Teacher Training
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Progetti in
un
cl ck!
Scuola Primaria e Scuola Secondaria I Grado
PROGETTO DI
FORMAZIONE PER INSEGNANTI
TEACHER
TRAINING
"Ho un alunno ingestibile!"
Progetti in
un
cl ck!
Progetti in un click! è un'iniziativa promossa da CAPTA Centro di Psicologia e
Laboratorio Apprendimenti per fornire materiali strutturati pronti all'uso.
I lavori sono destinati a professionisti di vari settori impegnati con l'età
evolutiva e/o con l'età adulta. Ogni progetto è articolato in modo da essere
proposto nel contesto scolastico o nella propria attività professionale in forma
completa a partire da una dettagliata impostazione del lavoro fino all'utilizzo
delle relative proposte operative come Project Work, attività interattive,
metodologie di gruppo, il tutto supportato da un'esaustiva presentazione
multimediale.
Il presente lavoro contiene: ampia trattazione teorica del tema da sviluppare,
strutturazione articolata del lavoro, metodologie, tempi e risorse utili.
Anno di pubblicazione: 2022
Documento di proprietà di CAPTA Centro di Psicologia e Laboratorio Apprendimenti
È vietata la riproduzione e la diffusione senza autorizzazione
INDICE
Scheda del progetto
Premessa e analisi del contesto
Dall'idea al progetto
Obiettivi e competenze
Struttura degli incontri
>> p. 7
>> p. 12
>> p. 14
>> p. 18
>> p. 20
1° INCONTRO
DIFFICOLTÀ DI ATTENZIONE, DI COMPORTAMENTO E DI AUTOREGOLAZIONE
>> p. 23
Disattenzione e comportamento incontrollato: difficoltà o disturbo?
Accenni su ADHD e altri quadri clinici
Manifestazioni cliniche
dei disturbi di autoregolazione cognitiva/comportamentale
Il ruolo del docente
+ Project Work 1: Il mio alunno
2° INCONTRO
COSTRUIRE UN'ALLEANZA PSICOEDUCATIVA
L'alleanza psicoeducativa
I comportamenti problematici: una premessa
Come i comportamenti problema influiscono sulla relazione,
lo stile educativo e comunicativo
I disagi dell'insegnante all'origine dei comportamenti problema
+ Project Work 2: Le parole che userei
3° INCONTRO
DIVENTARE INSEGNANTI ASSERTIVI
>> p. 32
>> p. 49
Lo stress dell'insegnante
Perché alcuni comportamenti sono più difficili di altri
I meccanismi di controllo dell'alunno
La comunicazione efficace
Alleniamoci a scovare gli errori di comunicazione
+ Project Work 3: Cosa c'è che non va?
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4° INCONTRO
IMPOSTARE UN'OSSERVAZIONE DIRETTA DEL COMPORTAMENTO
>> p. 68
Tecniche specifiche di intervento psicoeducativo comportamentale
Introduzione su Analisi funzionale del comportamento
L'importanza dell'osservazione strutturata
La decisione di reale problematicità
+ Project Work 4: Perché è un problema?
5° INCONTRO
IL MODELLO ABC
Introduzione sul Modello ABC
Le fasi del comportamento problematico
La scelta del comportamento target
Opzioni di intervento psicoeducativo
Disinnescare i comportamenti esplosivi
Video-discussione
+ Project Work 5: Modello ABC
6° INCONTRO
POCHE PUNIZIONI, MOLTE GRATIFICAZIONI
>> p. 80
>> p. 101
I meccanismi di gratificazione
La gratificazione a punti
Il rinforzo
Uso strategico dei rinforzi
Riconoscere i comportamenti positivi
Il rimprovero efficace
+ Project Work 6: Sistema di gratificazione
7° INCONTRO
STRATEGIE PER LA CLASSE: ADATTAMENTO AMBIENTI E MATERIALI
>> p. 115
Adattare tempi e spazi
Organizzare i materiali
Organizzare ausili e supporti alla didattica
La gestione dei momenti destrutturati
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8° INCONTRO
FOLLOW UP
>> p. 123
Guida al riepilogo e all'analisi dei contenuti
Eventuali chiarimenti/approfondimenti
Questionario di gradimento
Conclusioni
>> p. 127
Project Work 1: Il mio alunno
Project Work 2: Le parole che userei
Project Work 3: Cosa c'è che non va?
Project Work 4: Perché è un problema?
Project Work 5: Il Modello ABC
Project Work 6: Sistema di gratificazione
>> p. 132
>> p. 134
>> p. 136
>> p. 139
>> p. 143
>> p. 145
Questionario di gradimento
>> p. 148
Bibliografia
Sitografia
>> p. 151
>> p. 152
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TI AIUTO A SFOGLIARMI E
LEGGERMI
Il lavoro che stai consultando intende essere uno strumento
operativo nel mondo scolastico e sanitario. La proposta
progettuale è indirizzata a docenti che cercano quotidianamente
strategie educative efficaci per fronteggiare i comportamenti
problematici degli alunni, a prescindere dalla presenza di un
eventuale quadro diagnostico.
FASCE D'ETÀ
COMPORTAMENTI PROBLEMA
IN CLASSE
TEMATICHE
PSICOEDUCAZIONE
BENESSERE
SCOLASTICO
APPRENDIMENTO
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SCUOLA
PRIMARIA
Dagli 8 ai 10 anni
FASCE D'ETÀ
SCOLARE
SCUOLA SECONDARIA
I° GRADO
Dagli 11 ai 13 anni
AREE
TEMATICHE
COMPORTAMENTI
PROBLEMA
ALLEANZA
PSICOEDUCATIVA
TECNICHE
COMPORTAMENTALI
STRESS PSICOFISICO
DELL'INSEGNANTE
ADATTAMENTI ALLA
DIDATTICA
AUTOCONTROLLO
DELL'ALUNNO
INTERVENTO
POSITIVO
GRATIFICAZIONI
E RINFORZI
COMUNICAZIONE
ASSERTIVA
PROBLEM SOLVING
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SCHEDA DEL PROGETTO
*La presente sezione è modificabile a discrezione del lettore in base alle specifiche
esigenze dell'Ente a cui sarà proposta. Di seguito si descrive la macrostruttura del
progetto, riassumendo i principali contenuti che saranno approfonditi nel corso del
presente lavoro.
TITOLO DEL PROGETTO
Teacher Training: "Ho un alunno ingestibile!" - Costruire alleanze psicoeducative in
classe
DESTINATARI
Docenti della Scuola Primaria e della Scuola Secondaria di Primo Grado che
lavorano con bambini/ragazzi con diagnosi di ADHD, DOP o con difficoltà attentive,
comportamentali e di autoregolazione cognitiva.
PREMESSA E ANALISI DEL CONTESTO
La Scuola è l’ambiente all’interno del quale il bambino/ragazzo passa la maggior
parte del suo tempo; la qualità delle relazioni che instaura con gli insegnanti e con i
compagni è un elemento fondamentale per favorire lo sviluppo di strategie di
autocontrollo comportamentale, autoregolazione cognitiva e per aiutare a
sostenere l’attenzione orientata a uno scopo. Gli insegnanti sono spesso confusi di
fronte a un alunno che, pur dimostrando intelligenza, fatica nel mantenere un
controllo adeguato al contesto scolastico e, in aggiunta, ha spesso reazioni che
preoccupano sia per tipologia che per intensità. La formazione degli insegnanti è
uno degli elementi chiave nella prognosi di un bambino/ragazzo con disturbo da
deficit dell’attenzione e dell’iperattività, con difficoltà comportamentali e di
autoregolazione cognitiva in ambito scolastico.
Attraverso il percorso di training, l’insegnante diventa parte attiva nel processo
educativo e terapeutico, tramite l’acquisizione di abilità e nuovi stili educativi
relazionali necessari per contrastare situazioni problematiche e acquisire uno stile
educativo orientato al problem-solving. Di fronte ai comportamenti non adattivi
dell’alunno, infatti, le risposte del contesto scolastico possono definire il confine
entro il quale il disturbo può essere contenuto o oltre il quale il disturbo può
innescare una serie di situazioni che produrranno conflittualità e stili educativi non
utili e stressanti sia per l’insegnante che per l’alunno e il contesto classe.
Il Teacher Training è un percorso strutturato in forma gruppale per fornire ai
docenti un contesto di fiducia, confronto e rispecchiamento all’interno del quale
agevolare i processi di apprendimento, consapevolezza e infine cambiamento.
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Il percorso inizia con l’acquisizione di informazioni sui diversi quadri clinici nei
quali è possibile individuare manifestazioni comportamentali e di
autoregolazione non funzionali in più contesti di vita. Si è scelto di non
focalizzarsi su un’unica descrizione nosografica (es. ADHD) per consentire ai
partecipanti di prendere coscienza degli elementi critici che caratterizzano la
relazione insegnante-alunno a prescindere dall’eventuale quadro clinico. Nel
corso degli incontri si entra nel vivo delle tecniche di intervento psicoeducativo
comportamentale con particolare attenzione ai processi di osservazione e autoosservazione,
attraverso i quali i docenti possono sviluppare la giusta
consapevolezza per migliorare la prospettiva sull’alunno e sugli obiettivi di
cambiamento. Le diverse occasioni di analisi e di confronto offrono l’opportunità
ai docenti di costruire un rapporto significativo ed efficace per rispondere alle
difficoltà dell’alunno e per gestire al meglio la fatica che il docente stesso
sperimenta nel contesto scolastico. Il filo conduttore di tutti gli incontri è il
consolidamento della relazione docente-alunno, favorendo l’inserimento
dell’alunno nel contesto classe e sostenendone gli apprendimenti.
TEMPI E MODALITÀ DI REALIZZAZIONE
Sessioni formative: 8 frontali + lavoro individuale
Durata dei singoli incontri: dai 90 ai 120 minuti, in base al numero dei
partecipanti + Project Work (autoformazione - stimare i tempi)
Conduttori: il conduttore è un professionista con competenze specifiche
sui disturbi del comportamento e/o sulle manifestazioni cliniche delle
difficoltà di attenzione, comportamento e autoregolazione cognitiva in
ambito scolastico.
Composizione del gruppo: il gruppo può essere composto da docenti dello
stesso alunno o da docenti di più alunni; in questo ultimo caso sarebbe
auspicabile abbinare docenti di alunni appartenenti allo stesso ciclo
scolastico e che possano condividere problematiche analoghe.
Gli incontri prevedono la partecipazione attiva dei docenti attraverso lo
svolgimento di Project Work nel periodo che intercorre tra un incontro e il
successivo. I Project Work sono dei fogli di lavoro guidato sull’auto-osservazione,
le abilità comunicative, i comportamenti dell’alunno o altri aspetti propedeutici
all’impostazione di un intervento psicoeducativo. I Project Work vengono discussi
in ogni incontro successivo.
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OBIETTIVI GENERALI
Le specifiche aree su cui interviene un percorso di Teacher Training sono le
seguenti:
migliorare le conoscenze sui disturbi del comportamento, dell’attenzione e
dell’autoregolazione cognitiva da parte degli insegnanti, andando oltre il
quadro nosografico in sé;
ridurre la percezione di gravità della sintomatologia dei suddetti quadri
clinici nel proprio alunno;
ridurre lo stress percepito nel contesto professionale dal docente;
rinforzare e consolidare le modalità di relazione, comunicazione e gestione
delle situazioni problematiche e del proprio stile educativo;
rinforzare e consolidare positivamente l’immagine del docente (competenza
professionale e senso di autoefficacia nella gestione dell’alunno);
favorire il livello di inclusione dell’alunno nella classe e aumentare l’efficacia
degli apprendimenti
L'obiettivo trasversale è puntare a un benessere generale, considerando l'alunno
all'interno del complesso contesto scolastico in cui sono cruciali la relazione con il
docente, con il gruppo classe e la qualità dei suoi apprendimenti. In quest'ottica
diventa prioritario agire indirettamente sull'alunno, abbassando il livello di stress
percepito dal docente, il livello di autoefficacia nella gestione dell'alunno con
comportamenti problematici e la consapevolezza delle proprie competenze
professionali. Agendo su queste dimensioni si interviene dunque sugli stili
educativi e comunicativi nella direzione di modalità di gestione autorevoli e
rispettose dei bisogni dell'alunno.
Attraverso un percorso guidato di osservazione e sviluppo di competenze
relazionali-educative l'esperienza scolastica può modificarsi sensibilmente per il
docente e per l'alunno: da un lato il docente impara a gestire il disagio che
sperimenta nelle situazioni complesse e quindi impara a mettere in atto di azioni
educative incisive ed efficaci; dall'altro lato l'alunno sperimenta un contesto
accogliente e sicuro all'interno del quale sviluppare strategie di problem solving
emotivo-comportamentale, attenuando la manifestazione di episodi
problematici.
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OBIETTIVI SPECIFICI
In elenco gli obiettivi specifici raggiungibili tramite il Teacher Training:
Conoscenza del funzionamento cognitivo e comportamentale di un alunno
con Disturbo del comportamento, dell'attenzione e dell'autoregolazione
(manifestazioni psicopatologiche ed evoluzione delle stesse);
Abilità nel distinguere il vissuto personale dal docente in relazione all'alunno
e la manifestazione oggettiva del comportamento problematico, attraverso
una descrizione obiettiva e priva di interpretazioni;
Motivare i docenti a rendere gli aspetti relazionali-emotivi parte integrante
del proprio ruolo educativo, sperimentando nuove strategie di
comunicazione utili al benessere dell'alunno ma anche al benessere del
proprio ruolo professionale, in linea con le legittime esigenze personali;
Affinare le abilità di osservazione dei comportamenti dell'alunno, imparando
a separare la manifestazione oggettiva del comportamento dalle qualità
globali dell'alunno;
Individuare gli elementi scatenanti che producono l'attivazione di
comportamenti disfunzionali nell'alunno e attuare modifiche pertinenti
all'ambiente per prevenirne la manifestazione o per affrontarne
efficacemente le conseguenze;
Guidare l'alunno a sviluppare strategie di problem solving efficaci per
individuare strategie alternative alla messa in atto di comportamenti
problematici.
STRUMENTI E RISORSE
STRUMENTI NECESSARI:
Un computer
Una lavagna per le attività di brainstorming o altre esemplificazioni grafiche
Un proiettore per la condivisione delle diapositive e per la visione di video
formativi-informativi
RISORSE UTILI:
Per ogni incontro saranno utilizzate diapositive e altri ausili multimediali (es.
video, interviste) su cui indirizzare la riflessione. Per ogni incontro sono previsti
anche materiali per la riflessione e l’auto-osservazione come questionari, schede
di registrazione e altri materiali da usare in forma autonoma come Project Work
per i docenti.
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PREMESSA E ANALISI DEL CONTESTO
Il presente Progetto nasce dalla volontà di condividere conoscenze e
competenze nell’ambito della Psicologia cognitiva dell’apprendimento
applicata all'ambiente scolastico, in cui le esigenze educative si fanno sempre
più urgenti sul fronte relazionale e comunicativo.
In un recente studio Burt e colleghi (2018) definiscono i disturbi del
comportamento in età evolutiva una vera e propria "health crisis" dei tempi
moderni. A sostegno di questa tesi gli autori esaminano alcuni dati che
confermano la diffusione delle difficoltà di comportamento in bambini e in
adolescenti, oltre alla necessità di interventi mirati e precoci in grado di
interrompere il percorso che vede questi soggetti a forte rischio di
problematiche di adattamento, insuccesso scolastico e comportamenti
antisociali. Anche in età prescolare emergono sempre di più bambini con
difficoltà a regolare le proprie emozioni e ad adeguarsi alle regole
socialmente condivise.
Come intervenire?
In primo luogo si rende essenziale un radicale cambio di prospettiva
concettuale da parte dei contesti socio-educativi: le gravi difficoltà di
regolazione del comportamento non devono essere viste come
problematiche legate a mancanze educative da parte dei genitori. I bambini
con gravi e precoci difficoltà di comportamento sono bambini con bisogni
speciali e le famiglie andrebbero aiutate a comprendere e ad affrontare tali
bisogni dei loro figli.
Nel definire un progetto di intervento psicoeducativo, la seguente proposta
operativa si basa sull'idea di un'interazione dinamica e complessa tra variabili
di rischio e variabili protettive nello sviluppo delle difficoltà di
comportamento. Si tiene conto del fatto che un adulto a contatto con
bambini con difficoltà comportamentali dovrebbe approfondire in maniera
adeguata sia le variabili contestuali che le variabili cognitivo-affettive che con
il loro sviluppo atipico possono contribuire all'emergere di condotte
aggressive oppure in ogni caso non funzionali (Muratori e Lambruschi, 2020).
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Sebbene il progetto abbia un fine prettamente operativo che richiede ai
docenti di mettersi in gioco attivamente, non possiamo escludere una
componente di prevenzione del disagio comportamentale.
Fare prevenzione di fenomeni così intrinsecamente legati a fattori individuali
rappresenta una sfida complessa.
Se in medicina può essere più immediato individuare le “cause” delle
patologie e stabilire i contenuti dell’azione preventiva, il confronto con il
disagio psicologico rende più difficile l’applicazione di uno schema lineare di
causa-effetto: la complessità delle variabili in gioco e l’imprevedibilità delle
risposte soggettive non sempre consentono di prevedere in modo
deterministico il manifestarsi dei fenomeni. Questo comporta un’attenta
analisi delle interazioni tra tutte le variabili (individuali, di gruppo,
organizzative ed istituzionali) che, in modo dinamico, intervengono a
delineare la situazione problematica e che, dunque, impongono la
progettazione e l’implementazione di un intervento stratificato a più livelli
(alunno, classe, docente, famiglia, professionisti coinvolti).
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DALL'IDEA AL PROGETTO
Il presente progetto è il risultato di una serie di esperienze professionali che
hanno contribuito a definirne i contenuti, gli obiettivi e la metodologia.
L'idea prende forma dalle esperienze all'interno degli istituiti scolastici di
diverso ordine e grado e dalle esigenze educative dei docenti incontrati che
molto spesso si trovano di fronte a bambini e ragazzi con serie difficoltà
attentive e comportamentali che compromettono il clima della classe,
l'apprendimento individuale e il benessere psicofisico del docente stesso.
Siamo convinti che il primo atto terapeutico in presenza di quadri clinici
significativi sia la diagnosi, non certo per etichettare e ingabbiare un
bambino o un ragazzo in una sterile descrizione nosografica, quanto per
accedere a un primo contenuto conoscitivo che ci permetta di intervenire in
modo adeguato. Solo quando capiamo perché un bambino fa così possiamo
scegliere gli interventi migliori, siano essi riabilitativi, educativo-didattici,
psicoterapeutici o addirittura farmacologici (Arcangeli, 2020).
Gli interrogativi dei docenti spesso si basano sulla personale esperienza
professionale di tutti i giorni, al netto di una valutazione diagnostica che
cerchi di spiegare perché un bambino presenti difficoltà nella sua traiettoria
di sviluppo. Questo rallenta i processi di conoscenza e quindi riduce le
possibilità di pensare al "come fare" piuttosto che al "cosa fare".
A prescindere dall'inquadramento diagnostico, però, sappiamo che i quadri
evolutivi sono unici, sia tipici che atipici, dunque diventa maggiormente utile
conoscere le traiettorie di sviluppo e adattarle al singolo caso conosciuto. È
proprio questo a consentire un salto di qualità nella prospettiva educativa: si
passa dalla ricerca spasmodica di tecniche per controllare il
comportamento di un alunno a una conoscenza del funzionamento
cognitivo del singolo per entrare realmente in contatto con lui e creare una
buona alleanza.
I programmi di Teacher Training sono interventi psicoeducativi indiretti sugli
alunni in quanto il punto di partenza è il docente a cui trasmettere le corrette
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conoscenze sul funzionamento cognitivo dei soggetti con un disturbo
affinché possa applicare tecniche educative e didattiche mirate, dunque
efficaci, e sviluppare un linguaggio comune con i clinici che si occupano della
presa in carico del bambino/ragazzo.
Attraverso il percorso di training, l’insegnante diventa parte attiva nel
processo educativo e terapeutico, tramite l’acquisizione di abilità e nuovi stili
educativi-relazionali necessari per contrastare situazioni problematiche e
sviluppare uno stile educativo orientato al problem-solving.
La formazione degli insegnanti è uno degli elementi chiave nella prognosi di
un bambino/ragazzo con disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività
(ADHD), disturbo da Comportamento Dirompente (DCD) più precisamente
Disturbo Oppositivo-Provocatorio (DOP) e Disturbo della Condotta (DC). Non a
caso la richiesta di consultazione per questi quadri clinici è la più frequente
nel nostro Paese presso i servizi per l'Infanzia e l'Adolescenza.
In presenza di quadri clinici riferibili a queste categorie diagnostiche,
l'evoluzione del bambino/ragazzo interessato è spesso piena di rischi e
compromissioni rilevanti sia in ambito domestico che scolastico che sociale.
La sola pervasività del disturbo ci permette di comprendere quanto il ruolo
dell'insegnante possa essere determinante. Di fronte ai comportamenti non
adattivi dell’alunno, infatti, le risposte del contesto scolastico possono
definire il confine entro il quale il disturbo può essere contenuto o oltre il
quale il disturbo può innescare una serie di situazioni che produrranno
conflittualità e stili educativi non utili e stressanti sia per l’insegnante che per
l’alunno e il contesto classe.
Il Teacher Training è un percorso formativo psicoeducativo che si avvale della
forza del gruppo: è possibile creare un clima di fiducia, confronto e
condivisione che agevola il processo di apprendimento, consapevolezza e
infine cambiamento. Il percorso è certamente molto articolato, complesso e
dinamico. Tuttavia è possibile definire delle specifiche tappe di riflessione a
cui i docenti possono approdare: si inizia con l’acquisizione di informazioni
sul disturbo o sui disturbi, attraverso cui si ha l’opportunità di riconoscere
importanti segnali anche nei casi in cui un inquadramento diagnostico non è
presente. Un adeguato approccio formativo e informativo aiuta a prendere
coscienza degli elementi critici che caratterizzano la relazione insegnantealunno.
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Successivamente il Teacher Training prende forma come un percorso di
analisi e di confronto continuo che offre l’opportunità ai docenti di costruire
un rapporto significativo ed efficace per rispondere alle difficoltà del proprio
alunno. Inoltre apporta benefici anche alla gestione dello stress psicofisico
che il docente sperimenta quotidianamente. Agendo sulla fatica che il
docente sperimenta si giunge all'obiettivo e di consolidare la relazione con
l'alunno e favorire l'inserimento dell'alunno nel contesto classe, sostenendo in
maniera trasversale la qualità dell'apprendimento scolastico.
Agli occhi di un qualsiasi docente, a prescindere dalle personali competenze
professionali, nella gestione di bambini o ragazzi con ADHD o altre difficoltà
di autoregolazione cognitivo-comportamentale, ogni comportamento
impulsivo può apparire aggressivo, pericoloso, ingestibile. Proprio il senso di
non riuscire a gestire questo alunno induce l’insegnante a cadere nel tranello
della delega educativa, o al collega incaricato del sostegno, qualora l'alunno,
per altra comorbidità, ne abbia l’appoggio, o al sistema sanitario, ricercando
nelle figure «mediche» o «psicologiche» un supporto eccessivo, finanche
spingendosi a effettuare pressioni sulla famiglia per ottenere una qualsiasi
forma di certificazione che dia diritto al sostegno e, quindi, alla possibilità di
delegare a terzi la gestione dell'alunno.
Il Teacher Training tenta di modificare alcune conoscenze, modalità di
attribuzione nei rapporti causa-effetto ("l'alunno fa così perché..."), stili
comunicativi e relazionali, con lo scopo finale di migliorare il clima in classe e,
quindi, aumentare il benessere sia del bambino che dell’insegnante.
Il reale obiettivo finale sarà quello di favorire la partecipazione attiva
dell'alunno all’apprendimento e sostenerne l’integrazione nel gruppo dei
compagni, troppo spesso inficiata in queste circostanze.
Il ruolo del formatore in questo progetto è quello di facilitare il processo
evolutivo nella conoscenza e nella presa in carico educativa di un alunno con
difficoltà di questo tipo. Da un lato si permette al gruppo dei docenti di
acquisire conoscenze e informazioni chiare sul disturbo, di acquisire strategie
e competenze educative idonee al fronteggiamento delle criticità quotidiane;
dall'altro si guida il gruppo, quindi il docente, a mettere in discussione le
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proprie credenze e le proprie attribuzioni relative alle manifestazioni cliniche
del disturbo, alla relazione con l'alunno e alle ripercussioni sul contesto
classe. Tutto questo avviene mediante la condivisione di esperienze personali
che permettono di sviluppare una nuova prospettiva rispetto all'essere
insegnante di un alunno con Bisogni Educativi Speciali.
In conclusione, il Teacher Training è un percorso di formazione applicabile in
tutti quei contesti in cui sono presenti uno o più alunni con Bisogni Educativi
Speciali o che hanno ricevuto una diagnosi di:
Disturbo Specifico di Apprendimento
Adhd
Disturbo oppositivo-provocatorio
In molti casi il Teacher Training è fondamentale per garantire l’efficacia delle
terapie che necessariamente devono tener conto della multifattorialità e
molteplicità dei contesti di riferimento in cui i bambini sono inseriti, ovvero
scuola, famiglia e gruppi extrascolastici.
Dal momento che all'interno di una classe possono esserci quadri clinici
molto diversi e che le esigenze di un docente possono essere molto varie,
riteniamo che una singola trattazione come la presente non possa risolvere la
complessità dei diversi interventi psicoeducativi.
Per questo motivo abbiamo deciso di usare come esempio di apertura il
Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) che si presta bene a
riflessioni anche su diagnosi differenziali. Molto spesso accade, infatti, di
osservare la comparsa di comportamenti oppositori in alunni con una
diagnosi primaria di ADHD a causa di regole educative inconsistenti o dure
nel contesto familiare; ciò non giustifica la diagnosi di DOP, sebbene le
manifestazioni cliniche possano essere molto simili.
Alla luce di questa complessità riteniamo più utile parlare di comportamenti
problematici, difficoltà di attenzione e di autoregolazione cognitiva lasciando
al singolo professionista la possibilità di adattarle agli specifici casi clinici. Le
premesse sull'ADHD si propongono a scopo esemplificativo.
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OBIETTIVI &
COMPETENZE
01.
OSSERVARE E
INTERPRETARE
CORRETTAMENTE IL
COMPORTAMENTO
DELL'ALUNNO IN CLASSE
02.
STRUTTURARE SPAZI, TEMPI
E COMPITI IN MODO DA
SOSTENERE
L’APPRENDIMENTO
DELL'ALUNNO
03.
UTILIZZARE IN MODO
EFFICACE STRUMENTI E
STRATEGIE PER
FAVORIRE
L’INTEGRAZIONE
DELL'ALUNNO CON I
COMPAGNI DI CLASSE
04.
FAVORIRE IL BENESSERE
PSICOLOGICO DEL
DOCENTE, LA GESTIONE
DELLO STRESS E
L'AUMENTO DEL SENSO DI
AUTOEFFICACIA
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OBIETTIVI &
COMPETENZE
Riassumiamo brevemente i punti cardine di un buon intervento
psicoeducativo sul gruppo dei docenti, in grado di sviluppare le seguenti
competenze trasversali
La capacità di osservare e interpretare correttamente il
comportamento del bambino in classe
Agli insegnanti viene presentato il disturbo (o il quadro clinico non
specificato) con i suoi principali sintomi e le principali manifestazioni;
l’attenzione è posta sulle manifestazioni in classe e sulle difficoltà che un
alunno con una problematica di questo tipo può presentare nei compiti di
apprendimento. L’obiettivo prioritario è chiarire la natura del problema per
evitare l’instaurarsi di false credenze o di atteggiamenti disfunzionali che
rischiano di rinforzarne i sintomi.
La capacità supportare i processi di apprendimento agendo
su variabili come spazio, tempo e tipologia di compito
All'interno del percorso è previsto un approfondimento sulle variabili
ambientali che possono essere facilmente modificate. Si forniscono
suggerimenti su come creare un ambiente che possa essere facilitante per
l'alunno e per instaurare una buona relazione insegnante/alunno. L’obiettivo è
quindi impostare un intervento adeguato sull'ambiente che possa condurre a
cambiamenti significativi nel comportamento del bambino.
La capacità di utilizzare in modo efficace strumenti e
strategie psicoeducative per favorire l’integrazione
dell'alunno in classe
Ai docenti vengono presentate alcune strategie e tecniche educative di
modificazione del comportamento per la gestione dei comportamenti
problematici che possono portare a difficoltà relazionali tra l'alunno e il
gruppo classe.
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STRUTTURA
DEGLI INCONTRI
Nelle seguenti pagine si espone la struttura e la programmazione dei singoli
incontri formativi.
