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Il modello istituzionale corporativo a Torino nel Settecento ...

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sottolineata dal fatto che <strong>nel</strong>l'Ottocento verrà rimpiazzata dai moderni tribunali di commercio ,in età<br />

napoleonica, dapprima ,e cavourriana in seguito.<br />

Quanto al Consiglio di commercio ricalcava un’analoga istituzione francese creata all’inizio del<br />

secolo per soprintendere, sotto la presidenza del sovrano, alla navigazione e agli affari commerciali<br />

di terra e di mare. Sorse come organo autonomo <strong>nel</strong> 1729 stralciando le funzioni consultive e di<br />

controllo svolte fino ad allora dal Consolato che conservò, invece, mansioni di tribunale mercantile,<br />

ossia il “giuridico e il contenzioso”, oltre a mansioni operative di vario tipo .Nel 1783 anche queste<br />

ultime competenze, che rientravano <strong>nel</strong> “politico ed economico”, passarono al Consiglio di<br />

commercio, sebbene ormai da due anni fosse stato esautorato dei poteri di authority concessi,<br />

invece, alla nuova figura <strong>istituzionale</strong> del Procuratore generale di commercio 17 . All’ente di<br />

derivazione settecentesca, soppresso come inutile <strong>nel</strong> 1831,avrebbero fatto capo le prime Camere di<br />

agricoltura industria e commercio di <strong>Torino</strong> , Chambery e Nizza istituite <strong>nel</strong> 1825 18 .<br />

La documentazione prodotta dai due organi <strong>nel</strong> corso del <strong>Settecento</strong> fa emergere l’esistenza di un<br />

<strong>modello</strong> mentale condiviso di tipo istituzionalista che crede <strong>nel</strong>la possibilità dello sviluppo delle<br />

forze produttive del paese promosso e guidato da corpi intermedi, mentre reputa effimera o<br />

comunque instabile la crescita ottenibile seguendo vie alternative come quella dell’individualismo<br />

suggerita dalle dottrine economiche provenienti d’oltremanica . Così, <strong>nel</strong> corso del <strong>Settecento</strong><br />

l'inquadramento dell'economia di mercato, sotto il coordinamento del Consiglio di commercio,<br />

procedette lungo direttrici già tracciate in precedenza dai sovrani sabaudi, sebbene talvolta moderne<br />

idee liberiste affiorassero anche nei pareri espressi dall’ente o nei dibattiti condotti in seno allo<br />

stesso.<br />

Nella realizzazione dei programmi economici della monarchia le aggregazioni più o meno<br />

istituzionalizzate di quanti operavano <strong>nel</strong>la realtà quotidiana divennero interlocutrici necessarie dei<br />

due organismi ai fini di una concreta azione di governo . Le arti, in quanto corpi intermedi, furono<br />

chiamate, attraverso gli strumenti di regolazione propri del Consolato e del Consiglio, a sostenere<br />

una politica economica che, in contraddizione con le spinte autarchiche provenienti dalle esigenze di<br />

sicurezza dello Stato, tendesse a far uscire il paese dall'isolamento di stampo feudale in cui era<br />

ancora sostanzialmente confinato, agganciandone l'attività produttiva ai mercati internazionali. E’<br />

<strong>nel</strong> <strong>Settecento</strong> che, con apparente anacronismo, si sviluppa anche in Piemonte un sistema<br />

<strong>corporativo</strong> senza che avesse alle spalle una forte tradizione associativa di tipo economico con<br />

carattere di spontaneità.<br />

Non che mancasse <strong>nel</strong>la realtà una pluralità di forme di aggregazione, ma dalle associazioni meno<br />

strutturate, come i corpi senza regole o i sindaci delegati da categorie produttive che non facevano<br />

corpo, a quelle di intonazione religiosa, come le confraternite e le compagnie d'altare, non emergeva<br />

la coesistenza di chiari o specifici intenti economici. Neppure vi era stata in Piemonte una tradizione<br />

di corporazione come <strong>modello</strong> di rappresentanza popolare <strong>nel</strong> governo della cosa pubblica.<br />

La sofisticata spiegazione in chiave sociologica 19 della improvvisa fioritura delle arti in Piemonte tra<br />

gli anni ‘20 e ‘40 del <strong>Settecento</strong> che la interpreta come una rivendicazione di status di fronte alle<br />

tendenze livellatrici manifestate da Vittorio Amedeo II con le Regie Costituzioni del 1723 e<br />

1729,non esaurisce la comprensione di una realtà che aveva a che vedere con il complesso problema<br />

della pianificazione dello sviluppo delle forze produttive del paese. Difatti, alle preoccupazioni di<br />

finanza pubblica che già avevano spinto i sovrani predecessori a imporre l'immatricolazione forzosa<br />

delle arti, sempre si erano affiancate ,non solo formalmente, preoccupazioni di ordine produttivistico<br />

che, anzi, erano divenute una costante delle politiche economiche dei governi sabaudi.<br />

Nel 1791 il presidente del Consolato di <strong>Torino</strong>, conte Valperga, ebbe a dire ,esplicitando l’esistenza<br />

effettiva di un progetto produttivistico a monte della fioritura corporativa:<br />

17 Asto Corte, Materie economiche, cat. 2^, maz. 2 da ordinare e cat. 3^ maz.1 da ordinare<br />

18 Asto Corte,Materie Economiche, cat. II, maz. II da ordinare<br />

19 Cfr., S. Cerutti, Mestieri e privilegi. Nascita delle corporazioni a <strong>Torino</strong>, secoli XVII-XVIII, <strong>Torino</strong> 1993<br />

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