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Il Teatro Alighieri <strong>di</strong> <strong>Ravenna</strong> Nel 1838 le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> crescente degrado del Teatro Comunitativo, il maggiore <strong>di</strong> <strong>Ravenna</strong> in quegli anni, spinsero l’Amministrazione comunale ad intraprendere la costruzione <strong>di</strong> un nuovo Teatro, per il quale fu in<strong>di</strong>viduata come idonea la zona della centrale piazzetta degli Svizzeri. Scartati i progetti del bolognese Ignazio Sarti e del ravennate Nabruzzi, la realizzazione dell’e<strong>di</strong>ficio fu affidata, non senza polemiche, ai giovani architetti veneziani Tomaso e Giovan Battista Meduna, che avevano recentemente curato il restauro del Teatro alla Fenice <strong>di</strong> Venezia. Inizialmente i Meduna idearono un e<strong>di</strong>ficio con facciata monumentale verso la piazza, ma il progetto definitivo (1840), più ridotto, si attenne all’orientamento longitu<strong>di</strong>nale, con fronte verso la strada del Seminario vecchio (l’attuale via Mariani). Posata la prima pietra nel settembre dello stesso anno, nacque così un e<strong>di</strong>ficio <strong>di</strong> impianto neoclassico, non troppo <strong>di</strong>vergente dal modello veneziano, almeno nei tratti essenziali. Esternamente <strong>di</strong>viso in due piani, presenta nella facciata un pronao aggettante, con scalinata d’accesso e portico nel piano inferiore a quattro colonne con capitelli ionici, reggenti un architrave; la parete del piano superiore, coronata da un timpano, mostra tre balconcini alternati a quattro nicchie (le statue sono aggiunte del 1967). Il fianco prospiciente la piazza è scan<strong>di</strong>to da due serie <strong>di</strong> nicchioni inglobanti finestre e porte <strong>di</strong> accesso, con una fascia in finto paramento lapideo a ravvivare le murature del registro inferiore. L’atrio d’ingresso, con soffitto a lacunari, affiancato da due vani già destinati a trattoria e caffè, immette negli scaloni che conducono alla platea e ai palchi. La <strong>sala</strong> teatrale, <strong>di</strong> forma tra<strong>di</strong>zionalmente semiellittica, presentava in origine quattro or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> venticinque palchi (nel primo or<strong>di</strong>ne l’ingresso alla platea sostituisce il palco centrale), più il loggione, privo <strong>di</strong> <strong>di</strong>visioni interne. La platea, <strong>di</strong>sposta su un piano inclinato, era meno estesa dell’attuale, a vantaggio del proscenio e della fossa dell’orchestra. Le ricche decorazioni, <strong>di</strong> stile neoclassico, furono affidate dai Meduna ai pittori veneziani Giuseppe Voltan, Giuseppe Lorenzo Gatteri, con la collaborazione, per gli elementi lignei e in cartapesta, <strong>di</strong> Pietro Garbato e, per le dorature, <strong>di</strong> Carlo Franco. Veneziano era anche Giovanni Busato, che <strong>di</strong>pinse un sipario raffigurante l’ingresso <strong>di</strong> Teoderico a <strong>Ravenna</strong>. Voltan e Gatteri sovrintesero anche alla decorazione della grande <strong>sala</strong> del Casino (attuale Ridotto), che sormonta il portico e l’atrio, affiancata da vani destinati a gioco e alla conversazione. Il 15 maggio 1852 avvenne l’inaugurazione ufficiale con Roberto il <strong>di</strong>avolo <strong>di</strong> Meyerbeer, <strong>di</strong>retto da Giovanni Nostini, protagonisti Adelaide Cortesi, Marco Viani e 105
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