Ogni incontro prevede le sezioni: Obiettivi, Contenuti, Risorse e Opzionale.
Quest'ultima, laddove presente, contiene attività che arricchiscono la
metodologia e che possono essere uno spunto per lo svolgimento
dell'incontro; tuttavia rimangono a discrezione del professionista.
Per ognuno degli appuntamenti è stata redatta una sezione teorica
approfondita sui contenuti trattati, in modo da fornire al professionista una
linea guida delle tematiche da affrontare. Ovviamente gli argomenti possono
essere ampliati o selezionati in base alla personale idea di trattazione, ma
siamo sicuri possano essere un ottimo punto di partenza per
l'argomentazione autonoma.
Laddove presenti, i supporti multimediali come video o interviste sono stati
selezionati come spunto di discussione. Rimangono indicativi e non sono
considerati propedeutici alla conclusione dell'incontro. Una volta individuato
il tema centrale di discussione è possibile scegliere altri video o altri contenuti
idonei.
Quasi tutti gli incontri prevedono un Project Work ovvero un foglio di lavoro
per l'insegnante che può essere usato nei giorni che separano dall'incontro
successivo all'interno del quale verrà poi discusso. I Project Work si trovano a
a conclusione del lavoro.
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1° INCONTRO
DIFFICOLTÀ DI ATTENZIONE, DI COMPORTAMENTO E
DI AUTOREGOLAZIONE
01.
OBIETTIVI
INQUADRAMENTO
GENERALE SUI
DISTURBI
CONDIVISIONE DELLE
PERCEZIONI RELATIVE
AI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO
AVVIARE UNO SCAMBIO
DI ESPERIENZE
CONDIVISE
DISTINGUERE VISSUTO
PERSONALE E
MANIFESTAZIONE
OGGETTIVA DI UN
COMPORTAMENTO
CONTENUTI
CONTINUITÀ TRA NORMALITÀ E DISTURBO
MANIFESTAZIONI FISIOLOGICHE E CLINICHE
FATTORI AGGRAVANTI
RUOLO DEL DOCENTE
RISORSE
OPZIONALE
Questionario con scale di osservazione comportamentali
Project Work 1: Il mio alunno
Video: La sindrome dei monelli (Youtube)
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1° INCONTRO
DIFFICOLTÀ DI ATTENZIONE, DI COMPORTAMENTO E
DI AUTOREGOLAZIONE
01.
L'incontro si apre con l'obiettivo primario di conoscere le principali manifestazioni
cliniche delle difficoltà di attenzione, di comportamento e di autoregolazione.
L'accenno teorico all'ADHD serve come spunto per aprire le riflessioni e per
guidare i docenti in un'adeguata attivazione cognitiva.
SVOLGIMENTO:
Apertura e illustrazione dei principali obiettivi del percorso
Somministrazione di un questionario sugli aspetti attentivo-comportamentali
e sul funzionamento esecutivo: il docente userà il questionario per uno
specifico alunno.
Esempi di questionari adeguati sono i seguenti: Scale SDAI, Scale Conner's.
Esposizione teorica sulle manifestazioni cliniche dei disturbi dell'attenzione,
del comportamento e dell'autoregolazione
Raccolta di esperienze condivise tra i docenti
Se sono presenti docenti di uno stesso alunno stimolare la condivisione
reciproca delle esperienze quotidiane
Opzionale: visione del video "La sindrome dei Monelli" per discussione su
comportamenti tipici e relativa gestione
Project Work 1: "Il mio alunno" - I docenti possono compilarlo nel corso
dell'incontro oppure svolgerlo interamente nel corso della settimana che
separa dall'incontro successivo. Un'alternativa prevede la compilazione in
gruppo della prima parte del foglio di lavoro; la seconda parte può essere
lasciata come lavoro da svolgere individualmente.
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Disattenzione e comportamento incontrollato:
difficoltà o disturbo?
All'apertura del percorso di Teacher Training è auspicabile sottolineare sin da
subito che accanto e prima di un disturbo vero e proprio, esistono molteplici
comportamenti problema che si concretizzano in difficoltà di attenzione e di
comportamento, tra cui l'iperattività, le condotte aggressive, l'impulsività e
così via. In questi casi si parla di difficoltà di comportamento che non sono
qualitativamente diverse da quelle manifestate dai coetanei (qualunque
alunno in particolari i momenti della giornata può essere fisiologicamente
poco attento e più agitato a livello motorio). Si approfondiranno più avanti,
infatti, gli aspetti di intensità e frequenza con cui si manifestano questi
comportamenti, tali da rendersi clinicamente significativi e in grado di
compromettere il rendimento scolastico e le relazioni sociali, fino ad
assumere caratteristiche patologiche, superata una certa soglia.
Continuità tra normalità e disturbo
Per comprendere le manifestazioni dei comportamenti problematici che
emergono in classe, quindi per intervenire adeguatamente sulle singole aree
con tutto il gruppo, partiremo dalla descrizione del disturbo ADHD e delle sue
manifestazioni sintomatologiche/cliniche. Questa premessa consente agli
insegnanti di cogliere e individuare quando un comportamento rientra nella
normale variabilità dello sviluppo e nella fisiologica attività individuale e
quando invece inizia ad assumere caratteristiche disfunzionali.
A questo riguardo può essere utile richiamare il concetto di continuità tra
normalità e patologia: le modalità di comportamento patologico in cui si
concretizza il disturbo ADHD sono l'esagerazione di comportamenti presenti
normalmente in bambini e ragazzi. Affinché si configurino in un disturbo,
devono essere di intensità e frequenza tale da compromettere il
funzionamento del bambino/ragazzo in più contesti di vita, quindi non solo
quello scolastico o familiare. Risulta perciò fondamentale, per una buona
prassi educativa, che gli insegnanti conoscano la normalità. Ciò è altresì utile
ai fini dell'individuazione, il più precocemente possibile, di funzionamenti
potenzialmente o apertamente inadeguati. Spetta poi ai servizi sanitari
preposti e agli specialisti inquadrarli clinicamente (Fedeli, Vio, 2017).
01.
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23
01.
normalità: i segni comportamentali come scarsa attenzione ed
iperattività rimandano semplicemente a situazioni episodiche avverse,
per esempio un litigio oppure a caratteristiche temperamentali
difficoltà: i segni comportamentali rappresentano degli ostacoli nel
percorso individuale di sviluppo ovvero condizioni di malfunzionamento
causato solo da fattori ambientali e non imputabili all'alunno
disturbo: i segni comportamentali sono collocati all'interno di un disturbo
psicopatologico o spesso di più disturbi
NORMALITÀ
DIFFICOLTÀ
DISTURBO
*Tratto da Fedeli e Vio, 2017
Accenni su ADHD e altri quadri clinici
L’ADHD è un disturbo dell'autoregolazione cognitiva-comportamentale
caratterizzato da un insieme di difficoltà, che si possono manifestare in forme
differenti in base all'età, nel controllare l'attenzione, l'impulsività e il livello di
attività motoria. Lo prenderemo in esempio per aprire la discussione sui
diversi quadri clinici e le diverse manifestazioni psicopatologiche.
Questi aspetti sono presenti nei vari contesti di vita: in famiglia, a scuola,
durante le attività ludico sportive ecc. Per poter parlare di un vero e proprio
disturbo strutturato, infatti, queste problematiche devono essere pervasive,
cioè essere presenti nei principali contesti di vita dell'alunno, relativamente
stabili nel tempo e in grado di compromettere l'adattamento quotidiano del
bambino.
L’ADHD è un disturbo dello sviluppo frequentemente associato a insuccesso
scolastico, a difficoltà nelle relazioni sociali, a comportamenti oppositivi
oppure vere problematiche psicologiche delicate, come umore triste, talora
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24
01.
depresso, svalutazione dell'immagine di sé, assenza di fiducia nelle proprie
capacità.
L’ADHD si esprime attraverso numerosi sintomi collocabili all'interno di tre
dimensioni, spesso tra loro collegate, ognuna delle quali contribuisce ai
problemi di apprendimento e adattamento nei diversi contesti di vita (Fedeli
e Vio, 2017):
dimensione attentiva
dimensione impulsiva
dimensione iperattiva
Pertanto, se con la crescita il bambino agisce senza aspettare oppure non
utilizza in modo adeguato alcune delle diverse funzioni attentive,
compromette il successo scolastico e la possibilità di costruirsi delle sane
relazioni sociali. Inoltre rischia di creare forte tensione nella classe e rende
insopportabile la qualità della vita familiare per la presenza di frequenti
conflitti, ma anche semplicemente per la difficoltà di gestione degli impegni
quotidiani. In breve, le problematiche comportamentali e relazionali
condizionano in modo pervasivo il comportamento del bambino a casa, a
scuola, durante le attività sportive e ricreative, ludiche ecc. In genere se
prevalgono le problematiche relative alla disattenzione si riscontrano
problemi di apprendimento scolastico, mentre se predominano l'iperattività
o l'impulsività sono prevalenti le difficoltà di adattamento sociale.
Manifestazioni cliniche del disturbo
Conoscere le manifestazioni cliniche e quindi i criteri in base ai quali viene
diagnosticato il disturbo è importante e utile per gli insegnanti, perché aiuta
a individuare le espressioni dei comportamenti inadeguati e valutare quando
tali manifestazioni superano la soglia oltre la quale la condotta individuale
non è più fisiologica. Di seguito si riporta un elenco di alcuni dei
comportamenti problematici più ricorrenti.
ESEMPI DI DISATTENZIONE:
difficoltà a mantenere l'attenzione perché distratti facilmente da stimoli
esterni
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difficoltà nell'ascoltare, avere la testa tra le nuvole anche in assenza di
distrazioni evidenti
difficoltà a prestare attenzione ai dettagli, compiere errori di distrazione
nei compiti di scuola o in altre attività dovute a scarsa attenzione ai
dettagli
difficoltà nel restare concentrati a lungo durante le lezioni a scuola, la
lettura o nelle interazioni verbali con i compagni, ma anche in altre
attività extra scolastiche
difficoltà a seguire del tutto l'istruzione le consegne e a terminare i
compiti di scuola o altre attività, per esempio, passando rapidamente da
un gioco all'altro senza concluderne uno
difficoltà a impegnarsi in compiti che richiede un'applicazione prolungata
dal tempo, sforzo mentale sostenuto, come scrivere e rivedere testi
difficoltà organizzare i compiti o altre attività, a gestire ciò che richiede
sequenzialità e pianificazione, a tenere in ordine oggetti e materiali.
problematiche nel rispettare le scadenze
smarrire materiale necessario per i compiti o altre attività
trascuratezza e noncuranza nelle attività contiene scolastiche, difficoltà
nel ricordare commissioni da fare o a rispettare gli appuntamenti
01.
La disattenzione determina problemi di rendimento scolastico.
ESEMPI DI IPERATTIVITÀ:
difficoltà a restare seduti in situazioni in cui è necessario, come in classe, e
a stare fermi, agitandosi sulla sedia muovendo magnum piedi e giocando
con piccoli oggetti sul banco
Correre o arrampicarsi in contesti e momenti in cui non è appropriato
difficoltà a giocare in modo tranquillo a impegnarsi in attività tranquille
irrequietezza motoria, vissuta come sensazione soggettiva o come reale
comportamento manifestato
parlare eccessivamente
L'iperattività determina problemi di comportamento.
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01.
ESEMPI DI IMPULSIVITÀ:
difficoltà ad attendere il proprio turno, per esempio nei giochi, e ad
aspettare, come in fila il supermercato
difficoltà a rispettare il proprio turno nelle conversazioni, sparare le
risposte a caso, prima che venga completata la domanda e completare le
frasi altrui
comportarsi in modo invadente, interrompere, intervenire il nuovo un
adeguato entro mettersi in conversazione, giochi o altre attività, usare
oggetti altrui senza permesso
L'impulsività determina problemi di interazione sociale.
Fattori che aggravano le manifestazioni problematiche
Oltre l'eventuale comorbidità esistono altri due fattori che possono
notevolmente aggravare le manifestazioni comportamentali del disturbo:
l’appetenza verso il piacere, intesa come bisogno, e non solo desiderio, di
ottenere il soddisfacimento immediato delle proprie richieste
l'aggressività impulsiva
la maggior parte degli allievi con questo disturbo, a fronte di un ostacolo
come un divieto da parte degli insegnanti o la richiesta di dilazione rispetto a
un gioco, che non permetta loro una gratificazione immediata rispetto
all'emergenza del desiderio, reagisce alla frustrazione con condotte
aggressive verso terzi. Si tratta di comportamenti del tutto inconsapevoli
impulsivi, scatenati dalla necessità di perseguire comunque l'obiettivo
prefigurato. Queste condotte si attenuano come gravità e si riducono come
frequenza nella maggior parte dei bambini dopo i 7-8 anni, in alcuni casi
invece persistono ma assumono una connotazione diversa: non più risposta
aggressiva e impulsive, ma pianificate e deliberate, agite in modo aperto o
subdolo, isolatamente o in gruppo, mosse da un forte sentimento
rivendicativo originato da attese non soddisfatte, che il ragazzo percepisce
come dovute (Fedeli, Vio, 2017).
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27
Qual è il ruolo del docente?
01.
Identificare strumenti e strategie per gestire con successo, insieme all'alunno,
le principali situazioni a rischio, comporta la necessità di individuare
chiaramente quali sono gli obiettivi formativi di questo Teacher Training.
Iniziamo con una domanda che probabilmente sarà condivisa da molti
docenti, o almeno ne avranno fatto esperienza in alcune occasioni:
Perché nella gestione di alunni con difficoltà di comportamento, più o meno gravi,
spesso ci sentiamo impotenti o frustrati?
Questa domanda, per quanto semplice, consente ad ognuno di attivarsi
cognitivamente nella direzione delle proprie credenze e attribuzioni relative
all'alunno e alla relazione instaurata.
Nella nostra esperienza clinica anche in ambito scolastico abbiamo osservato
che un errore frequente è porsi obiettivi irrealistici, molto lontani dalla realtà
e che, proprio in virtù della loro irraggiungibilità quasi certamente non
verranno raggiunti. Il risultato immediato è che il senso di autoefficacia
dell'adulto, insegnante o altra figura di riferimento, sarà fortemente colpito. In
queste occasioni non parliamo delle competenze personali: un docente può
essere molto formato e preparato anche sul piano relazionale, eppure può
incorrere in questa "scorciatoia mentale". Chiunque si ponga obiettivi fuori
dalla propria portata si ritroverà a sperimentarsi poco efficace, impotente e
stressato. È la sensazione di non essere mai adeguati di fronte a
comportamenti difficili, di averle provate tutte ma di non essere riusciti a
farne funzionare alcuna.
D'altra parte è irrealistica anche una seconda questione:
l'insegnante non può credere di riuscire a modificare un alunno ingestibile
in un alunno gestibile, come se non avesse nessun tipo di
difficoltà emotiva, attentiva o comportamentale
Questa è una credenza errata ovvero una valutazione irrealistica della realtà:
non è possibile modificare il temperamento o il carattere di un alunno
affinché diventi facilmente gestibile, buono e adeguato nel contesto della
classe.
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01.
È irrealistica l'idea di trovare delle strategie comportamentali che
facciano scomparire totalmente alcuni comportamenti inadeguati, come
l'aggressività, l'oppositività o l'iperattività.
Alla base di idee come questa potrebbe esserci una credenza errata che
il docente ha del proprio ruolo ("posso cambiare questo alunno, posso
aiutarlo a guarire") con una serie di conseguenze prevedibili come:
percezione negativa di sé e svalutazione delle proprie competenze
professionali.
È bene aprire questa discussione con i docenti del Teacher Training in
quanto consente di chiarire quali dovrebbero essere i veri obiettivi nel
lavoro con un alunno difficile e potrebbe aiutare a scardinare credenze
errate come quella appena descritta.
Un buon intervento di questo tipo ha l'obiettivo anche di far
comprendere al docente che il suo ruolo non è cambiare il ragazzo o
"salvarlo" da un destino ormai segnato; il suo ruolo è imparare a ridurre la
manifestazione dei comportamenti problema sia in termini di frequenza
che di intensità.
L'obiettivo del docente non è trasformare l'alunno con difficoltà di
comportamento in un alunno adeguato e remissivo, così come non è
quello di portare a termine un trattamento psicoterapeutico centrato sul
disturbo. Anche questa è una credenza pericolosa che può provocare
molti danni. L'obiettivo del lavoro dell'insegnante sarà piuttosto
comprendere come il ragazzo funziona in classe per creare contesti
formativi adeguati e strutturare corrette interazioni educative al fine di
promuovere, far emergere e valutare anche in lui, come in tutti gli altri
studenti, quelle competenze che la scuola mira a sviluppare in tutti gli
alunni (Daffi, 2021).
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29
01.
Sempre riferendoci alle conoscenze circa i sintomi delle difficoltà di
comportamento, possiamo ipotizzare le necessità di lavorare per
promuovere in modo particolare le competenze descritte di seguito:
competenze sociali/interpersonali e civiche
l'obiettivo è far sviluppare all'alunno la cura e il rispetto per sé e per gli
altri, come presupposto imprescindibile per uno stile di vita corretto.
L'alunno deve diventare consapevole della necessità del rispetto reciproco
e di una convivenza con i pari e con gli adulti all'insegna di sentimenti
pacifici e di cooperazione. Questo si traduce nella capacità di impegnarsi a
portare a termine un lavoro iniziato, da solo o insieme ad altri.
responsabilità individuale
con questa espressione intendiamo tutte quelle competenze che rendono
l'alunno in grado di sviluppare senso critico, produrre idee e realizzare
progetti soddisfacenti per se stesso. Questo prevede la capacità di
chiedere aiuto quando si trova in difficoltà e la capacità di fornire aiuto a
chi lo chiede, oltre alla disponibilità mentale all'imprevisto e alle novità.
Per raggiungere questi obiettivi l'insegnante non è chiamato a lavorare sul
temperamento dell'alunno, sulle modalità del funzionamento
neurofisiologico o sulle dinamiche interne alla famiglia.
È invece sollecitato a intervenire modificando il proprio stile relazionale, il
proprio modo di agire e reagire alle provocazioni, le modalità di avanzare
richieste al ragazzo, i rinforzi forniti, così come le impostazioni delle
attività proposte in classe, al singolo o al gruppo. Va da sé che, nel pensare
a come gestire strategicamente le situazioni complesse legate alle
difficoltà di comportamento, il docente debba anche prevedere modalità
per evitare che le stesse si ripresentino con uguale intensità e frequenza,
riflettendo quindi su come rendere l’ alunno maggiormente competente e
ridurre gradualmente l'espressione dei comportamenti problematici (Daffi
2021).
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30
Come introdurre il Project Work 1
"Il mio alunno"
Il primo Project Work ha l'obiettivo di attivare i docenti nella direzione di una
descrizione attenta del proprio alunno.
Per un docente può essere molto complicato trovare le parole più adeguate
per descrivere il proprio alunno nonostante possa essere più immediato
trovare numerosi esempi che descrivano episodi problematici ("è sempre
distratto; non fa ciò che gli viene richiesto; diventa aggressivo..." etc).
Descrivere delle scene, anche molto frequenti, non corrisponde alla
descrizione dell'alunno. Quest'ultima richiede un momento di riflessione
sicuramente più approfondito e uno sforzo per separare "ciò che il mio
alunno fa" da "ciò che il mio alunno è/ha".
Nella scheda si propone di individuare dei punti di forza dell'alunno. Spesso è
difficile trovare delle caratteristiche positive quando la frequenza di
manifestazione di quelle negative è talmente elevata da risultare esclusiva.
Eppure ogni alunno, a prescindere dal grado di alleanza e coesione con il
docente, possiede abilità estremamente utili alla buona riuscita di un
intervento di modificazione del comportamento.
I punti di forza sono tutte quelle abilità dell'alunno che possono aiutare a
"bilanciare" le difficoltà attentive e comportamentali; in alcuni casi possono
aiutare anche a recuperare i comportamenti disfunzionali o poco corretti
ovvero i cosiddetti punti di debolezza.
Come individuare i punti di forza dell'alunno?
I punti di forza possono essere individuati in tutte quelle situazioni in cui il
comportamento di un alunno ci sorprende o ci fa sperare che "qualcosa di
buono possa esserci" anche se poco frequente. È il caso, ad esempio, della
conoscenza approfondita di un argomento a cui l'alunno si dedica molto
oppure le spiccate abilità mostrate in qualche attività. Dal momento che il
Project Work è individuale, ogni docente avrà tempo e occasioni per osservare
il proprio alunno e individuare delle qualità positive.
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2° INCONTRO
COSTRUIRE UN'ALLEANZA PSICOEDUCATIVA
OBIETTIVI
PROMUOVERE UN CAMBIO
DI PROSPETTIVA NELLO
SGUARDO SULL'ALUNNO
RIFLETTERE SUL RUOLO
DELL'INSEGNANTE
NELLA RELAZIONE CON
L'ALUNNO
MODIFICARE GLI STILI
COMUNICATIVI ED
EDUCATIVI
SPERIMENTARE
DIVERSE STRATEGIE
COMUNICATIVE IN
CLASSE
CONTENUTI
ALLEANZA PSICOEDUCATIVA
I COMPORTAMENTI PROBLEMATICI
RELAZIONE, STILE EDUCATIVO E COMUNICAZIONE
IL DISAGIO DELL'INSEGNANTE ALL'ORIGINE
DEI COMPORTAMENTI PROBLEMATICI
RISORSE
PROJECT WORK 2: Le parole che userei
OPZIONALE
Brainstorming su "Come creare una buona alleanza
psicoeducativa con l'alunno".
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32
2° INCONTRO
CREARE UN'ALLEANZA PSICOEDUCATIVA
02.
L'incontro ha l'obiettivo primario di creare una buona connessione teorica tra
comportamenti problematici e relazione docente-alunno, individuando gli
aspetti educativi e comunicativi che influiscono negativamente sul benessere
scolastico dell'alunno e sul benessere psicofisico del docente.
I docenti sono guidati a sperimentare nuove strategie di comunicazione, a
mettere in discussione il proprio stile educativo e a migliorare gli aspetti
maggiormente controversi, in un clima non giudicante.
SVOLGIMENTO:
Condivisione dei Project Work dell'incontro precedente
Opzionale: Brainstorming su "Come creare una buona alleanza
psicoeducativa con l'alunno". Al termine dell'attività raccogliere le idee
principali e creare delle macrocategorie che saranno approfondite durante
l'incontro (ad es. "relazione", "comprensione" ecc.). Questa attività dovrebbe
attivare i docenti nella direzione di una riflessione sugli stili educativi e
relazionali finora adoperati.
Esposizione teorica sull'alleanza psicoeducativa
Introduzione sui comportamenti problematici
Project Work 2: Le parole che userei
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02.
L'alleanza psicoeducativa
Chi si trova in una relazione educativa con una persona con un deficit del
comportamento o dell'attenzione vive spesso, purtroppo molto spesso, una
duplice preoccupazione. La presa in carico della persona in difficoltà è infatti
una medaglia a due facce e, a prescindere dallo specifico ruolo professionale
che ricopre, l'adulto sperimenterà spesso le seguenti preoccupazioni
contemporaneamente (Ianes e Cramerotti, 2002):
Produrre cambiamenti significativi nello sviluppo evolutivo dell'alunno
Su un lato della medaglia la sua cura sarà tesa allo sviluppo, cioè alla crescita
di competenze, di capacità, grandi o piccole che siano. ma poi, chi può dire
quali siano grandi e quali piccole? E chi può dire, inoltre, quali siano tutte le
competenze necessarie? Possiamo fare lunghi elenchi, utilissimi, ma non
potremmo mai cristallizzare in qualcosa di completo, una volta per tutte, la
complessità dello sviluppo e del funzionamento umano, per giunta vissuta e
interpretata in modo differente nei vari contesti. Pur con queste cautele, chi si
trova in una relazione educativa lavora comunque sempre per lo sviluppo, per
far crescere segmenti di abilità, per dare loro un senso, sembra soggetto, nel
contesto di competenze più evolute. Oppure per stimolare risposte, creare
consapevolezza di sé e del mondo, attraverso relazioni, attività, materiali.
Talvolta confusamente, con fatica, ma sempre con la finalità generale dello
sviluppo possibile, del cercare di aiutare la persona con cui lavora o vive,
qualunque sia la sua età, stimolando un progresso, un saper fare meglio, un
essere meglio, uno cavarsela con maggiore autonomia. questa è la sua
soddisfazione, che purtroppo nelle situazioni più compromesse viene vissuta
con frequenza minore, anche se non certo con minore intensità.
Attenuare l'impatto dei comportamenti problematici
l'altra faccia della medaglia è invece la preoccupazione per i comportamenti
problema, il prendersi cura cioè di una persona che fa cose che non dovrebbe
fare, il preoccuparsi è il motivo dell'esistenza minacciosa di azioni negative,
forse patologiche, sicuramente anomale, estranee, o almeno vissute come
tali. Talvolta questa seconda faccia della medaglia si presenta raramente, ma
nella maggior parte dei casi invece è ben presente, e in alcune situazioni la
sua distruttività è talmente forte che condiziona quasi tutto, stravolge la vita
del soggetto e dei suoi familiari.
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Oltre a questo, caratterizza la persona in modo negativo, come se indossasse
una maschera con un effetto alone negativo, nascondendo l'altra faccia
dell'educazione e impedendone la valorizzazione e lo sviluppo. In questi casi,
molto complessi, anche gli adulti ben formati professionalmente vivono
sempre sulla difensiva.
02.
I comportamenti problematici: una premessa
In questa sezione approfondiamo cosa si intende con comportamento
problema soffermandoci su alcuni esempi e suddividendoli in
macrocategorie per agevolare l'esposizione concettuale (Ianes e Cramerotti,
2002):
Atti autolesionistici: sono comportamenti estremi, sia per gravità che per
difficoltà di comprensione. Alcuni alunni possono provocarsi lesioni di
vario tipo, mordendosi le mani, le braccia, picchiandosi con i pugni,
sbattendo la testa sui mobili, sulle pareti o sul pavimento. Altre
manifestazioni sono, ad esempio, strapparsi i capelli, graffiarsi, buttarsi
con forza a terra o sui muri.
Stereotipie: una tipologia di comportamento meno grave, ma più diffusa
e più difficile da risolvere. Le stereotipie consistono nell'emissione
ripetitiva e per lunghi periodi di tempo di comportamenti
apparentemente irrilevanti e senza uno scopo evidente: dondolare su se
stessi, manipolare oggetti, strappare pezzi di carta, verbalizzare parole o
parti di frasi, emettere suoni strani... L'elenco è potenzialmente infinito.
Aggressività: può accadere che l'alunno presenti comportamenti
aggressivi. Si arrabbia, urla, si butta a terra, aggredisce qualcuno o tutti,
distrugge mobili, aggredisce fisicamente o verbalmente, anche con risvolti
molto gravi per la sua incolumità e quella dei suoi compagni. Le sue
aggressioni e le sue distruzioni infatti incutono paura sia in chi ha
responsabilità educative sia in chi invece ne condivide soltanto alcuni
momenti, come i compagni o altre persone presenti.
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35
02.
Comportamenti in risposta a emozioni forti e incontrollate: sono
comportamenti come l'opposizione sistematica o frequente alle proposte
educative, con le varie forme di rifiuto, blocco, chiusura in sé, fuga o
evitamento. Le emozioni sono un ambito particolarmente sensibile che
comporta manifestazioni anche molto problematiche: ansia generalizzata,
fobie, collera, reazioni depressive, di dolore o pianto, perdita di energie e
abbandono delle attività. Dall'emozione al comportamento il passo è
molto breve, e così troviamo esplosioni aggressive, fughe improvvise,
blocchi e chiusure, comportamenti ritualistici, ossessivi e compulsivi.
Anche dalle emozioni al pensiero disfunzionale il passo è breve, ma i
rapporti reciproci sono più complessi: si può avere un problema a livello
emotivo perché abbiamo un problema del pensiero, nelle modalità cioè
attraverso le quali si legge e si interpreta la realtà, ma può accadere anche
il contrario: quello che accade nel vivere le nostre emozioni ci può
costruire strutture di pensiero disfunzionali, che poi medieranno
malamente altre emozioni eccessive e così via.
Comportamenti socialmente inadeguati: all'interno dei rapporti
interpersonali è possibile osservare molteplici comportamenti
problematici, come l'essere invadente, non rispettare gli spazi altrui,
mentire, prendere in giro, rubare e così via.
Il catalogo dei comportamenti problema è potenzialmente infinito. Qui ne
abbiamo riportato una descrizione generale per condividere, anche se in
maniera provvisoria e parziale, ciò che si può intendere come
comportamento problema.
Il nostro obiettivo, in questo incontro, non sarà quello di descrivere i
comportamenti problematici che si manifestano in classe, ma assumere una
nuova prospettiva sulla loro definizione: la gran parte dei comportamenti
problematici comunica qualcosa, anche se lo fa in modo drammaticamente
negativo per l'alunno e per gli altri.
