare un comportamento negativo vuol dire fare qualcosa che aumenta

la probabilità che quel comportamento si manifesti di nuovo. I rinforzi

negativi sono molto difficili da regolare perché sono involontari, quasi non

ragionati, pertanto non sempre è possibile fare una valutazione della loro

adeguatezza nel momento in cui vengono usati.

Un esempio di rinforzo negativo può essere il rimprovero che viene fatto

all'alunno sull'onda di un senso di irritabilità evidente. Occorre monitorare le

proprie reazioni emotive di fronte a un comportamento inadeguato per

ottenere modificazioni sul lungo termine.

Per cui sosteniamo fermamente questa formula di azione-reazione con

l'alunno:

POCHE PUNIZIONI E MOLTE GRATIFICAZIONI

Può essere riassunta con questi due promemoria (Arcangeli, 2020):

Mai rimproverare! I rimproveri sono inutili, anzi, peggiorano la relazione

con il bambino, nonché la possibilità di essere credibili come educatori. Al

posto del rimprovero, usate l'autorevolezza.

Mai assegnare castighi: le punizioni vengono sempre vissute dall'alunno

come ingiustizie. Al posto delle punizioni? Usate i premi o, se serve un

messaggio più forte, usare le perdite dei privilegi.

Un estratto della Circolare Ministeriale del MIUR-Dipartimento dell'Istruzione,

al punto 12, suggerisce di:

"evitare di comminare punizioni mediante un aumento dei compiti per casa,

una riduzione dei tempi di ricreazione e gioco, l'eliminazione dell'attività

motoria, la negazione del ricoprire incarichi collettivi nella scuola, l'esclusione

dalla partecipazione alle gite."

proprio perché sarebbero controproducenti e senza alcun effetto realmente

risolutivo!

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112


Tecnica del rimprovero efficace

06.

La maggior parte dei rimproveri risultano inefficaci perché impartiti con una

modalità sbagliata: durano troppo a lungo, finendo per diventare una

“predica”, contengono elementi svalutativi (“te l’ho detto mille volte, proprio

non capisci?”) e vengono applicati usando un tono di voce che comunica

ostilità.

In questo schema è presente una modalità indicativa di come dovrebbe

essere applicato un rimprovero efficace, avendo cura di esporre al bambino

comportamenti alternativi a quello presentato e stimolandolo alla riflessione

sulle conseguenze.

TEMPO CONTENUTO ESEMPIO

30

secondi

circa

Descrivere il comportamento

indicando perché è sbagliato.

Esprimere le proprie sensazioni

«Hai picchiato Francesco.

Facendo così finirete per

farvi male e io non voglio che succeda.»

«Quando ti comporti così mi

sento molto infastidita.»

Rapido cambiamento di

atteggiamento

Fare un respiro profondo

addominale prima di cambiare tono.

Respirare solo attraverso il

naso per evitare di iperventilarsi

1 o 2

minuti

Specifi care il comportamento

alternativo desiderato.

Fornire conseguenze positive.

Accertare la comprensione

del bambino facendogli delle

domande.

«Se sei arrabbiato con

Francesco, puoi farglielo capire con le parole.»

«Sei un bambino molto caro e so che se vuoi puoi

riuscirci. Così saremo tutti più

contenti di te.»

«Perché ti ho sgridato? Perché è sbagliato

picchiare? Cosa puoi fare invece di picchiare?»

*Tratto da Di Pietro e Bassi (2013)

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113


Come introdurre il Project Work 6

"Sistema di gratificazione"

Nel Project Work 6 si chiede ai docenti di stilare insieme all'alunno un elenco

di gratificazioni efficaci in relazione all'emissione di un comportamento

adeguato. A partire dalla conclusione della precedente fase di osservazione, il

docente dovrebbe aver individuato un comportamento target che ha

bisogno di essere scomposto il sotto-obiettivi e in mini-acquisizioni. A questo

punto, quindi, è importante che il docente si chieda "Mi è chiaro l'obiettivo?

Ho bene in mente cosa vorrei modificare e cosa mi aspetto dall'alunno? Ho

capito come posso usare il rinforzo positivo per aumentare la probabilità di

vedere comportamenti corretti?". È bene ricordare sempre che l'obiettivo

non è eliminare i comportamenti inadeguati (ciò sarebbe irrealistico e

fallimentare), ma aumentare la frequenza dei comportamenti adeguati per

agire indirettamente proprio su ciò che funziona meno!

Una volta stabilite queste condizioni, i docenti possono usare il sistema di

gratificazione nei giorni a seguire cercando di applicare le modalità di

comunicazione apprese. Il sistema di gratificazione va utilizzato

quotidianamente.

Se il comportamento problematico individuato è "L'alunno fa i versi durante

la spiegazione" l'obiettivo non sarà eliminare questa condotta, ma mettere

l'alunno in condizioni di avere un comportamento maggiormente adeguato e

di ricevere una gratificazione. L'obiettivo dovrà inoltre essere realistico: se

l'alunno solitamente trascorre metà del tempo della spiegazione a fare versi,

non possiamo aspettarci che si riuscirà a condurre una spiegazione nel

silenzio totale! Si può stabilire, ad esempio, che durante la spiegazione ci si

aspetti che l'alunno mantenga il silenzio per 5 minuti (ogni 5 minuti di

silenzio guadagna 1 punto). Il valore attribuito ai minuti di silenzio va

concordato con l'alunno, allo stesso modo dell'eventuale perdita di punti

(ogni volta che fa un verso, perde dei punti). È importante anche ricordare

che inizialmente il sistema di gratificazioni potrebbe avere molte "sbavature":

molti alti e bassi, tira e molla tra guadagni e perdite, ed è del tutto normale.

Rendere questa pratica sistematica permetterà all'alunno di creare nuovi

apprendimenti comportamentali e la situazione diventerà più stabile.

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114


7° INCONTRO

STRATEGIE PER LA CLASSE: ADATTAMENTO

AMBIENTI E MATERIALI

07.

