PRIMA LINEADegrado, malattia, dolorelì, alla periferia di RomaStorie di povertà, violenza ed infanzia negata.E non, come siamo soliti aspettarci, dall’altra parte del mondo,ma a poca distanza dal centro della capitale. La testimonianzadella dottoressa Lucia Ercoli, responsabile del Serviziodi medicina solidale e delle migrazioni di Tor Bella Monacadi Lina Vita Losaccoche funziona all’occorrenzacome day-hospital” dice ladottoressa Lucia Ercoli, responsabiledel Servizio, checon i suoi collaboratori accogliedai 30 ai 50 utenti algiorno, dal lunedì al venerdì:“Abbiamo incontrato circa40 mila persone da gennaio2005, i pazienti adultiattualmente in carico sono9 mila e 1200 i pediatrici; ilServizio è diventato puntodi riferimento sul territorioper interi nuclei familiari, soprattuttoimmigrati che oltrea sentirsi accolti si sentonogarantiti nel fruire diun servizio di facile accesso”.Oltre le attività di medicinagenerale e specialistica,di diagnostica strumentale,per tre volte a settimanaè attivo un centro prelievicoordinato con il Policlinico.Nel 70 percento dei pazientiin carico si tratta diimmigrati o nomadi. Di essiil 41 percento provienedall’Est Europa (di cui l’82,4percento dalla Romania), il34 percento dall’Africa(Congo, Camerun e Nigeria87,3 percento). Le patologiepiù frequenti sono quelledella tiroide, diabete, obesità,ipertensione arteriosa e,inevitabilmente, anche cardiovascolari.Vari studi contorioricavato al piano terradella chiesa di Santa MariaMadre del Redentore dove,dal 2004, medici volontaridi varie specializzazioni accolgonoe curano i numerosissimipazienti appartenentialle fasce sociali deboli, immigrati,nomadi e senza fissadimora. Un presidio sanitario“a bassa soglia” dovel’assistenza viene garantitasenza i limiti burocraticied economici che spessonon permettono l’accesso alServizio sanitario nazionale,soprattutto alle personepovere o straniere.Il Servizio, nato dalla collaborazionetra la Facoltà dimedicina-Policlinico universitariodi “Tor Vergata”,l’Istituto di medicina solidale-onluse la Diocesi romana,dal 2005 è anche sededel tirocinio prelaurea obbligatorioper gli studentidella Facoltà di Medicina di“Tor Vergata”; esso rappresenta“una unità operativaTor Bella Monaca èuno dei quartieri dellaperiferia di Romacon forte disagio sociale;una vasta zona dove famiglieitaliane e numerose comunitàdi stranieri vivonoad di sotto della soglia di povertà.Nello stesso quartiere,in viale Duilio Cambellotti,sorge il Servizio di medicinasolidale e delle migrazioni(1),un Poliambula-L’estensionedelle malattieè spiegabileanche conil cambiamentodel regimealimentare(1) www.medicinasolidale.org28
PRIMA LINEA“A loro i “dirittidi bambino”sono negatinon importase italiani o stranierifermano che l’estensione ditali malattie è spiegabile, oltreche per i diversi fattori didiscriminazione socio-culturale(2)e adozione di stilidi vita poco salutari, ancheper il cambiamento del regimealimentare a seguitodella migrazione; il largo usodi cibi fast food, bibite gassateo merendine, ad esempiorappresentano una sortadi status symbol percepitocome indicatore di integrazioneo il sovrappesosimbolo di prosperità economica.Le donne che si rivolgono alServizio di medicina solidale,70 percento dell’utenza,nel 50 percento dei casi fannorichiesta di assistenza ingravidanza: “Accogliamocirca 1000 gestanti l’anno,nelle nigeriane ad esempiola gravidanza è indicatoredella loro capacità riproduttivae quindi della loro forzama, a causa dell’estremodisagio sociale, sono costrettead interromperla. Soprattuttotra le donne immigratee nomadi è moltoelevato il ricorso all’IVG (finoa 25 IVG/donna)”.Per le donne migranti, privatedel proprio contestoculturale e