Il fatto che un comportamento comunichi qualcosa non è, però, motivo di
assoluzione. Rimane certamente problematico, anche se ha funzioni utili per
l'alunno stesso, che saranno affrontate più avanti.
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36
In questo percorso di Teacher Training, come accennato in precedenza, non si
partirà da diagnosi psicologiche o psichiatriche, quadri clinici e descrizioni
nosografiche.
Il percorso non punta a classificare un alunno attraverso i comportamenti
problema proprio perché non esistono comportamenti che appartengono a
una particolare classificazione diagnostica oppure comportamenti che
assumono un particolare significato in un alunno a cui è stata fatta una
diagnosi piuttosto che un'altra.
02.
Ovviamente, la presenza, secondo i criteri specificati dai manuali di
classificazione diagnostica, di particolari comportamenti problema
contribuisce alla possibilità di delineare tecnicamente una diagnosi. Tuttavia
una volta che la diagnosi è stata posta non si troverà la risposta alla presenza
dei comportamenti problema: essi devono essere considerati aspetti unici del
bambino/ragazzo, al di là dell'etichetta diagnostica in quanto manifestazioni
caratteristiche della singola persona.
Nel tentare di capire o di spiegare, per quanto è possibile, un comportamento
problema, non si farà dunque riferimento alla diagnosi che è stata applicata
alla persona, ma alle sue interazioni, alle sue comunicazioni, alle stimolazioni
che vive nel suo contesto attuale, che è costituito, naturalmente, anche dal suo
stato mentale, con i suoi punti di forza e le sue disfunzioni più o meno
caratteristiche e classificabili.
Chi lavora nel campo educativo con difficoltà di comportamento sa benissimo
quante poche decisioni si possono prendere sensatamente solo sulla base di
un pezzo di carta con scritto una diagnosi, anche se è giusta. I comportamenti
problema sono gabbie, prigioni, dove stanno rinchiusi tutti, anche quelli che
credono di esserne fuori. Certo, anche i deficit di competenze di sviluppo sono
dei limiti, dei vincoli che restringono e avvicinano l’orizzonte di vita, ma nel
caso dei comportamenti problema è ancora peggio. Molti di essi mettono un
marchio, uno stigma attraverso il quale viene vista la persona: "quella che lecca
i vetri…", una visione deformata che caratterizza in senso negativo, che spegne
obiettivi, prospettive, che genera timore, che demotiva, che blocca. Ma al di là
di questo, molti comportamenti problema escludono direttamente la persona
da una serie di possibilità di autorealizzazione:
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37
02.
l'integrazione sociale, il lavoro, in alcuni casi addirittura la vita in famiglia,
quando questa non ce la fa più a gestire i comportamenti del figlio. Riguardo
all'integrazione lavorativa e sociale più in generale, è ormai evidente che il
vero limite, quello che contribuisce maggiormente alle dinamiche di
esclusione e di percezione di impossibilità sta nei comportamenti problema
e non nella carenza di abilità e di competenze della persona con difficoltà
comportamentali. Si accetta di più una persona molto grave ma tranquilla,
piuttosto che una meno grave ma problematica.
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38
Come i comportamenti problema influiscono sulla
relazione, lo stile educativo e comunicativo
I comportamenti problema possono rallentare molto il processo educativo e
lo sviluppo dell'alunno, portando in alcuni casi all'esasperazione la persona
adulta incaricata. L'insegnante può sentirsi spaventato, perennemente
sfidato, stressato, affaticato e ancor di più sfiduciato. Ovviamente queste
esperienze non fanno che alimentare una sensazione di impotenza che
restringe le possibilità di azione e impoverisce il progetto educativo pensato
per il singolo alunno.
Si costruisce quella che può essere definita una gabbia di azioni-reazioni in
cui le comunicazioni sono essenzialmente circolari, ci si può sentire
prigionieri, a corto di alternative ("abbiamo provato tutto, con le buone e con
le cattive, non c'è niente da fare").
Molto spesso i comportamenti problematici indeboliscono i rapporti
educativi con la loro presenza incessante, con il loro sparire, illusorio, il loro
risorgere peggio di prima. Si fa strada allora la convinzione, sia nei genitori sia
nell'insegnante, che quel bambino o ragazzo sia fatto così e che la situazione
non abbia rimedi; non rimane nulla da fare se non limitare il danno il più
possibile e probabilmente il suo comportamento è scritto nei suoi geni, non è
modificabile.
Senza ombra di dubbio mantenere una simile prospettiva e pensare che i
comportamenti problematici siano fuori dalla nostra portata ci mette in una
posizione di svantaggio sin dall'inizio: pensare che non ci sia nulla da fare
spegne in partenza la motivazione ad agire.
Nell'azione psicoeducativa è fondamentale coltivare competenze tecniche di
modificazione del comportamento ma anche un senso di autoefficacia
positivo e una forte convinzione del proprio compito relazionale, senza i quali
le strategie educative non porterebbero ad alcun cambiamento significativo.
L'insegnante ha bisogno di entrare in relazione con l'alunno per
comprendere i suoi comportamenti.
02.
Tratto da Ianes e Cramerotti, 2002
Non parliamo qui di effettuare opere di autoconvincimento "Dai, forse con un
po' di pazienza si può cambiare". Essere positivi non vuol dire essere velleitari,
ingenui, utopisti, credere che tutto sia possibile… essere positivi vuol dire
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39
soprattutto avere fiducia, fiducia in noi, nella nostra volontà, nella tenacia,
nelle risorse che la scienza dell’educazione e della psicologia ci forniscono,
fiducia nella creazione di un noi educativo che stringa vari attori in
un’alleanza significativa moltiplicatrice di forza.
Ma significa anche avere fiducia nella persona con il problema, fiducia nelle
sue possibilità, nel suo desiderio di comunicare, di autorealizzarsi, di
cambiare modalità di comportamento, di fare un passo in avanti.
02.
Questa fiducia ha però bisogno di alimenti, di conferme, altrimenti non
durerà a lungo. Ha bisogno di supporti tecnici seri e scientificamente fondati.
Qui sta l’obiettivo principale di questo percorso.
Sulla base di una fiducia incondizionata, di un’accettazione della sfida
educativa in nome della liberazione del soggetto e di noi stessi dalle gabbie
del comportamento problema, dobbiamo affrontare una serie di nodi tecnici,
e non solo, per elaborare alcuni attrezzi e alcune ottiche.
Allora sapremo un po’ meglio cosa fare di fronte a un comportamento
problema, anche estremo, manifestato da una persona con difficoltà di
comportamento, anche gravissime, senza cadere nell’illusione biomedica
organicista, aspettando i farmaci risolutori, né scivolare nella gestione
assistenzialistica che limita il danno, previene il comportamento problema,
limita il soggetto e chiude la sua vita e quella di chi gli sta accanto nella
gabbia dell’attesa ansiosa del comportamento problema.
I punti da tenere a mente per darsi coraggio rispetto alla complessità delle
cose da fare successivamente sono i seguenti:
è possibile intervenire in modo psicoeducativo, con buone probabilità di
riuscita, nei comportamenti problema di persone con deficit anche
gravi.
Naturalmente ciò non vuol dire illudersi di risolvere il problema, pensare che
le cose non siano difficili, a volte impossibili, oppure che tutto si possa capire
e spiegare con semplici tecniche, o che ci siano cause precise dei
comportamenti e che queste cause siano poche e precisamente osservabili e
nettamente connesse con i rispettivi effetti in ottimi rapporti lineari e diretti
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40
o che il comportamento di una persona con deficit, proprio per questa sua
limitatezza, sia più semplice da capire e da cambiare.
L’illusione tecnicistica è tramontata e nella consapevolezza della complessità
sistemica delle cose umane e della loro parziale impenetrabilità, troviamo
però ancora l’utilità e lo spazio per un’analisi scientifica aggiornata e per una
prassi attenta alla globalità delle variabili in atto. E questa prassi porta
risultati positivi. Attenzione: risultati positivi non vuol dire semplice
eliminazione del comportamento problema, senza curarsi dell’altro. Un vero
intervento psicoeducativo non distrugge, ma crea nuove modalità, più
evolute, di espressione e di comunicazione. Sostituisce attivamente e si
ritiene completato con successo quando il comportamento problema non si
manifesta più. Se puntiamo invece solo all’eliminazione del comportamento
problema, questo ritornerà in altra forma, perché non abbiamo affrontato il
senso e la funzione reale del comportamento stesso.
L’intervento psicoeducativo non è psicoterapia né educazione generica, è
special education cioè educazione speciale, dove si integrano
necessariamente competenze pedagogiche e quelle psicologiche più
avanzate e specifiche. Un accenno ancora alla differenza con un approccio
invece solamente gestionale e assistenziale.
02.
In questo caso chi si occupa della persona con difficoltà comportamentali
cerca di limitare il danno e di proteggere lei e gli altri dagli effetti dei
comportamenti problema, ovviamente questo è fondamentale negli
interventi di gestione di una crisi, dove l’obiettivo primario e urgente è
l’incolumità delle persone o l’integrità di oggetti o simili. Ma non ci si può
limitare a questo, anche se questo può essere necessario e prioritario.
Nell’intervento psicoeducativo si va ben oltre, si cerca di capire perché un
comportamento problema si manifesta e come si potrebbe aiutare la persona
a sostituirlo con strategie più evolute. Naturalmente questo richiede tempo,
pazienza, fiducia e strategie tecniche. Negli interventi gestionali invece si vive
spesso un’illusione di soluzione del problema perché, consapevolmente o
meno, si evitano le condizioni che potrebbero scatenare i comportamenti
problema e, in questo modo, se ne impedisce la manifestazione.
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41
02.
L’intervento psicoeducativo si fonda su alleanze strategiche prima di
tutto con il soggetto e tra gli altri significativi.
Il primo livello, insostituibile, di alleanza riguarda i rapporti tra noi e il
soggetto con il comportamento problema. Non sarà possibile intervenire in
modo efficace al di fuori di alleanze positive, in un contesto di conflittualità
e sfiducia. Noi dobbiamo essere i migliori alleati del soggetto, le persone di
cui si fida maggiormente. Quando cercheremo di decidere, con gli altri
significativi, quali dei suoi comportamenti strani sono da considerare
veramente problematici e quali no, noi saremo i suoi migliori alleati,
tutelandolo e difendendolo da interventi arbitrari repressivi e dal suo stesso
comportamento. Quando cercheremo di capire le funzioni del suo
comportamento problema saremo suoi alleati se riterremo utili e importanti
per lui questi comportamenti, anche se a noi danno così fastidio. Questa
alleanza non è affatto facile: spesso la persona con difficoltà di
comportamento viene vissuta come un nemico più che come un alleato. E
all’interno del rapporto con la persona si intrecciano continuamente aspetti
positivi e negativi: empatia, irritazione, vicinanza, repulsione, gioia, rifiuto e
così via. Non è facile essere sinceramente alleati con persone che hanno
comportamenti difficili, ma è l’unica strada che può darci qualche
probabilità di riuscita.
L’intervento psicoeducativo è realizzato da tanti attori che collaborano per
un fine comune. Tutto questo costa fatica, tempo e frustrazioni. Nel
contesto si incontrano anche persone antipatiche, demotivate, negative:
come costruire alleanze con loro? Si cerca di valorizzare i ruoli, trasmettere
consapevolezze, comeptenze, definire regole, accordi. Si cerca di mettersi
nei panni dell’altro, anche quando viene definito più fuori di testa del figlio,
incontrandolo, ascoltandolo e negoziando pazientemente e apertamente
tutto ciò che serve.
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42
02.
I comportamenti problema sono funzionali al soggetto che li
manifesta, anche se realmente dannosi o controproducenti, e le
funzioni che essi svolgono sono prevalentemente comunicative e solo
in una parte minore sono invece di autoregolazione del flusso di
stimolazioni e sensazioni.
L’origine del comportamento problema è la sua buona funzionalità-utilità
per il soggetto che lo apprende proprio per questo e per la sua funzionalità
lo incorpora nel suo repertorio di possibilità di azione. In mancanza di
strategie comunicative o autoregolative migliori la persona con difficoltà
userà i comportamenti problema. Attenzione però: credere che i
comportamenti problema siano psicologicamente funzionali non vuol dire
che il soggetto strategicamente e consapevolmente decida quando, come
e con chi usarli, in una sottile progettazione deliberata.
La consapevolezza non è un requisito necessario al comportamento e al
suo cambiamento. Un bambino di 4 mesi impara a controllare il
comportamento di suo padre iniziando a piangere quando quest’ultimo si
ferma nella sua passeggiatina quotidiana con il piccolo in braccio e
smettendo subito quando il padre riparte. Il padre capisce la funzionalità
del pianto e si adegua. Ma quanta consapevolezza della funzionalità del
suo pianto avrà il bambino di 4 mesi? Non ci interessa saperlo, ci preme
solo di aver capito che quel pianto, in quelle situazioni, realizza qualcosa di
importante per lui. Gli interventi psicoeducativi dovranno basarsi sulla
comprensione delle funzioni dei comportamenti, non su altro.
L’intervento psicoeducativo rivolto al cambiamento del
comportamento problema si articola nella fase delle procedure
positive-sostitutive e in quella delle modalità positive-punitive. La
base di lavoro necessaria è proattiva, positiva e sostitutiva; se però la
gravità del comportamento lo richiede, e le cose fatte nella fase
positiva-sostitutiva non sono sufficienti, si dovrà avere il coraggio e la
responsabilità di usare procedure positive-punitive.
La tesi di fondo è molto semplice: per aiutare la sostituzione di un
comportamento problema con uno positivo dobbiamo far crescere quello
positivo. Se serve rispondere al comportamento problema con
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43
02.
delle modalità gestionali di crisi per evitare o ridurre il danno, ovviamente lo
si farà, ma le nostre energie dovranno essere concentrate sulla parte
proattiva, e cioè sull’aiuto allo sviluppo e all’impiego dei comportamenti
alternativi. Questa azione proattiva sarà positiva, utilizzerà cioè tecniche
positive, non invasive ma gradevoli al soggetto, e mirerà alla sostituzione. Può
succedere che le difficoltà siano troppo grandi e che il cambiamento
auspicato non sia ancora completamente soddisfacente. Che fare allora? Si
prova a rilanciare una nuova fase istituente di un’alleanza a un livello più alto,
sia con il soggetto che tra gli altri significativi. Ci vuole un forte senso di
responsabilità nei confronti della persona in difficoltà per accettare di
sporcarsi le mani, utilizzando procedute educative anche positive-punitive,
con tranquillità e sicurezza, fuori da ogni ipocrisia.
Dobbiamo avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e, all’interno
di un quadro preciso di alleanze, tutele e garanzie per il soggetto con
difficoltà, si può e si deve, se veramente necessario, agire usando anche
procedure di punizione buona, intese come azioni che producono nel
soggetto un vissuto e una consapevolezza spiacevole a causa del
comportamento problema e che ne aumentano i costi psicologici. Porre
limiti e agire in senso punitivo è molto costoso anche per l'educatore. Spesso
è così costoso che ce ne dimentichiamo, preferiamo girare la testa dall'altra
parte oppure combattiamo guerre pseudo ideologiche contro la punizione.
Ci vuole molta sicurezza, tranquillità e consapevolezza per agire anche in
senso punitivo, e lo si può fare solo nel contesto di una forte alleanza positiva
che si è sviluppata durante la prima fase dell'intervento. Naturalmente è
molto difficile, ma in alcuni casi è certamente necessario.
La difficoltà sta nel gestire una relazione in cui contemporaneamente si
sviluppino positivamente nuovi comportamenti e si pongano dei limiti forti a
quelli problematici.
Non devono però esistere scorciatoie frettolose verso la punizione, dobbiamo
essere consapevoli e bloccare ogni tentazione ad agire in modo autoritario e
violento, sia nostra che di altri. Purtroppo la punizione cattiva, vendicativa,
violenta, rancorosa, valorizzante e umiliante ha ancora un suo fascino, negato
a parole ma agito troppo frequentemente nei fatti.
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44
02.
Ovviamente non è di questa condizione che dovremmo parlare, e non va
fatta confusione, né in buona né in malafede, con la punizione buona, di cui
sosteniamo, speriamo in rari casi, la necessità.
Gli aspetti legati all'uso delle punizioni e dei rimproveri saranno ampiamente
descritti in un incontro successivo. L'accento è puntato proprio sulla funzione
della punizione e della metodologia da usare affinché abbia un riscontro
realmente educativo.
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45
I disagi dell'insegnante all'origine
dei comportamenti problema
Il comportamento problema si manifesta in genere con un disagio, vissuto
soggettivamente da chi è a contatto con la persona con difficoltà di
comportamento. L'educatore, l'insegnante, il genitore si possono trovare nella
situazione in cui uno o più comportamenti della persona con difficoltà le
fanno stare male.
Ma questo cosa significa più precisamente?
*Tratto da Ianes e Cramerotti, 2002
02.
Il disagio può assumere le forme più diverse: ansia, paura o panico, in quei
casi in cui il soggetto aggredisce, distrugge, scappa e si nasconde o manifesta
comportamenti pericolosi. Ma il disagio può assumere anche la forma
dell'irritazione, della rabbia, della collera o dell'esasperazione per
comportamenti ripetitivi e ossessionanti, per le provocazioni, per
l'opposizione, il rifiuto o la fuga. Disagio è anche noia, senso di frustrazione
per tutti gli sforzi educativi inefficaci, senso di impotenza, di incapacità, di
fatica cronica. Disagio può essere anche dolore, pena e compassione per le
ferite e le lesioni che il soggetto si provoca, senso di incomprensibilità, di
mistero e di sfuggevolezza. Disagio è anche il timore per quello che potrebbe
accadere di pericoloso al soggetto a causa del suo comportamento a rischio,
oppure può essere soltanto la percezione di una stranezza, di un'anomalia, di
bizzarrie lontane dal nostro modo di comportarsi o ben diversi dalla
cosiddetta normalità. Da questi disagi parte il lavoro sui comportamenti
problema, e questo disagio va esplorato a fondo, nelle sue soggettività, nelle
sue miscele particolari di emozioni e per quanto è possibile nei suoi motivi. Il
fatto che alcuni comportamenti generano disagio è molto utile, perché è
proprio questo malumore che attiva la tensione verso una ricerca di soluzioni.
Naturalmente, uno stesso comportamento potrà produrre i disagi diversi
nelle varie persone, ma anche i gradi diversi di disagio nella stessa persona,
ad esempio in relazione al suo umore, allora della giornata o alla presenza di
altre persone che osservano cosa accade. Addirittura incontreremo
comportamenti che creano molto disagio in alcuni e nessun disagio in altri,
situazioni in cui il disagio c'è ma è negato, oppure viene considerato un
giusto prezzo da pagare.
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46
02.
Il vissuto di disagio è estremamente soggettivo punto ma perché iniziare un
intervento psicoeducativo che vuole essere il più possibile rigoroso e
scientifico dall'elemento più incerto, notevole virgola non obiettivabili o
misurabile?
Si parte da qui perché se non ci fosse uno squilibrio che crea un disagio, un
senso di “c'è qualcosa che non va…, bisogna…” non si produrrebbe la tensione
educativa necessaria all'azione, non ci sarebbe l'energia sufficiente per
attivarsi.
I vissuti delle persone vengono per primi, con tutto quello che di positivo e di
negativo portano con sé e vanno valorizzati e ascoltati. È ovvio che una
famiglia attenta, un operatore sensibile, un'insegnante informato vivranno in
alcune situazioni molti più disagi di altre persone, e che invece in situazioni
familiari, scolastiche o situazioni degradate potranno esistere comportamenti
problema anche gravi senza alcuna percezione di disagio, nell'indifferenza
generale.
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47
OPZIONALE
Brainstorming
Stimolare la discussione sugli stili educativi e relazionali.
È possibile avviare attività di brainstorming partendo da queste domande:
1. Come dovrebbe essere il rapporto tra insegnante e alunno?
2. Quali sono gli aspetti che funzionano meglio in una relazione
insegnante-alunno?
3. Quali sono gli aspetti che funzionano meno nella relazione con
l'alunno?
4. Descrivi la relazione che con quell'alunno non ha proprio funzionato
In alternativa è possibile creare una tabella con due colonne in cui si
riportano "Cose da fare" e "Cosa da non fare" nella relazione con l'alunno.
L'obiettivo non è creare delle categorie nette ma attivare i docenti nella
riflessione e far emergere i punti critici della relazione educativa.
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Come introdurre il Project Work 2
"Le parole che userei"
Il secondo Project Work ha l'obiettivo di guidare i docenti in una riflessione
accurata sulle proprie percezioni e credenze relative alle manifestazioni
comportamentali inadeguate dell'alunno e relative alla propria immagine
professionale. Quest'ultima molto spesso è influenzata dalla percezione di
gravità attribuita agli eventi, non dagli eventi stessi. È una buona occasione,
quindi, per provare a comprendere cosa si nasconde dietro i profondi disagi
causati da situazioni complesse in classe. Inoltre il senso di autoefficacia di
un docente è messo a dura prova quando le innumerevoli strategie messe in
campo non sono bastate a modificare le difficoltà.
Questo lavoro, da svolgere individualmente, può far porre l'attenzione su
aspetti personali e professionali molto delicati. Ai docenti si chiede di essere
sinceri e questo può essere emotivamente molto oneroso. Le riflessioni infatti
non dovranno essere necessariamente condivise con il gruppo. Basterà che
questo esercizio si riveli costruttivo per il docente stesso e lo posizioni in una
nuova prospettiva in cui il suo ruolo professionale può aprirsi a cambiamenti
e modifiche nella direzione di un cambiamento nell'alunno.
Nella prima parte del Project Work si lascia ampio spazio a una descrizione
dell'alunno; una descrizione approfondita e precisa, da produrre con le
proprie parole affinché sia chiara anche per chi non ha mai conosciuto quello
specifico alunno. A seguito delle descrizione che probabilmente vedrà molte
criticità si chiede al docente di valutare le proprie competenze nella gestione
dell'alunno stesso. Non dovrebbe essere la risposta a un semplice "Quanto mi
ritengo bravo/utile?", ma una riflessione più approfondita sulle proprie
competenze relazionali ed emotive: ci sono punti di vulnerabilità che
emergono in diverse occasioni e con diversi alunni? Ci sono elementi comuni
nella reazione emotiva a diverse manifestazioni problematiche? Cosa può
essere migliorato? Su cosa, invece, si può puntare per "modellare" il proprio
stile educativo in favore di una buona alleanza psicoeducativa?
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48
3° INCONTRO
DIVENTARE INSEGNANTI ASSERTIVI
OBIETTIVI
COMPRENDERE LA
RELAZIONE TRA LO STATO
EMOTIVO DEL DOCENTE E
LO STILE COMUNICATIVO
SPERIMENTARE
STRATEGIE DI
ASCOLTO ATTIVO
INDIVIDUARE I
COMPORTAMENTI CHE
CREANO MAGGIORE
DISAGIO NEL DOCENTE
SINTONIZZARSI CON
LO STATO EMOTIVO
DELL'ALUNNO
CONTENUTI
LO STRESS DELL'INSEGNANTE IN RELAZIONE ALL'ALUNNO
STIMOLARE I MECCANISMI DI CONTROLLO
DELL'ALUNNO
COMUNICAZIONE EFFICACE
SINTONIZZARSI CON LA STATO EMOTIVO DELL'ALUNNO
RISORSE
PROJECT WORK 3: Cosa c'è che non va?
OPZIONALE
Risorse video tratte da youtube.com per la
discussione
Esercitazione errori comunicazione
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49
3° INCONTRO
DIVENTARE INSEGNANTI ASSERTIVI
03.
L'incontro ha l'obiettivo primario di creare una buona connessione teorica tra
comportamenti problematici e relazione docente-alunno, individuando gli
aspetti educativi e comunicativi che influiscono negativamente sul benessere
scolastico dell'alunno e sul benessere psicofisico del docente.
I docenti sono guidati a sperimentare nuove strategie di comunicazione, a
mettere in discussione il proprio stile educativo e a migliorare gli aspetti
maggiormente controversi, in un clima non giudicante.
SVOLGIMENTO:
Condivisione dei Project Work dell'incontro precedente
Introduzione sull'esperienza di stress che può sperimentare un docente e
le relative opzioni di intervento
Riflessione sui comportamenti che incidono sul personale grado di
tolleranza
Creare una connessione tra lo stato emotivo del docente e lo stato emotivo
dell'alunno
Comprendere il funzionamento dei meccanismi di controllo dell'alunno e
il loro "fallimento" negli episodi di difficile gestione
Conoscere le principali tecniche di comunicazione che "disattivano" i
comportamenti problematici dell'alunno
Opzionale:
video-discussione di risorse tratte da youtube.com
esercitazione sugli errori comunicazione
Project Work 3: Cosa c'è che non va?
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Lo stress dell'insegnante
03.
La conseguenza più immediata e frequente alla presenza di un alunno che con
il suo comportamento crea problemi è l'impossibilità per l'insegnante di
svolgere il proprio lavoro serenamente. Molto spesso la sua pratica
professionale è resa faticosa e la manifestazione di comportamenti di disturbo
infierisce su un'esigenza personale, oltre che lavorativa: sentirsi sereno durante
le ore scolastiche.
Le sensazioni di disagio che può provare un insegnante possono assumere
forme diverse; le più frequenti sono irritabilità, stanchezza e disimpegno nei
confronti del proprio ruolo professionale.
È bene condividere che alcune situazioni sono molto complesse da gestire in
classe e in presenza di comportamenti potenzialmente dannosi per l'alunno e
per gli altri non possono essere affrontati con un semplice ascolto attivo o con
una comunicazione assertiva. Se un alunno parla in continuazione oppure
spinge i compagni è quasi certo che il docente proverà, oltre al fastidio, una
sensazione di disagio più profondo che non gli consente di ignorare il
problema. Questa sensazione di disagio è in perno di un intero intervento
educativo e spesso fornisce più informazioni di quante se ne possano
raccogliere con un'intervista o con il confronto con un altro docente.
Individuare il proprio disagio e riuscire a descriverlo con parole rappresentative
permette di spostare il focus, di cambiare la prospettiva, e di rendere il
docente parte attiva nella relazione con l'alunno. Inoltre aiuta a decentrare le
attribuzioni sul problema: non sarà solo l'alunno ad essere problematico, ma
esisterà un docente che ancor prima di insegnare è una persona con reazioni
emotive naturali e comprensibili che hanno bisogno di essere comunicate per
stimolare un problem solving efficace.
In generale, un insegnante che si confronta con un alunno con difficoltà
attentive-comportamentali, ha diverse opzioni per fronteggiare i problemi:
Modificare l’ambiente trovando strategie utili ed efficaci per l'intera classe
con molteplici bisogni educativi. Un insegnante può, ad esempio,
introdurre modifiche nell'ambiente che tuttavia possono avere vantaggi
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51
03.
e svantaggi, o in molti casi, rischi da prevedere per essere ben gestiti.
TIPOLOGIA
ADATTAMENTO
FUNZIONE
RISCHIO
ORGANIZZAZIONE
SPAZIO-TEMPO
Compensare i deficit di
regolazione autonoma dell'alunno
e favorire la prevedibilità dei
momenti della giornata e di tutti
gli eventi ambientali
l'organizzazione degli spazi può
diventare molto rigida e per
questo risultare limitante per
altri alunni
GESTIONE SFORZO
E MOTIVAZIONE
Strutturare l'ambiente in modo da
modulare il livello di attivazione e
di movimento dell'alunno,
consentendo al contempo la
possibilità di attività esperienziali
maggiormente motivanti
Provocare elevata caoticità
nell'ambiente che potrebbe
stimolare eccessivamente o
disorientare l'alunno
Tabella. Adattamenti ambientali - funzione e rischio connesso
Tratto da Fedeli e Vio, 2017
Modificare se stesso, domandandosi cosa c'è alla base di un disagio
profondo, del timore di affrontare un alunno in classe e fermarsi a
riflettere su cosa può fare affinché questi vissuti spiacevoli interferiscano
con il proprio benessere personale e professionale.
Questo è un livello di intervento molto delicato e che tocca direttamente
alcuni stili relazionali che l'insegnante usa anche con persone al di fuori del
contesto scolastico. Ad esempio, può accadere che l'insegnante si accorga di
alimentare credenze irrazionali e disfunzionali sulla relazione con l'alunno (ad
es. "non riesco a farmi rispettare quindi non sono competente" oppure che
"devo sempre assecondare le richieste degli alunni, così mi rispetteranno").
Possono esserci occasioni in cui l'insegnante pensa che l'alunno si comporti
in un certo modo solo per infastidire e provocare, proprio per fare un dispetto;
il livello di rabbia si può prevedere. Sono pensieri che probabilmente un
insegnante non verbalizza consapevolmente in questo modo e proprio in
virtù della loro automaticità guidano le modalità di comunicazione e di
relazione.