OBIETTIVI

MODIFICARE L'AMBIENTE PER

PREVENIRE LA COMPARSA DI

COMPORTAMENTI PROBLEMA

CONOSCERE STRATEGIE

PER ETEROREGOLARE GLI

ALUNNI

MIGLIORARE LA

STRUTTURA DELLA

DIDATTICA

CONOSCERE

STRATEGIE UTILI

ALL'INTERA CLASSE

CONTENUTI

ADATTARE SPAZI E TEMPI

ORGANIZZARE I MATERIALI

ADATTARE AUSILI E SUPPORTI PER LA DIDATTICA

ORGANIZZARE I MOMENTI DESTRUTTURATI

OPZIONALE

Video-discussione

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115


Adattare spazi e tempi

07.

A questo punto del training è diventato molto più chiaro quanto la scuola sia

una delle macroaree in cui un bambino/ragazzo con difficoltà di

autoregolazione può trovare supporto e aiuti nel gestire le proprie debolezze.

L'insegnante ricopre a tutti gli effetti un ruolo primario di collaborazione

nella presa in carico di un alunno: contribuisce agli aspetti di apprendimento

scolastico, alle relazioni con i compagni, alla relazione con un adulto

significativo, permettendo un giusto funzionamento del gruppo classe.

Oltre alla conoscenza di un quadro diagnostico, quindi di un disturbo

conclamato, o di un funzionamento cognitivo specifico, abbiamo visto che

l'utilizzo di strategie educative ha bisogno di essere affiancato da una buona

relazione affinché possano realmente produrre dei cambiamenti.

Inoltre, è importante trovare le giuste condizioni affinché gli insegnanti non

vivano il tutto in modo stressante e faticoso, come se fosse un obbligo a

proporre attività specifiche o modalità uniche per l'alunno.

La premessa è che

Quello che serve a un alunno con difficoltà di autoregolazione attentiva e

comportamentale serve a tutta la classe

per cui ci sono diversi aspetti che possono essere considerati a livello più

ampio e possono comunque sortire un effetto positivo sul singolo alunno.

Ci riferiamo agli adattamenti che possono essere applicati agli spazi in classe,

alla gestione dei tempi di lavoro e svago, alla comunicazione tra gli alunni e

alla condivisione di poche regole da rispettare.

Sicuramente molti insegnanti si riconosceranno nella difficoltà di gestione di

situazioni quali la transizione da un luogo a un altro, l'intervallo, il momento

del pasto e qualsiasi altra situazione destrutturata. In queste occasioni un

alunno con difficoltà di autoregolazione mostra maggiormente le sue

vulnerabilità. In genere un insegnante sa che in queste occasioni deve

giocare d'anticipo e alzare il livello di attenzione, oltre a riuscire a gestire la

propria reazione emotiva che può essere di irritabilità o ansia per situazioni

potenzialmente gravi.

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116


07.

Dal momento che si decide di applicare alcune modifiche nell'intero gruppo

classe è utile focalizzarsi sulla premessa che ha guidato l'intero Teacher

Training

Aumentare i comportamenti positivi per

ridurre la comparsa dei comportamenti negativi

Questa volta, però, l'attenzione è posta alle conseguenze sociali dei

comportamenti.

Possono essere stabiliti, infatti, dei comportamenti positivi che meritano

un'opportuna gratificazione sociale o simbolica per migliorare sia il

comportamento dell'alunno sia la relazione con il docente che in futuro avrà

maggiori probabilità di essere efficace nel ridurre i comportamenti negativi.

Condividiamo una serie indicazioni utili al lavoro in classe che possono essere

facilmente riadattate allo specifico contesto.

L'organizzazione dello spazio

L'organizzazione dell'ambiente e del materiale in classe può far aumentare o

diminuire i comportamenti tipici di un alunno con difficoltà di

autoregolazione, soprattutto quando prevalgono manifestazioni attribuibili a

disattenzione.

La disposizione dei banchi gioca un ruolo molto importante per una buona

partecipazione dell'alunno alla lezione.

È importante che l'insegnante:

veda l'alunno e possa raggiungerlo facilmente

possa agganciare lo sguardo dell'alunno senza ricorrere a richiami verbali

e rimproveri

Per favorire questi aspetti si può avvicinare il banco alla cattedra. Ma non

bisogna considerare la soluzione come unica e definitiva. Alcuni alunni,

infatti, in prima fila si distraggono maggiormente perché impegnati a girarsi

di continuo per interagire con altri compagni.

Bisogna fare delle prove e registrare vantaggi e svantaggi delle postazioni.

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117


In generale è possibile individuare alcune disposizioni dei banchi alternative e

funzionali, oltre la classica disposizione a file, avendo cura di posizionare

l'alunno vicino alla cattedra o comunque in un punto che rispetti i criteri

precedentemente descritti.

07.

Questa disposizione permette a tutti gli alunni di

osservare facilmente l'insegnante e viceversa anche

l'insegnante può monitorare in maniera agevole senza

alzarsi di continuo.

Immagine tratta da

https://blog.deascuola.it/

Questa disposizione è utile nei casi di lavoro in gruppo.

È possibile creare isole più piccole, anche per soli due

alunni, in questo ultimo caso molto più funzionali. È

necessario scegliere con cura l'alunno da affiancare.

Immagine tratta da

https://blog.deascuola.it/

Questa disposizione consente meno distrazioni rispetto

alla modalità gruppale e contemporaneamente incentiva

piccole discussioni e atteggiamenti cooperativi. Anche in

questo caso è necessario affiancare un alunno che abbia

sufficienti abilità di autoregolazione.

Immagine tratta da

https://blog.deascuola.it/

Ovviamente, la scelta della disposizione dei banchi dovrà considerare anche

altre variabili: le abitudini dell'alunno negli anni precedenti, lo stile

comunicativo dell'insegnante, il tipo di lavoro da svolgere e la presenza di

più allievi comportamenti disturbanti ecc (Asuni e coll., 2003)

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118


L'organizzazione dei materiali

07.

