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Introduzione<br />

Nella notte santa il Verbo di Dio si dona agli uomini ammantato di povertà e<br />

di debolezza. Non è però ancora questo l’abisso - o il vertice - della sua umiliazione:<br />

lo sarà la croce, di fronte alla quale anche i discepoli, gli amici<br />

più cari, fuggiranno. Fuggiranno materialmente, abbandonando il campo; ma erano<br />

già fuggiti in precedenza, di fronte alla sola idea che il Cristo dovesse soffrire: quell’idea,<br />

nonostante fosse il maestro a palesarla, restava per loro qualcosa di incomprensibile<br />

e di inaccettabile. È solo alla luce della risurrezione che lo scandalo della kenosi<br />

di Dio può essere, se non compreso fino in fondo, tuttavia accolto, e addirittura<br />

diventare messaggio, proclamazione, buona notizia.<br />

Anche nei primi istanti della presenza del Verbo incarnato sulla terra, Dio sceglie di<br />

far correre il lieto messaggio tra gli uomini partendo dalla gloria. I pastori ricevono<br />

l’annuncio del Salvatore da un angelo, poi contemplano l’intera corte celeste che appare<br />

loro, e infine odono il canto angelico che glorifica Dio e promette pace agli uomini.<br />

Solo a questo punto possono incamminarsi per vedere il Dio fattosi povero e<br />

bambino. Senza questa ricchezza di luce, l’invito rischiava di essere compromesso<br />

da un’oscurità troppo fitta per essere attraversata. La condiscendenza di Dio verso gli<br />

uomini non sta dunque soltanto nel fatto che il Verbo sia venuto ad abitare in mezzo<br />

a noi, che si sia messo a parlare la nostra lingua, ma anche che abbia cercato di attenuare<br />

almeno un poco la distanza tra la sua logica e la nostra, prevenendo e temperando<br />

con la luce della sua gloria l’orrore che proviamo di fronte alla povertà e all’umiliazione.<br />

E tuttavia il mistero dell’incarnazione, il mistero pasquale e anche qualunque miracolo<br />

vanno oltre la nostra logica, contengono una sproporzione che non può non<br />

provocare disorientamento e stupore. Tutti quelli che odono il racconto dei pastori si<br />

stupiscono di quanto essi dicono. Chi sono? Il Vangelo non lo dice. Di quale stupore<br />

si tratta? È meraviglia o diffidenza? Di fronte alla rivelazione del Divino può sorgere<br />

infatti uno stupore intuitivo e aperto, addirittura un’ammirazione devota; ma può nascere<br />

anche soltanto una meraviglia ottusa, o addirittura un dubbio che si chiude nel<br />

rifiuto. Non abbiamo di che rispondere alla nostra domanda: Luca non ci fornisce altri<br />

elementi. E infatti qui il suo interesse non è cronachistico o descrittivo: la menzione<br />

dello stupore, che varie volte ricorre nei racconti dell’infanzia, serve piuttosto a<br />

richiamare l’attenzione del lettore e a metterlo di fronte all’inaudita profondità di<br />

senso degli eventi narrati.<br />

5<br />

ITINERARIO<br />

LITURGICO PASTORALE

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