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52
03.
Un buon percorso di Teacher Training può guidare l'insegnante a modificare
queste credenze in una forma più sostenibile e funzionale, per creare anche
condizioni diverse di benessere psicoemotivo.
In tutti questi casi è importante che il docente sperimenti nuovi pensieri
che possano consentire una gestione alternativa e migliore della propria
reazione emotiva e, indirettamente, migliorare anche la gestione
dell'alunno.
Una modalità per approcciarsi a queste modifiche è guidare il docente a
spostare il proprio focus di osservazione dagli aspetti negativi a quelli
positivi dell'alunno: guardarlo davvero con occhi nuovi e individuare i punti
di forza permette di riconoscere le qualità positive a supporto
dell'autostima dell'alunno, nei momenti di sconforto, e a supporto della
modulazione del tono emotivo dell'insegnante nei casi in cui si sperimenta
rabbia verso l'alunno.
Lo stato emotivo dell'insegnante fa la differenza
nella gestione dei comportamenti dell'alunno
Bisogna tenere presente che nei momenti di forte attivazione emotiva, per
rabbia o sconforto, è molto difficile che un docente possa sintonizzarsi con
lo stato emotivo dell'alunno e guidarlo nella risoluzione del problema. Al
contrario, reazioni come urla e ammonizioni spesso rischiano di stressare
ulteriormente le capacità di autocontrollo dell'alunno, di per sé già molto
scarse, inviando inoltre un messaggio di pericolo.
Modificare il comportamento dell’altro ovvero trovare strategie
didattiche ed educative che intervengano direttamente sulle
manifestazioni comportamentali problematiche, con l'obiettivo di
cambiarle, attenuarle o ridurne la frequenza. In molte occasioni i
comportamenti problematici interferiscono direttamente con i diritti del
docente dal punto di vista personale e professionale, ad esempio
svolgere il lavoro con serenità e portare avanti i contenuti didattici
programmati. L'insegnante potrebbe attribuire il suo disagio al
comportamento dell'alunno e quindi è bene che l'alunno arrivi a
comprendere che le sue azioni possono interferire seriamente con il
benessere del docente. Tuttavia è importante formulare tali messaggi
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53
03.
in modo efficace ovvero evitando di suscitare un senso di oppressione, disagio
e diffidenza nell'alunno. Anche in questo caso è importante comunicare
efficacemente.
Perché alcuni comportamenti sono più difficili di altri
Nell'individuare i comportamenti problematici di un alunno spesso le prime
descrizioni sono contornate da un senso di esasperazione dovuto all'elevata
frequenza con cui si manifestano. Maggiore è la frequenza maggiore è la
probabilità che un docente si senta inadeguato e senza speranze
nell'intervento educativo. Ci riferiamo a manifestazioni problematiche di
diverso tipo: aggressività verbale o fisica, parolacce, iperattività, sfide e
provocazione ecc.
Quando si presentano in classe comportamenti come quelli appena descritti
si possono creare situazioni molto complesse da gestire in quanto il livello di
stress del docente è costantemente messo alla prova. Inoltre il senso di
disagio e inadeguatezza rischia di essere anche direttamente proporzionale
nei confronti della tolleranza che il docente mostra verso quelle condotte:
maggiore sarà il livello di disagio, maggiore sarà l'intolleranza.
È bene rassicurare i docenti sulla percezione individuale dello stress che
sperimentano: nel corso della carriera scolastica ognuno impara a gestire la
propria attivazione cognitiva ed emotiva e a sviluppare un grado sufficiente
di tolleranza nella gestione delle situazioni problematiche.
Ciò che invece dovrebbe indirizzare un buon percorso di Teacher Training è la
riflessione su come molto spesso i livelli di tolleranza del docente
diminuiscano sensibilmente di fronte alla messa in atto di specifiche
condotte dell'alunno. Più il livello di tolleranza si riduce, più la situazione
verrà percepita come insormontabile e piena di ostacoli non solo complessi
dal punto di vista educativo, ma anche difficili. Ci sembra evidente che
all'interno di questo circolo vizioso ci sia una possibilità molto bassa di
riflettere sugli stili educativi, relazionali e comunicativi. Generalmente, ciò
che abbassa i limiti di tolleranza sono alcune particolari circostanze in cui le
provocazioni dell'alunno sembrano amplificarsi in maniera esponenziale
(Daffi, 2021).
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54
03.
Allora nel guidare la riflessione occorre chiedersi:
Quali sono quelle situazioni che producono un alto livello di stress negativo e
contemporaneamente abbassano i limiti di tolleranza nei confronti delle
fragilità di alcuni alunni?
È possibile individuare alcune condizioni che possono essere condivise da molti
docenti. Ci sono situazioni ad alto rischio (Daffi, 2021):
Se il comportamento problematico messo in atto dall'alunno è sempre lo
stesso e segue un "copione" ormai noto, è probabile che sin dalle prime
battute il docente riesca a prefigurarsi quali saranno gli esiti finali
Se il docente è già intervenuto più volte durante la giornata per far fronte
allo stesso tipo di comportamento, magari risolvendolo temporaneamente,
e l'alunno lo ha riproposto in maniera imperturbabile a distanza di poco
tempo come se nulla fosse accaduto
Se la provocazione dell'alunno viene fatta con un'intensità tale da risuonare
come estremamente personale con l'intento di sminuire il docente davanti
alla classe
Se in alcune circostanze non è possibile frenare il pensiero coercitivo
"Adesso basta, la cosa deve finire subito qui"
In situazioni come queste lo stress supera il personale livello di sopportazione
massima e, parallelamente, il personale limite di tolleranza cala drasticamente,
portando il docente a perdere l'equilibrio indispensabile per attuare un
intervento non solo correttivo, ma anche formativo.
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55
I meccanismi di controllo dell'alunno:
individuarli per scegliere come agire
Prima di esaminare le modalità di comunicazione efficace riteniamo utile
introdurre un aspetto fondamentale per produrre un cambio di prospettiva.
Come già esposto, molto spesso il basso grado di intolleranza nei confronti di
alcuni comportamenti dell'alunno è dovuto all'elevata frequenza con cui
questi si presentano: più volte accade una determinata situazione più
probabilità ci sono che io mi aspetti che accada esattamente allo stesso
modo. Per questo sottile meccanismo di aspettativa e "lettura del futuro" la
tolleranza rispetto a quella situazione si abbasserà notevolmente.
Nell'occasione successiva in cui si presenta quel comportamento, infatti,
saremo maggiormente indisposti se nella nostra mente si era prefigurata
esattamente l'evoluzione della circostanza.
Per comprendere meglio questo aspetto proviamo a riflettere su un episodio
che può accomunare le esperienze di molti docenti.
Spesso si dà per scontato che una regola debba essere consolidata e
rispettata "solo" per il fatto di essere stata ripetuta molte volte cosicché
quando l'alunno per l'ennesima volta non rispetta quella determinata regola
siamo portati ad attribuire scarso impegno ("Sa bene qual è la regola, ma non
gli va di rispettarla") o deliberata trasgressione ("Sa bene qual è la regola, ma
gli piace provocare").
03.
Quello che accade, in realtà, è che in bambini e ragazzi con difficoltà di
autoregolazione cognitiva-comportamentale i meccanismi di controllo
falliscono. Questi meccanismi potremmo paragonarli a una centrale di
controllo che interviene ogni qualvolta siamo portati ad agire
impulsivamente, in modo automatico: i comportamenti inadeguati vengono
inibiti tramite il richiamo di un dialogo interiore molto strutturato che ci
permette di ricordare cosa è conforme alla situazione e cosa invece è
inadeguato. In breve, ci aiutano a regolare il nostro comportamento in
relazione al contesto. Quando questi meccanismi falliscono nell'intento, i
comportamenti risultano irruenti, fuori luogo, fastidiosi.
In molte situazioni nel contesto scolastico l'alunno sa cosa e come dovrebbe
fare, ma non riesce ad utilizzare quell'informazione al momento giusto
oppure non riconosce che la situazione in cui si trova è proprio quella in cui
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mettere in pratica la regola che conosce bene, almeno dal punto di vista
teorico. Un piccolo punto cieco all'interno delle sue abilità. Ad esempio,
durante la lezione può dimenticare di alzare la mano o attendere il proprio
turno per prendere la parola; il suo comportamento risulterà impulsivo e
potrebbe creare fastidio generale. È proprio in quei momenti che il suo
meccanismo di controllo non ha funzionato come dovrebbe. L'esempio
riportato pocanzi potrebbe risultare banale, eppure è una delle situazioni più
comuni che, proprio in virtù della frequenza e dell'intensità con cui accade,
rientra nel circolo vizioso dell'intolleranza verso i comportamenti di disturbo.
03.
Si potrebbero elencare molti altri esempi in cui i meccanismi di controllo
falliscono: è il caso degli alunni che non revisionano il proprio lavoro oppure
si oppongono apertamente alla richiesta di apportare delle correzioni. In una
simile occasione potremmo essere portati a vedere un alunno che "non
revisiona mai i compiti che svolge, è approssimativo" e, in effetti, è ciò che si
manifesta.
Proviamo a leggere l'episodio alla luce di queste nuove nozioni e
chiediamoci: Cosa non ha funzionato per questo alunno? Perché non vuole
ricontrollare il lavoro svolto? E perché gli risulta così faticoso?
Un compito molto prolungato mette a dura prova i meccanismi di controllo e
le capacità attentive che infatti oscilleranno numerose volte nel corso del
lavoro. Dare feedback frequenti sulla correttezza del lavoro consente di
inserirsi efficacemente durante i cali di attenzione e sostenere la motivazione
dell'alunno a proseguire. Un alunno con difficoltà di autoregolazione sarà
maggiormente disposto a revisionare il proprio lavoro se riceve piccole
sollecitazioni più frequenti piuttosto di un'unica richiesta di revisione al
termine, quando apparirà troppo gravosa.
Riuscire a individuare questi cali attentivi e queste inabilità a mantenere un
adeguato controllo sul proprio comportamento possono modificare
sensibilmente la risposta del docente. L'eventuale richiamo o rimprovero può
essere efficacemente sostituito da formule verbali e non verbali che riescono
a interrompere ugualmente il comportamento inadeguato, ma non creano
reazioni a catena di ostilità o oppositività.
È utile tenere presente queste riflessioni più avanti, quando verranno prese in
esame le strategie di comunicazione.
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58
La comunicazione efficace
03.
A seguito di un'abbondante premessa sulle variabili da considerare prima di
riflettere sugli stili comunicativi, approdiamo ora alle vere e proprie modalità
di comunicazione da evitare di fronte alla messa in atto di un
comportamento da parte dell'alunno che interferisce con le esigenze
legittime dell’insegnante.
stile comunicativo aggressivo:
L'aggressività si manifesta con la tendenza a difendere i propri diritti in modo
prepotente, urtando i sentimenti dell'altro. Questa modalità può incutere
timore nell'alunno, ma alla lunga potrebbe produrre una mancanza di
rispetto da parte dell'alunno. Rientrano in questo stile espressioni come
"Sei sempre il solito; te l'avrà detto almeno 100 volte che queste cose non si
fanno! Sembri un bambino piccolo eppure alla
tua età dovresti capire certe cose!"
Tale modalità comunicativa, oltre a incentivare un conflitto, appare
fortemente giudicante in quanto si riferisce alle qualità della persona invece
che al suo comportamento, pertanto sortisce un effetto negativo anche sul
livello si autostima dell'alunno. In genere questa modalità di comunicazione
consente il controllo temporaneo della situazione, ma a distanza di poco
tempo l'alunno ricomincerà a comportarsi allo stesso modo.
Questo stile comunicativo fa sentire l'alunno controllato e lo lascia sconfitto e
con molta probabilità pieno di risentimento: la sua azione successiva sarà
ribellarsi o creare nuove occasioni per "farsi valere". Chiaramente tale circolo
vizioso non farà altro che indebolire la relazione con il docente fino a
rovinarla del tutto.
stile comunicativo passivo:
Chi assume una modalità passiva tende ad anteporre le esigenze altrui alle
proprie. Spesso ritiene che le sue esigenze siano meno importanti di quelle
degli altri oppure può temere di opporsi agli altri, per timore di una reazione
sconveniente. Nel contesto scolastico può accadere di osservare espressioni
come le seguenti:
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"Non credi che dovresti chiedere il permesso prima di uscire dalla classe?
Quante volte ancora devo ripeterti che non si urla?"
Queste domande "retoriche" mettono automaticamente il docente in una
posizione vulnerabile: l'alunno infatti può rispondere con tante provocazioni
diverse, affermando il suo potere. Cosa succede al docente? Inevitabilmente
potrebbe soffrire del fatto di non riuscire a far rispettare le proprie esigenze.
Inoltre, una modalità di comunicazione di questo tipo alla lunga potrebbe
produrre comunque una perdita di rispetto da parte dell'alunno, in quanto si
rischia di essere visti come persone incapaci di difendere i propri diritti.
È importante ribadire l'importanza per l'insegnante di essere rispettato
quando alcune azioni interferiscono con le sue legittime esigenze. Anche
l'alunno ha bisogno di comprenderlo e ci sono maggiori probabilità di
comprenderlo se viene trasmetto con una modalità comunicativa assertiva,
come descritta di seguito:
03.
stile comunicativo assertivo
questa modalità comunicativa consta di tre componenti
DESCRIZIONE
SENZA GIUDIZIO
EFFETTO
TANGIBILE E CONCRETO
REAZIONE
ALL'EFFETTO CREATO
"Quando parli durante la spiegazione (descrizione senza giudizio), io mi
interrompo di continuo, non riesco a concludere l'argomento (effetto tangibile
e concreto) e mi infastidisco (reazione agli effetti)"
"Quando dai uno spintone al tuo compagno (descrizione senza giudizio) si
può fare molto male (effetto tangibile e concreto) e io perdo la calma
(reazione agli effetti)".
Tale modalità comunicativa si basa sull'emissione del MESSAGGIO IO ovvero
una formula verbale in prima persona che permette al docente di esprimere le
proprie idee, le proprie legittime esigenze professionali e anche la sua
esperienza emotiva in modo diretto e allo stesso tempo rispettoso dell'alunno.
Non assume una posizione che prevarica oppure offende l'alunno.
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60
03.
Negli esempi riportati sopra il docente formula dei richiami a tutti gli effetti
che hanno lo scopo di interrompere un comportamento problematico o
fastidioso. Non è difficile immaginare modalità meno pacate per richiedere le
stesse cose. Riusciamo a immaginare le diverse reazioni dell'alunno?
È importante che il richiamo sia circoscritto a un comportamento specifico e
soprattutto che sia contestualizzato: non serve fare riferimento al passato o a
ricordi di episodi simili. La circostanza corrente è quella che permette
all'alunno di comprendere il richiamo, associando le parole del docente allo
specifico comportamento che ha messo in atto, senza sentirsi colpevolizzato.
Potremmo concludere dicendo che questa modalità comunicativa:
stimola le capacità di riflessione dell'alunno che infatti sarà
maggiormente disposto a osservare le conseguenze delle proprie azioni
salvaguarda la relazione insegnante-alunno
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61
03.
Sintonizzarsi con lo stato emotivo dell'alunno
La comunicazione insegnante-alunno ha bisogno di essere modellata. Come
abbiamo visto ci sono diversi aspetti base su cui è possibile intervenire: il tono
di voce, la formulazione delle richieste. Un altro aspetto fondamentale è la
capacità di sintonizzarsi sullo stato emotivo dell'alunno passando attraverso
un ascolto attivo e attento. Vuol dire sviluppare la capacità di cogliere ciò che
l'alunno sta esprimendo anche senza l'uso diretto delle parole, magari
attraverso il silenzio o un particolare comportamento.
È importante comprendere che gli alunni spesso faticano a esprimere un
disagio come ci aspetteremmo, attraverso parole e descrizioni dettagliate. È
molto più probabile che un alunno si esprima con comportamenti come:
rifiutarsi di disegnare, pensare ad altro, isolarsi, dimenticare materiali, scoppi
di rabbia quando perde ecc. Questi comportamenti sono manifestazioni di
disagi emotivi, non affronti personali o problemi dell'alunno.
È importante imparare a guardare l'alunno in situazioni vulnerabili in cui
non è in grado di autoregolare il proprio comportamento, le proprie
emozioni e i propri stati mentali.
Sono occasioni in cui i "meccanismi di controllo", di cui si parlava
precedentemente, falliscono, ed è molto più semplice agire dei
comportamenti per quanto inadeguati e disfunzionali piuttosto che
descrivere a parole.
Se il docente nota questi comportamenti e si rivolge all'alunno con
atteggiamento punitivo non otterrà una soluzione adeguata e, inoltre, non
medierà le emozioni spiacevoli dell'alunno che non potrà fare altro che
accentuarle. Ricordiamo che uno degli obiettivi in queste occasioni è riuscire
a guidare l'alunno nell'elaborazione autonoma della situazione e sviluppare
capacità di problem solving.
Intercettare un disagio dell’alunno è parte integrante
della funzione di un docente
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62
Con quest'ultima espressione non si intende la necessità di sviluppare
competenze professionali di altri settori, ma è bene precisare che i docenti
non sono estranei ai disagi emotivi e psicologici che ogni alunno porta con sé.
Sono ancor meno estranei quando questi disagi interferiscono
profondamente con l'obiettivo primario di un docente: creare condizioni
affinché l’apprendimento per il singolo alunno possa avvenire, ricordando che
le occasioni di discontrollo emotivo rendono l'apprendimento impossibile per
l'alunno.
Ecco perché è importante sintonizzarsi con lo stato emotivo dell'alunno e
predisporsi all'ascolto.
Di seguito alcuni suggerimenti:
03.
incoraggiare l'alunno a descrivere quello che succede
Si può chiedere, ad esempio, se c'è qualcosa che lo preoccupa o che gli
causa disagio tale da avere condotte inappropriate al contesto. È opportuno
usare espressioni facilitanti come "Mi sembri un po' teso, vuoi parlare di
qualcosa che è successo?" oppure "Mi sembri in difficoltà perché non hai
concluso il lavoro, come mai è rimasto a metà?". Espressioni di questo tipo
accompagnate da cenni di attenzione e vicinanza, anche fisica, aprono la
conversazione e consolidano la relazione.
Riformulare quanto espresso dall'alunno, senza aggiungere altro
Consiste nel ripetere ciò che l'alunno riporta, evitando di aggiungere
interpretazioni o cose che non sono realmente state dette. Questo consente
all'insegnante di assicurarsi di aver compreso e all'alunno di sentirsi davvero
ascoltato e capito. Ad esempio "Se ho capito bene, l'esercizio era troppo
difficile e ti sei fermato a metà".
Attraverso espressioni facilitanti come queste l'alunno viene alleggerito dal
carico emotivo evidentemente non gestibile e farà spazio alle opportunità di
apprendimento. Inoltre l'alunno sarà più disposto ad ascoltare l'insegnante se
si sente compreso. "Il lavoro è rimasto a metà e hai deciso di consegnarlo
incompleto, come pensi di risolvere?": si crea un clima di rispetto reciproco e
c'è maggiore probabilità che l'alunno si attivi per trovare soluzioni alternative
piuttosto che rimanere bloccato nel disagio emotivo.
Quando si creano tali condizioni, i problemi di disciplina diminuiscono
notevolmente e c’è più tempo per l’apprendimento.
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63
OPZIONALE
Alleniamoci a scovare gli errori di comunicazione
Durante l'incontro è possibile proporre questa breve attività per stimolare la
discussione e osservare i vari stili comunicativi dei docenti.
Modalità 1: Ognuna di queste frasi viene condivisa sullo schermo e tutti i docenti
si confrontano sulle proprie esperienze e sulle modifiche possibili
Modalità 2: Ognuna di queste frasi viene riportata su un cartoncino che viene
pescato, a turno, da ogni docente. In gruppo si discutono le modalità di
intervento
«SMETTI DI AGITARTI E PORTA A TERMINE QUELLO CHE TI HO CHIESTO»
Spunti per la discussione:
Che tipo di comunicazione è?
Cosa comporta il "dare ordini"?
Commento:
Richieste molto direttive possono produrre nell'alunno l'effetto
opposto: sentimenti di rivalsa o di resistenza attiva; l'insegnante
è percepito come autoritario, stimolando avversione.
«È MEGLIO PER TE CHE SVOLGI L'ATTIVITÀ COME I TUOI COMPAGNI
ALTRIMENTI AVRAI UN BRUTTO VOTO.»
Spunti per la discussione:
Che tipo di comunicazione è?
Come può sentirsi l'alunno?
Commento:
L'alunno viene messo in guardia e può percepire una minaccia
con una conseguenza esplicita. Conseguenza diretta può essere
l'opposizione alla richiesta dell'insegnante, percepito autoritario
e in posizione di "comando".
«SAI CHE È TUO DOVERE RISPETTARE I COMPAGNI IN CLASSE. I TUOI
COMPORTAMENTI INFANTILI PUOI LASCIARLI A CASA.»
Spunti per la discussione:
Che tipo di comunicazione è?
Come può sentirsi l'alunno?
Commento:
È importante specificare cosa ci si aspetta l'alunno ("rispettare i
compagni" è generico. Questa frase crea una relazione di potere
in cui l'insegnante sottintende che l'alunno non è responsabile,
tuttavia senza chiarirne in motivo.
«DOVRESTI RENDERTI CONTO CHE IN QUESTO MODO RISCHI DI ARRIVARE ALLA FINE
DELL'ANNO CON UN'INSUFFICIENZA.»
Spunti per la discussione:
Che tipo di comunicazione è?
Come può sentirsi l'alunno?
Commento:
Argomentazioni del tipo "La realtà è che tu..." mettono l'alunno
nella posizione di contro-argomentare e ribattere esprimendo le
sue legittime esigenze, tuttavia avverrà in modo disfunzionale.
Si riduce la predisposizione all'ascolto dell'insegnante.
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64
OPZIONALE
«TI STAI COMPORTANDO COME UN BAMBINO PICCOLO EPPURE ALLA TUA ETÀ DOVRESTI
CAPIRE ALCUNE COSE.»
Spunti per la discussione:
Che tipo di comunicazione è?
Cosa provoca nell'alunno?
Commento:
Per l'alunno non è chiaro cosa vuol dire comportarsi come un
bambino piccolo (come si comporta uno più grande?). Specificare
cosa ci si aspetta e quali regole dovrebbe interiorizzare. L'alunno
potrebbe sentirsi inadeguato e non comprendere cosa modificare
per migliorare.
«STAI PROPRIO CERCANDO DI FARMI PERDERE LA PAZIENZA.»
Spunti per la discussione:
Cosa prova l'insegnante?
Come reagirebbe l'alunno?
Commento:
Interpretare il comportamento di un alunno spesso porta a
conclusioni errate. L'alunno potrebbe sentirsi non compreso se il
suo comportamento non è finalizzato a provocare. Il richiamo viene
vissuto come un'ingiustizia.
«NON È POSSIBILE CHE IO DEBBA RIPETERE 100 VOLTE LA STESSA COSA, SAI GIÀ COSA
FARE, QUINDI NON PERDERE TEMPO.»
Spunti per la discussione:
Cosa prova l'insegnante?
Come reagirebbe l'alunno?
Commento:
L'alunno potrebbe sentirsi inadeguato in quanto sa bene cosa
andrebbe fatto, ma nel momento in cui è chiamato a farlo perde
quelle informazioni. In genere vive frustrazione per non riuscire ad
essere adeguato. Specificare cosa dovrebbe fare e rinforzarlo
quando esegue correttamente il comportamento.
«ADESSO BASTA! TI HO DETTO DI ANDARE AL TUO POSTO E ADESSO LO FAI PERCHÈ IO
SONO L'INSEGNANTE, NON SI DISCUTE!»
Spunti per la discussione:
Cosa prova l'insegnante?
Come impostare una regola?
Commento:
Si rinforza la posizione vulnerabile dello studente che sarà
stimolato a controbattere per esprimere i suoi diritti ("Io faccio
quello che voglio!"). Le regole dovrebbero diventare routine di
comportamento, non imposizioni. Il rischio è la ribellione e il senso
di rivalsa per le successive occasioni, nonostante il controllo
temporaneo della situazione corrente.
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65
OPZIONALE
Video-discussione
Le seguenti risorse video sono reperibili su YouTube.com (i link si trovano nella sezione Sitografia)
Il confronto può essere indirizzato sugli stili comunicativi dei docenti e degli alunni presenti nelle
clip. A prescindere dallo specifico episodio è bene guidare il docente a riflettere sugli aspetti che
potrebbero migliorare o peggiorare una situazione (contesto, richieste verbali, linguaggio non
verbale, presenza dei compagni, eventuali punizioni, comunicazione retorica e così via).
Riportiamo alcuni stralci di conversazione che possono essere spunto di discussione, ma
invitiamo il lettore a visionare questi brevi video e adattarli allo svolgimento delle tematiche per il
terzo incontro.
L'insegnante dice: pensi di essere furbo?
I compagni ridono
L'alunno rimane in piedi per punizione
L'insegnante dice: Vi sembra un
comportamento da persone civili?
L'insegnante dice: se risponde ancora una
volta la sbatto fuori
L'alunno risponde: perché, non si può dire la
propria?
Domande guida:
Cosa succede nell'episodio?
Come si comporta l'alunno?
Che cosa scatena il suo comportamento?
Come reagisce l'insegnante?
Com'è il tono di voce e il linguaggio non verbale dell'insegnante?
Cosa fanno i compagni di classe?
Come prosegue l'attività didattica?
Ipotesi sullo scopo del comportamento (evitare la lezione, richiedere ascolto ecc.)
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66
Come introdurre il Project Work 3
"Cosa c'è che non va?"
Il terzo Project Work chiede al docente di riflettere sui diversi stili comunicativi.
Non è necessario che il docente si ritrovi esattamente nelle esperienze di
comunicazione presenti nella tabella. L'importante è che sia disposto a mettere
in discussione le modalità di comunicazione disfunzionali in modo da produrre
alternative valide ed efficaci.
Nel corso dei giorni che separano dall'incontro successivo i docenti possono
provare ad auto-osservarsi nelle richieste che pongono ai loro alunni o nei
momenti di richiamo. Il solo esercizio di provare a fermarsi durante queste
azioni quotidiane è in grado di produrre un aumento della consapevolezza e
quindi una maggiore predisposizione al cambiamento.
Per ognuno degli episodi riportati in tabella il docente individua quali sono i
punti deboli ovvero "gli errori di comunicazione" e prova a individuare
un'alternativa valida: Cosa si potrebbe dire al posto di...? Cosa si potrebbe fare
per evitare che l'alunno si senta...?
Al fine di rimanere focalizzato sugli obiettivi dell'esercitazione, il docente può
usare come riferimento i tre principi cardine della comunicazione assertiva. A
tale scopo è stato creato un allegato che riassume graficamente questo stile
comunicativo; può essere utile per aiutare il docente a condurre il
ragionamento in autonomia.
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67
4° INCONTRO
IMPOSTARE UN'OSSERVAZIONE DIRETTA DEL
COMPORTAMENTO
04.
OBIETTIVI
IMPARARE A
SVOLGERE
OSSERVAZIONI
STRUTTURATE
SPERIMENTARE
TECNICHE
SPECIFICHE DI
INTERVENTO
PSICOEDUCATIVO
DISTINGUERE I
COMPORTAMENTI
FASTIDIOSI DA QUELLI
PROBLEMATICI
INDIVIDUARE UN
COMPORTAMENTO,
OSSERVARLO E STABILITRNE
LA PROBLEMATICITÀ
CONTENUTI
TECNICHE SPECIFICHE DI INTERVENTO
PSICOEDUCATIVO-COMPORTAMENTALE
ANALISI FUNZIONALE DEL COMPORTAMENTO
L'IMPORTANZA DELL'OSSERVAZIONE STRUTTURATA
LA DECISIONE DI REALE PROBLEMATICITÀ
RISORSE
PROJECT WORK 4: Perché è un problema?
OPZIONALE
Esercitazione sui comportamenti problema
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4° INCONTRO
IMPOSTARE UN'OSSERVAZIONE DIRETTA
04.
Alla luce delle premesse teoriche dei precedenti incontri è bene ribadire che
l'intervento psicoeducativo non dovrebbe essere concepito come un'azione
generica e approssimativa per "cambiare l'alunno". Per ottenere risultati
apprezzabili, il docente dovrebbe concentrarsi su un unico comportamento
target da osservare, valutare e modificare. In questo modo si acquisisce un
metodo, una prassi educativa, che può essere estesa anche ad altri aspetti in
un successivo momento. Ancor prima di arrivare alla fase di osservazione vera
e propria, il docente ha bisogno di acquisire altre competenze propedeutiche
agli step successivi: in questo incontro infatti il focus è posto sulla decisione di
reale problematicità di un comportamento al fine di filtrare le manifestazioni
maggiormente complesse e orientare l'attenzione su un unico aspetto. Il
docente è invitato a individuare un comportamento su cui intervenire e a
riflettere sulle conseguenze emotive e contestuali dello stesso.