L'organizzazione dei materiali è una delle condizioni più difficili da gestire e

che spesso permane lungo tutto il percorso scolastico, per questo è

necessario che i docenti applichino in modo persistente strategie per

organizzare meglio il materiale.

Con il termine generico "materiali" ci riferiamo non solo a quelli prettamente

didattici, ma anche agli arredi della classe che necessitano di adeguata

conservazione.

L'organizzazione in questo caso prevede che i materiali non diventino

elementi distrattori per l'alunno e che siano collocati in punti dell'aula

facilmente raggiungibili, con una evidente classificazione visiva. Possono

occorrere promemoria visivi, divisori, copertini colorate, etichette che

definiscono il materiale e la disciplina per la quale è utile ecc.

L'organizzazione di ausili e supporti

Un'ulteriore tipologia di adattamento ambientale riguarda l'introduzione di

supporti visivi iconici e/o scritti, la cui funzione è regolare e orientare la

condotta dell'alunno, senza il continuo intervento verbale dell'insegnante. Si

possono individuare alcune tipologie come:

SUPPORTO FUNZIONE DESCRIZIONE

VISUAL

POINTING

Evidenziare i concetti

o le conoscenze

oggetto di lezione (es.

regole grammaticali)

Collocare foglietti con i concetti chiave in punti

strategici dell'aula e indicarli al momento della

spiegazione: l'alunno sarà stimolato dal canale

verbale e visuospaziale in una lezione dinamica

VISUAL CUE

Richiamare

l'attenzione

dell'alunno

Si può usare un segnale visivo per sostituire il

richiamo verbale, ad es. un'immagine la cui

comparsa segnala all'alunno la necessità di

riportare l'attenzione sul compito.

VISUAL

RULES

Segnalare e ricordare

le principali regole di

condotta

Utilizzare semplici cartellini con precisi step

operativi che guidano il comportamento in

classe e negli altri ambienti della scuola. Ad es.

in bagno: 1. Mettersi in fila, 2. Lavare le mani, 3.

Asciugare le mani.

*La tabella e la relativa descrizione sono tratte da Fedeli e Vio (2017). Si rimanda al suddetto lavoro per approfondimenti.

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119


07.

L'organizzazione dei tempi di lavoro

L'adattamento ambientale dei tempi di lavoro è altrettanto determinante

nella buona gestione dell'alunno e della classe. Riguarda la scansione

giornaliera e l'organizzazione temporale delle attività didattiche e ludiche.

Una prima strategia potrebbe essere quella di creare una scaletta delle varie

lezioni e, se possibile, scrivere su un foglio o su una lavagna visibile a tutti le

materie, gli argomenti e le pause che si snoderanno durante la mattinata o il

pomeriggio. Questo serve all'alunno e all'intera classe per avere una sequenza

chiara da seguire e la possibilità di capire quanto tempo dedicare all'ascolto,

quanto agli esercizi e quanto a muoversi o rilassarsi. Basta questo piccolo

accorgimento per stimolare tutti gli alunni ad un maggiore controllo della

propria attenzione e del proprio comportamento. Durante lo svolgimento

delle attività è utile informare gli alunni rispetto allo stato di avanzamento

dei lavori in modo che possano allocare le necessarie risorse attentive per

svolgere le attività previste e inoltre fare periodicamente un sunto molto

schematico dei concetti presentati affinché vengano conservati più

facilmente nella memoria.

Un accorgimento necessario riguarda gli intervalli di lavoro e di pausa: ad

esempio, si possono fare 30 minuti di lezione e 10 minuti di pausa. Per alcuni

alunni possono rendersi funzionali momenti extra, anche questi scanditi da

un timer o da un suono. Questi momenti extra possono prevedere: piccole

uscite dall'aula per richieste dell'insegnante o per andare in bagno

(Marzocchi, Borganzone, 2019).

L'adattamento della didattica

I momenti di lezione e di spiegazione durante il lavoro possono essere

ugualmente adattati. Il variare dei momenti didattici (ascolto, interazioni con

risposte degli alunni, svolgimento di esercizi individuali o in piccoli gruppi,

spostamenti regolati in classe) mantengono l'attenzione più a lungo, ancor di

più se si associano stimoli colorati, video, audio o schemi che permettono di

recepire meglio le spiegazioni orali.

Alcuni accorgimenti utili:

se una verifica è molto lunga è possibile ridurne il contenuto e fare in

modo che l'alunno possa stimare lo sforzo necessario richiesto per il suo

completamento

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120


mantenere visibile l'orologio o un segnatempo per indicare chiaramente

quanto tempo è trascorso e quanto tempo rimane

è possibile sostenere l'attenzione di alunni con difficoltà di

autoregolazione ricorrendo a lavori a coppie in cui il contatto 1:1 con un

compagno consente di mantenere i ritmi incalzanti. Il lavoro in coppie

può rivelarsi una risorsa importante, per cui è possibile creare situazioni di

tutoring tra pari. Ma, attenzione! Un alunno con forti difficoltà di

autoregolazione potrebbe vedere il lavoro in coppia come sinonimo di

sconfitta in partenza, in quanto potrebbe prevedere un insuccesso

(l'ennesimo) di fronte allo sforzo richiesto.

dare continui feedback durante lo svolgimento del lavoro. I feedback

devono riguardare la qualità del lavoro. In questo modo si mantiene attivo

l'orientamento dell'attenzione sul compito (Marzocchi, Bongarzone, 2019).

Le difficoltà nei momenti destrutturati

Tutti gli adattamenti descritti fin qui hanno l'obiettivo di incrementare il

livello di strutturazione esterna, in modo tale da compensare la carente

organizzazione interna e autonoma dell'alunno con difficoltà di

autoregolazione cognitiva e comportamentale. Questi adattamenti

diventano ancora più essenziali nei contesti in cui sono presenti altre variabili

che aumentano la complessità della gestione: classi molto numerose,

presenza di più alunni certificati con BES ecc (Fedeli, Vio, 2017).

