schede - Carlo Marullo di Condojanni

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130 Monumento funebre della Famiglia Di Giovanni Sec. XIX Marmo bianco scolpito, cm. 169x178x105 Ignoto scultore Barcellona Pozzo di Gotto (ME), Cimitero Comunale Opera inedita Nell’ambito della scultura funeraria, oggetto di studi recenti 1 e da tempo obiettivo conoscitivo di ampie e numerose indagini di un lavoro di equipe che hanno consentito a chi scrive l’osservazione di un quanto mai vasto, ma tuttavia il più delle volte ripetitivo e retorico, repertorio di monumenti funebri 2 , il monumento in oggetto si inserisce meritatamente tra le opere più rappresentative della fine dell’ottocento presenti nel cimitero di Barcellona Pozzo di Gotto 3 . I quattro busti dei fratelli Bartolomeo, Francesco, Antonia e Marianna Di Giovanni, posti su un alto basamento e perimetrati da un recinto in ferro battuto, sono collocati nella parte alta del cimitero, al margine destro del viale centrale, l’area monumentale, dove hanno trovato sepoltura negli anni a cavallo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo
personaggi appartenenti alla nobiltà e alla borghesia del luogo. I busti sono disposti l’uno di seguito all’altro, da sinistra a destra nell’ordine naturale determinato dalla data della scomparsa, e, su ciascun basamento, su tutti e quattro i lati, si leggono iscrizioni dedicatorie, commemorative, composte dai germani per il fratello scomparso. La lettura delle iscrizioni rivela lo stretto legame d’affetto che intercorreva tra questi ‘gattopardi’, esponenti di una delle più nobili e titolate famiglie messinesi, il cui orgoglio per l’autorevolezza acquisita dai diritti di nascita traspare in ogni parola accuratamente scelta. Fu Marianna di Giovanni, nubile, morta per ultima tra i fratelli (Mariantonia era una religiosa, mentre Bartolomeo e Francesco erano scapoli) a commissionare a sue spese il monumento, sulla sua lapide si legge […] Marianna Di Giovanni nata a Messina il 5 novembre 1818, morta a Barcellona il 9 maggio 1899. Discesa dagli antichi Centelles Duchi di Pregacore e Marchesi del Sollazzo costantemente si attenne al nome illustre. Innalzò a sue spese il monumento ai fratelli […] donò tutto ai nipoti che hanno il nome del casato. L’arma della famiglia, addossata alla Gran Croce dei Cavalieri di Malta, è scolpita a rilievo sul verso della tomba di suor Maria Antonia di Giovanni. Lo stemma, così com’è descritto dal Galluppi 4 riproduce due leoni rampanti con al centro spighe di frumento rese, come la zolla di terreno in basso, in modo naturalistico e si completa con la corona sormontata da un’aquila. Nonostante l’attenta analisi non è emersa alcuna firma dell’esecutore dei busti che rappresentano il più diffuso tra i ‘generi’ prescelti dalla committenza per la commemorazione dei defunti. Il busto ritratto infatti è stato in ogni tempo, il modo più diretto di rappresentare le qualità fisiche e morali del soggetto raffigurato, in particolare nella scultura funeraria dove l’esigenza dei familiari è quella di eternare, a memoria d’uomo, le doti del defunto e maggiormente il “ruolo” che questi ebbe durante la vita. Il novero dei busti, di pregevole o di modesta esecuzione, presente ad esempio, in ambito locale, nel Gran Camposanto di Messina, è numerosissimo, ed altrettanto lo è, in proporzione, nel cimitero di Barcellona e in tutti i piccoli e grandi cimiteri della provincia. Per la gran parte, come si è detto, si tratta di opere retoriche e di maniera eseguite da artisti mestieranti che nella loro bottega realizzavano prodotti seriali e di scarso valore artistico; ma accanto a queste si contano sculture pregevoli eseguite negli opifici dei più accreditati scultori attivi a Messina tra l’ottocento e il novecento: Gangeri, Zappalà, Scarfì, i 131 cui nomi sono legati alla generica produzione plastica locale e dei quali i monumenti funebri rappresentano la parte più numerosa e documentata del corpus dell’Opera tali che, esposti da oltre un secolo all’aperto, soggetti all’inevitabile erosione e “scuriti dal tempo” possono considerarsi una sorta di esposizione permanente, potenzialmente fruibile da un pubblico che per la gran parte ne sconosce l’esistenza, e sulla quale è necessario esercitare una tutela che ne garantisca la conservazione resa ancor più difficile dalla particolarità dei luoghi e dalla inamovibilità delle opere. Tornando ai fratelli Di Giovanni, i loro busti si includono con ragione nella produzione che, negli anni relativi all’ultimo quarto del XIX secolo, fedele ai prototipi letterari del tempo, predilige una rappresentazione realistica del soggetto, a svantaggio di quella velata da una stanca vena neoclassica che si attardava nella ripetizione vacua del lontano spirito canoviano che a tratti sarà riproposto, specie nel secolo successivo in rigide opere accademiche. E quindi ci appaiono composti in un atteggiamento aristocratico e altero, consapevoli dell’importanza del rango e della conduzione di vita seria e fedele alla morale, alla quale avevano consapevolmente aderito durante la loro vita. Tra gli scultori sopracitati quello nella cui produzione meglio è interpretata l’adesione al vero è Giovanni Scarfì che possiamo considerare, per l’imponente mole di opere e per l’ampio lasso di tempo in cui le realizzò il maggiore rappresentante della scultura funeraria messinese e nella cerchia dei maestri vicino a lui va inserito il monumento Di Giovanni. Giovanna Famà 1 G. Molonia - P. Azzolina (a cura di), Un libro aperto…, cit. 2 Una ricognizione a tappeto con la conseguente relativa catalogazione, è stata avviata da anni dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina all’interno dei cimiteri di Messina e provincia, con l’importante obiettivo, realizzabile solo attraverso la conoscenza, della valorizzazione del patrimonio monumentale e plastico tra i sec. XIX e XX, di cui la tipologia funeraria costituisce la testimonianza di maggiore entità. 3 Opera catalogata, schede nn. 1900257654, 1900257655, 1900257656, 1900257657, G. Famà, 2003, Archivio Servizio IV, Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina. 4 G. Galluppi, Genealogia della famiglia Di Giovanni…, cit.
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