SVOLGIMENTO:
Esposizione teorica sulle tecniche specifiche di intervento psicoeducativo
Analisi funzionale del comportamento: un'introduzione
acquisire un metodo di osservazione strutturata
Compilazione di un elenco grezzo (ogni docente individualmente)
Condivisione degli elenchi prodotti
Stabilire la reale problematicità di un comportamento
OPZIONALE: Esercitazione sui comportamenti problema
durante la discussione è importante evidenziare che l'obiettivo è
riuscire a descrivere i comportamenti al netto di interpretazioni e
giudizi personali che rischiano di condurre a un ragionamento circolare
Project Work 4: Perché è un problema?
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69
Tecniche specifiche
di intervento psicoeducativo comportamentale
Un buon intervento a favore di un bambino con difficoltà di attenzione e/o
comportamento richiede una corretta conoscenza delle caratteristiche del
disturbo, un'attenta osservazione dell'interazione che il singolo alunno attua
rispetto all'ambiente, la scelta accurata di specifici obiettivi da perseguire e
l'attuazione di una strategia d'azione correttamente pianificata.
Qui considereremo alcune tecniche di gestione del comportamento che
permettono all'adulto di agire a livello di conseguenze ambientali,
incrementando la probabilità che il bambino mostri i comportamenti corretti e
favorendo un decremento delle azioni inadeguate. Tali tecniche, formalizzate
dalla psicologia comportamentista, sono attualmente utilizzate dai teorici di
ogni formazione, in special modo da coloro che fanno riferimento
all'orientamento cognitivo-comportamentale e possono essere integrate con
successo all'interno di una rete di significati e costrutti differenti.
04.
Le tecniche di gestione comportamentale, se applicate correttamente,
costituiscono un efficace intervento a breve e a lungo termine sulle scelte
comportamentali dell'alunno.
L'intervento sul comportamento dell'alunno
Tratta da Cornoldi et. al 2001
Per impostare correttamente un efficace intervento di modificazione del
comportamento dell'alunno, è importante tenere presente alcuni punti che
elencheremo qui di seguito sotto forma di suggerimenti generali, applicabili
trasversalmente a qualunque situazione:
È di primaria importanza fare una scelta accurata di quali siano i
comportamenti inadeguati attuati dall'alunno, quindi stabilirne frequenza
e rilevanza per poter strutturare un intervento individualizzato e non
generico;
Condurre numerose sistematiche osservazioni dell'alunno permette di
definire antecedenti e conseguenze della comportamento dell'alunno e
consente di evidenziare la funzione del suo agire (Cosa vuole ottenere?)
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70
04.
È molto più efficace e realistico porsi nell'ottica di aumentare la comparsa
dei comportamenti corretti, piuttosto che far diminuire la frequenza dei
comportamenti inadeguati;
È auspicabile che un piano di intervento in ambito scolastico includa
anche alcuni obiettivi strettamente didattici, come il raggiungimento di
una certa quantità di lavoro completato o corretto. Concentrarsi solo sulla
modificazione del comportamento potrebbe aumentare il ritardo nelle
acquisizioni che spesso caratterizza il curricolo di questi alunni.
Nelle fasi di osservazione e analisi è molto utile prestare attenzione, a
particolari momenti della giornata, come l'intervallo, lo spostamento da
un luogo all'altro, la mensa, l'avanzamento di richieste alla classe. Spesso
si configurano come momenti scatenanti la comparsa del
comportamento di disturbo.
In qualunque caso la tecnica dell'anticipazione consente di disinnescare
eventuali momenti attivanti. Prima delle attività, ricordare all'alunno
quale comportamento gli è richiesto oppure cosa ci aspettiamo che faccia
e quale gratificazione potrebbe avere con una condotta adeguata; questo
consente di anticipare all'alunno la serie di eventi che sta per affrontare e
consente di attivare i meccanismi di controllo per una risposta
comportamentale più idonea.
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71
Introduzione su...
analisi funzionale del comportamento
*Le strategie di osservazione tramite l'analisi funzionale saranno approfondite maggiormente
nella sezione "Il modello ABC"
04.
Uno dei presupposti fondamentali nell'analisi e nella successiva gestione di
una situazione problematica è che il comportamento osservato deve essere
messo in relazione con un insieme di variabili esterni alla specifica persona,
nel nostro caso all'alunno. Il comportamento in sé, infatti, non può essere
compreso senza queste variabili. Deve necessariamente essere messo in
relazione al contesto e più nello specifico alle conseguenze che lo
mantengono e agli eventi che lo precedono (antecedenti). In altre parole, per
ogni comportamento è necessario chiedersi cosa è successo subito prima e
che cosa è successo subito dopo.
Un bambino o un ragazzo con importanti difficoltà nell'autoregolazione
cognitiva e comportamentale ha un limite costituzionalmente determinato
nella gestione del comportamento e dell'emotività. Questo però non esclude
che delle modifiche ambientali possano intervenire a favore
dell'attenuazione di situazioni critiche. Le modificazioni esterne, infatti,
concorrono in maniera rilevante nella strutturazione ed evoluzione dei
sintomi sia in maniera negativa che positiva.
L'obiettivo primario dell'analisi funzionale del comportamento è legare il
momento della valutazione a quello dell'intervento. Una volta verificato
attraverso le osservazioni sistematiche che un preciso comportamento (es.
spingere un compagno) si verifica con una frequenza o un'intensità
particolarmente elevate, sarà fondamentale analizzare le contingenze
ambientali ovvero tutto ciò che accade prima (antecedenti) e dopo
(conseguenze) dello specifico comportamento. Questo è il punto di partenza
per un intervento educativo efficace.
L'analisi funzionale permette di analizzare nel dettaglio gli eventi che
favoriscono la comparsa del comportamento problematico e gli eventi che
tendono a rinforzarlo. Una volta individuati gli elementi salienti è possibile
intervenire direttamente sul comportamento dell'alunno evitando approcci
punitivi o coercitivi; al contrario, l'intervento avrà lo scopo di modificare gli
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72
04.
antecedenti o di agire sulle conseguenze, in modo da non rinforzare i
comportamenti disfunzionali.
Questo modello di osservazione prevede che si analizzino altre due variabili
importanti:
il contesto fisico e relazionale, ovvero il momento della giornata e il luogo
fisico in cui l'alunno svolge l'attività osservata, la presenza di eventuali
compagni/adulti ecc.;
la condizione psicofisica dell'alunno, ovvero eventuali stati di stanchezza,
momenti di agitazione, momenti di "assenza" dalle attività in corso ecc.
Perché fare attenzione a queste due variabili?
Nel contesto scolastico le variabili da gestire possono essere davvero
numerose e per questo l'attenzione riservata allo specifico alunno potrebbe
comprensibilmente venire meno. Spesso non è possibile modificare gli
antecedenti o le conseguenze di un comportamento, allora si può intervenire
sulle dimensioni contestuali e individuali.
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73
L'importanza dell'osservazione strutturata
*Tratto da Ianes, Cramerotti (2002)
L'osservazione iniziale serve a raccogliere dati sulla situazione,
concentrandosi su ciò che serve alla realizzazione di un intervento
psicoeducativo. Nel contesto di un Teacher Training potremmo dire che la
condivisione in gruppo diventa una vera e propria valutazione focalizzata alla
soluzione del problema, dal momento che dovrà essere limitata, specifica e
mirata (una valutazione più ampia, invece, dovrebbe essere già avvenuta nel
caso di progettazione di Piano Educativo Individualizzato).
04.
La prima esperienza di condivisione in gruppo è fondamentale per la
definizione delle procedure, delle modalità, dei tempi, degli strumenti di
intervento per definire un'osservazione quantitativa del comportamento
problema. Va chiarito fin da subito che la valutazione del comportamento
problema si articola in una parte quantitativa e in una qualitativa; queste
due si intrecciano continuamente.
Dalla valutazione iniziale è fondamentale capire come, quanto e perché si
manifesta un comportamento problema e per questo sono essenziali le
metodologie qualitative e quantitative. Il primo tema da affrontare nel
gruppo è il come si manifesta il comportamento, e questo ci porta alla
metodologia della descrizione operazionale del comportamento.
Da dove iniziare per descrivere un comportamento?
La descrizione del comportamento deve essere operazionale. Con questo
termine si intende una descrizione obiettiva e puntuale di quello che si
verifica. Il comportamento viene perciò descritto esattamente così come
viene osservato, tralasciando qualsiasi termine che possa dare adito a
interpretazioni. Quando ci apprestiamo a osservare il comportamento
dell'alunno può essere di aiuto pensare di dover descrivere la scena in modo
così puntuale da permettere a un pittore di rappresentarla in un quadro,
anche senza vederla direttamente. Quest'ultimo per riuscire a riportare su
tela quello che si sta verificando avrà bisogno di termini prettamente
descrittivi. Se usassimo, infatti, vocaboli come agitato, caotico, tranquillo ecc,
pittori diversi rappresenterebbero in modo diverso il comportamento, in base
all'interpretazione personale che danno alle etichette verbali riferite.
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74
Una prima fase può prevedere la compilazione di un elenco grezzo dei diversi
comportamenti che vengono vissuti con vari disagi. Ogni docente può
scrivere un proprio elenco grezzo (*vedi tabella) di comportamenti
dell'alunno che gli producono una qualche forma di disagio, quest'ultima da
riportare accanto ad ogni comportamento. L'elenco va compilato cercando di
essere il più possibile precisi nella descrizione del comportamento, ma senza
dilungarsi eccessivamente e cercando di riportare, vicino ad ogni
comportamento, i sentimenti di disagio che la persona vive, nominati come
può, ovviamente.
A questo punto il compito successivo del gruppo diventa quello di
confrontare gli elenchi, un confronto prima sui comportamenti e poi i suoi
vissuti. Generalmente questo livello di confronto è poco articolato perché ha
come obiettivo la costruzione di un elenco condiviso ovvero una lista che
contenga tutti i comportamenti che causano disagio ai docenti presenti.
Nella lista finale saranno presenti alcuni comportamenti condivisi da più
docenti e altri magari riportati da un solo docente. In questa fase non è
importante mettere in ordine in comportamenti in base al numero di
segnalazioni effettuate; basterà riportarli tutti con precisione e dare uguale
importanza di discussione a ognuno di loro.
04.
CATEGORIA
COMPORTAMENTALE
COMPORTAMENTI
VISSUTI EMOTIVI
AGGRESSIVITÀ
- Dà calci
- Spinge i compagni
- Sputa
Talvolta i miei interventi volti alla
riduzione dell’aggressività hanno
l’effetto contrario. Non ho ancora
trovato un modo valido per arginare
efficacemente questi episodi
IPERATTIVITÀ
- Passa da un'attività
all'altra repentinamente
- È impulsivo e precipitoso
Sento di perdere la pazienza perché
devo continuamente richiamarlo
IMPULSIVITÀ
- Esce senza chiedere il
permesso
Mi fa molto irritare
Tabella. Esempio di Elenco grezzo dei comportamenti
*Tratto da Ianes, Cramerotti (2002)
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75
Nel costruire questo elenco si dovranno probabilmente chiarire alcune
descrizioni di comportamento, verificando se si sta parlando della stessa
azione, o di una sua variante, in modo che il comportamento che si scrive
nell'elenco condiviso sia perfettamente chiaro a tutti, anche a quelli che non
l'hanno mai visto. L'elenco condiviso è il primo prodotto importante di
questa prima fase di alleanza psicoeducativa: contiene tutti i comportamenti
dell'alunno che producono in questo gruppo di persone un qualche disagio,
con accanto una sintesi dei vissuti di disagio più frequentemente
manifestati.
04.
La domanda da porsi è:
Proprio tutti questi comportamenti, nessuno escluso, sono davvero
problematici?
In questa fase bisogna chiederselo per introdurre un'altra fase cruciale
dell'intervento: la decisione di reale problematicità.
La decisione di reale problematicità
È necessario individuare in maniera condivisa quali sono i comportamenti
davvero problematici per l’alunno e non per noi. Quest'ultima espressione
("non per noi") potrebbe essere fuorviante: potrebbe far intendere che
esistano due categorie distinte di comportamenti problematici, quelli veri
per l'alunno e quelli falsi solo per noi.
Generalmente la difficoltà principale in questa fase è accettare che i
comportamenti falsi (quindi non realmente problematici) siano il frutto della
nostra arbitraria severità di giudizio o delle nostre aspettative esagerate che
penalizzano l’alunno.
L'indizio che aiuta maggiormente a decidere se il comportamento è
realmente problematico per la persona è il vissuto emotivo associato. Questo
passaggio è pedagogicamente e psicologicamente molto delicato, perché
nella decisione di reale problematicità tutti devono fare un reale cambio di
prospettiva: da quella soggettiva del disagio per sé a quella oggettiva di
problema reale e urgente per l’alunno. I disagi riportati non si
interpreteranno psicologicamente, magari mettendoli a confronto con quelli
riportati dagli altri, decidendo chi ha ragione di essere a disagio e chi no. I
vissuti sono primariamente personali e vanno rispettati a fondo.
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76
04.
Si dovrà invece elaborare la consapevolezza che i vissuti personali di
disagio hanno due funzioni basilari in questo processo:
dare origine all’inclusione di un comportamento nel singolo elenco
grezzo dei comportamenti problema e, successivamente
costruire la base di riflessione quando si tratterà di decidere assieme,
ma sulla base del singolo vissuto, se per l'alunno e non per noi quel
comportamento costituisce un reale problema, su cui dovremmo
intervenire.
La prospettiva da assumere può essere definita una prospettiva esterna
rispetto a quella degli altri e dell'alunno. È una prospettiva neutrale, che
ha a cuore esclusivamente il benessere, lo sviluppo e la liberazione
dell'alunno dai vincoli dei suoi comportamenti problema. Potrebbe darsi
che un comportamento venga vissuto come problematico da quasi tutti,
ma dall'alunno evidentemente no, dato che continua a metterlo in atto e
magari con grande soddisfazione.
Decideremo allora che è realmente problematico perché la maggioranza lo
vive come tale o non lo considereremo affatto un problema, perché
l'alunno non lo vive con disagio? Non dobbiamo fidarci né di una
prospettiva né dell'altra.
Per definire la reale problematicità di un comportamento è utile basarsi su
tre criteri che permettono di prendere una decisione nel modo più
razionale e obiettivo possibile:
1. IL CRITERIO DEL DANNO
Ci si può chiedere se quel comportamento produca - all'alunno, ad altri o a
cose - un danno documentabile. Se la risposta che è possibile dare, e sulla
quale si dovrebbe raggiungere un accordo significativamente solido, è
affermativa, allora non dovrebbero esserci dubbi: il comportamento è
realmente problematico.
Questo è tipicamente il caso delle varie forme di autolesionismo, della
ruminazione, del vomito, delle aggressioni, delle distruzioni ecc. In questa
fase è importante che non si cerchi di spiegare il comportamento con vere
teorie interpretative o tantomeno di prospettare soluzioni/interventi.
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77
04.
In questa fase si deve solamente decidere se è un problema o no, il resto
verrà in seguito, naturalmente solo nel caso in cui il comportamento sia un
reale problema.
2. IL CRITERIO DELL'OSTACOLO
Spesso si incontrano dei comportamenti che vengono vissuti anche con
grande disagio, ma che non danneggiano, in senso fisico, l’alunno o altre
persone o oggetti: si pensi ad esempio all’ecolalia, alle stereotipie, alle
abitudini molto rigide. Se ad esempio un alunno passa tutto il suo tempo
dondolandosi sul tronco e rendendosi in questi periodi quasi del tutto
inaccessibile alle proposte di stimolo educativo che gli vengono fatte,
questi suoi comportamenti gli sono di notevole ostacolo. Questo ostacolo
frena varie dimensioni del suo sviluppo. È un ostacolo per lui, non un
ostacolo per noi, per il nostro lavoro educativo, a prescindere da quanto
possa suscitarci vissuti spiacevoli come irritazione o fastidio.
3. IL CRITERIO DELLO STIGMA SOCIALE
Esistono dei comportamenti che non danneggiano o ostacolano l'alunno,
ma che vengono comunque vissuti con disagio e inclusi nell'elenco
condiviso.
Ma se non danneggiano od ostacolano, sono reali comportamenti
problema? Si potrebbe rispondere di no, che sono invece deviazioni
positive dalla norma, variazioni anche molto bizzarre nel modo di
comportarsi, modi strani di esprimere la propria identità, altrettanto
bizzarra e originale che, proprio per questo, vanno assolutamente tutelati,
protetti, in quanto è diritto dell'alunno manifestarsi per quello che è, senza
l'obbligo di adeguarsi a qualche vissuto di disagio o le aspettative della
maggioranza benpensante. questo è senz'altro un diritto fondamentale di
ogni persona ma questo criterio di decisione ci invita a fare i conti in modo
realistico o esclusivamente protettivo per la persona con difficoltà, con i
meccanismi gli effetti dello stigma sociale.
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78
04.
Per poter ordinare secondo un qualche criterio da riportare nell'elenco
condiviso si propone una scala a tre livelli per decidere in modo
collaborativo qual è il livello di priorità e di gravità dei comportamenti
problema:
1. comportamento nocivo-priorità assoluta
2. comportamento distruttivo-dannosi, interferenti
3. comportamento distraente-glielo ostacolo, lieve danno
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OPZIONALE
Perché è un problema?
RIFLESSIONE COLLETTIVA
ELENCO DELLE SITUAZIONI
1. Ogni volta che l'insegnante gli presenta un lavoro da svolgere, F. urla o scappa dalla
classe
2. Durante la spiegazione A. ride e fa i versi degli animali
3. L. si dondola sulla sedia per 15 minuti
4. All'improvviso N. lancia oggetti ai compagni oppure butta a terra i materiali che sono
sul banco
5. S. passa l'intera ora strappando fogli da accartocciare e lanciare nel cestino
6. Circa 3 o 4 volte al giorno si può osservare M. che ha comportamenti fuori luogo
come saltellare sul posto emettendo versi striduli
Interpretare o descrivere?
ELENCO DELLE SITUAZIONI
1.
2.
3.
4.
A. rifiuta di fare i compiti perché pensa di non essere in grado.
R. è aggressivo perché probabilmente a casa non c'è un ambiente sereno
S. risponde male all'insegnante perché è abituato così anche in famiglia
L. saltella e fa i versi perché è maleducato
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Come introdurre il Project Work 4
"Perché è un problema?"
Il quarto Project Work ha l'obiettivo di indirizzare il docente a individuare
pochi comportamenti target e a stabilirne la reale problematicità in modo
chiaro e obiettivo. Il rischio del voler intraprendere un percorso
psicoeducativo di cambiamento comportamentale è quello di voler cambiare
l'alunno stesso, come ampiamente argomentato. Il Teacher Training vuole
invece condurre la riflessione su pochi aspetti affinché sia generalizzata in
più contesti e occasioni.
Per questo motivo si chiede al docente di individuare, nei giorni che separano
dal successivo incontro, due comportamenti tipici del suo alunno e annotare
in maniera operazionale cosa produce in termini di conseguenze personali e
ambientali. Questa fase è relativa alla sola osservazione preliminare al fine di
distinguere le percezioni personali (di gravità, di intolleranza o di
incontrollabilità) dalle descrizioni obiettive del comportamento e le
immediate conseguenze (vissuto emotivo, reazioni nel contesto classe ecc).
Anche questa esercitazione ha lo scopo di far acquisire un metodo di
osservazione sistematico e privo di giudizi personali: non si chiede di
interpretare o di capire il perché di un comportamento; è importante che il
docente aderisca a questa modalità e che ne comprenda le reali finalità.
Quello che si rende necessario a questo punto del percorso è iniziare a
osservare il proprio alunno in modo più consapevole. Il solo atto di fermarsi
ad appuntare alcune reazioni o sfumature dell'evento rende il docente
maggiormente lucido di fronte alla situazione, di conseguenza avrà più
possibilità di focalizzare la propria attenzione e impegnarsi nella
modificazione di un comportamento.
Inoltre, per ogni comportamento target individuato si chiede di stabilirne la
reale problematicità basandosi su criteri quali: danno, ostacolo e stigma.
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80
5° INCONTRO
IL MODELLO ABC
05.
OBIETTIVI
IMPARARE A
SVOLGERE
OSSERVAZIONI
SISTEMATICHE
INDIVIDUARE IL
MOMENTO
ESATTO IN CUI
INTERVENIRE
IDENTIFICARE
ANTECEDENTI E
CONSEGUENZE DEL
COMPORTAMENTO
CONOSCERE LE DIVERSE
STRATEGIE DI INTERVENTO IN
BASE ALLO STATO EMOTIVO-
PSICOLOGICO DELL'ALUNNO
CONTENUTI
IL MODELLO ABC
LE FASI DEL COMPORTAMENTO PROBLEMATICO
OPZIONI DI INTERVENTO PSICO-EDUCATIVO
DISINNESCARE I COMPORTAMENTI ESPLOSIVI
RISORSE
PROJECT WORK 5: Modello ABC
OPZIONALE
Video-discussione
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81
5° INCONTRO
IL MODELLO ABC
05.
A questo punto del Teacher Training si entra nel vivo delle osservazioni
sistematiche del comportamento attraverso il Modello ABC, un modello
teorico che mette in stretta connessione gli Antecedenti (A), il
Comportamento dell'alunno (B) e le Conseguenze personali e ambientali (C).
L'obiettivo sarà quindi trasformare le impressioni soggettive dei docenti in
impressioni oggettive e quantificabili del comportamento.
SVOLGIMENTO:
Discussione e condivisione del Project Work 4
Introduzione sul Modello ABC
Opzioni di intervento psicoeducativo
Le fasi del comportamento problematico
La scelta del comportamento target
OPZIONALE: Video-discussione
Project Work 5: Il Modello ABC
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82
Il Modello ABC
05.
Avere delle conoscenze generali sulle basi del comportamento rende più
agevole intraprendere azioni per affrontare problemi comportamentali, I
principi base del Modello ABC sono semplici, come si può vedere nella
figura che segue.
A B C
Antecedente Comportamento Conseguenze
Per un appropriato ed efficace intervento educativo sul comportamento è
essenziale avere una buona conoscenza di queste tre componenti.
Alcuni comportamenti sembrano avvenire in modo discontinuo,
imprevedibile, senza alcun apparente motivo o fattore scatenante.
È bene, in questa fase, focalizzare l’attenzione sulla comprensione e sullo
sviluppo delle abilità necessarie per portare alcuni specifici
comportamenti sotto il controllo di precisi stimoli (si pensi, ad esempio, a
una richiesta verbale). In questo processo si aiuterà il bambino a sviluppare
un comportamento appreso, come si può vedere nella tabella riportata.
A
Stimolo antecedente
B
Risposta
comportamentale
C
Stimolo conseguente
Per favore, metti a
posto i materiali che
non servono per
questa lezione
Il bambino prende i
materiali e li mette via
L'insegnante dice:
Molto bene, sono
contenta/o che tu abbia
messo via i materiali
appena te l'ho chiesto
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83
04.
La sequenza può continuare, poiché la reazione dell'insegnante è una
conseguenza del fatto che l'alunno abbia ascoltato la consegna ma anche
uno stimolo a una successiva risposta positiva dell'alunno (un sorriso) in
quanto si sente gratificato.
La sequenza qui riportata è molto semplice e senza effettuare analisi
particolarmente tecniche si può notare come a partire da una richiesta
dell'adulto si possa generare più di una risposta appresa.
A
Stimolo antecedente
B
Risposta
comportamentale
C
Stimolo conseguente
L'insegnante dice:
Molto bene, sono
contenta/o che tu
abbia messo via i
materiali appena te
l'ho chiesto
Il bambino sorride
L'insegnante fa un
cenno di assenso
Sia l'insegnante che l'alunno fanno un'esperienza piacevole
dell'interazione. Questa condizione è diametralmente opposta alle
situazioni in cui si creano sensazioni spiacevoli come rabbia o dolore per
l'alunno e rabbia o frustrazione per l'insegnante se non viene obbedito.
Il principio di base del Modello ABC è che si può raggiungere un adeguato
livello di interazioni positive, aumentando così la forza del legame emotivo
e di conseguenza aumentando il tempo per l'apprendimento in classe.
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84
Le fasi del comportamento problematico
05.
Lo scopo essenziale di un piano di intervento psicoeducativo è la gestione di
una crisi comportamentale affinché l'alunno sperimenti una situazione
protetta, al pari del gruppo classe, nel più breve tempo possibile.
Per intervenire correttamente su un comportamento problematico è
fondamentale individuare chiaramente lo specifico momento in cui l'alunno
si sta attivando nella direzione disfunzionale. C'è uno specifico momento,
infatti, in cui l'alunno oltrepassa una soglia che conduce all'esplosione
temuta. Con esplosione intendiamo quel momento in cui le capacità di
ragionamento e di riflessione dell'alunno saranno chiaramente compromesse,
in quanto in preda alla rabbia o ad altre emozioni spiacevoli. In questi
momenti, ovviamente, è impensabile sperare che l'alunno recepisca un
richiamo o sia disposto a riflettere sulle azioni svolte. Allo stesso modo, non si
può chiedere all'alunno di verbalizzare l'esperienza o convincerlo che
dovrebbe comportarsi in un altro modo. Questo momento di massima
esplosione è sempre seguito da un "recupero funzionale" ovvero un momento
in cui l'alunno inizia a raffreddarsi e potrà essere più disposto a parlare di ciò
che è successo.
A questo proposito riportiamo uno schema grafico delle fasi del
comportamento problematico con il fine di guidare il docente a prestare
attenzione a quei dettagli che, seppur apparentemente irrilevanti, sono in
grado di attivare l'alunno.
Le teorizzazioni riportate nelle pagine seguenti aiutano a rispondere a
domande quali
Come interrompere sul nascere, se possibile, la catena di comportamenti
problema?
Quali sono i segnali verbali, fisici o affettivi che l'alunno ci invia per
segnalare l'imminente inizio di un evento particolarmente complesso?
Se il comportamento non viene interrotto, com'è possibile fronteggiare la
situazione?
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85
05.
FASE 3
CRISI ACUTA
L'alunno non è in grado di
elaborare le informazioni
FASE 2
INTENSIFICAZIONE
Interrompere: facilitare la
ridirezione/il rilassamento
FASE 4
INIZIO RECUPERO
L'alunno può riacquistare il
controllo o intensificare
l'episodio
FASE 1
FASE 5
____________________________________
STIMOLO SCATENANTE
Fare attenzione ai segnali fisiologici,
RECUPERO
L'alunno è in grado di elaborare le
individuare gli antecedenti
informazioni: discutere e commentare
*Tratto da Janney e Snell (2000)
Come si può evincere dalla rappresentazione grafica, il comportamento
problematico ha una specifica modalità con cui si manifesta e in tutti i casi è
possibile identificare le cinque fasi. Per ognuna delle fasi inoltre è possibile
intervenire in modo diverso al fine di interrompere l'escalation o al fine di
recuperare la funzionalità dell'alunno.
Molti educatori, tecnici e genitori rimangono concentrati sull'interrogativo
drammatico "Cosa è più giusto fare per l'alunno quando...", ma questo
interrogativo è destinato a non avere una risposta soddisfacente in quanto un
buon intervento psicoeducativo non definisce particolari modalità di risposta
ai comportamenti problemi, ma li anticipa, li previene, creando attivamente
tutte le condizioni necessarie affinché l'alunno sviluppi strategie alternative
positive (Ianes, Cramerotti, 2002).
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86
05.
La scelta del comportamento target
L'idea di base è quindi individuare un comportamento sul quale è possibile
intervenire in modo tempestivo e con maggiori possibilità di risposta. Al fine
di rendere più chiaro questo meccanismo riportiamo la suddivisione in fasi
proposta da Daffi (2021) che prevede l'aggiunta di due momenti.
FASE 3
ALUNNO
IN CONFLITTO
FASE 4
ESPLOSIONE
FASE 5
ALUNNO IN USCITA
DAL CONFLITTO
FASE 2
ALUNNO ATTIVATO
FASE 6
ALUNNO
DISATTIVATO
FASE 1
____________________________________
ALUNNO CALMO
*Tratto da Daffi (2021)
FASE 7
ALUNNO
CALMO/ESAURITO
Questa esemplificazione grafica ci permette di capire che è importante
capire come intervenire, ma soprattutto quando.
Nella maggior parte dei casi la richiesta di modificazione di un
comportamento si indirizza alla fase 4 ovvero l'esplosione, il momento in cui
l'alunno non ha la possibilità di riflettere o di fermarsi. Agire solo in quella
fase sarebbe controproducente se non del tutto inutile. Il docente ha
bisogno di affinare le sue abilità di osservatore e individuare i momenti che
precedono lo "scoppio" in quanto un comportamento ingestibile ha sempre
degli attivatori, seppur spesso ben camuffati.