Come accennato in precedenza, l'intervallo, la mensa e le piccole pause sono

momenti di difficile gestione. In questi casi è possibile creare delle mini

attività strutturate con l'obiettivo di farle assimilare lentamente dagli alunni

(Marzocchi, Bongarzone, 2019).

Riportiamo una piccola tabella con possibili adattamenti.

07.

MOMENTI DESTRUTTURATI

POSSIBILI ADATTAMENTI

Passaggio da una materia all'altra

Cambio di insegnante

Spostamenti nell'edificio scolastico

Ingresso e uscita dalla scuola

Ricreazione e gioco libero

Passaggio dal gioco libero alla lezione

Stabilire routine relative ai momenti di

transizione

Preannunciare le transizioni

Dare feedback sull'adeguatezza della condotta

Stabilire tempi massimi per le transizioni

Prevedere supporti visivi che guidino il

comportamento

*Tratta da Fedeli e Vio (2017). Si rimanda al suddetto lavoro per approfondimenti.

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121


OPZIONALE

Video-discussione

Il video è stato realizzato da Gianluca Daffi per simulare il funzionamento

cognitivo di una persona con ADHD. Nel video si chiede di leggere un piccolo

brano e sono presenti numerose interferenze: musica, ricordi, immagini, pensieri.

Tutte queste interferenze non riescono a essere filtrate e inevitabilmente

interrompono il compito principale.

Può essere un breve spunto di discussione riguardo alle modalità didattiche da

attuare e non solo. Sperimentare un funzionamento cognitivo con così tante

interferenze potrebbe sollecitare riflessioni anche rispetto alla scarsa capacità di

alcuni alunni di aderire a delle richieste, di rispettare delle regole, di essere

paziente... E l'elenco potrebbe continuare con molti altri esempi.

Domande guida:

Come può sentirsi un alunno al termine di un compito come questo?

Perché un richiamo come "stai attento" non sarebbe di aiuto?

Cosa si può cambiare nella modalità didattica per compensare questa

difficoltà?

Avete mai pensato che l'alunno potrebbe non riuscire a immagazzinare una

consegna in modo immediato e tempestivo a causa di interferenze come

queste?

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122


8° INCONTRO

FOLLOW UP

08.

OBIETTIVI

REVISIONARE IL

LAVORO SVOLTO

DURANTE IL PERCORSO

RIFLETTERE

SULLE CRITICITÀ

EMERSE

CHIARIRE O

APPROFONDIRE

ASPETTI SPECIFICI

RIEPILOGARE LE

PRINCIPALI TECNICHE

ESPOSTE

CONTENUTI

DISCUSSIONE LIBERA

RIEPILOGO DELLE CONTENUTI TRASMESSI

CHIARIMENTI E APPROFONDIMENTI

QUESTIONARIO DI GRADIMENTO

RISORSE

Questionario di gradimento

Somministrazione del questionario iniziale

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8° INCONTRO

FOLLOW UP

08.

L'incontro di follow up si svolge a distanza di tempo per verificare il

mantenimento dei risultati ottenuti, per discutere delle criticità emerse

durante le settimane e per revisionare l'intero percorso svolto.

Per questo incontro si prevede quindi una discussione piuttosto libera

sull'intero Teacher Training, tuttavia proponiamo alcuni spunti per un

confronto strutturato.

SVOLGIMENTO

Discussione libera

Facciamo il punto su...

Somministrazione del questionario iniziale per quantificare il

cambiamento

Questionario di gradimento

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124


08.

Facciamo il punto su...

Strategie educative

Si avvia un confronto sulle strategie educative sperimentate sotto più aspetti:

comunicazione, relazione, organizzazione della classe o delle attività. È bene

far emergere eventuali criticità incontrate, ad esempio nei casi di classi

molto numerose o con più alunni certificati o con Bisogni Educativi Speciali.

Tecniche di comunicazione

I docenti hanno sperimentato nuove modalità di comunicazione? Hanno

notato differenze nel loro approccio rispetto alla percezione di gravità dei

comportamenti problematici? Ci sono state occasioni in cui un

comportamento è stato disinnescato grazie a una comunicazione più gentile

e ferma? Gli spunti di discussione sono molti.

Tecniche di osservazione

Le abilità di osservazione si acquisiscono con molta pratica. Il Teacher

Training non ha avuto l'obiettivo di rendere i docenti dei perfetti analisti del

comportamento quanto di trasmettere un nuovo "mindset" ovvero un assetto

mentale che vede l'alunno inserito in un contesto complesso e

multidimensionale. Il modo più efficace per arrivare a modificare i suoi

comportamenti è osservare ogni situazione nel dettaglio. Il solo atto di

fermarsi a osservare permette alla consapevolezza di emergere, trovando

strategie alternative. I docenti hanno sperimentato questo "upgrade" di

consapevolezza?

Sistema di gratificazione

I docenti hanno sperimentato i sistemi di gratificazione a punti o, in generale,

i sistemi di rinforzo positivo? Hanno ottenuto benefici in termini di

modificazione del comportamento e sul loro benessere personale e

professionale?

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125


08.

Autoefficacia e competenza

Come ampiamente argomentato durante il percorso, il Teacher Training

vuole stimolare nuove consapevolezze educative e relazionali nel docente al

fine di intervenire indirettamente sul disagio che può derivare da situazioni

difficili da gestire. I docenti hanno sperimentato cambiamenti nei parametri

"grado di tolleranza nei confronti dell'alunno" e "gravità percepita della

situazione"?

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126


08.

CONCLUSIONI

Il Teacher Training si può considerare efficace se ha prodotto nei docenti la

giusta tensione educativa verso il cambiamento. Se il docente conclude il

percorso con la consapevolezza di poter fare davvero qualcosa per affrontare

i comportamenti problematici di un alunno con difficoltà di autoregolazione,

allora ogni incontro è stato un tassello nell'emersione di nuove

consapevolezze.

