20.05.2013 Views

Il modello istituzionale corporativo a Torino nel Settecento ...

Il modello istituzionale corporativo a Torino nel Settecento ...

Il modello istituzionale corporativo a Torino nel Settecento ...

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

della cocciniglia di provenienza americana 88 . Si tentò anche di avviare la coltivazione del guado<br />

(Isatis tinctoria), una pianta che cresceva spontaneamente sugli spalti delle fortezze dei castelli per<br />

la tintura in azzurro in sostituzione dell'indaco proveniente dall'America. L’ Accademia delle<br />

scienze, inoltre, venne incaricata di sviluppare ricerche applicate all'arte tintoria. Gli studi portarono<br />

alla nascita <strong>nel</strong> 1781 delle prime fabbriche di prodotti chimici per tintura su iniziativa dei soci conte<br />

Giuseppe Ignazio Valperga e Francesco Cumino, maggiore di fanteria situate <strong>nel</strong>le valli di Brozzo,<br />

Chy e Pont per avviare una produzione nazionale di vetriolo verde(solfato di ferro), acquaforte<br />

(acido nitrico) e allume 89 . Si giunse all’istituzione di un ente pubblico per il controllo delle stoffe in<br />

seta tinte frapposto tra i tintori e gli utenti, mercanti , fabbricanti e privati. Le sete nostrane<br />

risultarono tinte meglio rispetto alle inglesi e olandesi che sbiadivano facilmente , sebbene il colore<br />

iniziale di queste ultime fosse più vivace ed attraente, ma inferiori a quelli di Lione 90 .<br />

Altra attività di filiera insediata a <strong>Torino</strong> fu la produzione dei pettini per le stoffe in seta. La fabbrica<br />

dei pettini era stata introdotta da certo Delaunaj e proseguita dalla figlia Teresa Rainera trasferitasi<br />

<strong>nel</strong> capoluogo dalla cittadina di Mondovì per produrre i pettini necessari alla “fabbrica delle stoffe in<br />

seta” che non era solo quella reale, ma comprendeva anche l'attività produttiva dei fabbricatori<br />

corporati .Tra il 1727 e il 1732 la donna non ebbe difficoltà a smaltire la produzione dato che veniva<br />

assunta interamente dal Consolato che aveva stanziato un fondo apposito. L’ente rivendeva quindi i<br />

pettini ai fabbricatori di stoffe in seta, ma mentre "era facile il ritirarli e pagarli alla Rainera, con<br />

altrettanta difficoltà si potevano esitare ai fabbricatori". Dopo il 1732 e per un certo tempo la<br />

maestra di Mondovì fu libera di collocare i pettini prodotti sia sul mercato interno sia fuori stato.<br />

Quest 'ultima facoltà, tuttavia, venne revocata dal Consolato <strong>nel</strong> 1741. <strong>Il</strong> quadro produttivo cittadino<br />

divenne più articolato quando il fratello, Nicolao Delauney "molto più perito della medesima" aprì<br />

una propria attività a <strong>Torino</strong>, anch’ egli contando sul sostegno del Consolato che si era impegnato a<br />

mantenere il lavoro a entrambi affinché "i mastri operari di stoffe[fossero] a tempo debito<br />

provveduti di buoni pettini". <strong>Il</strong> settore ebbe difficoltà ad affermarsi tant'è che il Delaunay si<br />

allontanò dalla città e la Rainera stentò a smaltire i pettini prodotti sia per il sopraggiungere di una<br />

crisi <strong>nel</strong>la tessitura torinese alla metà del secolo ,sia per la incostanza qualitativa, avendo riscontrato<br />

l’esistenza di partite difettose. Sebbene in seguito ad accertamenti eseguiti dal Consiglio di<br />

commercio fosse risultato che la Rainera, in realtà, non aveva mai trovato sbocchi all'estero per la<br />

propria produzione, i pettini torinesi <strong>nel</strong> 1741 formarono oggetto assieme ad altri ordigni necessari<br />

ai tessitori auroserici, di un'operazione di spionaggio industriale a vantaggio della fabbrica delle<br />

stoffe di seta della città di Napoli. Difatti, un fabbricatore lionese di stoffe in seta , Sebastiano<br />

Buisson, destinato ad assumere la direzione della fabbrica napoletana venne arrestato in flagranza di<br />

reato per aver organizzato il trasferimento <strong>nel</strong>la città partenopea di operai e attrezzi torinesi. In<br />

particolare aveva avvicinato un fabbricatore di stoffe residente a <strong>Torino</strong>, ma nativo di Lione, tale<br />

Giovanni Piot, convincendolo al trasferimento "sulla rappresentanza dei maggiori vantaggi che<br />

avrebbe in essa[città] trovati". La " subornazione" avvenne con l'offerta del necessario: il denaro, il<br />

passaporto rilasciato dall'ambasciatore di Spagna residente a <strong>Torino</strong> , la vettura fino a Genova. Si<br />

trattava peraltro di un solo soggetto, particolarmente versato alla mobilità, poiché la sua residenza a<br />

<strong>Torino</strong> era stata intermittente. L'accusa più grave, in ogni modo, fu di avere acquistato da un perito<br />

tiraoro di <strong>Torino</strong>, certo Paccalino, l’attrezzatura necessaria a filare l’oro:<br />

«mollino di ferro da tirar l’oro… rovetto da filar l’oro, per zecchini 14, diversi maticalli e ponte di ferro e un<br />

pettine per il taffetà d'Inghilterra» 91<br />

<strong>Il</strong> Buisson venne arrestato e poi bandito in perpetuo dallo Stato, mentre il complice Paccalino, al<br />

quale veniva riconosciuta una "distinta abilità <strong>nel</strong> tirar l'oro e <strong>nel</strong>la manifattura d’esso "e lavorava<br />

per i mercanti di galloni torinesi ,venne graziato, ma sottoposto alle sanzioni economiche previste<br />

88<br />

Asto Corte, Materie economiche, cat. IV, maz. 27 d’addizione<br />

89<br />

Ibidem<br />

90<br />

Asto Corte,Materie economiche, cat . IV, maz . 27 d’addizione<br />

91<br />

Asto Corte, Materie economiche, cat. IV, maz. 8, n.14<br />

36

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!