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87
05.
Le fasi del comportamento problematico possono essere riassunte come segue:
FASE 1: L'ALUNNO È CALMO
Non manifesta nessun tipo di atteggiamento apertamente sfidante o
problematico. Se non viene provocato in maniera consapevole o inconsapevole,
la sua condotta non si differenzia da quella dei compagni di classe.
FASE 2: L'ALUNNO VIENE PROVOCATO E ATTIVATO
in maniera involontaria o volontaria da qualcuno o da qualcosa che potrebbe
essere per gli altri compagni assolutamente di poco conto o insignificante. In
questa fase la sua condotta inizia a differenziarsi da quella dei compagni
proprio per il fatto di percepire come una sfida, una istigazione, una
provocazione quelli che sono stimoli generalmente considerati neutri e non a
rischio: una particolare richiesta, un certo tono di voce, o semplicemente uno
sguardo da parte di un compagno.
FASE 3: L'ALUNNO ENTRA IN CONFLITTO
con chi ritiene essere "l'istigatore", l'adulto che ha fatto una richiesta o il
compagno che ha usato una particolare espressione facciale. Inizia l'escalation
che, se mal gestita, porterà alla fase della crisi, cioè al comportamento
problematico vero e proprio: opposizione, aggressività fisica o verbale ecc.
FASE 4: L'ALUNNO MANIFESTA IL COMPORTAMENTO PROBLEMATICO
In questo momento l'alunno manifesta il comportamento problematico vero e
proprio che può esprimersi con un'esplosione di rabbia, litigando, sfidando,
irritando deliberatamente gli altri con parole offensive o condotte vendicative e
dispettose. In questa fase lo scopo dell'alunno è provocare nell'altro un danno
emotivo e/o fisico.
FASE 5: L'ALUNNO INIZIA A USCIRE DAL CONFLITTO
A questo punto l'alunno inizia a raffreddarsi e comincia la de-escalation ma, se
questo processo di graduale attenuazione non dovesse essere gestito
correttamente, ad esempio se l'insegnante dovesse provocare nuovamente
l'alunno più o meno intenzionalmente, è ancora forte il rischio di ritornare alla
fase precedente di crisi/opposizione.
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88
05.
FASE 6: L'ALUNNO È DISATTIVATO
Ovvero si avvia verso la fase di risoluzione del conflitto reale o percepito: può
elaborare le richieste che gli vengono rivolte e le informazioni che gli vengono
trasmesse. Si potrebbe dire che sta tornando calmo e più razionale. In questa
fase possono giocare un ruolo importante i rinforzi positivi.
FASE 7: L'ALUNNO È CALMO/ESAURITO
In questa fase l'alunno è tornato calmo e ragionevole, ma potrebbe essere molto
provato dall'episodio e da come è stato gestito dall'ambiente circostante. Non è
il momento per fare prediche, ma di sostenere e rassicurare. Bisogna sempre
ricordare che un alunno esausto a seguito di una "scenata" rimane sempre un
alunno a rischio di esplosione, in quanto non è ancora in possesso dell'energia
sufficiente per mettere in campo le strategie e competenze apprese per gestire
adeguatamente gli elementi attivanti, cioè le situazioni percepite come
provocatorie e potenzialmente in grado di innescare un'altra esplosione.
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89
Opzioni di intervento psicoeducativo
05.
Le strategie possibili di intervento si definiscono in base alla funzione del
comportamento target, alle caratteristiche dell'alunno e alle variabili
contestuali.
L'approccio e l'intervento comportamentale sui comportamenti problema
si basa sul principio che per l'alunno il comportamento inadeguato è utile e
funzionale. Pertanto qualunque intervento si scelga sarà necessario
preservare quelli che sono i bisogni e le necessità dell'alunno favorendo al
contempo risposte comportamentali maggiormente accettabili.
Le possibili strategie di intervento possono includere:
migliorare le abilità comunicative
al fine di ottenere quanto desiderato tramite richieste adeguate, favorendo
anche una comunicazione di tipo gestuale/verbale
intervento basato sugli antecedenti
è caratterizzato dal creare un contesto volto a eliminare quelle variabili
capaci di innescare il comportamento inadeguato e prevenire così la sua
insorgenza. Se, ad esempio, la presentazione di compiti complessi innesca
un comportamento inadeguato nell'alunno si può prevedere una
semplificazione delle richieste, suddividendole in sotto-richieste di
difficoltà crescente.
intervento basato sulle conseguenze
prevede dei cambiamenti relativi agli effetti che il comportamento è
capace di produrre sull'ambiente.
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90
Migliorare le abilità comunicative
05.
Tra le diverse azioni che un'insegnante può compiere per evitare che una
difficoltà di comportamento esploda in una situazione ingestibile è
sicuramente comunicare in maniera funzionale, come ampiamente
discusso in precedenza. Un buon approccio comunicativo, autorevole e
fermo, può fare davvero la differenza. Comunicare in modo funzionale è
una scelta che l'insegnante è chiamato a rinnovare ogni volta che incontra
un alunno "difficile": non abbiamo dubbi sulla complessità del riuscire a
trovare un canale di comunicazione adeguato e costante, ma siamo certi
che le strategie utili siano davvero tante e applicabili.
Affinare le abilità comunicative vuol dire riuscire a fare un buon intervento
ancor prima che si manifestino le prime avvisaglie di burrasca. Utilizzare un
tono calmo anche in condizioni di forte stress va a rinforzare
negativamente la possibilità di attivazione dell'alunno. D'altronde la calma
e la pacatezza di un docente sarebbe incompatibile con lo stato di
agitazione di un alunno. Ricordiamo sempre che ciò che a noi risulta anche
insignificante, per un alunno con difficoltà di autoregolazione può essere
l'elemento scatenante dalla Fase 1 fino alle successive.
Costruire una buona comunicazione consente di agire tra la Fase 1 e la Fase
2, mettendo i "bastoni tra le ruote" ai meccanismi di attivazione
dell'alunno.
FOCUS ON
L'idea di base è non cercare di gestire un comportamento oppositivo o
aggressivo diventando noi stessi provocatori. Quando l’alunno si trova
nella fase due, sarà fondamentale ricordarsi di avere a che fare con una
bomba della miccia corta, evitando di far partire qualsiasi accidentale
scintilla che possa accendere lo stoppino. È importante tenere sempre a
mente che se si dovesse passare dalla Fase 2 alla Fase 3, sarà poi difficile
tornare indietro e, probabilmente, si aggiungerà inevitabilmente
l'esplosione. Se invece ci troviamo già nella Fase 4 e l'alunno è già
esploso, niente di peggio che gettare ulteriore benzina sul fuoco. In ogni
caso, e in ogni fase, se l'insegnante assume un atteggiamento di
dominanza, non aiuterà certo a stemperare la situazione. L'insegnante,
inoltre, dovrebbe allenarsi a mantenere il più possibile la calma, anche
per proporsi come modello positivo di gestione delle situazioni più
stressanti (Daffi, 2021).
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91
Intervenire sugli antecedenti
Sappiamo bene che molte situazioni in classe sono complesse e possono
diventare estenuanti. Per questo motivo spesso la predisposizione a
cambiare strategie è contornata dal senso di sconfitta "perché sono state
provate tutte con questo alunno".
Tuttavia in questa sezione vorremmo approfondire una tecnica che può
fare la differenza nella manifestazione di comportamenti problematici.
Si tratta di agire prima che avvenga qualcosa di spiacevole, mettendo in
atto dei processi di modeling positivo.
Il modeling consiste nella proporre esperienze di apprendimento per
l'alunno sulla base dell'osservazione di un'altra persona che funga da
modello, in questo caso l'insegnante. Nell'applicazione di questa tecnica ci
basiamo anche sul presupposto che il comportamento di un alunno è
facilmente influenzabile da parte degli adulti che lo circondano e per
questo si possono attivare delle strategie incisive ed efficaci ancor prima
che si arrivi nella fase di esplosione.
Per mettere in atto il modeling è necessario intervenire quando l'alunno è
"spento", cioè calmo, nei momenti in cui il suo comportamento non si
differenzia particolarmente da quello dei suoi compagni, avendo sempre
bene in mente che una piccola scintilla potrebbe cambiare radicalmente la
situazione. In queste occasioni di calma è possibile mostrare all'alunno
quelle abilità che vorremmo mettesse in campo lui nei momenti più
difficili: riuscire a sopportare una situazione stressante, evitare di usare
provocazioni, mantenere un tono di voce calmo.
05.
A prescindere dalle individuali caratteristiche dei docenti, è bene ricordarsi
che le seguenti strategie sono determinanti nel "disinnescare" la
disregolazione dell'alunno (Daffi, 2021):
1
Mantenere la calma
Ricordandosi che le eventuali provocazioni dell'alunno non sono affronti
personali o dispetti a cui dover necessariamente rispondere per difendere la
propria credibilità di adulto e docente
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92
05.
2
Usare un tono di voce calmo
Cercando di non vivere gli attacchi verbali come una sfida a cui dover
rispondere a tono.
3
Controllare la propria mimica facciale
Per evitare di assumere espressioni aggressive di cui non si è consapevole.
Ricordarsi che per un alunno con difficoltà di autoregolazione un'espressione
facciale o uno sguardo mal interpretati possono diventare facilmente un
innesco per il comportamento problematico.
4
Proporre all'alunno strategie di problem solving
Che trasmettano l'idea che si possa risolvere una situazione critica senza che
una delle due parti venga sopraffatta (io vinco-tu perdi)
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93
Intervenire sulle conseguenze
Lavorare sulle conseguenze vuol dire intervenire quando le fasi del
comportamento problematico si sono svolte pienamente pertanto si cerca
un modo per modificare ciò che è stato causato a livello personale, per il
docente e per l'alunno, e a livello ambientale.
Generalmente, un alunno con scarse abilità di autoregolazione ha
un'aspettativa realistica di punizione o ammonimento: le sue azioni
avranno come conseguenza l'uscita dall'aula, un colloquio con i genitori, o
una qualsiasi forma di castigo che possa servire da insegnamento.
Come discusso precedentemente, la punizione viene ampiamente usata
per mettere fine a un comportamento problematico, ma abbiamo visto
che l'effetto è visibile solo nel breve termine e nella maggior parte dei casi
l'alunno riproporrà gli stessi episodi, o in forma diversa, allo scopo di "farsi
valere". La punizione, di per sé, non ha alcuna efficacia nel modificare i
comportamenti di un alunno, soprattutto se la problematicità è data da
una difficoltà di autoregolazione.
È, infatti, situazione comune per molti docenti riconoscere che una nota
disciplinare, ad esempio, non sortisce alcun effetto sull'alunno. Spesso
l'alunno usa l'episodio per provocare ancora di più.
Ecco perché lavorare sulle conseguenze non vuol dire trovare la giusta
punizione, ma ragionare insieme all'alunno sugli esiti delle proprie azioni
per trovare strategie diverse su come affrontare le situazioni più
problematiche.
05.
Nel momento in cui l'alunno mostra i segni di de-escalation sta entrando
nella fase di conclusione del comportamento problematico. Quando avrà
riacquistato la calma avrà risorse cognitive necessarie alla rivalutazione di
quanto accaduto pertanto è il momento giusto in cui l'insegnante può
porsi come guida nell'analisi dell'accaduto, rimanendo obiettivo, calmo e
meticoloso nella descrizione dell'evento e proponendo possibili strategie
alternative per il futuro. Solo in questo modo si può sperare di ridurre la
probabilità che l'alunno ripercorra il circolo vizioso che conduce
all'esplosione.
Lavorare sulle conseguenze stimola le abilità di problem solving e
le abilità socio-comunicative dell'alunno.
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94
Disinnescare i comportamenti esplosivi
05.
Probabilmente uno dei timori più fondati nel rapporto con alunni con
difficoltà di autoregolazione è l'esplosione di un comportamento che
risulterà palesemente oppositivo, quindi maggiormente difficile da gestire.
Esistono diverse modalità di azione che il docente può mettere in atto
affinché l'escalation temuta venga interrotta. È fondamentale sviluppare la
capacità di scegliere modalità comunicative che non attivino ulteriormente
l'alunno.
Gli studenti con difficoltà di autoregolazione (anche apertamente oppositivi),
non amano essere controllati, sfidati, minacciati, come la maggior parte delle
persone. Ciò non vuol dire che non apprezzino chi ha la capacità di guidarli
con fermezza e gentilezza. Questa combinazione di termini fermezza e
gentilezza esprime probabilmente in pieno l'essenza del ruolo del docente
che è chiamato ad essere contemporaneamente cortese e deciso, rispettoso
e sicuro (Daffi, 2021). Un'impresa molto difficile, ma non impossibile.
In quante occasioni ci rivolgiamo a un bambino/ragazzo in maniera decisa,
ma non completamente cortese? È utile iniziare a riflettere sul personale
approccio comunicativo. Riportiamo un episodio a titolo esemplificativo che
riguarderà un alunno di nome Luca.
A
ANTECEDENTE
B
COMPORTAMENTO
C
CONSEGUENZE
Il docente entra in classe
Luca sta girando per l'aula
Il docente chiede a tutti di
sedersi al loro posto
Il docente chiede a tutti di
sedersi al loro posto
Luca si siede al posto di un
altro compagno
Il docente dice a Luca
"Smettila e vai subito al tuo
posto!"
Il docente dice a Luca "Smettila
e vai subito al tuo posto!"
Luca dice: "Faccio quello che
voglio! Questo è il mio posto"
Il docente chiede ai
compagni se quello è
realmente il posto di Luca
Continua...
*La terminologia Antecedente, Comportamento e Conseguenze sarà ampiamente approfondita
successivamente.
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95
05.
Nell'episodio descritto nella tabella, il terzo antecedente (ovvero quello che
succede, cosa viene detto o fatto esattamente prima del comportamento
osservato nell'alunno) potremmo definirlo come un approccio attivatore di
comportamenti inadeguati. Il docente si rivolge a Luca con l'obiettivo di far
rispettare la sua richiesta di vedere ogni alunno al proprio posto. Si rivolge in
maniera molto decisa; si può dire lo stesso sul piano della gentilezza?
Ovviamente l'episodio descritto potrebbe continuare a lungo con altri
antecedenti, comportamenti e conseguenze. Molto probabilmente possiamo
immaginare scoppi di rabbia, incomprensione, fastidio nella classe e tutto ciò
che può farci pensare che quell'iniziale comportamento di rifiuto possa
trasformarsi in un comportamento molto più inadeguato, come uscire dalla
classe senza permesso in segno di protesta.
Ecco perché diventa prioritario intervenire alle "prime battute" per
disinnescare il circolo vizioso. La possibilità di cui si parla qui è riformulare le
richieste in modo da risultare autorevoli, non autoritari: molto decisi e fermi,
ma anche gentili e cortesi. Questi aspetti possono coesistere.
Una riformulazione potrebbe essere la seguente: invece di urlare "Luca,
smettila e vai subito al tuo posto!" (sulla scorta di una bassa tolleranza verso
questo tipo di condotta) l'insegnante potrebbe dire "Luca, alzati e vai al tuo
posto, per favore".
Probabilmente siamo portati a credere che una richiesta di questo tipo non
porterebbe a nulla, soprattutto con un alunno che sfida apertamente la
pazienza dell'insegnante. In realtà esistono molte prove scientifiche riguardo
i bambini/ragazzi con difficoltà di autoregolazione secondo le quali la
possibilità di aderenza alle richieste aumenta notevolmente se queste
vengono poste in maniera diretta, chiara e con un tono business like (Daffi,
2021). Si rimanda ad esempio ai lavori sugli interventi psicoeducativi di
Barkley e Benton (2016) e di Lochman e colleghi (2012).
Il tono business like é quel tono che potremmo definire "emotivamente
neutro", simile a quello utilizzato da un uomo d'affari che, nel rispondere a
una proposta economica, non deve far capire all'interlocutore se quella
proposta lo ha bene impressionato, in modo da evitare che la cifra venga
ritrattata. L'insegnante capace di utilizzare un tono business like, chiederà
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96
05.
all'alunno di sedersi al proprio posto senza far emergere il fastidio di averlo
trovato per l'ennesima volta seduto al banco di un altro. Non è facile, ma
potrebbe essere davvero efficace per ridurre il rischio di attivazione (Daffi,
2021).
Altri suggerimenti trasversali nella comunicazione con alunni con difficoltà di
autoregolazione possono essere riassunti come segue:
tenere sotto controllo la situazione, non l'alunno
Un sottile passaggio nell'idea che si trasmette all'alunno. Il messaggio da
inviare non dovrebbe essere quello di agire in maniera coercitiva sull'alunno,
per quanto l'intento è quello di contenere effettivamente le sue
manifestazioni comportamentali. Tuttavia il docente dovrebbe trasmettere
l'idea di riuscire a gestire la situazione, con tutte le sue variabili, piuttosto che
la singola azione messa in atto. Ad esempio, l'espressione "Non farmi perdere
tempo" che è diretta all'alunno potrebbe essere riformulata così "Non
abbiamo tempo, mettiamoci al lavoro". In questo modo la richiesta è
certamente indirizzata all'alunno, ma contemporaneamente al contesto
classe.
Esprimere le richieste in modo chiaro e sintetico
Le richieste dovrebbero essere poste al netto di qualsiasi sensazione di
fastidio, irritazione e intolleranza in quanto la presenza di vissuti spiacevoli
influenza profondamente il tono che sarà usato e la modalità comunicativa,
dunque le risposte comportamentali inadeguate.
Il rimprovero è efficace quando non assume la forma di una predica. Con
predica intendiamo un richiamo accompagnato da una serie di aggiunte "Vai
a sederti al tuo posto" + "sei sempre il solito, lo diciamo ogni mattina ecc".
Una riformulazione più idonea potrebbe essere la seguente "Vai al tuo posto,
grazie".
Evitare le minacce
Ad esempio, al posto di "Siediti immediatamente altrimenti prendi una nota"
potrebbe essere sostituito con formule verbali che sottintendono
un'alternativa, una negoziazione: "Vuoi sederti al tuo posto o mi dai una
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97
05.
mano a collegare la LIM per iniziare la lezione?". È un semplice ma
importante passaggio dal risultare coercitivo all'essere allo stesso tempo
deciso e accogliente. Inoltre, per l'alunno è importante avere delle alternative
di scelta e non sentirsi ingabbiato in una richiesta di cui non comprende il
motivo.
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OPZIONALE
Video-discussione
Il video è tratto dal film "Detachment-Il distacco" (2011) in cui l'attore Adrien
Brody interpreta un insegnante di letteratura in una scuola pubblica di periferia,
in un contesto di degrado culturale. Si confronta con studenti senza speranze
per il proprio futuro, arrabbiati e allo stesso tempo insicuri e fragili. In questa
scena un alunno si ribella alla richiesta dell'insegnante e lo affronta con un senso
di rivalsa, ma la risposta dell'insegnante crea una reazione inaspettata.
La risorsa è liberamente tratta da YouTube.com ed è in lingua inglese.
Riportiamo brevemente alcuni stralci della conversazione che possono essere
spunto di discussione.
L'insegnante chiede alla classe di prendere un foglio e scrivere un breve tema. Uno
degli alunni interrompe dicendo di non avere un foglio, ma l'insegnante ignora il suo
intervento e completa la richiesta riguardo al compito. L'alunno si alza e raggiunge la
cattedra mettendo in atto un comportamento di aperta sfida e provocazione: prende
la borsa dell'insegnante e la lancia con forza contro la porta. L'insegnante rimane
calmo, osserva la situazione e la commenta: "Quella borsa non ha sentimenti [...]
Conosco la tua rabbia [...] Perciò adesso ti darò un foglio e svolgerai il compito".
L'alunno viene "disattivato" e, oltre al foglio, chiede anche una penna.
Domande guida:
Cosa fa esattamente l'alunno? Descrivere in termini operazionali
Cosa ha scatenato il suo comportamento?
Come reagisce l'insegnante?
Quali variabili consentono all'insegnante di gestire questo comportamento?
Perché l'alunno cambia il suo comportamento dopo aver affrontato
l'insegnante?
*è possibile creare un ABC insieme ai docenti riguardo l'episodio di questo film e riflettere su
antecedenti e conseguenze
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99
Come introdurre il Project Work 5
"Modello ABC"
Il Project Work 5 "Modello ABC" è una scheda di osservazione che i docenti
possono utilizzare nel tempo che intercorre tra il corrente e il successivo
incontro.
Ai docenti si chiede di entrare nel vivo delle osservazioni e di annotare
episodi problematici, con le loro parole. Le descrizioni dovranno essere
operazionali ovvero sintetiche, obiettive e relative al comportamento
specifico dell'alunno. Non saranno utili interpretazioni di alcun tipo (fa così
perché...): nel corso delle osservazioni bisogna riportare l'episodio facendo in
modo che possa essere chiaro anche a un altro lettore che non era presente
in quel momento.
Questa schede permette al docente di affinare le proprie abilità di
osservatore individuando inoltre con precisione gli attimi che precedono la
messa in atto del comportamento e le relative conseguenze. Sono presenti
domande guida in modo da mantenere il focus sulla modalità di
compilazione della scheda.
È consigliabile scegliere un unico comportamento, in modo da non rendere
l'esercitazione dispersiva e in modo da poter orientare l'attenzione su un
settore specifico. Ovviamente il comportamento scelto dovrà essere
realisticamente osservabile e quindi piuttosto frequente.
Se, ad esempio, il docente sceglie di osservare il comportamento target
"l'alunno fa i versi durante la lezione", questo dovrà essere registrato in più
occasioni (più momenti della giornata o in giornate diverse).
Annotando gli Antecedenti inizierà a essere più chiara la dinamica con cui il
comportamento si manifesta, quindi più probabile la messa in atto si scelte
educative per far sì che si presenti di meno o che scompaia del tutto.
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100
06.
6° INCONTRO
GRATIFICAZIONI E RINFORZI: GUIDA A UN USO
STRATEGICO
OBIETTIVI
CONOSCERE
GRATIFICAZIONI,
RINFORZI POSITIVI E
NEGATIVI
USARE I RINFORZI
POSITIVI PER AUMENTARE
I COMPORTAMENTI
ADEGUATI
IMPARARE A ELARGIRE
GRATIFICAZIONI
EFFICACI PER L'ALUNNO
USARE IL RIMPROVERO
IN MODO INCISIVO PER
OTTENERE UN
CAMBIAMENTO
CONTENUTI
I MECCANISMI DI GRATICAZIONE
LA GRATIFICAZIONE A PUNTI
IL RINFORZO STRATEGICO
RIMPROVERO E PUNIZIONE
RISORSE
PROJECT WORK 6: Sistema di gratificazione
OPZIONALE
BRAINSTORMING
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101
OPZIONALE
Brainstorming iniziale
All'apertura dell'incontro è possibile attivare i docenti sulle tematiche che
verranno esposte. Il brainstorming permette di generare elenchi "grezzi" di idee
per concentrarsi al meglio sull'argomento centrale. I docenti infatti sono invitati
a esprimere liberamente tutto ciò che sanno sull'argomento Gratificazioni e
Rinforzi.
In questo caso proponiamo alcune modalità per introdurre il brainstorming.
Modalità 1: i docenti hanno 5 minuti per elaborare delle domande relative ai temi
dell'incontro. Le domande saranno poi discusse.
Modalità 2: i docenti riportano un episodio in cui hanno gratificato/rinforzato
oppure punito un alunno. La descrizione dovrebbe essere molto specifica in
modo da poter discutere chiaramente eventuali punti di forza o punti deboli.
Modalità 3: i docenti avviano una discussione sulle domande riportate sulle
diapositive.
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102
06.
I meccanismi di gratificazione
In questo progetto useremo il termine generale "gratificazione" per intendere
tutti gli eventi che possono avere una valenza positiva per un alunno, a
prescindere dalla specifica natura degli eventi stessi. La natura della
gratificazione si evince chiaramente analizzando nello specifico un
avvenimento (attraverso l'analisi funzionale del comportamento).
Le conseguenze che si verificano dopo ogni comportamento possono essere
gradevoli o sgradevoli. Se un alunno mette in atto un comportamento e
riesce a ottenere una gratificazione è più probabile che manifesti ancora quel
comportamento perché sa che dopo accadrà qualcosa di piacevole per lui.
La strategia di gratificare azioni corrette già presenti nel repertorio del
bambino, anche se si presentano con scarsa frequenza, sembra essere una
delle alternative più e valide ed efficaci alla punizione. È una strategia capace
di far scomparire azioni sgradite.
Però è comprensibilmente più immediato porre maggiore attenzione ad
azioni negative, essendo queste più frequenti e invasive: pertanto spesso
accade che l'adulto, in questo caso l'insegnante, si concentri sul punire dei
comportamenti sgraditi trascurando completamente di ricompensare
l'alunno nei casi in cui abbia una condotta idonea.
Addirittura una buona condotta o uno specifico comportamento buono può
diventare un'occasione per un rimprovero implicito. Prendiamo l'esempio di
un alunno che tendenzialmente è chiassoso e crea disturbo al clima di classe.
Ci saranno sicuramente dei momenti, per quanto sporadici, in cui è in
silenzio, seduto adeguatamente e tranquillo. Se questa condotta venisse
notata dall'insegnante e apostrofata così "Vedi che quando ti va sai stare
tranquillo?" potremmo essere sicuri di aver perso un'occasione buona per
premiare quell'alunno per il comportamento adeguato.
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103
06.
Generalmente un alunno con difficoltà di regolazione cognitiva e
comportamentale è abituato a ricevere rimproveri e colleziona una serie di
richiami per numerosi comportamenti, tutti inadeguati. Per questo motivo
un eventuale apprezzamento per un comportamento positivo può causare
stupore nell'alunno.
Queste osservazioni ci mettono nella posizione di attenzionare anche le
reazioni dell'alunno nel caso in cui riceva un apprezzamento o un cenno di
assenso: è molto frequente che l'alunno reagisca con stupore in quanto non
abituato. Una eventuale reazione di questo tipo dovrebbe farci riflettere sul
modo in cui ci relazioniamo con l'alunno; potrebbe essere infatti un indice
della poca frequenza con cui evidenziamo comportamenti positivi o della
difficoltà a farlo in modo contingente.
FOCUS ON
Una delle "regole" per elargire una buona gratificazione è, infatti, essere
tempestivi al manifestarsi dello specifico comportamento ed essere chiari
ovvero specificare a cosa è riferito quell'apprezzamento in maniera
operazionale (descrivere il comportamento esatto che viene premiato).
Le informazioni chiare sono utili all'alunno anche in caso di premi e non solo
di punizione: chiarendo esattamente al bambino quale sia l'azione che si
intende premiare, si rende ancor più agevole e diretto il processo di
gratificazione.
Quando si gratifica occorre scegliere un comportamento obiettivo
importante e positivo. È fondamentale che l'alunno sappia esattamente ciò
che gli altri si aspettano da lui, che sappia cosa succede ogni volta che segue
quell'azione e soprattutto dell'insegnante, riesca a essere coerente, di
spezzare la gratificazione ogni volta che quel comportamento si manifesta,
si manifesta, anche se poco prima il bambino gli ha fatto perdere la
pazienza e sente qualche risentimento nei suoi confronti. Portare rancore
del bambino non è affatto utile per migliorare il suo modo di agire, proprio
perché spesso il suo comportamento non è premeditato.
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104
06.
Per gratificare correttamente l'alunno è necessario:
individuare azioni positive da gratificare piuttosto che azioni negative da
punire
Individuare e definire in maniera operativa il comportamento che sarà
oggetto di gratificazione sistematica
Evitare le forme di falsa gratificazione
Usare gratificazioni che siano realmente gradite dall'alunno
Usare le gratificazioni in modo coerente e sistematico con lo stesso
comportamento
Usare la gratificazione in modo tempestivo e fornire informazioni chiare
all'alunno
Fare attenzione a non gratificare comportamenti inadeguati
È inoltre auspicabile tenere presente che:
è possibile individuare l'oggetto di gratificazione all'interno del
patrimonio comportamentale dell'alunno, anche quando le condotte
adeguate vengono manifestate di rado
l'obiettivo finale di modificazione del comportamento deve essere
realistico pertanto può prevedere la scomposizione di un comportamento
in sotto compiti e obiettivi parziali
se la gratificazione viene usata correttamente è un'ottima tecnica di
riduzione dei comportamenti inadeguati.
È inoltre importante tenere presente che le gratificazioni tendono a perdere
efficacia nel tempo quando non vengono variate, causando una sorta di
assuefazione nell'alunno. Per questo motivo è utile avere con sé una serie di
premi disponibili da utilizzare in modo alternativo.
