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Anno Numero 1993 11 - Studi Filosofici

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lare e del comprendere sull’organismo<br />

umano. In relazione alla concezione del<br />

proprio oggetto, e del metodo adeguato a<br />

coglierlo, le teorie del linguaggio possono<br />

venire dunque di volta in volta a trovarsi in<br />

compagnia di scienze come la matematica<br />

e la logica, di dottrine filosofiche o sociologiche<br />

del comportamento umano, della<br />

psicologia e della biologia. A favore di una<br />

concezione dello studio della lingua come<br />

scienza di carattere “naturalistico” si schiera<br />

nettamente uno dei linguisti di primo<br />

piano dell’area culturale tedesca, Helmuth<br />

Schnelle. Nella sua recente opera, Die Natur<br />

der Sprache, con la quale egli si propone di<br />

sviluppare un nuovo orientamento nella<br />

ricerca in questo campo, egli intende la<br />

linguistica come una scienza (ispirata ai<br />

criteri di scientificità delle scienze della<br />

natura) dei processi dinamici del parlare e<br />

del comprendere. Se la linguistica del XX<br />

secolo si è riferita prevalentemente alla<br />

lezione di Ferdinand de Saussure, i geni<br />

ispiratori di Schnelle sono Newton e Leibniz.<br />

Sul piano storico Schnelle rintraccia<br />

nel passato della linguistica, accanto ai<br />

paradigmi che intendono la lingua come<br />

sistema di segni e a quelli di tipo strutturalistico,<br />

una tradizione di carattere descrittivo,<br />

che considera la lingua dal punto di<br />

vista dinamico e genetico. E’ rifacendosi a<br />

questa linea che, secondo Schnelle, i fenomeni<br />

della lingua possono essere accessibili<br />

a un’impostazione di tipo naturalistico,<br />

attraverso indagini epistemologiche, concettuali<br />

e di critica della lingua. Se le analisi<br />

particolari di tale linguistica (ad esempio<br />

nel campo dei fondamenti della “linguistica<br />

delle reti”: Netzlinguistik) risultano interessanti<br />

(e comprensibili) solo per gli specialisti<br />

di settori della linguistica, delle<br />

scienze neurologiche e della computerscience,<br />

la concezione di fondo della lingua<br />

che emerge dall’opera di Schnelle può<br />

forse sollevare interesse e discussioni in<br />

ambiti più ampi. M.M.<br />

Coscienza e linguaggio<br />

Nel volume DER BEGRIFF DES BEWUSST-<br />

SEINS. EINE BEDEUTUNGSANALYSE (Il concetto<br />

di coscienza. Un’analisi del significato,<br />

Klostermann, Frankfurt a.<br />

M. 1992) Hubert Schleichert intende<br />

presentare non una teoria della coscienza<br />

o una critica delle teorie esistenti,<br />

ma un’analisi dei diversi concetti<br />

di coscienza reperibili nella storia<br />

della riflessione filosofica.<br />

L’opera di Hubert Schleichert si ispira<br />

alla tesi, tipica delle filosofie di matrice<br />

analitica (e sostenuta tra l’altro anche da<br />

Wittgenstein), secondo la quale molti problemi<br />

filosofici nascono da un’utilizzazione<br />

impropria del linguaggio. Propedeutica<br />

a ogni costruzione di teorie è dunque, in<br />

AUTORI E IDEE<br />

questa prospettiva, un’analisi del linguaggio<br />

che stabilisca i limiti entro i quali un<br />

determinato termine può essere utilizzato<br />

in modo sensato. Sostenuto dalla convinzione<br />

che molte teorie della coscienza facciano<br />

un uso errato o inesatto del termine in<br />

questione, Schleichert propone nella sua<br />

opera, Der Begriff des Bewußtseins, un’analisi<br />

dei diversi significati che storicamente<br />

sono stati conferiti al termine “coscienza”,<br />

intendendo così sviluppare non una descrizione<br />

del fenomeno della coscienza, ma un<br />

chiarimento del significato della parola.<br />

Condizione di tale chiarimento, che per<br />

Schleichert non dovrebbe avere carattere<br />

obbligante rispetto alla scelta di una determinata<br />

concezione filosofica o psicologica<br />

del fenomeno della coscienza, è l’analisi<br />

della “fraseologia canonica” attraverso la<br />

quale i filosofi di provenienza più disparata<br />

hanno tentato di circoscrivere, comprendere<br />

e definire il fenomeno in questione. Due<br />

capitoli dell’opera sono così dedicati a una<br />

chiara esposizione delle concezioni del rapporto<br />

corpo-anima in Cartesio e Leibniz. In<br />

seguito l’autore discute, con riferimento a<br />

Wittgenstein e ad Alan Turing, la questione<br />

se le macchine possano “avere uno spirito”,<br />

per poi concentrarsi sulla concezione<br />