L'obiettivo di un intervento psicoeducativo non dovrebbe mai essere quello

di far sparire determinati comportamenti o di trovare soluzioni istantanee a

condizioni anche molto stressanti. Sarebbe un obiettivo irrealistico, non

raggiungibile, dunque destinato a fallire prima del tempo.

Un buon intervento psicoeducativo inizia dalla presa di coscienza di un

profondo disagio che chiede al docente di mettersi in discussione e

rivalutare, quando necessario, i propri stili educativi, relazionali e

comunicativi, a prescindere dalle competenze. Un docente può essere molto

competente e al tempo stesso avere difficoltà a entrare in relazione con

l'alunno. Tuttavia il rischio che si corre con più facilità è proprio mettere in

relazione la competenza nella gestione di un comportamento problematico

alla competenza professionale ("non riesco a gestirlo quindi non faccio bene

il mio lavoro").

A conclusione del presente lavoro ripercorriamo brevemente i principali

passi che un docente può compiere nei casi in cui in classe ci fosse almeno

un alunno con Bisogni Educativi Speciali:

Conoscere il funzionamento del proprio alunno

Quando viene presentata una relazione diagnostica è importante che gli

insegnanti la leggano con attenzione per individuare reali corrispondenze

con quanto è possibile osservare in classe. Come ampiamente argomentato,

la descrizione diagnostica è un punto di partenza nella definizione dei

bisogni dell'alunno, ma ha bisogno di essere letta dal punto di vista del

funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale per rendersi davvero

utile nel percorso educativo dell'alunno. Intendiamo fare riferimento ai punti

di forza e di debolezza dell'alunno, alle strategie che funzionano meglio per

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127


le sue specifiche caratteristiche. Quando possibile è fondamentale con i

clinici che hanno redatto la relazione diagnostica e approfondire tutto ciò

che risulta necessario per una maggiore comprensione.

08.

Individuare le credenze e le attribuzioni personali

Qualunque insegnante si è confrontato con la domanda "Perché l'alunno si

comporta così?", spesso senza trovare una risposta. Quel "perché" compare

nei momenti più difficili da gestire, quando la situazione sembra senza

ritorno perché sono state già provate tante strategie, tutte senza risvolti

positivi. Allora diventa particolarmente importante che il docente si fermi a

riflettere sui suoi Perché e affianchi un "secondo me...". In questo modo il

docente ha la possibilità di accedere alle proprie credenze e attribuzioni

rispetto ai comportamenti problematici dell'alunno. "Si comporta così

perché gli piace fare dispetti", "Si comporta così perché è maleducato": sono

soltanto esempi di possibili interpretazioni che ogni docente può

comprensibilmente fare. La tipologia di interpretazione ha, però, dei risvolti

determinanti nella pratica educativa!

Se un insegnante pensa che i comportamenti dell'alunno siano dovuti a

qualcosa che non funziona (nel suo cervello, nella sua famiglia ecc.) potrebbe

pensare che è l'alunno ad avere qualcosa di sbagliato e quindi non può fare

nulla per lavorare sul suo comportamento; se invece l'attribuzione

dell'insegnante è più interna e pensa che lui stesso possa essere coinvolto in

questa dinamica comportamentale, non come causa ma come fattore

regolatore delle difficoltà di attenzione e comportamento, allora potrà

mettere in atto una serie di azioni che porteranno a buoni risultati

(Marzocchi, Borganzone, 2019).

Riconoscere il proprio stato emotivo

La gestione di questa tipologia di alunni può innescare una serie di stati

emotivi molto spiacevoli. Le situazioni più comuni vedono sconforto, rabbia o

disimpegno nei confronti del proprio ruolo professionale. È fondamentale

che il docente impari a chiedersi come si sente di fronte ai comportamenti

disturbanti dell'alunno e impari a confrontarsi con i colleghi coinvolti. Il

confronto aiuta a comprendere che dietro un senso di frustrazione o

impotenza si possono nascondere attribuzioni diversi: lo stesso episodio può

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128


essere percepito e vissuto in modo molto diverso da docenti diversi e per

questo conduce a reazioni emotive diverse.

Sviluppare auto-consapevolezza emotiva aiuta a entrare in relazione con

l'alunno e a sintonizzarsi sulle sue difficoltà di regolazione.

08.

Applicare tecniche di comunicazione efficace

Comunicare efficacemente è qualcosa che si impara lentamente e con un

lavoro sistematico sulle proprie modalità relazionali nei confronti dell'alunno.

Non esistono formule verbali o non verbali pronte all'uso per ogni alunno,

esistono riformulazioni delle richieste abituali in modo da sintonizzarsi con

l'alunno e creare una connessione calma e allo stesso tempo forte. Questo

aspetto è parte integrante del ruolo professionale in ambito scolastico e

merita di essere esercitato, sviluppato e arricchito per avere dei buoni

risultati.

Imparare a essere obiettivi

Lo sguardo sull'alunno può essere pesantemente compromesso dai pareri

personali che un insegnante costruisce nel corso del tempo. Questo è del

tutto naturale! Soprattutto quando alcune situazioni si ripetono sempre allo

stesso modo e il grado di tolleranza verso l'alunno si riduce drasticamente. In

questi casi è importante che l'insegnante si alleni a essere obiettivo, a

diventare un osservatore di comportamenti, tenendo separate le proprie

aspettative di riuscita/fallimento e le proprie interpretazioni. È un lavoro

inizialmente molto oneroso in termini di energia cognitiva, ma è un

investimento che conduce a vedere l'alunno per quello che davvero è: un

bambino/un ragazzo con difficoltà di autoregolazione ed è su queste che si

interviene, non sul suo carattere o sul suo temperamento.

Conoscere le principali tecniche educativo-comportamentali

Uno dei motivi per cui un insegnante non applica alcune strategie

comportamentali è perché, sulla scorta dell'esperienza passata in cui nessun

tentativo ha funzionato, vengono viste come interventi inutili e destinati a

non aver alcun risultato apprezzabili. È importante quindi conoscere delle

strategie di modificazione del comportamento e applicarle con i giusti

principi teorici. Ricordiamo che la semplice applicazione metodica di una

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129


08.

strategia non porta ad alcun cambiamento significativo; al contrario, può

condurre alla perdita di significato della strategia stessa! Le tecniche

riportate in questo lavoro vanno adattate allo specifico alunno ed è

necessario applicarle con costanza, perseveranza e fiducia.

