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Pulpito Sec. XVIII, ultimo quarto Marmo bianco scolpito e marmi policromi intarsiati, cm. 460ca.x130ca. Maestranze messinesi Messina, chiesa <strong>di</strong> S. Caterina Valverde La presenza dello stemma appartenente a Don Michele Maria Paternò Bonaiuto, Gran Priore dell’Or<strong>di</strong>ne Gerosolimitano dal 1773 al 1795 1 , consente <strong>di</strong> assegnare al manufatto una collocazione cronologica più precisa. Si deve all’insigne Priore il restauro della Chiesa <strong>di</strong> S. Giovanni <strong>di</strong> Malta, dopo il terremoto del 1783, anzi, più precisamente, come <strong>Marullo</strong> <strong>di</strong> <strong>Condojanni</strong> riporta, …Rifabbricò a proprie spese la Chiesa Priorale, che fino ad oggi rammenta con lo stemma <strong>di</strong> Casa Paternò, posto sull’ingresso dalla parte interna, la memoria del suo benefattore e la data del 1777. Dopo il <strong>di</strong>sastro tellurico del 1783, ricostruì il Palazzo Priorale e restaurò nuovamente la chiesa, che era andata in rovina 2 . La struttura del pulpito presenta una forma a calice: su base ottagonale decorata da fascio d’alloro e palmette, si imposta un pilastro ad andamento svasato, sulle cui facce fanno da corona raffinate testine <strong>di</strong> cherubini aggettanti con fronda. La parte superiore a conca presenta una base bombata in marmo bianco, ornata da un prezioso decoro <strong>di</strong> minute volute e motivi floreali, che si ripropone nelle cornici; sorregge un parapetto ad andamento curvilineo, anche questo con i caratteristici riquadri a tarsie policrome. Nella specchiatura centrale, in bella evidenza, compare l’insegna coronata del Gran Priore Paternò Bonajuto, come sopra accennato, costituita da croce bianca del Balì, su campo rosso, nella parte superiore, e dallo stemma della famiglia Paternò, con i caratteristici quattro pali attraversati da banda e arricchito da decorazioni a volute, da cui fuoriescono le otto punte tipiche della croce <strong>di</strong> Malta, in marmo bianco a rilievo. La realizzazione del raffinato lavoro in marmi intarsiati, dai particolari <strong>di</strong> gusto già neoclassico, si deve probabilmente alla perizia d’ignoti marmorari messinesi della fine del secolo <strong>di</strong>ciottesimo; è genericamente associabile per tipologia al secentesco pergamo della Chiesa Madre <strong>di</strong> Castroreale e a quello del Duomo <strong>di</strong> Messina, cui potrebbe fare riferimento sia per la forma a calice che per l’uso del rilievo. Ai motivi decorativi in marmo bianco finemente scolpito si alternano le raffinate geometrie delle tarsie in pregiati marmi <strong>di</strong> varie colora- 103 zioni, dalle caratteristiche venature, come il rosso <strong>di</strong> Taormina e il verde <strong>di</strong> Trapani, con bordure in marmo giallo e nero. Sono, queste, peculiarità tipiche <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> manifattura, dai decori meno esuberanti e dalle tinte meno vivaci, rispetto al commesso secentesco, grazie all’uso del rilievo, abbinato al marmo rosso e al marmo verde <strong>di</strong> Trapani. Il pulpito3 , proveniente dalla chiesa <strong>di</strong> S. Giovanni <strong>di</strong> Malta, fu trasferito, dopo il terremoto del 1908, nella ricostruita chiesa <strong>di</strong> S. Caterina Valverde. Oggi, è visibile nella navata destra dell’attuale chiesa, e<strong>di</strong>ficata nel 1926-29, su progetto <strong>di</strong> Cesare Bazzani, e consacrata nel 1932. Valeria Bottari 1 Michele Maria Paternò Bonaiuto (1706-1795), figlio <strong>di</strong> Vincenzo Paternò e Trigona, Barone <strong>di</strong> Raddusa e <strong>di</strong> Anna Bonajuto, ultima del ramo Bonajuto, che avevano la loro casa in Piazza del Duomo, alle spalle del Palazzo Celesti. Seguì la carriera delle armi sulle galere dell’Or<strong>di</strong>ne e nel 1743 gli fu affidata la Ricevitoria <strong>di</strong> Augusta; <strong>di</strong>venne Ammiraglio della Squadra navale e Balì Cavaliere della Gran Croce. Ebbe l’appannaggio dell’importante commenda <strong>di</strong> S. Egi<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Piacenza e nel 1773 fu chiamato al Gran Priorato <strong>di</strong> Messina, la qual carica lo costituiva superiore dell’Or<strong>di</strong>ne nel Regno <strong>di</strong> Sicilia e nel Ducato <strong>di</strong> Calabria. Solo verso la fine del 1776 egli prese stabile <strong>di</strong>mora in Messina e appena giunto nella sua sede, egli si applicò a migliorare le sorti dell’insigne Priorato (C. <strong>Marullo</strong> <strong>di</strong> <strong>Condojanni</strong>, La Sicilia…, cit., pp. 184-185). Esercitò la sua autorità sulla parrocchia <strong>di</strong> S. Giovanni a Castanea e nella Chiesa <strong>di</strong> S. Caterina. Il La Farina nel 1840 ricorda il monumento del Gran Priore Paternò Bonajuto, posto presso la porta maggiore, nella chiesa <strong>di</strong> S. Giovanni, insieme a quello <strong>di</strong> Andrea <strong>di</strong> Giovanni (G. La Farina, Messina e i suoi monumenti, Messina 1840, ristampa G.B.M., Messina 1985, p. 131); è risaputo inoltre che non fu il terremoto del 1908 a provocare i danni sui monumenti sopra citati, ma la demolizione con <strong>di</strong>namite del prospetto principale della Chiesa. I frammenti rimasti dei due monumenti furono trasferiti nella spianata del Museo Regionale e per il monumento Bonajuto parecchi risultarono i pezzi mancanti. A Don Michele Maria Paternò Bonajuto si devono varie opere, contrassegnate dal suo stemma e conservate nello stesso tempio. 2 C. <strong>Marullo</strong> <strong>di</strong> <strong>Condojanni</strong>, La Sicilia…, cit., pp. 184-185. 3 D. Spagnolo, La chiesa…, cit., p. 323; F. Chillemi, Il Gran Priorato…, cit., p. 278. La foto del pulpito è pubblicata su: L’Or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> Malta…, cit., p. 99.
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