sostegno familiare,la maternità è moltofragile, difficile in una condizionedi sopravvivenza.Frequenti sono poi le richiestedi screening per il ti-more di infezioni sessualmentetrasmissibili. Moltedonne vivono un’alta condizionedi promiscuità deirapporti sessuali, ma ancheuna forte costrizione a formedi sfruttamento che colpiscein particolar modo legiovanissime e i bambini.A Tor Bella Monaca, il quartiereintorno a via dell’Archeologia,si vive in un concentratodi disagio e violenzasoprattutto a carico deiminori: sono tantissimi ibambini violentati, torturati,sfruttati e venduti, oppurearruolati, dai 3 ai 16 anni,come corrieri della droga.A loro, nati nella violenzaed educati alla violenza,i “diritti di bambino” sononegati, non importa seitaliani o stranieri; per moltidi loro può accadere diperdere i genitori nello stessogiorno se il padre muoreper overdose e la madre vain carcere per aver accoltellatola vicina di casa, ritrovandosiorfani e abbandonatia se stessi. Ma anchequando ci sono, le madri diquesti bambini, in uno statodi acquiescenza sociale,subiscono violenza spessointroiettata e poi espressacon un linguaggio e un comportamentocrudo e crudele.Private dei propri dirittinon riconoscono quelli deiloro figli con i quali non sonoin grado di esercitare unruolo genitoriale idoneo ecompetente.“Quello che colpisce - spiegala dottoressa Ercoli - èche i bambini scolarizzatipresentano una sorta di dicotomiatra la propria dimensionee quella degli altribambini, fatta di regole e affetti,desiderata e irraggiungibile.Alcuni riescono a fuggiree a rivolgersi alle forzedell’ordine per denunciarele violenze subite”. Il lavorodella pediatra e della neuropsichiatrainfantile del Servizioè intenso: tanti sono ibambini iperattivi, con dispersionescolastica, affettida psicosi o con lesioni e patologiedovute alla violenzasubita o all’incuria. Povertà,degrado, violenza, abuso etraffico di sostanze stupefacenti,genitori con elevataemarginazione, rappresentanoper i bambini fattori dirischio di abuso più elevatoe di problemi psicologici ocomportamentali. Oltretuttol’elevata mobilità residenziale,la diversità tra igruppi di popolazione e l’ele-vata densità, la disoccupazioneo il diffuso isolamentosociale, sono tutti fattoriche creano un clima favorevolealla violenza, o riduconol’inibizione nei suoi confronti.Non è casuale che inquesti contesti prevalganonorme culturali che avallanola violenza come metodoper risolvere i conflitti o chedanno priorità ai diritti deigenitori rispetto al benesseredei bambini, o che accentuanoil potere degli uominisulle donne e i bambini.La disparità nella distribuzionedelle risorse materiali,di status è in stretta relazionecon i principali fattori dirischio per la salute. Certamentela risposta del Serviziodi medicina solidale e dellemigrazioni inserito in uncontesto quale quello appenadescritto, tra l’altro moltovasto territorialmente, cercadi contrastare e ridurre lacostante diseguaglianza esistentein merito allo stato disalute, fortemente correlataallo svantaggio sociale.L’esperienza di medici, infermieri,mediatori culturali,psicologi, garantendo curemediche e un’ampia attivitàdi prevenzione e di educazionealla salute implementatedalla capacità dicoesione e di solidarietà, studiandole condizioni di questepersone e i fattori che ledeterminano, rappresentauna risposta globale; essa sipone infatti con l’obiettivo dipossibili cambiamenti da introdurrenel sistema per renderlopiù accogliente diventandoallo stesso tempo strumentodi tutela per l’infanziae non solo. •(2) Frisbie WP, et al. Immigration and the health of Asian and Pacific Islander adults in United States. American Journal of Epidemiology 2001;153:372-80.29