Creare nuovi adattamenti alla didattica

Ciò che serve a un alunno con difficoltà di autoregolazione serve a tutta la

classe, migliorando il controllo dell'attenzione e l'adesione alle richieste.

Dunque non bisogna pensare a un trattamento diverso, ma a una maggiore

strutturazione delle variabili ambientali come lo spazio, il tempo di attività

e le varie metodologie didattiche. Se l'insegnante entra in questa nuova

prospettiva è molto probabile che non vivrà l'intervento sull'alunno come

una fatica aggiuntiva o come un obbligo a trovare soluzioni personalizzate.

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130


07.

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131


Il mio alunno

PROJECT WORK 1

NOME DELL'ALUNNO E CLASSE FREQUENTATA

DESCRIZIONE DELL'ALUNNO

cerchi di usare parole semplici e immediate, le prime che verranno

in mente saranno probabilmente le più descrittive

PUNTI DI FORZA

Caratteristiche dell’alunno che possono aiutarla nella sua attività in

classe e contemporaneamente favorire l’apprendimento dell’alunno

stesso (es. è curioso, si offre volentieri, aiuta i compagni in difficoltà

ecc.)

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132


Quali di questi comportamenti può osservare nel suo alunno?

PROJECT WORK 1

Dopo aver individuato i comportamenti target, assegni ad ognuno un punteggio da 0 a

10 che ne descriva la rilevanza:

0: per niente rilevante 5: abbastanza rilevante 10: molto rilevante

Esce dalla classe senza permesso Si alza e gironzola per i banchi

Insulta i compagni o li prende in giro Si sdraia sotto il banco

Non vuole partecipare alle attività di classe Gioca con il materiale sul banco

Usa parolacce o termini volgari (compagni) Chiacchiera e disturba la lezione

Incita la classe alla rivolta Vuole vendicarsi a scuola

Accusa l’insegnante di avere pregiudizi Non comprende i richiami

Chiede continuamente di andare in bagno Non vuole tornare in classe

Contraddice ripetutamente l’insegnante Non rispetta il proprio turno

Provoca verbalmente l’insegnante Interrompe ed è invadente

Non finisce il lavoro Fa sempre gli stessi errori

Ha la testa tra le nuvole Non riesce ad essere paziente

Non riesce a organizzarsi o perde i materiali Non segna i compiti per casa

Se dovesse fermarsi a riflettere sui comportamenti che ha individuato, quale

riterrebbe più urgente da modificare?

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133


PROJECT WORK 2

Le parole che userei

Immagini che il suo alunno con difficoltà attentive e/o comportamentali debba

cambiare scuola e che lei abbia il compito di fornire ai futuri colleghi le

principali informazioni per la gestione dell'alunno stesso.

Che cosa scriverebbe?

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134


PROJECT WORK 2

Quanto mi sento competente nella gestione

del mio alunno

Ora, dopo aver riletto quanto ha scritto, provi a rispondere a queste domande:

Come valuterebbe il suo senso di efficacia e competenza nella gestione dei

comportamenti più problematici?

Per nulla

soddisfacente

Poco

soddisfacente

Abbastanza

soddisfacente

Molto

soddisfacente

Pienamente

soddisfacente

Perché?

Queste riflessioni possono essere condivise o rimanere del tutto personali. A sua

discrezione possono essere uno spunto di confronto con i colleghi oppure

un'occasione di riflessione personale.

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135


Cosa c'è che non va?

PROJECT WORK 3

TIPOLOGIA

RICHIESTA/RICHIAMO

PUNTI DEBOLI

COSA MODIFICO?

Oggi sei stato molto

bravo, vedi che se ti

impegni puoi farlo?

Questo quaderno è

troppo disordinato.

Guarda quello di

Andrea e impara!

Ti sembra questo il

modo di comportarsi

durante l'intervallo?

Quante volte devo

ripeterti di non alzare

la voce?

Sei sempre così

rumoroso! Fai silenzio

per favore!

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136


Cosa c'è che non va?

PROJECT WORK 3

Usi questo spazio per riportare eventuali criticità incontrate sia nello svolgimento

dell'esercitazione sia nel contesto didattico.

Ci sono state situazioni in cui è stato particolarmente difficile ottenere

l'attenzione dell'alunno?

Ci sono situazioni in cui è più complesso fare una richiesta e aspettarsi che

venga rispettata?

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137


I principi della comunicazione assertiva

PROJECT WORK 3

Le modalità di interazione assertiva prevedono che le persone siano consapevoli

dei propri diritti, ma si rendono conto anche dei diritti degli altri. Si preoccupano

dei sentimenti altrui e perciò tendono a fare le loro richieste e le loro critiche in

modo da non offendere e turbare altre persone. Hanno il senso del dare e

dell'avere e, nelle situazioni di conflitto, il loro atteggiamento le porta spesso a

passare dal conflitto alla negoziazione e alla cooperazione.

Per riassumere... Essere assertivi vuol dire comunicare le proprie scelte e le

proprie preferenze in modo deciso, chiaro e onesto, evitando di essere prepotenti

e aggressivi, ma allo stesso tempo evitando di essere timorosi e spaventati per le

possibili reazioni degli altri.

La comunicazione assertiva di base prevede queste componenti

DESCRIVERE LA SITUAZIONE SENZA GIUDIZI:

"Quando parli mentre la tua compagna legge"

ESPRIMERE L'EMOZIONE7IL VISSUTO PERSONALE

"Io non riesco a stare concentrata"

CHIARIRE LE CONSEGUENZE

"Perché dobbiamo fermarci diverse volte"

SPECIFICARE COSA SI DESIDERA

"Vorrei che provassi a rimanere in silenzio durante l'attività di lettura, per favore"

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138


Perché è un problema?