della coscienza in autori come Locke, Kleist,<br />

Nietzsche, Marx, Wolff, Thomasius, Mauthner,<br />

William James. Schleichert giunge<br />

così alla conclusione che «tutto ciò che<br />

secondo l’opinione generale deve venire<br />

attribuito alla coscienza (riflessività, intenzionalità,<br />

comunicabilità, non-spazialità<br />

ecc.), può altrettanto bene essere considerato<br />

come una proprietà del linguaggio».<br />

Su questa base egli formula la tesi principale<br />

dell’opera, quella dell’identità tra coscienza<br />

e linguaggio: «Coscienza non è<br />

altro che il parlare, ora “interiore”, ora a<br />

voce alta; le parole “coscienza” e “parlare”<br />

hanno lo stesso significato». Essere coscienti<br />

di qualche cosa non è altro che il<br />

processo in cui questo “qualcosa” viene<br />

verbalizzato. La coscienza «non è qualcosa<br />

di misterioso dietro o al di là del parlare, ma<br />

il parlare stesso» - una tesi che non viene<br />

tuttavia sostenuta da un’articolata argomentazione,<br />

ma che viene affermata categoricamente,<br />

in modo da apparire, nonostante<br />

ogni preoccupazione di critica del<br />

linguaggio, come un presupposto indiscusso<br />

della ricerca di Schleichert. M.M.<br />

Storia del paradiso:<br />

Jean Delumeau<br />

Uno dei saggi storico-antropologici<br />

di maggior successo in Francia della<br />

stagione filosofica invernale è il primo<br />

volume del trittico HISTOIRE DU PA-<br />

RADIS (Storia del paradiso) di Jean Delumeau,<br />

che appare con il titolo: LE<br />

JARDIN DES DÉLICES (Il giardino delle<br />

delizie, Fayard, Paris 1992), ovvero<br />

30<br />

come per cinque secoli (XIV-XVIII) gli<br />

uomini hanno sognato, cercato, temuto<br />

l’Eden perduto.<br />

Il primo volume della Histoire du paradis<br />

di Jean Delumeau è dedicato al “mito” e<br />

al sentimento cristiano dell’Eden perduto.<br />

E’ un lavoro di uno storico e di un antropologo,<br />

in quanto si occupa di rintracciare e<br />

di comprendere gli affetti, le speranze e le<br />

paure con cui l’uomo cristiano si è misurato<br />

dal XIV al XVIII secolo. In questo senso<br />

è un libro che pone molti interrogativi<br />

filosofici sul modo vissuto in cui il peccato,<br />

la colpa, il perdono e la speranza hanno<br />

contribuito all’immaginario storico, in particolare<br />

per quanto riguarda il mito dell’Eden.<br />

La nostalgia del paradiso di Adamo<br />

e Eva è stata a lungo più che una<br />

emozione: la sua esistenza reale non fu<br />

messa facilmente in dubbio. Origene certo<br />

pensava fosse una stupida credenza; ma<br />

Agostino e Tommaso interpretano in termini<br />

realistici e non allegorici la presenza<br />

dell’Eden e la loro opinione da allora farà<br />

fede. Stupefacente, per Delumeau, è lo<br />

sforzo che gli uomini del Medio Evo fecero<br />

per localizzare tale giardino di delizie<br />

con la produzione di tutta una cartografia<br />

fantastica, indifferente ai reali progressi<br />

della geografia: se un tale giardino non lo<br />

si trova, non è perché non esiste, ma perché<br />

è inaccessibile.<br />

L’inquietudine e la speranza verso questo<br />

giardino perduto sono importanti, perché<br />

ci permettono di cogliere i nodi stretti fra<br />

peccato e castigo e i molteplici aspetti in<br />

cui l’anima cristiana ha immaginato di<br />

“sopravvivere” a questa drammatica caduta<br />

teologica. Così il Rinascimento con<br />

una certa ostinazione cerca di rendere<br />

l’Eden un oggetto storico e spiega la sua<br />

irreperibilità con la sua sparizione. Prende<br />

piede l’utopia, le ricostruzioni a ritroso di<br />

tale giardino: quali leggi vigevano, quali<br />

gerarchie s’imponevano ecc. Anche l’Illuminismo,<br />

incompatibile con questa credenza,<br />

ne conserva alcune tracce nei suoi<br />

sogni di emancipazione. L’immagine dell’uomo<br />

e dei suoi complessi rapporti con<br />

Dio saranno analizzati nei due prossimi<br />

volumi: il primo riguarderà l’attesa della<br />

felicità sulla terra, il secondo la speranza<br />

della gioia nell’aldilà. F.M.Z.<br />

Biologia:<br />

scienza e immaginario<br />

A monte del dibattito sulla conseguenze<br />

sociali e giuridiche delle conquiste<br />

scientifiche nel campo della<br />

biologia - ciò che prende il nome di<br />

bioetica - il libro di Michel Tibon-<br />

Cornillot, LES CORPS TRANSFIGURÉS; MÉ-<br />

CANISATION DU VIVANT ET IMAGINAIRE DE LA<br />

BIOLOGIE (I corpi trasfigurati. Meccanizzazione<br />

del vivente e immaginario

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