Per individuare il tipo di gratificazione più efficace non c'è altro modo che
parlarne con l'alunno per evitare di confondere ciò che è gratificante per noi
e non per lui. Dunque per stilare una lista di premi realmente graditi
dall'alunno è necessario sapere cosa ama fare o possedere.
Ad ogni modo riportiamo un breve elenco di attività che possono essere
molto efficaci, tenendo sempre presente che attività gradite o privilegi sono
da preferire a gratificazioni tangibili come cibo o materiali.
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06.
Possibili attività gradite dagli alunni potrebbero essere le seguenti:
avere degli incarichi che consentano di spostarsi nell'edificio scolastico
riduzione dei compiti a casa
svolgere qualche attività insieme all'insegnante in veste di "responsabile"
guadagnarsi piccole brevi uscite dall'aula
La gratificazione a punti
Un modo alternativo per attuare un sistema di gratificazione dei
comportamenti adeguati di un alunno è quello di prevedere un intervento
sistematico di osservazione e assegnazione di punti. Il docente definisce
insieme all'alunno una serie di azioni che consentono all'alunno di
guadagnare o perdere punti, sulla base della correttezza del suo
comportamento. I punti ottenuti possono ulteriormente trasformarsi in premi
con una frequenza quotidiana (ad es. si stabilisce che ottenendo 3 punti in un
giorno, l'alunno può accedere a una gratificazione precedentemente
individuata) o settimanale (ad es. si stabilisce che ottenendo un totale di )
punti in una settimana, l'alunno può accedere a un privilegio). In questo
modo l'alunno è incentivato a mettere in atto comportamenti adeguati per
guadagnare punti.
La costruzione di un sistema di gratificazione a punti richiede i seguenti passi
(Cornoldi et al., 2001):
Un'osservazione sistematica del comportamento dell'alunno
per individuare i comportamenti adeguati e quelli inadeguati da considerare
all'interno del sistema. I comportamenti devono essere descritti brevemente
e devono essere comprensibili.
La scelta delle azioni-obiettivo
Può riguardare sia prestazioni scolastiche (ad es. un determinato numero di
schede da completare, un certo numero di pagine lette), sia specifici
comportamenti (ad es., una modalità di interazione corretta con i compagni).
Il vantaggio del primo tipo di obiettivi è la più facile verifica e la constatazione
che il loro conseguimento prevede comunque una serie di comportamenti
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106
06.
adeguati, quali il prestare attenzione, il comprendere il compito, il
mantenersi concentrati per un tempo prolungato e non farsi distrarre.
L'individuazione del metodo per calcolare il punteggio
Si possono usare piccoli gettoni colorati che il bambino deve custodire, o
stelline o stickers da apporre su un'apposita scheda suddivisa per giorni, o un
altro sistema, meglio se di tipo grafico.
L'accordo sul valore del corretto perseguimento dell'obiettivo
Ovvero quanti punti vale il raggiungimento dell'obiettivo? Azioni che
richiedano più tempo di lavoro o maggior impegno ed energie devono essere
convertite in cifre superiori, e comportamenti complessi possono essere
suddivisi in sotto-traguardi, evidenziati da una corretta analisi del compiti,
convertibili in punti.
La selezione dei premi ottenibili in base all'accumulo di punti
Si tratta di una lista di privilegi, azioni o oggetti che deve essere concordata
con l'alunno (ed eventualmente con la famiglia). È possibile stabilire
gratificazioni raggiungibili con punteggi diversi e stabilire regole per la
conversione dei punti in premi. È opportuno includere premi che siano
facilmente raggiungibili in termini di accumulo di punteggio, per evitare una
iniziale demotivazione dell'alunno.
La scelta della tipologia di attribuzione del punteggio
È possibile scegliere tra la sola attribuzione di punteggio all'emissione di un
comportamento adeguato oppure una strategia tipo "costo della risposta"
che pone l'alunno nella condizione di poter anche perdere punti nel caso in
cui attui determinati comportamenti inadeguati.
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Il rinforzo
06.
Il rinforzo positivo è un principio secondo il quale se in una data situazione
un comportamento è immediatamente seguito da un rinforzatore positivo,
allora aumenta la probabilità che il comportamento compaia nuovamente.
Il rinforzatore positivo è quindi un evento che, quando compare
immediatamente dopo un comportamento, induce l'aumento della
frequenza di quel comportamento.
Approssimativamente potremmo dire che rinforzatore positivo è sinonimo di
ricompensa.
Ogni volta che si fa qualcosa, non ha importanza cosa sia, ci sono
conseguenze che "accendono" o "spengono" la persona. Riportiamo un breve
esempio per capire meglio questo meccanismo. L'esempio non riguarda il
contesto scolastico, ma ci aiuta a comprendere come alcuni comportamenti
talvolta diventano "naturali" perché sono stati incentivati da un rinforzatore
positivo.
Situazione
Risposta
Conseguenze
immediate
Effetti a lungo termine
Una donna
è occupata
a stirare
La figlia di 3
anni inizia a
giocare con
il suo
peluche
La madre ha appena
finito di stirare e si
siede a giocare un
po' con la figlia e il
suo peluche
In futuro sarà più probabile che la
figlia giochi con il suo peluche
mentre la mamma sta stirando a
causa dell'attenzione ricevuta
quando ha iniziato a giocare
*Tratto da Martin, Pear (2000)
Gli effetti a lungo termine sono ciò che ha prodotto il rinforzatore positivo
(l'attenzione della madre). Questo esempio non ci fa capire che un singolo
evento determina la messa in atto di un comportamento sempre allo stesso
modo, ma che un singolo evento piacevole aumenta la probabilità che quel
comportamento si manifesti di nuovo.
Questa breve premessa ci torna utile per entrare appieno nella comprensione
di alcuni meccanismi comportamentali anche nel contesto scolastico.
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108
Uso strategico dei rinforzi
*Tratto da Marzocchi, Borganzone, 2019
06.
I comportamenti negativi non devono essere i soli al centro dell'attenzione
dell'insegnante. A questo punto del percorso dovrebbe essere chiaro che
sarebbe utile e propedeutico lavorare cominciando dai comportamenti
positivi. Se ad esempio un alunno ha una reazione molto impulsiva in classe,
non avrebbe alcun effetto positivo richiamarlo all'attenzione o dirgli "Smettila
altrimenti prendi una nota", "Stai sbagliando tutto". Servirebbe, invece, una
riflessione istantanea sul comportamento che ha manifestato, con
l'indicazione di possibili alternative che avrebbe potuto mettere in atto. Può
essere utile riconoscere le sue difficoltà di attenzione e autoregolazione e
proporgli alcune modalità di gestirle.
Questo accorgimento è importante al fine di aiutare l'alunno a comprendere,
imparare a riflettere e rimediare alle sue azioni, poiché senza questi aiuti
sarebbe propenso a mettere in atto la stessa azione o una variante ma
sempre con valenza negativa.
FOCUS ON
Trasmettere nuove strategie e abilità di problem solving, adattive e
sostitutive, in un percorso graduale, è importante sia a livello
comportamentale che a livello personale; si inizia sempre da piccole richieste
e piccoli cambiamenti per dare all'alunno la possibilità di assimilare e
riutilizzare strategie senza fare troppa fatica. Pertanto è consigliato che
l'insegnante ponga l'attenzione e riconosca gli sforzi e i progressi dell'alunno.
Le classiche punizioni come "Non fai l'intervallo", "Fai 5 esercizi in più", "Vieni
alla lavagna che ti interrogo" non portano ad alcun cambiamento del
comportamento nel breve termine, né a un suo miglioramento nel lungo
termine. Servirebbe, pertanto, mettere in atto delle conseguenze idonee alla
situazione, riflettendo e ragionando con l'alunno sugli effetti negativi di
quella reazione. Anche in questo caso l'alunno deve essere stimolato a
riflettere sul comportamento messo in atto, cercando insieme all'insegnante
le possibili alternative positive.
In particolare, con un alunno con difficoltà di autoregolazione l'uso delle
gratificazioni è fondamentale e, come descritto in precedenza,
l'immediatezza della gratificazione è la "benzina che attiva il motore e che lo
tiene in funzione". È importante mantenere delle regole chiare e valide per
poter dare delle certezze agli alunni, indispensabili per farli impegnare
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109
a modificare i comportamenti negativi segnalati.
Anche i giochi di sfida con gli insegnanti possono essere stimolanti: ad
esempio una competizione in cui se l'alunno non segue le regole l'insegnante
guadagna un punto che lo fa avvicinare a un premio prestabilito, se l'alunno si
comporta correttamente allora il punto andrà a lui. Entrambi, se raggiungono
un determinato punteggio, ricevono ciò che era stato pattuito in precedenza.
Per poter mantenere la motivazione a un livello medio/alto bisogna variare la
ricompensa poiché la ripetizione dello stesso premio per lungo tempo
potrebbe diminuire l'interesse dell'alunno.
Riconoscere i comportamenti positivi
*Tratto da Marzocchi, Borganzone (2019)
Arrivati fin qui, sappiamo che siamo portati facilmente a osservare in modo
poco nitido i comportamenti del nostro alunno: quello che succede è che
sulla scorta delle nostre aspettative e delle nostre percezioni tediamo ad
avere un'immagine sommaria e approssimativa dell'alunno "è sempre
distratto, sbaglia sempre tutto!". D'altronde l'elevata frequenza con cui
osserviamo comportamenti inadeguati avrà la meglio sulla manifestazione di
comportamenti adeguati. Eppure il primo passo per effettuare un sensibile
miglioramento della condotta è riconoscere l'importanza del vedere,
apprezzare e rinforzare ogni piccolo gesto positivo fatto dall'alunno.
Purtroppo rinforzare i comportamenti non è così semplice!
06.
Come accennato nel paragrafo precedente, i complimenti/rinforzi:
non devono essere ironici
non devono essere confrontati con comportamenti negativi ("Questa
mattina sei stato molto bravo, lo potresti fare sempre invece di farti
richiamare ogni volta")
devono tenere in considerazione la differenza tra il giudizio sulla persona
e quello sul comportamento
Soffermiamo l'attenzione su quest'ultimo punto.
Riconoscere la bontà del comportamento messo in atto e quindi l'azione
positiva dell'alunno consente a quest'ultimo di comprendere cosa dovrebbe
fare più spesso. Se invece il giudizio, anche quando positivo, è solo sulla
persona, l'alunno non ha modo di capire il motivo di tale rinforzo; inoltre se
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110
06.
pensa di valere, ma la volta successiva riceve un giudizio negativo, non
riuscirà a crearsi un'immagine coerente di se stesso.
Alla luce di quello che abbiamo detto, la frase "Questa volta sei stato bravo,
vedi che puoi comportarti come i tuoi amici" contiene almeno quattro errori:
1. "questa volta", non si capisce cosa abbia fatto effettivamente l'alunno;
2. "sei stato bravo" è un giudizio sulla persona e non sul comportamento;
3. "puoi comportarti", come se le volte precedenti in cui aveva mostrato
comportamenti inadeguati ci fossero sempre stati un piano e una scelta
volontaria e non una difficoltà di autoregolazione;
4. "come i tuoi compagni", come se in realtà fosse diverso da altri coetanei e
solo quella volta è riuscito ad avvicinarsi alla loro condizione.
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111
Il rimprovero efficace
06.
Rinforzare un comportamento negativo vuol dire fare qualcosa che aumenta
la probabilità che quel comportamento si manifesti di nuovo. I rinforzi
negativi sono molto difficili da regolare perché sono involontari, quasi non
ragionati, pertanto non sempre è possibile fare una valutazione della loro
adeguatezza nel momento in cui vengono usati.
Un esempio di rinforzo negativo può essere il rimprovero che viene fatto
all'alunno sull'onda di un senso di irritabilità evidente. Occorre monitorare le
proprie reazioni emotive di fronte a un comportamento inadeguato per
ottenere modificazioni sul lungo termine.
Per cui sosteniamo fermamente questa formula di azione-reazione con
l'alunno:
POCHE PUNIZIONI E MOLTE GRATIFICAZIONI
Può essere riassunta con questi due promemoria (Arcangeli, 2020):
Mai rimproverare! I rimproveri sono inutili, anzi, peggiorano la relazione
con il bambino, nonché la possibilità di essere credibili come educatori. Al
posto del rimprovero, usate l'autorevolezza.
Mai assegnare castighi: le punizioni vengono sempre vissute dall'alunno
come ingiustizie. Al posto delle punizioni? Usate i premi o, se serve un
messaggio più forte, usare le perdite dei privilegi.
Un estratto della Circolare Ministeriale del MIUR-Dipartimento dell'Istruzione,
al punto 12, suggerisce di:
"evitare di comminare punizioni mediante un aumento dei compiti per casa,
una riduzione dei tempi di ricreazione e gioco, l'eliminazione dell'attività
motoria, la negazione del ricoprire incarichi collettivi nella scuola, l'esclusione
dalla partecipazione alle gite."
proprio perché sarebbero controproducenti e senza alcun effetto realmente
risolutivo!
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112
Tecnica del rimprovero efficace
06.
La maggior parte dei rimproveri risultano inefficaci perché impartiti con una
modalità sbagliata: durano troppo a lungo, finendo per diventare una
“predica”, contengono elementi svalutativi (“te l’ho detto mille volte, proprio
non capisci?”) e vengono applicati usando un tono di voce che comunica
ostilità.
In questo schema è presente una modalità indicativa di come dovrebbe
essere applicato un rimprovero efficace, avendo cura di esporre al bambino
comportamenti alternativi a quello presentato e stimolandolo alla riflessione
sulle conseguenze.
TEMPO CONTENUTO ESEMPIO
30
secondi
circa
Descrivere il comportamento
indicando perché è sbagliato.
Esprimere le proprie sensazioni
«Hai picchiato Francesco.
Facendo così finirete per
farvi male e io non voglio che succeda.»
«Quando ti comporti così mi
sento molto infastidita.»
Rapido cambiamento di
atteggiamento
Fare un respiro profondo
addominale prima di cambiare tono.
Respirare solo attraverso il
naso per evitare di iperventilarsi
1 o 2
minuti
Specifi care il comportamento
alternativo desiderato.
Fornire conseguenze positive.
Accertare la comprensione
del bambino facendogli delle
domande.
«Se sei arrabbiato con
Francesco, puoi farglielo capire con le parole.»
«Sei un bambino molto caro e so che se vuoi puoi
riuscirci. Così saremo tutti più
contenti di te.»
«Perché ti ho sgridato? Perché è sbagliato
picchiare? Cosa puoi fare invece di picchiare?»
*Tratto da Di Pietro e Bassi (2013)
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113
Come introdurre il Project Work 6
"Sistema di gratificazione"
Nel Project Work 6 si chiede ai docenti di stilare insieme all'alunno un elenco
di gratificazioni efficaci in relazione all'emissione di un comportamento
adeguato. A partire dalla conclusione della precedente fase di osservazione, il
docente dovrebbe aver individuato un comportamento target che ha
bisogno di essere scomposto il sotto-obiettivi e in mini-acquisizioni. A questo
punto, quindi, è importante che il docente si chieda "Mi è chiaro l'obiettivo?
Ho bene in mente cosa vorrei modificare e cosa mi aspetto dall'alunno? Ho
capito come posso usare il rinforzo positivo per aumentare la probabilità di
vedere comportamenti corretti?". È bene ricordare sempre che l'obiettivo
non è eliminare i comportamenti inadeguati (ciò sarebbe irrealistico e
fallimentare), ma aumentare la frequenza dei comportamenti adeguati per
agire indirettamente proprio su ciò che funziona meno!
Una volta stabilite queste condizioni, i docenti possono usare il sistema di
gratificazione nei giorni a seguire cercando di applicare le modalità di
comunicazione apprese. Il sistema di gratificazione va utilizzato
quotidianamente.
Se il comportamento problematico individuato è "L'alunno fa i versi durante
la spiegazione" l'obiettivo non sarà eliminare questa condotta, ma mettere
l'alunno in condizioni di avere un comportamento maggiormente adeguato e
di ricevere una gratificazione. L'obiettivo dovrà inoltre essere realistico: se
l'alunno solitamente trascorre metà del tempo della spiegazione a fare versi,
non possiamo aspettarci che si riuscirà a condurre una spiegazione nel
silenzio totale! Si può stabilire, ad esempio, che durante la spiegazione ci si
aspetti che l'alunno mantenga il silenzio per 5 minuti (ogni 5 minuti di
silenzio guadagna 1 punto). Il valore attribuito ai minuti di silenzio va
concordato con l'alunno, allo stesso modo dell'eventuale perdita di punti
(ogni volta che fa un verso, perde dei punti). È importante anche ricordare
che inizialmente il sistema di gratificazioni potrebbe avere molte "sbavature":
molti alti e bassi, tira e molla tra guadagni e perdite, ed è del tutto normale.
Rendere questa pratica sistematica permetterà all'alunno di creare nuovi
apprendimenti comportamentali e la situazione diventerà più stabile.
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114
7° INCONTRO
STRATEGIE PER LA CLASSE: ADATTAMENTO
AMBIENTI E MATERIALI
07.
OBIETTIVI
MODIFICARE L'AMBIENTE PER
PREVENIRE LA COMPARSA DI
COMPORTAMENTI PROBLEMA
CONOSCERE STRATEGIE
PER ETEROREGOLARE GLI
ALUNNI
MIGLIORARE LA
STRUTTURA DELLA
DIDATTICA
CONOSCERE
STRATEGIE UTILI
ALL'INTERA CLASSE
CONTENUTI
ADATTARE SPAZI E TEMPI
ORGANIZZARE I MATERIALI
ADATTARE AUSILI E SUPPORTI PER LA DIDATTICA
ORGANIZZARE I MOMENTI DESTRUTTURATI
OPZIONALE
Video-discussione
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115
Adattare spazi e tempi
07.
A questo punto del training è diventato molto più chiaro quanto la scuola sia
una delle macroaree in cui un bambino/ragazzo con difficoltà di
autoregolazione può trovare supporto e aiuti nel gestire le proprie debolezze.
L'insegnante ricopre a tutti gli effetti un ruolo primario di collaborazione
nella presa in carico di un alunno: contribuisce agli aspetti di apprendimento
scolastico, alle relazioni con i compagni, alla relazione con un adulto
significativo, permettendo un giusto funzionamento del gruppo classe.
Oltre alla conoscenza di un quadro diagnostico, quindi di un disturbo
conclamato, o di un funzionamento cognitivo specifico, abbiamo visto che
l'utilizzo di strategie educative ha bisogno di essere affiancato da una buona
relazione affinché possano realmente produrre dei cambiamenti.
Inoltre, è importante trovare le giuste condizioni affinché gli insegnanti non
vivano il tutto in modo stressante e faticoso, come se fosse un obbligo a
proporre attività specifiche o modalità uniche per l'alunno.
La premessa è che
Quello che serve a un alunno con difficoltà di autoregolazione attentiva e
comportamentale serve a tutta la classe
per cui ci sono diversi aspetti che possono essere considerati a livello più
ampio e possono comunque sortire un effetto positivo sul singolo alunno.
Ci riferiamo agli adattamenti che possono essere applicati agli spazi in classe,
alla gestione dei tempi di lavoro e svago, alla comunicazione tra gli alunni e
alla condivisione di poche regole da rispettare.
Sicuramente molti insegnanti si riconosceranno nella difficoltà di gestione di
situazioni quali la transizione da un luogo a un altro, l'intervallo, il momento
del pasto e qualsiasi altra situazione destrutturata. In queste occasioni un
alunno con difficoltà di autoregolazione mostra maggiormente le sue
vulnerabilità. In genere un insegnante sa che in queste occasioni deve
giocare d'anticipo e alzare il livello di attenzione, oltre a riuscire a gestire la
propria reazione emotiva che può essere di irritabilità o ansia per situazioni
potenzialmente gravi.
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116
07.
Dal momento che si decide di applicare alcune modifiche nell'intero gruppo
classe è utile focalizzarsi sulla premessa che ha guidato l'intero Teacher
Training
Aumentare i comportamenti positivi per
ridurre la comparsa dei comportamenti negativi
Questa volta, però, l'attenzione è posta alle conseguenze sociali dei
comportamenti.
Possono essere stabiliti, infatti, dei comportamenti positivi che meritano
un'opportuna gratificazione sociale o simbolica per migliorare sia il
comportamento dell'alunno sia la relazione con il docente che in futuro avrà
maggiori probabilità di essere efficace nel ridurre i comportamenti negativi.
Condividiamo una serie indicazioni utili al lavoro in classe che possono essere
facilmente riadattate allo specifico contesto.
L'organizzazione dello spazio
L'organizzazione dell'ambiente e del materiale in classe può far aumentare o
diminuire i comportamenti tipici di un alunno con difficoltà di
autoregolazione, soprattutto quando prevalgono manifestazioni attribuibili a
disattenzione.
La disposizione dei banchi gioca un ruolo molto importante per una buona
partecipazione dell'alunno alla lezione.
È importante che l'insegnante:
veda l'alunno e possa raggiungerlo facilmente
possa agganciare lo sguardo dell'alunno senza ricorrere a richiami verbali
e rimproveri
Per favorire questi aspetti si può avvicinare il banco alla cattedra. Ma non
bisogna considerare la soluzione come unica e definitiva. Alcuni alunni,
infatti, in prima fila si distraggono maggiormente perché impegnati a girarsi
di continuo per interagire con altri compagni.
Bisogna fare delle prove e registrare vantaggi e svantaggi delle postazioni.
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117
In generale è possibile individuare alcune disposizioni dei banchi alternative e
funzionali, oltre la classica disposizione a file, avendo cura di posizionare
l'alunno vicino alla cattedra o comunque in un punto che rispetti i criteri
precedentemente descritti.
07.
Questa disposizione permette a tutti gli alunni di
osservare facilmente l'insegnante e viceversa anche
l'insegnante può monitorare in maniera agevole senza
alzarsi di continuo.
Immagine tratta da
https://blog.deascuola.it/
Questa disposizione è utile nei casi di lavoro in gruppo.
È possibile creare isole più piccole, anche per soli due
alunni, in questo ultimo caso molto più funzionali. È
necessario scegliere con cura l'alunno da affiancare.
Immagine tratta da
https://blog.deascuola.it/
Questa disposizione consente meno distrazioni rispetto
alla modalità gruppale e contemporaneamente incentiva
piccole discussioni e atteggiamenti cooperativi. Anche in
questo caso è necessario affiancare un alunno che abbia
sufficienti abilità di autoregolazione.
Immagine tratta da
https://blog.deascuola.it/
Ovviamente, la scelta della disposizione dei banchi dovrà considerare anche
altre variabili: le abitudini dell'alunno negli anni precedenti, lo stile
comunicativo dell'insegnante, il tipo di lavoro da svolgere e la presenza di
più allievi comportamenti disturbanti ecc (Asuni e coll., 2003)
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118
L'organizzazione dei materiali
07.
L'organizzazione dei materiali è una delle condizioni più difficili da gestire e
che spesso permane lungo tutto il percorso scolastico, per questo è
necessario che i docenti applichino in modo persistente strategie per
organizzare meglio il materiale.
Con il termine generico "materiali" ci riferiamo non solo a quelli prettamente
didattici, ma anche agli arredi della classe che necessitano di adeguata
conservazione.
L'organizzazione in questo caso prevede che i materiali non diventino
elementi distrattori per l'alunno e che siano collocati in punti dell'aula
facilmente raggiungibili, con una evidente classificazione visiva. Possono
occorrere promemoria visivi, divisori, copertini colorate, etichette che
definiscono il materiale e la disciplina per la quale è utile ecc.
L'organizzazione di ausili e supporti
Un'ulteriore tipologia di adattamento ambientale riguarda l'introduzione di
supporti visivi iconici e/o scritti, la cui funzione è regolare e orientare la
condotta dell'alunno, senza il continuo intervento verbale dell'insegnante. Si
possono individuare alcune tipologie come:
SUPPORTO FUNZIONE DESCRIZIONE
VISUAL
POINTING
Evidenziare i concetti
o le conoscenze
oggetto di lezione (es.
regole grammaticali)
Collocare foglietti con i concetti chiave in punti
strategici dell'aula e indicarli al momento della
spiegazione: l'alunno sarà stimolato dal canale
verbale e visuospaziale in una lezione dinamica
VISUAL CUE
Richiamare
l'attenzione
dell'alunno
Si può usare un segnale visivo per sostituire il
richiamo verbale, ad es. un'immagine la cui
comparsa segnala all'alunno la necessità di
riportare l'attenzione sul compito.
VISUAL
RULES
Segnalare e ricordare
le principali regole di
condotta
Utilizzare semplici cartellini con precisi step
operativi che guidano il comportamento in
classe e negli altri ambienti della scuola. Ad es.
in bagno: 1. Mettersi in fila, 2. Lavare le mani, 3.
Asciugare le mani.
*La tabella e la relativa descrizione sono tratte da Fedeli e Vio (2017). Si rimanda al suddetto lavoro per approfondimenti.
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119
07.
L'organizzazione dei tempi di lavoro
L'adattamento ambientale dei tempi di lavoro è altrettanto determinante
nella buona gestione dell'alunno e della classe. Riguarda la scansione
giornaliera e l'organizzazione temporale delle attività didattiche e ludiche.
Una prima strategia potrebbe essere quella di creare una scaletta delle varie
lezioni e, se possibile, scrivere su un foglio o su una lavagna visibile a tutti le
materie, gli argomenti e le pause che si snoderanno durante la mattinata o il
pomeriggio. Questo serve all'alunno e all'intera classe per avere una sequenza
chiara da seguire e la possibilità di capire quanto tempo dedicare all'ascolto,
quanto agli esercizi e quanto a muoversi o rilassarsi. Basta questo piccolo
accorgimento per stimolare tutti gli alunni ad un maggiore controllo della
propria attenzione e del proprio comportamento. Durante lo svolgimento
delle attività è utile informare gli alunni rispetto allo stato di avanzamento
dei lavori in modo che possano allocare le necessarie risorse attentive per
svolgere le attività previste e inoltre fare periodicamente un sunto molto
schematico dei concetti presentati affinché vengano conservati più
facilmente nella memoria.
Un accorgimento necessario riguarda gli intervalli di lavoro e di pausa: ad
esempio, si possono fare 30 minuti di lezione e 10 minuti di pausa. Per alcuni
alunni possono rendersi funzionali momenti extra, anche questi scanditi da
un timer o da un suono. Questi momenti extra possono prevedere: piccole
uscite dall'aula per richieste dell'insegnante o per andare in bagno
(Marzocchi, Borganzone, 2019).
L'adattamento della didattica
I momenti di lezione e di spiegazione durante il lavoro possono essere
ugualmente adattati. Il variare dei momenti didattici (ascolto, interazioni con
risposte degli alunni, svolgimento di esercizi individuali o in piccoli gruppi,
spostamenti regolati in classe) mantengono l'attenzione più a lungo, ancor di
più se si associano stimoli colorati, video, audio o schemi che permettono di
recepire meglio le spiegazioni orali.
Alcuni accorgimenti utili:
se una verifica è molto lunga è possibile ridurne il contenuto e fare in
modo che l'alunno possa stimare lo sforzo necessario richiesto per il suo
completamento
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mantenere visibile l'orologio o un segnatempo per indicare chiaramente
quanto tempo è trascorso e quanto tempo rimane
è possibile sostenere l'attenzione di alunni con difficoltà di
autoregolazione ricorrendo a lavori a coppie in cui il contatto 1:1 con un
compagno consente di mantenere i ritmi incalzanti. Il lavoro in coppie
può rivelarsi una risorsa importante, per cui è possibile creare situazioni di
tutoring tra pari. Ma, attenzione! Un alunno con forti difficoltà di
autoregolazione potrebbe vedere il lavoro in coppia come sinonimo di
sconfitta in partenza, in quanto potrebbe prevedere un insuccesso
(l'ennesimo) di fronte allo sforzo richiesto.
dare continui feedback durante lo svolgimento del lavoro. I feedback
devono riguardare la qualità del lavoro. In questo modo si mantiene attivo
l'orientamento dell'attenzione sul compito (Marzocchi, Bongarzone, 2019).
Le difficoltà nei momenti destrutturati
Tutti gli adattamenti descritti fin qui hanno l'obiettivo di incrementare il
livello di strutturazione esterna, in modo tale da compensare la carente
organizzazione interna e autonoma dell'alunno con difficoltà di
autoregolazione cognitiva e comportamentale. Questi adattamenti
diventano ancora più essenziali nei contesti in cui sono presenti altre variabili
che aumentano la complessità della gestione: classi molto numerose,
presenza di più alunni certificati con BES ecc (Fedeli, Vio, 2017).
Come accennato in precedenza, l'intervallo, la mensa e le piccole pause sono
momenti di difficile gestione. In questi casi è possibile creare delle mini
attività strutturate con l'obiettivo di farle assimilare lentamente dagli alunni
(Marzocchi, Bongarzone, 2019).
Riportiamo una piccola tabella con possibili adattamenti.
07.