PROJECT WORK 4

Scelga 2 comportamenti tipici del suo alunno che creano disordine o problemi

in classe. Osservi questi comportamenti in giorni e momenti diversi e per ogni

occasione riporti brevemente la sua reazione emotiva e le conseguenze sul

contesto.

Elenco dei comportamenti dell'alunno ________________________________

che osserverò nei prossimi giorni:

1.

2.

__________________________________________________________________

__________________________________________________________________

COMPORTAMENTO TARGET n. 1

REAZIONE EMOTIVA E COMPORTAMENTALE

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139


PROJECT WORK 4

COMPORTAMENTO TARGET n. 2

REAZIONE EMOTIVA E COMPORTAMENTALE

Eventuali note e osservazioni aggiuntive

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140


PROJECT WORK 4

Per ognuno dei comportamenti osservati...

Il COMPORTAMENTO TARGET n. 1 ___________________________________

è un problema...

PER ME

PER L'ALUNNO

Indichi se questi criteri sono presenti e per ognuno assegni un valore da 0 a 10

È DANNOSO

È UN OSTACOLO

È STIGMATIZZANTE

Giustifichi le sue risposte

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141


PROJECT WORK 4

Per ognuno dei comportamenti osservati...

Il COMPORTAMENTO TARGET n. 2 ___________________________________

è un problema...

PER ME

PER L'ALUNNO

Indichi se questi criteri sono presenti e per ognuno assegni un valore da 0 a 10

È DANNOSO

È UN OSTACOLO

È STIGMATIZZANTE

Giustifichi le sue risposte

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142


Il Modello ABC

Utilizzare e fotocopiare la scheda in base alle esigenze.

PROJECT WORK 5

(A) Antecedente: Dov'era l'alunno? Che cosa stava facendo? Chi c'era con lui? Quali

richieste ha ricevuto dal docente? Che cosa facevano o dicevano i compagni?

(B) Comportamento: Cosa fa l'alunno? Ricordarsi di essere sintetici e chiari.

La descrizione dovrebbe essere chiara anche a chi non era presente.

(C) Conseguenze: Cosa è successo subito dopo? Che cosa ha detto/fatto il docente? Che

cosa hanno detto/fatto i compagni? Com'è andata avanti l'attività?

Data _____________

A

ANTECEDENTE

B

COMPORTAMENTO

C

CONSEGUENZA

Data _____________

A

ANTECEDENTE

B

COMPORTAMENTO

C

CONSEGUENZA

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143


REGOLE DI SOPRAVVIVENZA IN CLASSE

IMPARA A FARE ATTENZIONE ALLE TUE REAZIONI

01.

Di fronte a comportamenti che sembrano deliberatamente provocatori, il primo passo verso

un'efficace gesione è prendere consapevolezza della propria reazione emotiva. Una reazione

inadeguata aggrava la situazione e conduce all'escalation temuta. Chiediti cosa provi: fastidio,

irritazione, rabbia?

USA STRATEGIE DI ATTENZIONE POSITIVA

02.

PREMIA I COMPORTAMENTI POSITIVI

03.

USA RICOMPENSE EFFICACI

04.

È più facile e immediato notare i comportamenti disfunzionali. Allenati a riconoscere anche brevi

momenti in cui puoi fornire un'attenzione positiva e accogliente al tuo alunno. Farà davvero la

differenza!

FAI RICHIESTE CHIARE, BREVI E CON AGGANCIO VISIVO

05.

Prova a guardare l'alunno con occhi diversi e cerca di scovare i comportamenti positivi sui quali

puoi fare leva per incoraggiare e spronare a fare meglio. Premiare questi comportamenti vale

molto di più che punire quelli problematici.

USA LA REGOLA "SE ... ALLORA"

06.

L'alunno probabilmente funzionerà in questo modo: "faccio quello che mi chiedi (e che non mi

interessa/non mi piace) solo se ne vale la pena e ricevo qualcosa in cambio". Crea una lista di

ricompense che puoi fornire (verbali, sociali, materiali)

Fai in modo di incontrare sempre lo sguardo dell'alunno se gli stai rivolgendo un richiamo.

Assicurati che l'alunno ti comprenda, usa frasi molto breve e contestualizzate al momento

presente. Non serve paragonare ad altri momenti o compagni.

DAI POSSIBILITÀ DI SCELTA TRA DUE ALTERNATIVE

07.

Concedi qualcosa all'alunno utilizzando tecniche di negoziazione che rinforzano la vostra

alleanza. "Certo che puoi ... ma prima è importante che tu ...". Ricorda di specificare bene cosa ti

aspetti che faccia.

Crea possibilità di scelta. Se l'alunno è particolarmente agitato "Vuoi aiutarmi a collegare la LIM o

vuoi distribuire queste schede?". Fornire un'alternativa consente all'alunno di non sentirsi

oppresso e di collaborare di più.

SINTONIZZATI SULLO STATO EMOTIVO DELL'ALUNNO

08.

OPZIONALE

Usa strategie di ascolto attivo per sintonizzarti sullo stato emotivo dell'alunno. Un approccio

accogliente e comprensivo rende l'alunno maggiormente disposto all'ascolto di una richiesta e

alla riformulazione del proprio comportamento.

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144


Gratificazione a punti

*

PROJECT WORK 6

Apporre un

Apporre un

(pari a +1 punto) per ogni azione svolta correttamente

(pari a -1 punto) per ogni azione non corretta

Giorno

della

settimana

1 = 1 AZIONE CORRETTA

1 = 1 AZIONE NON CORRETTA

TOT.

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

Lunedì

Martedì

Mercoledì

Giovedì

Venerdì

Sabato

*Cesare Cornoldi, Tiziana De Meo, Francesca Offredi e Claudio Vio, Iperattività e autoregolazione cognitiva, Trento, Erickson, 2001, p. 138.

145


Lista delle gratificazioni

PROJECT WORK 6

Per conoscere meglio l'alunno...

