QUI è tempo di Quintana / giugno 2023
la rivista ufficiale della Giostra della Quintana di Foligno
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La statua
salvata
33
di Mauro Silvestri
Chissà cosa sarebbe successo se nel 1946
i “riesumatori” della Quintana con in testa
Emilio De Pasquale non avessero trovato
più la statua lignea. Forse la riproposizione
dell’antico gioco sarebbe stata certamente
più difficile e oggi magari staremmo parlando
di un’altra cosa. Già, perché nessuno sa
che il Dio Marte poteva essere rubato dalle
truppe tedesche nel 1943. Sì, proprio la statua
della Quintana, oggi custodita nel Museo
della Città di Palazzo Trinci, ha rischiato
di seguire lo stesso destino di altre migliaia
di opere d’arte italiane rubate (raubkunst)
durante il periodo di occupazione se non
fosse intervenuto Dromo Faffa, elettrauto
molto conosciuto in città. Ma andiamo con
ordine. Foligno, come sappiamo, sarà liberata
dalle truppe alleate solo il 16 giugno
del 1944 e verso la fine del 1943 la città è
ancora sotto il comando delle truppe tedesche
guidate dal capitano Hessen. La statua,
proprietà della città, era stata affidata
nel 1570 alla famiglia Gregori che aveva il
compito di esporla ogni anno in Piazza
Grande dal 17 gennaio, giorno di Sant’Antonio
Abate, fino al martedì grasso, fine del
Carnevale. I Gregori hanno assolto
quest’onere fino al 1833 quando la carica di
Cavaliere dell’Inquintana venne cancellata
dallo Stato Pontificio. La Statua, quindi, trovò
definitiva dimora nel palazzo della famiglia
Gregori nell’attuale via Umberto I. Dromo
Faffa abitava con la sua famiglia a Palazzo
Scaramucci, proprio a confine con
quello della baronessa Amalia Gregori Piccini.
“Abitavamo lì vicino – racconta Paris
Faffa, oggi 94enne, figlio dell’eroico elettrauto
Dromo – e ricordo che da piccolo
avevo paura di questa statua tutta nera che
campeggiava in penombra a metà del corridoio
di casa Gregori, prima della cappella
privata. Mia madre – aggiunge – quando
combinavo qualche marachella, minacciava
di mandarmi in castigo dal “bucciotto
cattivo”, come lo chiamava lei”. Tornando
ai tedeschi, proprio il capitano Hessen aveva
notato la statua lignea di ottima fattura e
ordinò ai suoi uomini di portarla insieme ad
altre opere nel fienile di Villa Clio a Carpello,
sede del comando tedesco. Ed ecco che
entra in gioco Dromo Faffa. “Mio padre racconta
ancora Paris – aveva fatto qualche
lavoro sui mezzi tedeschi ed era venuto
così a conoscenza delle intenzioni di Hessen
e ideò il piano, di concerto con la baronessa,
per mettere al sicuro la statua”. Nello
scantinato del palazzo di via Umberto I
verso via Piermarini c’era anche una grotta
e allora, con l’aiuto di un suo operaio, trasportò
il Dio Marte nella grotta e lo nascose
coprendolo con tante batterie usate. “Anche
io partecipai all’operazione e quando
arrivarono i tedeschi – prosegue Paris – il
“bucciotto cattivo” non c’era più, ma non fu
così facile spiegare che noi non sapevamo
nulla. Infatti, mio padre venne poi portato al
comando e rilasciato dopo un interrogatorio
solo a tarda sera”. Il capitano Hessen
dovette arrendersi e rinunciare alla statua
che rimase al sicuro lì sotto fino all’arrivo
degli alleati e pronta, due anni più tardi, a
diventare il simbolo della Quintana.