MOMENTI DESTRUTTURATI
POSSIBILI ADATTAMENTI
Passaggio da una materia all'altra
Cambio di insegnante
Spostamenti nell'edificio scolastico
Ingresso e uscita dalla scuola
Ricreazione e gioco libero
Passaggio dal gioco libero alla lezione
Stabilire routine relative ai momenti di
transizione
Preannunciare le transizioni
Dare feedback sull'adeguatezza della condotta
Stabilire tempi massimi per le transizioni
Prevedere supporti visivi che guidino il
comportamento
*Tratta da Fedeli e Vio (2017). Si rimanda al suddetto lavoro per approfondimenti.
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121
OPZIONALE
Video-discussione
Il video è stato realizzato da Gianluca Daffi per simulare il funzionamento
cognitivo di una persona con ADHD. Nel video si chiede di leggere un piccolo
brano e sono presenti numerose interferenze: musica, ricordi, immagini, pensieri.
Tutte queste interferenze non riescono a essere filtrate e inevitabilmente
interrompono il compito principale.
Può essere un breve spunto di discussione riguardo alle modalità didattiche da
attuare e non solo. Sperimentare un funzionamento cognitivo con così tante
interferenze potrebbe sollecitare riflessioni anche rispetto alla scarsa capacità di
alcuni alunni di aderire a delle richieste, di rispettare delle regole, di essere
paziente... E l'elenco potrebbe continuare con molti altri esempi.
Domande guida:
Come può sentirsi un alunno al termine di un compito come questo?
Perché un richiamo come "stai attento" non sarebbe di aiuto?
Cosa si può cambiare nella modalità didattica per compensare questa
difficoltà?
Avete mai pensato che l'alunno potrebbe non riuscire a immagazzinare una
consegna in modo immediato e tempestivo a causa di interferenze come
queste?
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8° INCONTRO
FOLLOW UP
08.
OBIETTIVI
REVISIONARE IL
LAVORO SVOLTO
DURANTE IL PERCORSO
RIFLETTERE
SULLE CRITICITÀ
EMERSE
CHIARIRE O
APPROFONDIRE
ASPETTI SPECIFICI
RIEPILOGARE LE
PRINCIPALI TECNICHE
ESPOSTE
CONTENUTI
DISCUSSIONE LIBERA
RIEPILOGO DELLE CONTENUTI TRASMESSI
CHIARIMENTI E APPROFONDIMENTI
QUESTIONARIO DI GRADIMENTO
RISORSE
Questionario di gradimento
Somministrazione del questionario iniziale
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8° INCONTRO
FOLLOW UP
08.
L'incontro di follow up si svolge a distanza di tempo per verificare il
mantenimento dei risultati ottenuti, per discutere delle criticità emerse
durante le settimane e per revisionare l'intero percorso svolto.
Per questo incontro si prevede quindi una discussione piuttosto libera
sull'intero Teacher Training, tuttavia proponiamo alcuni spunti per un
confronto strutturato.
SVOLGIMENTO
Discussione libera
Facciamo il punto su...
Somministrazione del questionario iniziale per quantificare il
cambiamento
Questionario di gradimento
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124
08.
Facciamo il punto su...
Strategie educative
Si avvia un confronto sulle strategie educative sperimentate sotto più aspetti:
comunicazione, relazione, organizzazione della classe o delle attività. È bene
far emergere eventuali criticità incontrate, ad esempio nei casi di classi
molto numerose o con più alunni certificati o con Bisogni Educativi Speciali.
Tecniche di comunicazione
I docenti hanno sperimentato nuove modalità di comunicazione? Hanno
notato differenze nel loro approccio rispetto alla percezione di gravità dei
comportamenti problematici? Ci sono state occasioni in cui un
comportamento è stato disinnescato grazie a una comunicazione più gentile
e ferma? Gli spunti di discussione sono molti.
Tecniche di osservazione
Le abilità di osservazione si acquisiscono con molta pratica. Il Teacher
Training non ha avuto l'obiettivo di rendere i docenti dei perfetti analisti del
comportamento quanto di trasmettere un nuovo "mindset" ovvero un assetto
mentale che vede l'alunno inserito in un contesto complesso e
multidimensionale. Il modo più efficace per arrivare a modificare i suoi
comportamenti è osservare ogni situazione nel dettaglio. Il solo atto di
fermarsi a osservare permette alla consapevolezza di emergere, trovando
strategie alternative. I docenti hanno sperimentato questo "upgrade" di
consapevolezza?
Sistema di gratificazione
I docenti hanno sperimentato i sistemi di gratificazione a punti o, in generale,
i sistemi di rinforzo positivo? Hanno ottenuto benefici in termini di
modificazione del comportamento e sul loro benessere personale e
professionale?
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08.
Autoefficacia e competenza
Come ampiamente argomentato durante il percorso, il Teacher Training
vuole stimolare nuove consapevolezze educative e relazionali nel docente al
fine di intervenire indirettamente sul disagio che può derivare da situazioni
difficili da gestire. I docenti hanno sperimentato cambiamenti nei parametri
"grado di tolleranza nei confronti dell'alunno" e "gravità percepita della
situazione"?
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126
08.
CONCLUSIONI
Il Teacher Training si può considerare efficace se ha prodotto nei docenti la
giusta tensione educativa verso il cambiamento. Se il docente conclude il
percorso con la consapevolezza di poter fare davvero qualcosa per affrontare
i comportamenti problematici di un alunno con difficoltà di autoregolazione,
allora ogni incontro è stato un tassello nell'emersione di nuove
consapevolezze.
L'obiettivo di un intervento psicoeducativo non dovrebbe mai essere quello
di far sparire determinati comportamenti o di trovare soluzioni istantanee a
condizioni anche molto stressanti. Sarebbe un obiettivo irrealistico, non
raggiungibile, dunque destinato a fallire prima del tempo.
Un buon intervento psicoeducativo inizia dalla presa di coscienza di un
profondo disagio che chiede al docente di mettersi in discussione e
rivalutare, quando necessario, i propri stili educativi, relazionali e
comunicativi, a prescindere dalle competenze. Un docente può essere molto
competente e al tempo stesso avere difficoltà a entrare in relazione con
l'alunno. Tuttavia il rischio che si corre con più facilità è proprio mettere in
relazione la competenza nella gestione di un comportamento problematico
alla competenza professionale ("non riesco a gestirlo quindi non faccio bene
il mio lavoro").
A conclusione del presente lavoro ripercorriamo brevemente i principali
passi che un docente può compiere nei casi in cui in classe ci fosse almeno
un alunno con Bisogni Educativi Speciali:
Conoscere il funzionamento del proprio alunno
Quando viene presentata una relazione diagnostica è importante che gli
insegnanti la leggano con attenzione per individuare reali corrispondenze
con quanto è possibile osservare in classe. Come ampiamente argomentato,
la descrizione diagnostica è un punto di partenza nella definizione dei
bisogni dell'alunno, ma ha bisogno di essere letta dal punto di vista del
funzionamento cognitivo, emotivo e comportamentale per rendersi davvero
utile nel percorso educativo dell'alunno. Intendiamo fare riferimento ai punti
di forza e di debolezza dell'alunno, alle strategie che funzionano meglio per
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127
le sue specifiche caratteristiche. Quando possibile è fondamentale con i
clinici che hanno redatto la relazione diagnostica e approfondire tutto ciò
che risulta necessario per una maggiore comprensione.
08.
Individuare le credenze e le attribuzioni personali
Qualunque insegnante si è confrontato con la domanda "Perché l'alunno si
comporta così?", spesso senza trovare una risposta. Quel "perché" compare
nei momenti più difficili da gestire, quando la situazione sembra senza
ritorno perché sono state già provate tante strategie, tutte senza risvolti
positivi. Allora diventa particolarmente importante che il docente si fermi a
riflettere sui suoi Perché e affianchi un "secondo me...". In questo modo il
docente ha la possibilità di accedere alle proprie credenze e attribuzioni
rispetto ai comportamenti problematici dell'alunno. "Si comporta così
perché gli piace fare dispetti", "Si comporta così perché è maleducato": sono
soltanto esempi di possibili interpretazioni che ogni docente può
comprensibilmente fare. La tipologia di interpretazione ha, però, dei risvolti
determinanti nella pratica educativa!
Se un insegnante pensa che i comportamenti dell'alunno siano dovuti a
qualcosa che non funziona (nel suo cervello, nella sua famiglia ecc.) potrebbe
pensare che è l'alunno ad avere qualcosa di sbagliato e quindi non può fare
nulla per lavorare sul suo comportamento; se invece l'attribuzione
dell'insegnante è più interna e pensa che lui stesso possa essere coinvolto in
questa dinamica comportamentale, non come causa ma come fattore
regolatore delle difficoltà di attenzione e comportamento, allora potrà
mettere in atto una serie di azioni che porteranno a buoni risultati
(Marzocchi, Borganzone, 2019).
Riconoscere il proprio stato emotivo
La gestione di questa tipologia di alunni può innescare una serie di stati
emotivi molto spiacevoli. Le situazioni più comuni vedono sconforto, rabbia o
disimpegno nei confronti del proprio ruolo professionale. È fondamentale
che il docente impari a chiedersi come si sente di fronte ai comportamenti
disturbanti dell'alunno e impari a confrontarsi con i colleghi coinvolti. Il
confronto aiuta a comprendere che dietro un senso di frustrazione o
impotenza si possono nascondere attribuzioni diversi: lo stesso episodio può
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128
essere percepito e vissuto in modo molto diverso da docenti diversi e per
questo conduce a reazioni emotive diverse.
Sviluppare auto-consapevolezza emotiva aiuta a entrare in relazione con
l'alunno e a sintonizzarsi sulle sue difficoltà di regolazione.
08.
Applicare tecniche di comunicazione efficace
Comunicare efficacemente è qualcosa che si impara lentamente e con un
lavoro sistematico sulle proprie modalità relazionali nei confronti dell'alunno.
Non esistono formule verbali o non verbali pronte all'uso per ogni alunno,
esistono riformulazioni delle richieste abituali in modo da sintonizzarsi con
l'alunno e creare una connessione calma e allo stesso tempo forte. Questo
aspetto è parte integrante del ruolo professionale in ambito scolastico e
merita di essere esercitato, sviluppato e arricchito per avere dei buoni
risultati.
Imparare a essere obiettivi
Lo sguardo sull'alunno può essere pesantemente compromesso dai pareri
personali che un insegnante costruisce nel corso del tempo. Questo è del
tutto naturale! Soprattutto quando alcune situazioni si ripetono sempre allo
stesso modo e il grado di tolleranza verso l'alunno si riduce drasticamente. In
questi casi è importante che l'insegnante si alleni a essere obiettivo, a
diventare un osservatore di comportamenti, tenendo separate le proprie
aspettative di riuscita/fallimento e le proprie interpretazioni. È un lavoro
inizialmente molto oneroso in termini di energia cognitiva, ma è un
investimento che conduce a vedere l'alunno per quello che davvero è: un
bambino/un ragazzo con difficoltà di autoregolazione ed è su queste che si
interviene, non sul suo carattere o sul suo temperamento.
Conoscere le principali tecniche educativo-comportamentali
Uno dei motivi per cui un insegnante non applica alcune strategie
comportamentali è perché, sulla scorta dell'esperienza passata in cui nessun
tentativo ha funzionato, vengono viste come interventi inutili e destinati a
non aver alcun risultato apprezzabili. È importante quindi conoscere delle
strategie di modificazione del comportamento e applicarle con i giusti
principi teorici. Ricordiamo che la semplice applicazione metodica di una
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129
08.
strategia non porta ad alcun cambiamento significativo; al contrario, può
condurre alla perdita di significato della strategia stessa! Le tecniche
riportate in questo lavoro vanno adattate allo specifico alunno ed è
necessario applicarle con costanza, perseveranza e fiducia.
Creare nuovi adattamenti alla didattica
Ciò che serve a un alunno con difficoltà di autoregolazione serve a tutta la
classe, migliorando il controllo dell'attenzione e l'adesione alle richieste.
Dunque non bisogna pensare a un trattamento diverso, ma a una maggiore
strutturazione delle variabili ambientali come lo spazio, il tempo di attività
e le varie metodologie didattiche. Se l'insegnante entra in questa nuova
prospettiva è molto probabile che non vivrà l'intervento sull'alunno come
una fatica aggiuntiva o come un obbligo a trovare soluzioni personalizzate.
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130
07.
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131
Il mio alunno
PROJECT WORK 1
NOME DELL'ALUNNO E CLASSE FREQUENTATA
DESCRIZIONE DELL'ALUNNO
cerchi di usare parole semplici e immediate, le prime che verranno
in mente saranno probabilmente le più descrittive
PUNTI DI FORZA
Caratteristiche dell’alunno che possono aiutarla nella sua attività in
classe e contemporaneamente favorire l’apprendimento dell’alunno
stesso (es. è curioso, si offre volentieri, aiuta i compagni in difficoltà
ecc.)
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132
Quali di questi comportamenti può osservare nel suo alunno?
PROJECT WORK 1
Dopo aver individuato i comportamenti target, assegni ad ognuno un punteggio da 0 a
10 che ne descriva la rilevanza:
0: per niente rilevante 5: abbastanza rilevante 10: molto rilevante
Esce dalla classe senza permesso Si alza e gironzola per i banchi
Insulta i compagni o li prende in giro Si sdraia sotto il banco
Non vuole partecipare alle attività di classe Gioca con il materiale sul banco
Usa parolacce o termini volgari (compagni) Chiacchiera e disturba la lezione
Incita la classe alla rivolta Vuole vendicarsi a scuola
Accusa l’insegnante di avere pregiudizi Non comprende i richiami
Chiede continuamente di andare in bagno Non vuole tornare in classe
Contraddice ripetutamente l’insegnante Non rispetta il proprio turno
Provoca verbalmente l’insegnante Interrompe ed è invadente
Non finisce il lavoro Fa sempre gli stessi errori
Ha la testa tra le nuvole Non riesce ad essere paziente
Non riesce a organizzarsi o perde i materiali Non segna i compiti per casa
Se dovesse fermarsi a riflettere sui comportamenti che ha individuato, quale
riterrebbe più urgente da modificare?
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133
PROJECT WORK 2
Le parole che userei
Immagini che il suo alunno con difficoltà attentive e/o comportamentali debba
cambiare scuola e che lei abbia il compito di fornire ai futuri colleghi le
principali informazioni per la gestione dell'alunno stesso.
Che cosa scriverebbe?
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134
PROJECT WORK 2
Quanto mi sento competente nella gestione
del mio alunno
Ora, dopo aver riletto quanto ha scritto, provi a rispondere a queste domande:
Come valuterebbe il suo senso di efficacia e competenza nella gestione dei
comportamenti più problematici?
Per nulla
soddisfacente
Poco
soddisfacente
Abbastanza
soddisfacente
Molto
soddisfacente
Pienamente
soddisfacente
Perché?
Queste riflessioni possono essere condivise o rimanere del tutto personali. A sua
discrezione possono essere uno spunto di confronto con i colleghi oppure
un'occasione di riflessione personale.
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135
Cosa c'è che non va?
PROJECT WORK 3
TIPOLOGIA
RICHIESTA/RICHIAMO
PUNTI DEBOLI
COSA MODIFICO?
Oggi sei stato molto
bravo, vedi che se ti
impegni puoi farlo?
Questo quaderno è
troppo disordinato.
Guarda quello di
Andrea e impara!
Ti sembra questo il
modo di comportarsi
durante l'intervallo?
Quante volte devo
ripeterti di non alzare
la voce?
Sei sempre così
rumoroso! Fai silenzio
per favore!
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136
Cosa c'è che non va?
PROJECT WORK 3
Usi questo spazio per riportare eventuali criticità incontrate sia nello svolgimento
dell'esercitazione sia nel contesto didattico.
Ci sono state situazioni in cui è stato particolarmente difficile ottenere
l'attenzione dell'alunno?
Ci sono situazioni in cui è più complesso fare una richiesta e aspettarsi che
venga rispettata?
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137
I principi della comunicazione assertiva
PROJECT WORK 3
Le modalità di interazione assertiva prevedono che le persone siano consapevoli
dei propri diritti, ma si rendono conto anche dei diritti degli altri. Si preoccupano
dei sentimenti altrui e perciò tendono a fare le loro richieste e le loro critiche in
modo da non offendere e turbare altre persone. Hanno il senso del dare e
dell'avere e, nelle situazioni di conflitto, il loro atteggiamento le porta spesso a
passare dal conflitto alla negoziazione e alla cooperazione.
Per riassumere... Essere assertivi vuol dire comunicare le proprie scelte e le
proprie preferenze in modo deciso, chiaro e onesto, evitando di essere prepotenti
e aggressivi, ma allo stesso tempo evitando di essere timorosi e spaventati per le
possibili reazioni degli altri.
La comunicazione assertiva di base prevede queste componenti
DESCRIVERE LA SITUAZIONE SENZA GIUDIZI:
"Quando parli mentre la tua compagna legge"
ESPRIMERE L'EMOZIONE7IL VISSUTO PERSONALE
"Io non riesco a stare concentrata"
CHIARIRE LE CONSEGUENZE
"Perché dobbiamo fermarci diverse volte"
SPECIFICARE COSA SI DESIDERA
"Vorrei che provassi a rimanere in silenzio durante l'attività di lettura, per favore"
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138
Perché è un problema?
PROJECT WORK 4
Scelga 2 comportamenti tipici del suo alunno che creano disordine o problemi
in classe. Osservi questi comportamenti in giorni e momenti diversi e per ogni
occasione riporti brevemente la sua reazione emotiva e le conseguenze sul
contesto.
Elenco dei comportamenti dell'alunno ________________________________
che osserverò nei prossimi giorni:
1.
2.
__________________________________________________________________
__________________________________________________________________
COMPORTAMENTO TARGET n. 1
REAZIONE EMOTIVA E COMPORTAMENTALE
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PROJECT WORK 4
COMPORTAMENTO TARGET n. 2
REAZIONE EMOTIVA E COMPORTAMENTALE
Eventuali note e osservazioni aggiuntive
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140
PROJECT WORK 4
Per ognuno dei comportamenti osservati...
Il COMPORTAMENTO TARGET n. 1 ___________________________________
è un problema...
PER ME
PER L'ALUNNO
Indichi se questi criteri sono presenti e per ognuno assegni un valore da 0 a 10
È DANNOSO
È UN OSTACOLO
È STIGMATIZZANTE
Giustifichi le sue risposte
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141
PROJECT WORK 4
Per ognuno dei comportamenti osservati...
Il COMPORTAMENTO TARGET n. 2 ___________________________________
è un problema...
PER ME
PER L'ALUNNO
Indichi se questi criteri sono presenti e per ognuno assegni un valore da 0 a 10
È DANNOSO
È UN OSTACOLO
È STIGMATIZZANTE
Giustifichi le sue risposte
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142
Il Modello ABC
Utilizzare e fotocopiare la scheda in base alle esigenze.
PROJECT WORK 5
(A) Antecedente: Dov'era l'alunno? Che cosa stava facendo? Chi c'era con lui? Quali
richieste ha ricevuto dal docente? Che cosa facevano o dicevano i compagni?
(B) Comportamento: Cosa fa l'alunno? Ricordarsi di essere sintetici e chiari.
La descrizione dovrebbe essere chiara anche a chi non era presente.
(C) Conseguenze: Cosa è successo subito dopo? Che cosa ha detto/fatto il docente? Che
cosa hanno detto/fatto i compagni? Com'è andata avanti l'attività?
Data _____________
A
ANTECEDENTE
B
COMPORTAMENTO
C
CONSEGUENZA
Data _____________
A
ANTECEDENTE
B
COMPORTAMENTO
C
CONSEGUENZA
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143
REGOLE DI SOPRAVVIVENZA IN CLASSE
IMPARA A FARE ATTENZIONE ALLE TUE REAZIONI
01.
Di fronte a comportamenti che sembrano deliberatamente provocatori, il primo passo verso
un'efficace gesione è prendere consapevolezza della propria reazione emotiva. Una reazione
inadeguata aggrava la situazione e conduce all'escalation temuta. Chiediti cosa provi: fastidio,
irritazione, rabbia?
USA STRATEGIE DI ATTENZIONE POSITIVA
02.
PREMIA I COMPORTAMENTI POSITIVI
03.
USA RICOMPENSE EFFICACI
04.
È più facile e immediato notare i comportamenti disfunzionali. Allenati a riconoscere anche brevi
momenti in cui puoi fornire un'attenzione positiva e accogliente al tuo alunno. Farà davvero la
differenza!
FAI RICHIESTE CHIARE, BREVI E CON AGGANCIO VISIVO
05.
Prova a guardare l'alunno con occhi diversi e cerca di scovare i comportamenti positivi sui quali
puoi fare leva per incoraggiare e spronare a fare meglio. Premiare questi comportamenti vale
molto di più che punire quelli problematici.
USA LA REGOLA "SE ... ALLORA"
06.
L'alunno probabilmente funzionerà in questo modo: "faccio quello che mi chiedi (e che non mi
interessa/non mi piace) solo se ne vale la pena e ricevo qualcosa in cambio". Crea una lista di
ricompense che puoi fornire (verbali, sociali, materiali)
Fai in modo di incontrare sempre lo sguardo dell'alunno se gli stai rivolgendo un richiamo.
Assicurati che l'alunno ti comprenda, usa frasi molto breve e contestualizzate al momento
presente. Non serve paragonare ad altri momenti o compagni.
DAI POSSIBILITÀ DI SCELTA TRA DUE ALTERNATIVE
07.
Concedi qualcosa all'alunno utilizzando tecniche di negoziazione che rinforzano la vostra
alleanza. "Certo che puoi ... ma prima è importante che tu ...". Ricorda di specificare bene cosa ti
aspetti che faccia.
Crea possibilità di scelta. Se l'alunno è particolarmente agitato "Vuoi aiutarmi a collegare la LIM o
vuoi distribuire queste schede?". Fornire un'alternativa consente all'alunno di non sentirsi
oppresso e di collaborare di più.
SINTONIZZATI SULLO STATO EMOTIVO DELL'ALUNNO
08.
OPZIONALE
Usa strategie di ascolto attivo per sintonizzarti sullo stato emotivo dell'alunno. Un approccio
accogliente e comprensivo rende l'alunno maggiormente disposto all'ascolto di una richiesta e
alla riformulazione del proprio comportamento.
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144
Gratificazione a punti
*
PROJECT WORK 6
Apporre un
Apporre un
(pari a +1 punto) per ogni azione svolta correttamente
(pari a -1 punto) per ogni azione non corretta
Giorno
della
settimana
1 = 1 AZIONE CORRETTA
1 = 1 AZIONE NON CORRETTA
TOT.
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdì
Sabato
*Cesare Cornoldi, Tiziana De Meo, Francesca Offredi e Claudio Vio, Iperattività e autoregolazione cognitiva, Trento, Erickson, 2001, p. 138.
145
Lista delle gratificazioni
PROJECT WORK 6
Per conoscere meglio l'alunno...
ATTIVITÀ PREFERITE
REGALI PREFERITI
QUALI OGGETTI PREFERISCE
CON QUALI PERSONE STA MOLTO VOLENTIERI
QUALI ATTIVITÀ GRADISCE NELL'ORARIO SCOLASTICO
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146
Promemoria per un uso corretto
PROJECT WORK 6
Tratto da Cesare Cornoldi, Tiziana De Meo, Francesca Offredi e Claudio Vio, Iperattività e autoregolazione cognitiva, Trento, Erickson, 2021, p.132
Osservare il comportamento dell'alunno
Per individuare i comportamenti adeguati e quelli inadeguati da considerare all'interno
del sistema. I comportamenti devono essere descritti brevemente e devono essere
comprensibili all'alunno.
Scegliere delle azioni-obiettivo
Può riguardare sia prestazioni scolastiche (ad es. un determinato numero di schede da
completare), sia specifici comportamenti (ad es., una modalità di interazione corretta
con i compagni).
Individuare il metodo per calcolare il punteggio
Si possono usare piccoli gettoni colorati che il bambino deve custodire, o stelline o
stickers da apporre su un'apposita scheda suddivisa per giorni, o un altro sistema,
meglio se di tipo grafico.
Accordarsi sul valore del corretto perseguimento dell'obiettivo
Ovvero quanti punti vale il raggiungimento dell'obiettivo? Azioni che richiedano più
tempo di lavoro o maggior impegno ed energie devono essere convertite in cifre
superiori.
Selezionare i premi ottenibili in base all'accumulo di punti
Si tratta di una lista di privilegi, azioni o oggetti che deve essere concordata con l'alunno
(ed eventualmente con la famiglia). È opportuno includere premi che siano facilmente
raggiungibili in termini di accumulo di punteggio, per evitare una iniziale
demotivazione dell'alunno.
Scegliere la tipologia di attribuzione del punteggio
È possibile scegliere tra la sola attribuzione di punteggio all'emissione di un
comportamento adeguato oppure una strategia tipo "costo della risposta" che pone
l'alunno nella condizione di poter anche perdere punti nel caso in cui attui determinati
comportamenti inadeguati.
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147
QUESTIONARIO DI GRADIMENTO
TEACHER TRAINING: Ho un alunno ingestibile!
Ente/Sede e Grado scolastico: ____________________________________
A conclusione del percorso formativo, si
chiede di fornire una valutazione dei
seguenti aspetti:
Contenuti
Metodologie didattiche
Modalità organizzative
Relatori del corso
Risultati
assegnando un punteggio da 1 a 5
secondo il criterio esposto accanto.
Punteggio
Valutazione
1 Per niente
2 Poco
3 Così
4 Abbastanza
5 Molto
NOTA: il questionario è anonimo. Grazie della collaborazione!
Contenuti
Gli argomenti affrontati durante il corso sono stati:
per niente
molto
Chiari
1 2 3 4 5
In linea con le sue aspettative
1 2 3 4 5
Vicini alla sua realtà lavorativa
1 2 3 4 5
Vicini alle reale problematiche
1 2 3 4 5
Esaurienti
1 2 3 4 5
Adeguati alle sue conoscenze
1 2 3 4 5
Utili nel suo futuro lavorativo 1 2 3 4 5
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Metodologie didattiche
Ritiene che i metodi (Project Work, Video-discussioni ecc) utilizzati siano stati
per niente
molto
Adeguati rispetto ai contenuti
1 2 3 4 5
Favorevoli al coinvolgimento
1 2 3 4 5
Di supporto all'apprendimento
1 2 3 4 5
Favorevoli al confronto
1 2 3 4 5
Proposti in modo chiaro
1 2 3 4 5
Utili a sviluppare competenze
1 2 3 4
Modalità organizzative
In che misura ritiene adeguati i seguenti aspetti organizzativi del corso?
per niente
molto
Qualità del materiale fornito
1 2 3 4 5
Quantità del materiale fornito
1 2 3 4 5
Adeguatezza della durata
1 2 3 4 5
Relatori del corso
Ritiene che i relatori siano stati
per niente
molto
Competenti della materia
1 2 3 4 5
Attenti a chiarire/approfondire
1 2 3 4 5
Capaci di dare spunti operativi
1 2 3 4 5
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Risultati
Ritiene che il corso sia stato utile per
per niente
molto
Le conoscenze apprese
1 2 3 4 5
Le abilità operative sviluppate
1 2 3 4 5
Le riflessioni sollecitate
1 2 3 4 5
L'interesse suscitato
1 2 3 4 5
Lo scambio di esperienze
1 2 3 4 5
Applicabilità al suo lavoro
1 2 3 4 5
Bilancio complessivo
Potrebbe fare un bilancio complessivo del corso segnalandoci:
aspetti positivi e aspetti critici
argomenti che vorrebbe approfondire
ulteriori osservazioni e suggerimenti
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BIBLIOGRAFIA
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psicoterapeutiche. Trento, Erickson
SITOGRAFIA
Youtube.com
Video del 1° incontro (opzionale)
https://www.youtube.com/watch?v=yOzfHP_ryVY&t=3106s (La sindrome
dei monelli)
https://www.youtube.com/watch?v=t32CK5t8d2Q (A day in life with ADHD)
Video del 3° incontro
https://www.youtube.com/watch?v=elnA4g3pJfk&t=1s (Programma Il
Collegio, Produzione RAI)
https://www.youtube.com/watch?v=PTH_Mc7ewVE&feature=emb_logo
(Programma Il Collegio, Produzione RAI)
https://www.youtube.com/watch?v=LkxXoqoEubc&t=1s (Programma Il
Collegio, Produzione RAI)
https://www.youtube.com/watch?v=oyAfafotBY8 (Programma Il Collegio,
Produzione RAI)
Video del 5° incontro
https://www.youtube.com/watch?v=B2DDYfNTXcI (Estratto film
Detachment-Il distacco)
Video del 7° incontro
https://www.youtube.com/watch?v=BX9TeGZAlqE (Simulatore ADHD - G.
Daffi)
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