ATTIVITÀ PREFERITE

REGALI PREFERITI

QUALI OGGETTI PREFERISCE

CON QUALI PERSONE STA MOLTO VOLENTIERI

QUALI ATTIVITÀ GRADISCE NELL'ORARIO SCOLASTICO

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146


Promemoria per un uso corretto

PROJECT WORK 6

Tratto da Cesare Cornoldi, Tiziana De Meo, Francesca Offredi e Claudio Vio, Iperattività e autoregolazione cognitiva, Trento, Erickson, 2021, p.132

Osservare il comportamento dell'alunno

Per individuare i comportamenti adeguati e quelli inadeguati da considerare all'interno

del sistema. I comportamenti devono essere descritti brevemente e devono essere

comprensibili all'alunno.

Scegliere delle azioni-obiettivo

Può riguardare sia prestazioni scolastiche (ad es. un determinato numero di schede da

completare), sia specifici comportamenti (ad es., una modalità di interazione corretta

con i compagni).

Individuare il metodo per calcolare il punteggio

Si possono usare piccoli gettoni colorati che il bambino deve custodire, o stelline o

stickers da apporre su un'apposita scheda suddivisa per giorni, o un altro sistema,

meglio se di tipo grafico.

Accordarsi sul valore del corretto perseguimento dell'obiettivo

Ovvero quanti punti vale il raggiungimento dell'obiettivo? Azioni che richiedano più

tempo di lavoro o maggior impegno ed energie devono essere convertite in cifre

superiori.

Selezionare i premi ottenibili in base all'accumulo di punti

Si tratta di una lista di privilegi, azioni o oggetti che deve essere concordata con l'alunno

(ed eventualmente con la famiglia). È opportuno includere premi che siano facilmente

raggiungibili in termini di accumulo di punteggio, per evitare una iniziale

demotivazione dell'alunno.

Scegliere la tipologia di attribuzione del punteggio

È possibile scegliere tra la sola attribuzione di punteggio all'emissione di un

comportamento adeguato oppure una strategia tipo "costo della risposta" che pone

l'alunno nella condizione di poter anche perdere punti nel caso in cui attui determinati

comportamenti inadeguati.

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147


QUESTIONARIO DI GRADIMENTO

TEACHER TRAINING: Ho un alunno ingestibile!

Ente/Sede e Grado scolastico: ____________________________________

A conclusione del percorso formativo, si

chiede di fornire una valutazione dei

seguenti aspetti:

Contenuti

Metodologie didattiche

Modalità organizzative

Relatori del corso

Risultati

assegnando un punteggio da 1 a 5

secondo il criterio esposto accanto.

Punteggio

Valutazione

1 Per niente

2 Poco

3 Così

4 Abbastanza

5 Molto

NOTA: il questionario è anonimo. Grazie della collaborazione!

Contenuti

Gli argomenti affrontati durante il corso sono stati:

per niente

molto

Chiari

1 2 3 4 5

In linea con le sue aspettative

1 2 3 4 5

Vicini alla sua realtà lavorativa

1 2 3 4 5

Vicini alle reale problematiche

1 2 3 4 5

Esaurienti

1 2 3 4 5

Adeguati alle sue conoscenze

1 2 3 4 5

Utili nel suo futuro lavorativo 1 2 3 4 5

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Metodologie didattiche

Ritiene che i metodi (Project Work, Video-discussioni ecc) utilizzati siano stati

per niente

molto

Adeguati rispetto ai contenuti

1 2 3 4 5

Favorevoli al coinvolgimento

1 2 3 4 5

Di supporto all'apprendimento

1 2 3 4 5

Favorevoli al confronto

1 2 3 4 5

Proposti in modo chiaro

1 2 3 4 5

Utili a sviluppare competenze

1 2 3 4

Modalità organizzative

In che misura ritiene adeguati i seguenti aspetti organizzativi del corso?

per niente

molto

Qualità del materiale fornito

1 2 3 4 5

Quantità del materiale fornito

1 2 3 4 5

Adeguatezza della durata

1 2 3 4 5

Relatori del corso

Ritiene che i relatori siano stati

per niente

molto

Competenti della materia

1 2 3 4 5

Attenti a chiarire/approfondire

1 2 3 4 5

Capaci di dare spunti operativi

1 2 3 4 5

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Risultati

Ritiene che il corso sia stato utile per

per niente

molto

Le conoscenze apprese

1 2 3 4 5

Le abilità operative sviluppate

1 2 3 4 5

Le riflessioni sollecitate

1 2 3 4 5

L'interesse suscitato

1 2 3 4 5

Lo scambio di esperienze

1 2 3 4 5

Applicabilità al suo lavoro

1 2 3 4 5

Bilancio complessivo

Potrebbe fare un bilancio complessivo del corso segnalandoci:

aspetti positivi e aspetti critici

argomenti che vorrebbe approfondire

ulteriori osservazioni e suggerimenti

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BIBLIOGRAFIA

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SITOGRAFIA

Youtube.com

Video del 1° incontro (opzionale)

https://www.youtube.com/watch?v=yOzfHP_ryVY&t=3106s (La sindrome

dei monelli)

https://www.youtube.com/watch?v=t32CK5t8d2Q (A day in life with ADHD)

Video del 3° incontro

https://www.youtube.com/watch?v=elnA4g3pJfk&t=1s (Programma Il

Collegio, Produzione RAI)

https://www.youtube.com/watch?v=PTH_Mc7ewVE&feature=emb_logo

(Programma Il Collegio, Produzione RAI)

https://www.youtube.com/watch?v=LkxXoqoEubc&t=1s (Programma Il

Collegio, Produzione RAI)

https://www.youtube.com/watch?v=oyAfafotBY8 (Programma Il Collegio,

Produzione RAI)

Video del 5° incontro

https://www.youtube.com/watch?v=B2DDYfNTXcI (Estratto film

Detachment-Il distacco)

Video del 7° incontro

https://www.youtube.com/watch?v=BX9TeGZAlqE (Simulatore ADHD - G.

Daffi)

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